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Note personali

di Gennaro Postiglione

Quando ho iniziato, lo scorso mese, a lavorare alla pubblicazione del breve saggio di Christian Norberg-Schulz "A Professional Testament" per i "Quaderni" del DPA del Politecnico di Milano, sapevo bene che era malato. Era già malato quando, nel lontano 1992, feci la sua conoscenza presentandomi presso il suo studiolo alla Scuola di Architettura di Oslo (AHO), per chiedere se era disponibile a seguirmi in qualità di tutor in un lavoro che stavo sviluppando all'interno della mia tesi di dottorato.(1) Da allora è iniziato un rapporto di amicizia e di stima reciproca interrottosi solo nell'ultimo anno a causa delle pessime condizioni di salute del professore. Ma pensavo che, come già accaduto altre volte, a questo periodo difficile avrebbe fatto seguito una condizione di maggior serenità. Invece martedì 28 marzo, ho trovato un messaggio nella mia casella di posta elettronica che mi informava della sua scomparsa, avvenuta la mattina dello stesso giorno.

[03apr2000]

Persona di grande umanità, univa una straordinaria cultura ad una altrettanto straordinaria disponibilità. Durante i soggiorni di ricerca presso la scuola di Oslo, Norberg-Schulz mi offriva ospitalità nel suo studiolo, al n. 9 di St. Olavs gate, così ho avuto l'onore e il piacere di vederlo all'opera; i testi principali alla cui stesura ho partecipato come "uditore"(2) sono stati Stedkunst (Oslo 1995), Nattalandene (Oslo 1996), Architettura: presenza, linguaggio e luogo (Milano 1996) e, naturalmente il saggio La visione poetica di Sverre Fehn per il volume Sverre Fehn. Opera completa (1997),(3) una importante occasione editoriale che ha suggellato la nostra amicizia. Tutte opere che in diversa misura tendevano a tirare le fila di una vita spesa in prima linea ad affermare e difendere i valori dell'architettura moderna. Era cosciente di non avere più tanto tempo a disposizione e, tra un ricovero e l'altro, letteralmente si tuffava in intense giornate di lavoro febbrile e la paura che gli sforzi fatti potessero andare dispersi, gli dava una sorprendente energia e vitalità. Di solito, quando lasciava l'ospedale dopo una degenza lunga, prima di tornare a casa si faceva accompagnare a scuola, dove verificava lo stato di avanzamento dei lavori e preparava il calendario della settimana. Nel 1997, durante un viaggio di studio in Finlandia, organizzato per il suo corso di storia, fummo invitati a cena dalla signora Raili Pietilä -vedova del famoso architetto Reima Pietilä- per discutere i dettagli di una nuova avventura editoriale che ci avrebbe visto di nuovo collaborare spalla a spalla:(4) ogni nuovo progetto era come una ipoteca sul futuro, Norberg-Schulz si animava e cominciava a fare programmi, facendo emergere il suo carattere pragmatico ed efficientista.







Diceva che se non si fosse occupato di architettura, avrebbe fatto il pianista; aveva un grande talento e una grande passione musicale che deve aver trasmesso anche ai figli, visto che Elisabetta -la seconda- è una rinomata cantante lirica. Ma durante le pause di colazione, si discuteva di architettura e, soprattutto, raccontava aneddoti legati agli incontri con i maestri del moderno: Le Corbusier ai CIAM, Mies all'MIT, ma anche Kahn e altri. Ciò che ricordo con maggior forza è il modo attento con cui prestava ascolto alle cose che dicevo; all'inizio non sapevo cosa pensare e mi chiedevo come mai un personaggio di simile spessore prestasse attenzione alle riflessioni di un giovane architetto. Col tempo ho imparato che la sua apertura mentale gli consentiva di prendere le mie parole come spunto per suoi pensieri e riflessioni che io non avrei mai potuto neppure immaginare, ma che senza il mio stimolo probabilmente neanche lui fatto. Ogni suggerimento, ogni proposta di ricerca era accolta sempre con grande entusiasmo e curiosità intellettuale.

Ai suoi libri e al suo insegnamento debbo molto, e senza di lui non sarei mai stato introdotto così da vicino all'opera di alcuni maestri norvegesi, quali Korsmo, Knutsen e Fehn, e più in generale sarebbe stato più complesso comprendere il Norden, come luogo fenomenologico con propri caratteri distintivi. Ma soprattutto lo voglio ringraziare per avermi insegnato che, come spesso amava ripetere riprendendo un passo di Sant'Agostino, nihil cognitum nisi preamatum. Guidandomi ad amare l'architettura, prima ancora di provare a comprenderla, attraverso i suoi saggi e attraverso la sua stessa testimonianza di vita: a lui, postumo, un grazie sincero.

Tra i suoi libri di maggior successo, mi piace ricordare Intenzioni in Architettura (Milano 1967), Esistenza, spazio, architettura (Roma 1975), Genius Loci (Milano 1979), L'Abitare (Milano 1984).

Gennaro Postiglione
gennaro.postiglione@polimi.it







note

(1) Ho conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Arredamento e Architettura degli Interni, nel 1994, dopo aver seguito i corsi di dottorato svoltosi presso il Politecnico di Milano.
(2) Dopo la stesura del manoscritto -rigorosamente a mano-, il professore procedeva alla correzione e alla scrittura definitiva con una macchina da scrivere elettrica che faceva un baccano terribile, per cui ero letteralmente coinvolto dal ritmo delle battute.
(3) C. Norberg-Schulz, G. Postiglione, Sverre Fehn. Opera completa, Milano/Oslo/New York 1997. Colleghi di lavoro alla scuola di arti applicate, prima, e alla scuola di architettura, dopo, Norberg-Schulz e Fehn costituivano i rappresentanti della cultura architettonica norvegese all'estero: uno teorico e l'altro professionista, entrambi docenti. Ciononostante, Norberg-Schulz non aveva mai dedicato prima della monografia dell'Electa un saggio specifico all'opera del suo amico e connazionale; per la precisione, i temi trattati nel suo testo sono presentati in forma sintetica per la prima volta in un articolo pubblicato in AA.VV., Sverre Fehn. L'architetto del paese dalle ombre lunghe, Napoli 1993.
(4) Avevamo fatto una proposta, che era stata anche accolta, all'Electa per curare una monografia su Pietilä, uno dei maggiori esponenti del modernismo nordico e l'incontro doveva dare l'avvio alla fase di ricerca in archivio di cui mi sarei occupato io, usufruendo dell'ospitalità della signora Pietilä che mi avrebbe ospitato presso la foresteria dello studio per tutto il tempo necessario a ricostruire l'itinerario progettuale suo e di suo marito.
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