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Extended Play

Digital Minimal

Antoine Picon



È stato recentemente inaugurato, nell'ambito dell'Expo di Saragozza, il Digital Water Pavilion, progettato da carlorattiassociati insieme a MIT Media Lab / Smart Cities Group, ARUP, Agence Ter e studio FM. Con l'occasione Antoine Picon, tra gli autori dei saggi contenuti nel catalogo Digital Water Pavilion. Operating Manual for Responsive Architecture pubblicato da Electa, torna a riflettere sulla ricerca del gruppo di Carlo Ratti e Walter Nicolino, e sul loro punto di vista sul digitale in architettura.



DIGITALE. Il Digital Water Pavilion progettato da carlorattiassociati – walter nicolino & carlo ratti per l'Expo 2008 di Saragozza non è, al contrario di molti altri, un progetto destinato a sedurre il visitatore con il fascino delle sue forme architettoniche. La sua struttura non potrebbe essere più semplice: un rettangolo che racchiude due scatole dedicate rispettivamente a un centro informazioni e a un ufficio del turismo. C'è qualcosa di polemico in questa semplicità che contrasta con le forme complesse cui si ricorre generalmente per le esposizioni internazionali. Con il Digital Water Pavilion siamo davvero distanti dal linguaggio espressivo di un architetto come la britannica Zaha Hadid, progettista del ponte che si trova poco distante, quasi a rendere più pronunciato il contrasto.

Qual è il significato preciso di questa provocazione? Una cosa è certa: è un significato che ha a che fare con la questione del rapporto tra il mezzo digitale e lo spazio architettonico e urbano. Basti osservare in proposito che il padiglione è stato ideato in collaborazione con il City Design and Development Group and the Media Lab del MIT, entrambi impegnati nella ricerca su tale questione. Certo, la dimensione digitale è presente ovunque nel padiglione, dal muro d'acqua programmabile digitalmente ai sistemi interni di proiezione computerizzata. L'attenzione particolare attribuita all'acqua come spazio programmabile si richiama anche a questa dimensione e non solo al tema generale dell'Expo di Saragozza, che è "Acqua e Sostenibilità". Come spiegano gli autori del padiglione nella presentazione del progetto, lo scopo è quello di rendere letteralmente fluido l'edificio, essendo la fluidità percepita come una caratteristica dell'architettura nell'era digitale. (1)


Foto di Max Tomasinelli.

Ma si tratta di una fluidità certamente diversa da quella riscontrabile in tanti progetti che pretendono d'ispirarsi all'architettura digitale. Qui c'è qualcosa di chiaramente minimalista, un atteggiamento minimalista in pieno contrasto con la ricerca dello spettacolare che caratterizza tanti sostenitori dell'architettura digitale.



[24 luglio 2008]
MINIMALE. Il Digital Water Pavilion è senza dubbio la risposta finora più chiara alla domanda che carlorattiassociati si pone fin dai primi progetti: quali conseguenze architettoniche trarre dalla presenza pervasiva del mezzo digitale nel mondo che ci circonda? Carlo Ratti e i suoi collaboratori del MIT e dello studio di architettura di Torino non sono affatto gli unici ricercatori e progettisti a porsi il problema, ma il loro approccio e le loro conclusioni sono molto diversi da quelli di altri. Uno dei più originali aspetti della loro posizione è il rifiuto dei "blob" o, per essere più precisi, delle ricerche formali che il critico del "New York Times" Herbert Muschamp ebbe a definire un nuovo Barocco. (2) Per quanto sia un aspetto aperto alla discussione, questo solleva domande stimolanti sul vero ventaglio di possibilità che i progettisti dovrebbero considerare quando si occupano del mondo digitale. Prima di questa forte presa di posizione anti-blob, il lavoro di Carlo Ratti è stato caratterizzato dall'ambizione di mappare gli invisibili flussi e le reti che costituiscono il mondo digitale. Il suo senseable city laboratory, per esempio, ha ricostruito la distribuzione delle chiamate telefoniche cellulari in città come Graz e Roma, la struttura e il funzionamento della rete senza fili del MIT e lo scambio d'informazioni tra New York e il resto del mondo. (3)




Foto di Max Tomasinelli.

I campi dinamici mostrati da queste mappe e le sempre cangianti superfici e i volumi che esse rivelano possiedono una complessità di forme che allo stesso tempo seduce e provoca il progettista. Come può costui relazionarsi a una realtà elettronica e informatica che sembra possedere dinamismo e qualità espressive molto al di là di ciò che le architetture tradizionali possono veicolare, una volta che le tecniche di rilevazione come quelle elaborate dal senseable city laboratory l'hanno resa visibile? L'avvento del digitale costituisce una sfida al design molto più grande di quella che le prime fasi dell'era meccanica presentarono all'architettura. Al contrario di quanto accadde per l'automobile o l'aeroplano (4), la mobilità oggi non è rappresentata da oggetti che possano diventare fonte diretta d'ispirazione per l'architetto. L'era digitale è popolata da "quasi oggetti" piuttosto che da "individualità tecnologiche" completamente sviluppate come le macchine tradizionali (5). Le reti e i campi a cui questi "quasi oggetti" appartengono sono più significativi della loro apparenza e della loro intima struttura. Forse per la prima volta l'architettura deve confrontarsi con una realtà profondamente non-tettonica, una realtà che presenta un alto grado di ridondanza che la rende ulteriormente distante da ciò che viene apprezzato in architettura. Nonostante le numerose analogie che si è cercato di stabilire tra l'organizzazione di spazi virtuali e la struttura di progetti architettonici, il design delle reti informatiche ubbidisce a principi profondamente diversi dalla progettazione di edifici.


Foto di Max Tomasinelli.

Date queste premesse, come può il progettista mettersi in armonia con l'invisibile flusso di informazioni che rappresenta l'essenza del mondo digitale? Finora, la risposta più comune è stata quella di cercare di applicare il design a questo mondo fluido in cui ogni cosa è sempre in movimento. Gli scritti teorici di Greg Lynn –in particolare Animate Form– esplorano il potenziale architettonico dell'uso del computer. (6) Il problema principale di questo approccio è che, per esprimere spazialmente la fluidità del mondo digitale, pare non esistere altra alternativa che congelare in un punto il fluire geometrico generato dal computer e manipolato dal progettista. Il blob può essere così paragonato a un'impronta, a una proiezione o, meglio, a uno scatto o a un fermo immagine. L'implicita scommessa sta nella speranza che, se il momento è stato ben scelto, la complessa forma geometrica ottenuta congelando il flusso digitale mantenga qualcosa del suo dinamismo iniziale.

L'ambizione è anche quella di comunicare questo dinamismo al corpo e alla mente dello spettatore. Inoltre, l'architettura digitale è inseparabile dalla ricerca di un nuovo spettro di sensazioni e di emozioni che giustifichino la provvisoria sospensione del problema del "significato". Infatti lo sviluppo della dimensione digitale in architettura si è spesso accompagnato alla rinuncia a ogni riferimento verso tutta una serie di convenzioni e simboli estranei al mondo del design. (7) Robert Venturi e la sua lezione di Las Vegas sembrano essere definitivamente abbandonati. Questo ha portato, tra le altre conseguenze, a una reinterpretazione dell'ornamento talvolta come accidente topologico, più spesso come condizione superficiale basata su effetti di luci e di materia.

Dalla concezione di forma come congelamento di un flusso geometrico alla preoccupazione per l'aspetto ornamentale, quello che molti designer digitali hanno avuto in comune è la convinzione che la forma architettonica debba esprimere l'intrinseca complessità degli invisibili campi e reti elettronici che la circondano. In questo senso la forma appare a volte come indicatore dell'intensità di campi e reti, oppure come un riverbero del loro ritmo invisibile, o come un terminale capace di visualizzare le loro caratteristiche organizzative e comportamentali. Nel loro lavoro, carlorattiassociati e il senseable city laboratory hanno seguito un approccio diverso. Primo, la visualizzazione di campi e reti elettronici si manifesta a un livello diverso da quello della ricerca della forma. La loro mappatura viene prima di ogni impresa architettonica e rivela un livello di complessità con cui il design non deve neppure cercare di competere. In realtà, il loro concetto di design sembra aver a che fare più con l'aspirazione a un ambiente in cui si manifestano questi campi e reti che con la rappresentazione diretta del loro dinamismo nello spazio. Nel Digital Water Pavilion non esiste nessun tour de force geometrico, ma esattamente questo ambiente armonioso dove l'uomo si ritrova con l'elemento fondamentale dell'acqua, le cui qualità rilassanti sono oggi più che mai riconosciute.

Fortemente ispirato alla filosofia del Media Lab espressa in opere quali Being Digital, di Negroponte, o il più recente Me++ (8), di William J. Mitchell, carlorattiassociati crede che il digitale sia prima e soprattutto un modo di essere, una condizione umana che finirà col permeare ogni aspetto della vita. Essere digitale non è solo usare il computer durante la progettazione, né rendere questo uso visivamente apparente. È piuttosto una condizione normale e quotidiana, come parlare al telefono cellulare o ascoltare musica su un riproduttore mp3. E in proporzione diretta al suo carattere pervasivo, questa condizione è sinonimo di sovrabbondanza di stimoli e d'informazioni che può diventare in breve tempo fastidiosa.

In un mondo saturato da un flusso invisibile di informazioni che compongono complicate strutture, abbiamo veramente bisogno di aggiungere alla complessità dell'ambiente oggetti architettonici sovraccarichi di intenzioni plastiche ed emotive? Certo, si può essere tentati di giocare questa carta che ha prodotto risultati seducenti come alcuni progetti di Foreign Office o di Nox. Ma la risposta di carlorattiassociati è negativa. Il suo approccio minimalista va inteso come un tentativo di ritrovare la pace del corpo e della mente in qualche modo analogo alla ricerca della semplicità di Jean Prouvé, una ricerca in pieno contrasto con le forme più esuberanti di modernità di cui l'autore della Buvette d'Evian fu contemporaneo. (9) In modo volutamente non-tettonico, il Digital Water Pavilion può apparire come ispirato alla Buvette. È il caso di notare che entrambi gli edifici hanno a che fare con l'acqua, il primo proponendo al visitatore di berla, il secondo perché sperimenta la sua capacità di definire lo spazio. Nel trattare un elemento così primordiale, entrambi gli edifici scelgono la via della semplicità formale contro ogni tentazione di complessità non necessaria. La Buvette di Prouvé è priva d'ironia, mentre la forma del Digital Water Pavilion non ha nulla a che vedere con un flusso geometrico cristallizzato, l'acqua vi fluisce dall'alto verso il basso. Letteralmente fluido, il Digital Water Pavilion si presenta volutamente sobrio in termini architettonici. Ancora una volta, per carlorattiassociati imitare i flussi non è compito dell'architettura, anche se essa può essere "costruita" da elementi fluidi. Con il suo Digital Water Pavilion, carlorattiassociati ritorna a un presente alternativo già visto nella storia dell'architettura. Questa alternatività si rivela chiaramente quando si esamina da vicino il contrasto tra il Barocco dei secoli XVII-XVIII e il Neoclassicismo tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo.


Foto di Max Tomasinelli.

È noto che l'architettura barocca può essere letta come un inno al movimento, ma il movimento che i suoi architetti cercavano era essenzialmente visivo. Aveva anche uno scopo limitato, perché non si correlava con la vera circolazione fisica di uomini e cose sulle strade e nei corsi d'acqua della prima Europa moderna. Più che i corpi, riguardava le menti di quanti entravano in contatto con lo spazio architettonico. Ossessionata da problemi come la traiettoria della luce all'interno delle chiese e il suo significato spirituale, l'architettura barocca rimase indifferente alla circolazione vera e propria. In realtà, solo con il Neoclassicismo l'architettura cominciò a confrontarsi con l'esigenza moderna della mobilità e le sue implicazioni in termini di infrastrutture di trasporto. Questa esigenza era già presente nei fondamentali progetti di pionieri del Neoclassicismo del tardo XVIII secolo, come Etienne-Louis Boullée e soprattutto Claude-Nicolas Ledoux. (10) Non è un caso che entrambi abbiano progettato ponti. Il legame con la circolazione moderna avrebbe poi giocato un ruolo importante nell'opera del grande architetto prussiano Friedrich Schinkel, che concepì la sua monumentale nuova Berlino tenendo ben presenti le esigenze dello sviluppo industriale e commerciale. (11)


Foto di Ramak Fazel.

Da un punto di vista formale, il Barocco cattura il movimento attraverso una serie di sequenze spaziali ritmiche e fluide, mentre il Neoclassicismo adotta una geometria più rigida che ha lo scopo di agire sia come punto di riferimento sia da termine di paragone in un mondo circostante mobile. Gli edifici barocchi fluttuano come una serie di onde, mentre le costruzioni neoclassiche restano di proposito rigide per essere funzionalmente più efficienti. Come si conciliano efficienza ed efficacia architettoniche con il tema del movimento? Per il Barocco, si tratta di incarnare il movimento, di incapsularlo usando mezzi puramente architettonici. Il Neoclassicismo propone invece un atteggiamento di maggiore distanza. Per quest'ultimo, l'architettura non è movimento incarnato, ma movimento controllato. Il suo scopo è canalizzarlo senza scolpirlo nella pietra. Nei confronti del movimento il Barocco assume un rapporto di imitazione, mentre l'ambizione del Neoclassicismo è di collocarsi al livello dei principi che generano la mobilità. A quel livello, una strana pace dovrebbe instaurarsi: la pace della mente che interviene quando la ragione diventa visibile, in modo tale che ci si può fermare per un istante mentre tutto intorno il mondo è in perenne movimento. Tale pace è possibile nel mondo digitale? Possiamo vivere questo mondo con distacco invece di trovarci immersi in un modo che è stato così spesso rappresentato da artisti e progettisti? In definitiva, l'atteggiamento digital-minimale coincide con la sospensione di un'agitazione non desiderata e con la possibilità di vivere il digitale con un certo grado di serenità.



  SENSORIALE. Il muro d'acqua programmabile fa parte di questa ricerca di pace e serenità. Gioca su un insieme di sensazioni molto simili a quelle stimolate dalle tradizionali fontane nelle città. Allo stesso tempo, la presenza dell'acqua richiama un'altra dimensione della cultura digitale: il forte accento posto sulla sensorialità, al di là del visivo. (12) Nel Digital Water Pavilion il rapporto con l'acqua non è infatti solo visivo, ma anche uditivo e tattile. I visitatori non solo vedono l'acqua, ma ne ascoltano il rumore e sono invitati ad attraversare la cortina liquida per entrare nel Digital Water Pavilion.


Foto di Ramak Fazel.

L'approccio al sensoriale sviluppato da carlorattiassociati è diverso da quello usuale, in quanto rifiuta di eludere la questione del significato. Anzi, il significato è pienamente presente nel padiglione, con la possibilità offerta a chi lo gestisce di proiettare informazioni su varie superfici, compreso il muro d'acqua. Un simile approccio è forse conseguenza dall'aver compreso, diversamente dal solito, qual è la condizione del soggetto nell'era digitale. Contrariamente a quanto molti progettisti tendono a ritenere, il soggetto contemporaneo non tralascia affatto il problema del significato, anzi è addirittura ossessionato dalla ricostruzione di messaggi e significati contenuti nei più disparati elementi informativi che lo circondano. Colpisce l'analogia tra questa situazione e il ricorso a facoltà interpretative tipiche del bravo detective. (13) Il soggetto contemporaneo e il detective devono decifrare il loro ambiente se vogliono dare un senso alla loro situazione individuale. Nel best-seller di Dan Brown, Il codice da Vinci, l'eroe è un esperto di simboli la cui specialità consiste nel saper interpretare frammenti d'informazione scollegati. In questa impresa tutto conta, da sensazioni superficiali a messaggi stilati in caratteri alfanumerici. Il Digital Water Pavilion gioca proprio su questa fusione di sensoriale e di informativo. Mentre la cascata d'acqua trasmette sensazioni ed emozioni visive, auditive e tattili, la sua programmabilità e le informazioni che può trasmettere dimostrano in modo convincente la possibilità di annullare la distinzione tra la sfera delle sensazioni immediate e quella delle comunicazioni mediate.



PERFORMANTE. Non ho menzionato finora una delle caratteristiche più importanti del Digital Water Pavilion: il suo tetto mobile, che può scendere per diventare una piscina in cui si riflettono gli spazi del centro informazioni e del bar. Più generalmente, un edificio si definisce più per la sua forma che per ciò che può fare. In questo caso è possibile tuttavia adottare l'approccio funzionale. Il mezzo digitale accompagna il mutamento progressivo verso una concezione sempre più proattiva di ciò che l'architettura può ottenere. (14) Qui i risultati sono numerosi. Alcuni sono relativi ai ruoli diversi che il padiglione può svolgere in relazione ad entrambi gli obiettivi che la città di Saragozza si è prefissa, l'Expo dell'"acqua sostenibile" e l'esperimento della Milla Digital, dedicato al ruolo del mezzo digitale nell'ambiente urbano. Altri risultati sono di natura più ludica, come il puro piacere suscitato dalle trasformazioni della componente acqua del progetto. Si possono perfino rapportare le impressioni prodotte dall'architettura liquida in movimento a una certa ricerca spirituale favorita dalla presenza rasserenante della cascata.

Ciò che conta, in definitiva, è che il padiglione svolge un ventaglio di funzioni, invece di essere una forma architettonica immobile. Digitale, Minimale, Sensoriale: a questa serie di attributi si è tentati di aggiungere Performante, per descrivere tutti i temi presenti nel Digital Water Pavilion creato da carlorattiassociati.

Antoine Picon
NOTE:

1. carlorattiassociati, Digital Water Pavilion: Proyecto de una Intervencion Tecnologica en el Entorno de la Puerta del Pabellón-Puente, Integrada con el Paseo del Agua del Campus de Milla Digital, Presentazione del progetto, 28 maggio 2007, p. 13.
2. Herbert Muschamp, "When Ideas Took Shape and Soared", in "New York Times", Friday 26 May 2000, sect. B, p. 32. Su questa idea del Barocco applicata al mondo dell'elettronica, vedere anche Stephen Perrella, "Electronic Baroque: Hypersurface II: Autopoeisis", in "Architectural Design", vol. 69, n° 9-10, 1999, pp. 5-7.
3. Si veda per esempio Francisca M. Rojas, Clelia Caldesi Valeri, Kristian Kloeckl, Carlo Ratti (a cura di), New York Talk Exchange, New York, SA+P Press, 2008.
4. Jean-Louis Cohen, Architecture et culture technique au XXe siècle. Bilan international, research report, Paris, Ecole d'Architecture de Paris-Villemin, 1990.
5. Concetto del filosofo francese Gilbert Simondon, Du Mode d'Existence des Objects Techniques, Paris, Aubier, 1969.
6. Greg Lynn, Animate Form, New York, Princeton Architectural Press, 1999.
7. Si veda per esempio Jesse Reiser e Nakano Umemoto, Atlas of Novel Tectonics, New York, Princeton Architectural Press, 2005.
8. Nicholas Negroponte, Being Digital, New York, A. A. Knopf, 1995; W. J. Mitchell, Me++: The Cyborg Self and the Networked City, Cambridge, Massachusetts, MIT Press, 2003.
9. Sulla posizione di Prouvé, si veda per esempio Raymond Guidot, Alain Guiheux (eds.), Jean Prouvé "Constructeur", Paris, Editions du Centre Georges Pompidou, 1990.
10. Anthony Vidler, Claude-Nicolas Ledoux, Cambridge, Massachusetts, MIT Press, 1990; Antoine Picon, Architectes et Ingénieurs au Siècle des Lumières, Marseille, Parenthèses, 1988.
11. Barry Bergdoll, Karl Friedrich Schinkel. An Architecture for Prussia, New York, Rizzoli, 1994.
12. Sull'importanza cruciale, oggi, della dimensione sensoriale, si vedano per esempio: Mirko Zardini (a cura di), Sense of the City: An Alternative Approach to Urbanism, Montreal, Canadian Centre for Architecture, Baden, Lars Müller, 2005; Caroline Jones (a cura di), Sensorium: Embodied Experience, Technology, and Contemporary Art, Cambridge, Massachusetts, MIT Press, 2006.
13. Shawn James Rosenheim, The Cryptographic Imagination: Secret Writing from Edgar Poe to the Internet, Baltimore, Johns Hopkins University Press, 1997.
14. Branko Kolarevic, Ali M. Malkawi (a cura di), Performative Architecture: Beyond Instrumentality, New York, London: Spon Press, 2005.
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