Files

Sand-City

di Luigi Prestinenza Puglisi


Gli autori di 2a+p rivista di progettazione hanno vinto il concorso internazionale di idee "Città: terzo millennio", nella categoria studenti, organizzato dalla 7a. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia. Il bando di partecipazione al concorso richiedeva una visione sulla trasformazione e sull'evoluzione della città del terzo millennio; una visione non necessariamente associata ad un luogo fisico o specifico, ma legata al sistema di relazioni e di strutture che definiscono la vita contemporanea. La giuria, che comprendeva Francois Barré, Greg Lynn, James Wines, Frédéric Migayrou, Peter Cook, Paul Virilio e Massimiliano Fuksas, ha selezionato il progetto di Domenico Cannistraci, Pietro Chiodi, Matteo Costanzo, Valerio Franzone.





[06jul2000]




SAND-CITY

Un'infrastruttura che invade gli spazi della città reimmaginando il paesaggio urbano. Questo nuovo suolo urbano contiene vita, pause, informazione, natura e differenti tipi di eventi. Una superficie topografica che viene sovrapposta all'impronta della città, non più semplice contenitore di volumi.

Sand-City
è una città continua che si fonde con la natura. Il suo è uno stato di mutazione che mostra le tracce degli agenti atmosferici, della vita quotidiana, della città stessa. Il cittadino del terzo millennio usa lo spazio urbano come luogo di interrelazione, per rilassarsi, per fare sport e per riposarsi, relegando così i momenti di attività e di lavoro nell'ambiente domestico.

La città non è più luogo di trasporti per cambiare di posizione ma il salotto dove trascorre la propria vita. Riprendersi lo spazio urbano camminando, arrampicandosi, correndo, dormendo, riscoprendolo, riconoscendolo, usandolo, prendendone possesso…







SAND-CITY

An infrastructure that invades the spaces of the city, re-imagining urban landscape. This new urban soil contains life, pauses, information, nature, different kinds of events. A topographic surface is superimposed to the print of the city, now just a simple container of volumes.

Sand-City is a continuous city that merges itself with nature. It is in a state of mutation, showing the traces of the atmospheric agents, of everyday life, of the city itself. The citizen of the third millennium uses the urban space as a place for inter-relations, relaxing, doing sports, resting, relegating moments of activity and of working in the domestic environment.

The city is not anymore the place of movements, of changing place, but the lounge where to consume life. To get back to the urban space by walking, by climbing it, by running, by slipping, by discovering it, by recognizing it, by using it, by taking possession of it…
Ragazzi furbi, geniali e diabolici, come tanti altri della loro generazione, Cannistraci, Chiodi, Costanzo e Franzone hanno capito che per andare avanti avrebbero dovuto prima fare un passo indietro. Anzi due. Per dimenticare un periodo della storia dell'architettura italiana a loro immediatamente antecedente -il postmoderno, il Neorazionalismo e la Tendenza- e ispirarsi direttamente alle sperimentazioni degli anni Sessanta e Settanta. Per esempio a No Stop City di Archizoom e ai paesaggi di Superstudio di cui il progetto Sand City è sicuramente figlio o, se vogliamo, nipote.

Perché fare questo doppio passo indietro? Perché l'architettura italiana, dopo Rossi, Grassi, Gregotti e mettiamoci anche Portoghesi, si era arenata nelle secche del manierismo, nelle estenuanti raffinatezze del disegno, negli inutili formalismi della composizione e era conseguentemente caduta in una preoccupante crisi creativa. Bollati da Tafuri come sciocchi idioti, erano stati, invece, gli architetti radicali che negli anni sessanta e settanta, sia pur in maniera caotica e velleitaria avevano individuato i reali termini del problema. E cioè che protagonista del futuro non sarebbe stato il piano della composizione ma lo spazio delle interrelazioni, arrivando conseguentemente alla conclusione che un corpo nello spazio fa più architettura di cento muri immacolati. Ecco dunque che attraverso Sand City rispunta il fantasma di No Stop City. E anche delle immagini profetiche degli Archigram: tra tutte Computor City di Dennis Crompton. L'idea di Sand City è semplice: viviamo in un mondo infrastrutturato. Da qui una superficie cablata che viene sovrapposta alla città e crea un "nuovo suolo urbano che contiene vita, pause, informazione, natura e differenti tipi d'eventi".

La superficie, però, a differenza di No Stop City è ondulata. Fatta di dune di sabbia virtuali che suggeriscono insieme il divenire della natura e il silicio dell'informatica. E ciò probabilmente per due motivi. Perché in questi anni si è sviluppata fortissima una nuova coscienza ecologica. Che ha portato al rifiuto di configurazioni geometriche troppo rigide e alla volontà di ripercorrere tramite il computer, le complesse morfologie della natura. E anche per la voglia di realizzare spazi con sempre nuovi e molteplici punti di vista. Vengono, in proposito, in mente i paesaggi di Arakawa l'artista giapponese che ha realizzato spazi complessi, strutturati proprio in funzione della loro capacità di spiazzare e disorientare. E insieme ad Arakawa le idee dei Situazionisti e di Constant per una nuova Babilonia, cioè uno spazio fatto a misura dell'uomo ludens e non più dell'uomo produttivo. Ovviamente Sand City è un progetto-immagine. Sarebbe sciocco chiedersi come in concreto si possa realizzare la gialla superficie curva indicata nelle tavole prodotte da Cannistraci, Chiodi, Costanzo e Franzone. Anche se recentemente è apparsa sulla rivista Wired un'immagine pubblicitaria, che reclamizzava computer portatili, inquietantemente complementare a quella di Sand City. Era una postazione di lavoro messa dentro a un bosco. Come a dire: oramai si può lavorare dappertutto e No Stop City è divenuta di fatto una realtà, che viviamo pur senza averla concretamente prefigurata, con valenze non solo tecniche ma ecologiche ancora tutte da sviluppare.

Luigi Prestinenza Puglisi
L.Prestinenza@agora.stm.it
La Biennale di Venezia

Files
 

laboratorio
informa
scaffale
servizi
in rete


 







copyright © DADA Architetti Associati