Files

Architettura, urbanistica e tecnologia dal Futurismo a Richard Buckminster Fuller

di Claudia Lamberti

 


Antonio Sant'Elia. La città Nuova.
Nell'opera di Richard Buckminster Fuller (Milton, Massachusetts 1895-Los Angeles 1983) si può scorgere la realizzazione di proposte architettoniche futuriste e si evidenzia inoltre una continua ricerca di soluzioni abitative improntate all'utopismo tecnologico. Tuttavia la concezione della tecnologia da parte di Fuller e dei futuristi è molto diversa: se per questi si può parlare di un'estetica della macchina e di un'idolatria del moderno che porta ad una concezione della "tecnologia per la tecnologia", l'inventore americano la pone al servizio dell'uomo quale strumento per il benessere di tutta l'umanità, nel rispetto dell'ambiente. Se da una parte si invoca il piccone demolitore e la cementificazione nella prospettiva di un intervento di ricostruzione artificiale dell'Universo, dall'altra si cercano soluzioni che non alterino pericolosamente il sistema mondo in cui l'uomo è inserito.

[05oct2000]
L'attività di Fuller si regge su una propria, onnicomprensiva visione del mondo ed interpretazione del ruolo dell'architetto-inventore. La fiducia che Fuller ripone nelle potenzialità di intervento sul cosmo da parte dell'individuo, lo porta a condurre una ricerca autonoma e autofinanziata. Fuller cerca di compiere "More with less" (più con meno), di trovare le migliori soluzioni ai vari problemi attraverso l'impiego di meno risorse. Solo l'economicità può garantire la massima diffusione delle nuove invenzioni per un miglioramento globale della condizione umana. Fuller, che pensa all'Universo come a una grande struttura di interazioni, concepisce il futuro dell'umanità solo nella prospettiva di un impegno comune nella ricerca tecnologica, che realizzi ciò che le utopie dei secoli precedenti non hanno ottenuto. 

La risposta dell'inventore alle esigenze di un mondo che appare ai suoi occhi sempre più limitato, una grande città percorribile interamente grazie al trasporto aereo, dovrà tener conto della complessità e della globalità del sistema. Fuller conia il termine "design ambientale", che sottolinea la ricerca di un'integrazione dell'uomo con l'energia e le risorse naturali, e lo utilizza al posto di "architettura". Primo obiettivo da conseguire secondo lui è un razionale impiego del patrimonio mondiale: il consumo deve essere rigeneratore, sia nel senso di un riciclo dei materiali, sia nel senso che in ogni ciclo di utilizzo di un elemento si devono aggiungere alla cultura umana conoscenze che permettano un impiego ridotto del materiale stesso al prossimo ciclo. Il linguaggio architettonico di Fuller è radicalmente innovativo: egli sostituisce il sistema trilitico con la cupola, la compressione con la tensione, l'aspetto visivo delle sue strutture con quello funzionale.


Cesare Augusto Poggi. Berlina aerodinamica.

Alcune delle sue idee possono essere viste quali sviluppi delle intuizioni futuriste. Escludendo qualsiasi contatto tra Fuller e il movimento marinettiano, si dovrà convenire che le questioni sollevate dal futurismo italiano sono di importanza mondiale e di una modernità eccezionale se si pensa che, pur essendo nate nell'industrialmente arretrato ambiente italiano, trovano riscontro negli USA, paese all'avanguardia dal punto di vista tecnologico. Se il futurismo ha una capacità visionaria che parte dall'analisi del presente, Fuller manifesta nelle sue proposte coraggiose sia un carattere profetico che pragmatico, curando la realizzabilità delle sue invenzioni. Egli stesso comunque è consapevole che dal primo progetto alla diffusione in serie occorrono 25 anni circa, anni in cui si devono produrre nuovi materiali in funzione delle architetture progettate. Egli adotta per le sue abitazioni del futuro lamiera corrugata e coibentazioni in lana minerale (Dymaxion Deployment Unit, 1940-41), acciaio, alluminio e plexiglas (Wichita house, 1944-45), plastica, cartone ondulato, resine di poliestere, laminati di alluminio, compensato, ecc. (Geodesic domes dagli anni Cinquanta in poi). Il proclama santeliano che invocava un'architettura "del cemento armato, del ferro, del vetro, del cartone, della fibra tessile e di tutti quei surrogati al legno, alla pietra e al mattone che permettono di ottenere il massimo dell'elasticità e della leggerezza" è pienamente messo in pratica da Fuller. All'affermazione futurista della caducità e transitorietà dell'architettura, contenuta nel Manifesto di Sant'Elia: "Le case dureranno meno di noi. Ogni generazione dovrà fabbricarsi la sua città", Fuller risponde con le Paperboard domes, cupole di cartone facilmente installabili come ricovero per uomini e mezzi.

Condividendo l'entusiasmo per il trasporto aereo con i futuristi, Fuller nel 1927 disegna una mappa della Terra come grande città integrata dalle comunicazioni aeree. Egli pensa all'opportunità di ridistribuire su tutto il globo gli insediamenti abitativi, che saranno collegati dal traffico aereo ma che, proprio perché collocati ovunque, anche in zone ostili, dovranno essere in grado di approvvigionarsi di acqua e energia autonomamente. Nasce così la torre 4D Multiple Deck, coi solai reticolari sospesi ad un pilone centrale in cui sono contenuti i servizi. Con la solita struttura che privilegia i tiranti ai muri di sostegno dei vari piani, progetta anche la Dymaxion House 4D, che potremmo definire di dimensioni unifamiliari. In esse è possibile ravvisare un'eco delle tensostrutture futuriste di Fiorini. La ricerca Dymaxion, il cui nome nacque nel 1929 come combinazione di sillabe delle parole dynamic, maximum e ion sottolineanti il carattere avveniristico del lavoro di Fuller, si rivolse anche al campo dei trasporti. Tra il 1927 e il 1934 egli disegnò un veicolo detto Omni-directional transport, capace di muoversi in terra, aria e acqua, e realizzò tre prototipi di auto. La Dymaxion car, come la Berlina aerodinamica di Cesare Augusto Poggi del 1929, si emancipa dal retaggio della forma della carrozza a cavalli presente nei veicoli dell'epoca e cede al fascino della velocità raggiungendo la rispettabile velocità di oltre 120 miglia l'ora.


Buckminster Fulles. Dymaxion Car.

Buckminster Fuller. Triton city.
Nel 1940 Fuller progettò la cosiddetta Mechanical wing, una piccola unità trasportabile con bagno e cucina che potremmo paragonare alla roulotte. Essa può essere trainata da un'auto o incorporata ad un'abitazione permanente, caricata su treni e aerei, agganciata ad altre in un convoglio su strada. Se da un lato questa invenzione risponde all'individualismo americano, con il rifiuto della vita comunitaria e la possibilità di isolarsi autonomamente, dall'altro realizza il sogno del "nomadismo meccanico" descritto dal Manifesto dell'architettura futurista di Volt del 1919: 
Gli uomini del futuro disdegneranno di abitare in case radicate al suolo. […] La casa futurista sarà: a) indipendente, b) mobile; c) smontabile; d) meccanica; e) esilarante. […] Le nuove case saranno libere di spostarsi in tutte le direzioni, scorrendo sulle gigantesche rotaie che solcheranno il suolo delle città future. […] le case più grandi saranno munite di camere spostabili da una facciata all'altra, come vagoni o che si elevino dal pianterreno al tetto, come vasti ascensori. Queste camere potranno all'uopo essere staccate dall'abitazione, per essere caricate su appositi convogli ferroviari, o agganciate alla navicella di un dirigibile.

Per quanto riguarda il progetto di case volanti, Fuller ideò anche globi geodetici di mezzo miglio di diametro (Floating Clouds) per cui l'aggravio della struttura fosse trascurabile rispetto a quello del fluido racchiuso. L'ambizione futurista del dominio umano su cielo, terra e mare si sviluppa nello studio di Fuller per la realizzazione di edifici galleggianti nei fondali prospicienti aree metropolitane da ingrandire. Nel 1968-69 Fuller, con l'architetto giapponese Shoji Sadao, progetta Triton city per trentamila abitanti e Tetrahedral city per un milione di persone. Si tratta di strutture a forma piramidale o tetraedrica, con percorsi veicolari e pedonali multilivello e fiancate a gradoni che ricordano gli edifici di Sant'Elia per la Città Nuova. Dall'architetto italiano tutta la cultura progettuale moderna ha derivato la ripartizione su più piani del traffico e lo stesso Fuller adotta rampe a spirale, collegamenti su monorotaie e arterie stradali multilivello per le proposte di ristrutturazione dei centri di New York (1964) e Toronto (1968-71).

Se tutti questi progetti rimasero sulla carta, Buckminster Fuller vide realizzate in tutto il mondo le sue cupole geodetiche, da quelle di piccole dimensioni utilizzate come installazioni militari di rapida costruzione, a quelle enormi per le esposizioni internazionali. La cupola geodetica è per Fuller una "valvola di controllo ambientale" che consente di mantenere costante il microclima ivi creato, con dispersioni di energia minime rispetto a quelle di un insieme di edifici ivi contenuti. 

Nel 1971 Fuller progetta Old Man River City, per una comunità nera di East St. Louis, città sulle rive del Mississippi. Si tratta di una struttura gigante a forma di cratere che contiene all'interno i servizi e all'esterno le residenze per 25000 famiglie. Essa, eventualmente copribile con una cupola geodetica, occupa molto meno spazio di una tradizionale città con lo stesso numero di abitanti e riconferma la differenza tra Fuller, preoccupato dell'impatto della civiltà urbana sull'ecosistema, e i teorici dell'avanguardia italiana che esaltavano ogni tipo di intervento umano nel mondo. Pur ricordando queste diversità, si dovrà comunque concordare con chi ritiene il movimento marinettiano un crogiolo di idee fondamentali per l'arte contemporanea e con chi giudica Fuller un ingegnoso sviluppatore di temi insiti nell'architettura futurista.

Claudia Lamberti
lmbcld@tiscalinet.it 

 

Files
 

laboratorio
informa
scaffale
servizi
in rete


 







copyright © DADA Architetti Associati