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La città eccentrica

di Beniamino Servino

 


Mondragone. Edificio industriale.
Nato per iniziativa del Consiglio dell'Ordine degli Architetti della Provincia di Caserta, e curato da Beniamino Servino, "La città eccentrica. Esemplificazione del sistema urbano-territoriale della provincia di Caserta nel '900" riunisce in un unico lavoro una completa analisi teorica intorno al territorio di Caserta, e una meticolosa indagine fotografica a sé stante, complementare. A fare da cerniera tra le due parti del libro, enunciandone la struttura logica, è una breve frase Roland Barthes: "Il testo non 'commenta' le immagini. Le immagini non 'illustrano' il testo: ognuna è stata per me soltanto l'inizio di un vacillamento visivo, analogo probabilmente alla perdita di sensi che lo Zen chiama un sartori; testo e immagini, nel loro intreccio, vogliono assicurare la circolazione, lo scambio di questi significanti: il corpo, il viso, la scrittura, e leggervi il distacco dei segni".

Così, mentre i saggi teorici adattano alla provincia casertana conoscenze storiche, urbanistiche, semantiche e del vissuto, un consistente corpo di immagini silenziosamente percorre il territorio frazionato in cinque ampi ambiti. All'interno di questi campi omogenei le fotografie si muovono secondo anelli concentrici, sequenza immediata di frammenti che ricompongono un rapido ed esaustivo quadro del territorio. Manca volutamente qualsiasi veduta zenitale, ritenuta incapace di rivelare il rapporto tra gli spazi fisici e la comunità che li ha generati, mentre la comprensione dei fenomeni è affidata allo sguardo schietto e ravvicinato di più comuni fotografie. E sono le vere protagoniste del libro, queste immagini: sezionano metodiche il territorio, osservando dal basso ogni singola tipologia degli elementi che compongono il nuovo 'sistema' urbano.


[15oct2000]
Non solo città, infatti, ma 'sistema', formato da una città consolidata e da una continuità di territori promiscui periurbani che ancora manifestano incertezza riguardo il loro ruolo, altalenante tra quello di propaggini degli antichi centri storici del casertano o di parti consapevolmente decentrate. Questo stesso organismo urbano in costante crescita, formato da edifici coagulati e da spazi per il momento trascurati dall'espansione della città, fornisce la chiave di interpretazione dei fenomeni che lo generano: è il ritmo dei vuoti, la loro natura, e la natura di ciò che vi si affaccia. Il risultato di una lettura fondata su tali indicatori è l'immagine di un territorio 'temporaneo', in cui i presidi come i vuoti esprimono provvisorietà (quasi fossero in perenne attesa di nuovi e mai duraturi cambiamenti), e in cui i soggetti in grado di modificare lo spazio sono in numero sempre più elevato, mossi da una instancabile ricerca di individualità che rifiuta categoricamente regole collettive.

Il 'Canto a due voci' di cui diamo qui presentazione è uno stralcio del libro costruito come dialogo tra Beniamino Servino ed Eugenio Tescione. 

Marta Battaglia







Caserta. Case popolari.




Canto a due voci
Beniamino Servino - Eugenio Tescione


Santa Maria C.V. Edificio industriale.


Anversa. Residenze.
BENIAMINO SERVINO: Nebulosa urbana. La geografia di una regione un tempo composta da aggregazioni urbane distinte, da grandi aree pianeggianti di campagna semi-urbanizzata, da un ampio versante collinare e da una lunga fascia costiera è stata letteralmente riscritta da una moltitudine di manufatti solitari. Una distesa di edifici a bassa densità che ha assorbito i vecchi insediamenti del territorio (piccoli e medi centri urbani, aree produttive, quartieri sub-urbani) e li ha tra loro saldati; ha colmato gli ampi spazi aperti del territorio extra-urbano e si è incuneata negli interstizi vuoti della città consolidata, spargendosi lungo le strade e i bordi della campagna, unendo centri urbani un tempo distanti (e distinti), arrampicandosi lungo i declivi e completando l'edificazione della sua costa.

Come in altri paesaggi dell'Italia contemporanea, anche nel territorio casertano si può constatare l'emergere prepotente, accanto ai nuclei urbani consolidati e di antica formazione, di nuovi ambienti insediativi che, in parte sostituendo i primi, in parte affiancandosi a questi, sembrano aver catalizzato la recente produzione edilizia. Sono spesso zone peri-urbane, poste tra la periferia delle città compatte e i centri esterni, aree propulsive cresciute in modo autonomo.
Un tessuto ibrido: né urbano, né rurale.
Sincretico.

Attraverso l'espansione ed integrazione con il territorio, la città supera i limiti amministrativi e dà origine al
sistema urbano, che comprende la città compatta/verticale e quella diffusa/orizzontale.

(*) Le foto in bianco e nero sono di Luigi Spina, quelle a colori di Francesco Jodice.

Caserta. Case popolari.


Anversa. Edificio industriale.
EUGENIO ASCIONE: Nuvole di inconsistenza, libere di disfarsi ai soffi di un imprevedibile vento alimentato da volontà e desideri individuali. O libere di fondersi, spinte da quel vento, che, dunque, avrebbe come fonte anche inconsapevoli volontà e desideri "sociali"?

Quello che si osserva nel territorio/paesaggio esteso e mutevole sembra disegnarsi come venature di una foglia, frazioni che tendono a rappresentare l'albero cui è attaccata. Se il vento la stacca, le venature rimangono a rappresentarlo, frattale conoscibile, avendo però perso di vista l'albero, diventato sconosciuto.
Allo stesso modo, il grado di libertà con cui si è disegnata nel tempo una costa, una riviera, potrebbe essere considerato infinito? Potrebbe, cioè, essere conosciuta e controllata l'incidenza del moto del mare sulla terra, ovvero l'effetto di questo ondoso movimento, i suoi esiti, attraverso un'invarianza?

Forse dovremmo stabilire cosa rappresentano orizzontalità e verticalità: ad esse potrebbero essere attribuiti valori e significati diversi, e il grafico derivante da queste ascisse e ordinate potrebbe essere simile/uguale, ma inverso/opposto… il desiderio individuale è l'orizzontalità, il tempo/storia la verticalità, o viceversa… ci accorgeremmo forse che le coordinate devono essere più di due per rappresentare ciò che sembra soggetto al puro e prepotente invadere natura e storia…
E forse, dunque, le dimensioni sono più di due.

BS: La città eccentrica. Il sistema urbano della provincia di Caserta è contenuto in quello più ampio della città metropolitana di Napoli [la città-madre]. Rappresenta un sistema eccentrico (compiuto) all'interno di un insieme più complesso. Contenuto ma non appartenente. Una enclave.

EA: Intorno e dentro l'enclave si scatena la guerra, sostenuta da naturale istinto animale di possedere un territorio (di preservare una cultura). Il desiderio di pace e di integrazione aleggia, si condensa e a volte piove, bagnando centro, periferia ed eccentricità. Poi, al bel sole del mezzogiorno, evapora.




BS: Tra la terraferma e il mare, tra la dorsale e la litoranea. Dall'alto di una visione zenitale, topografica, l'organismo amebico della città eccentrica sembra slittare, quasi come attratto ad un magnete, verso il nucleo (ferroso) della città-madre, e questa distendersi, stirarsi (come ad un risveglio): la fascia pedemontana da una parte, il mare dall'altra, segnano i limiti fisici di questa sovrapposizione.

EA: La complessità di un campo è tale da rendere difficile la conoscenza delle relazioni tra le forze in esso agenti, e dunque da rendere difficile la previsione dei moti che i corpi in esso esistenti, e a quelle forze sottoposti, assumeranno.
Embricati, i campi (magnetici, elettromagnetici, psichici, simbolici…) rendono il tutto ulteriormente complicato, connotati come sono da gradi di libertà assumibili come infiniti. I campi periferici si moltiplicano oltre i limiti conosciuti, dirigono lo sguardo verso l'oltremare e il transappennino; il vertice elevato (zenitale) abbraccia il tanto e il troppo, lo smoderato, e tutto si complica di più.

La dislocazione fisica (costantemente ricercata nella soddisfazione dell'istinto nomade che ora si fa vivo solo nell'essere turisti), non ci salva. Bisogna ritornare. La dislocazione mentale, che si manifesta in quel desiderio di partire, il più delle volte ci rende solitari, a-politici, con gli occhi fissi sui nostri libri, sulle nostre foto, sulle vetrine dei negozi, uguali dappertutto. Intorno a noi le forze del campo ci agitano, e in esse siamo immersi, sventagliati perché attratti e respinti dal loro combinarsi. In mano o sotto gli occhi, ci sembra di avere sempre un appiglio che, illusoriamente, ci fa pensare di essere saldi a capire.


Santa Maria C.V. Case popolari.

Caserta. Edificio industriale.
BS: Territori di margine. Centro e periferia sono concetti relativi e complementari. Un centro non è tale senza una periferia e viceversa. Esclusi i casi limite, un medesimo luogo è sempre allo stesso tempo centro di un territorio e periferia di un altro e più vasto territorio di riferimento. La struttura relazionale che li lega e li definisce è assimilabile ad un modello a rete (cioè un grafo), modificando lo schema convenzionale (del tipo uni-direzionale) secondo il quale il flusso di quanto perviene alle fasce periferiche è superiore a quello che queste ultime producono e trasmettono verso i poli (mutevoli) della centralità culturale.

EA: Eppure, fortunatamente gli occhi, già afferrati a qualcosa di interiore, riescono ad afferrare qualcosa di esteriore. Chiusi o aperti, guidano sia il percorso verso la omologazione sia anche (paradossalmente) la resistenza ad essa. Da questo contrasto ognuno si augura che nasca il pensiero, e tutto il resto che lo contiene, e che un centro venga rivisitato con occhi nuovi.
La periferia alimenta il centro con quell'energia che bisogna avere per andare verso esso e per cambiare il percorso, per deviare quel tanto che è necessario per determinarne uno nuovo: questa energia si accumula, esplode in frammenti che minacciano la intoccabilità del centro.
A volte capita, invece, che imploda, determinando opere come bolle di creatività.


Caserta. Residenze.
BS: (silenzio)

EA: O l'energia, accumulata sulle zone di confine, si scarica, produce catastrofi (non sempre "maligne"), terremoti che modificano orografia e paesaggio dei segni.

BS: Sincronico-diacronico. La rappresentazione (con le immagini) delle zone procede attraverso una sequenza di anelli concentrici (interno>esterno): segue un percorso orizzontale (sincronico), anziché verticale (diacronico). Le fotografie tendono ad una trasposizione omogenea dei manufatti; ritagliano, in alcuni casi, sezioni più ampie di paesaggio (in cui l'edificio svolge il ruolo di frammento); fissano lo stato di fatto (cogliendo, talvolta, delle condizioni di degrado e/o di abbandono emblematiche); rappresentano una campionatura del territorio. La fotografia, dunque, come veicolo per l'approccio conoscitivo all'architettura; come strumento per l'esperienza dei luoghi.

EA: In apparenza la foto è figura che oggettivamente presenta uno stato di fatto. In realtà, la sua lettura implica, inevitabilmente, un'interpretazione: tra lo scattarla e il leggerla, l'immagine diventa rappresentazione che contiene del fatto molto più di quanto appaia.
Roland Barthes ne "La camera chiara" definisce la fotografia come la "Cassandra del passato": essa dice sempre la verità su sciagure già avvenute.
Sono i particolari, le parti a margine, la periferia del rettangolo, che spesso determinano il senso di verità della foto, quello che emerge nelle relazioni di scambio tra sfondo/periferia e primo-piano/centro. La messa a fuoco può essere impietosa: in un primo piano di un viso o nel nitore di una tagliente profondità di campo a volte è così. L'esperienza di uno scatto (1/125 di secondo?) comprende il prima e il dopo di un tempo personale, e nella foto ricade tutto questo tempo. Ma l'esperienza può essere usata, rispetto al tempo vissuto, tanto per conoscere quanto per disconoscere, tanto per vedere quanto per accecarsi.

BS: (silenzio)

EA: L'asciuttezza del linguaggio verbale è al servizio della non saturazione dei significati, è esercizio anti-retorico che meglio si contrappone al pericolo della ridondanza della presenza.
I luoghi sono già pieni di linguaggio, più o meno decifrabile: opere viste da fuori. L'insaturo comincia con la perniciosa domanda sugli interni: come sarà la cucina, quali mattonelle, la camera da letto…? Fra testo e contesto si situa la lettura, l'interpretazione, che a volte riescono come salutari attività ludiche.

BS: Epigrafe. Nulla è più condizionato, diciamo pure "più limitato", del nostro sentimento del bello F. W. Nietzsche, Crepuscolo degli idoli.

EA: Nessun giudizio, né morale né estetico, accompagna la fatica di conoscere che vuole giungere ad una conoscenza generale (scientifica). Il dato fenomenico, trattato per quello che è, deve essere messo in relazione, ovvero bisogna che siano rese note le relazioni che esso ha con il campo nel quale si situa e che lo accoglie. Null'altro. Oppure: che l'altro sia reso opaco.

BS: Parole, nasi ed archi. La scrittura della città si sovrappone alla lingua parlata (ascoltata gesticolata trasmessa) attraverso un unico codice espressivo. Lo spazio urbano ed il linguaggio si sviluppano lungo percorsi paralleli. [Ad occhi chiusi, sento parlare: immagino la città. Ne elenco le parti, il vocabolario.] Come la fisiognomica deduce i caratteri psicologici e morali di una persona dal suo aspetto fisico, dai lineamenti del suo volto, così la città eccentrica trae i suoi tratti minuti (la sua espressione fisica) dai suoni, dalle pause, dall'intercalare, dal repertorio del linguaggio [strumento minimo di sopravvivenza] che la abita. La teatralizzazione dell'esperienza quotidiana si trasforma in compiacimento delle proprie forme espressive, con un atteggiamento non provocatorio, ma inconsapevolmente lascivo.

EA: Martin Heidegger: "Il linguaggio è la casa dell'essere".


 

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