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Dal 'Teatro del Bauhaus' 1925 a Sidney 2000

di Saverio Barsali

 

Lo spettacolo della cerimonia inaugurale dei Giochi Olimpici di Sidney 2000 e la sua cerimonia di chiusura hanno recentemente confermato la validità delle teorie formulate nel Bauhaus ormai 75 anni or sono, riguardo agli spettacoli di massa, ed hanno confermato la loro ancora attuale capacità di insegnarci qualcosa. Le due cerimonie di Sidney, insieme allo spettacolo realizzato per l'inaugurazione del Millennium Dome lo scorso capodanno, sono forse gli esempi in cui, a causa della "mastodontica" scala ormai raggiunta dallo spazio in cui avviene lo spettacolo, più si è fatto ricorso a "insegnamenti" e "trucchi" lasciatici dall'istituto tedesco.

[10dec2000]
Non che i giganteschi spettacoli messi su da gruppi rock come Pink Floyd, Rolling Stones ed U2 negli ultimi dieci anni siano stati meno impegnativi, ma per vari motivi, sebbene ne abbiano ampiamente "utilizzato" gli strumenti, questi spettacoli si sono discostati profondamente dalle teorie del Bauhaus. Già 75 anni fa Moholy-Nagy, Schlemmer, Gropius ed altri avevano ampiamente proposto (con i mezzi allora disponibili) nuove concezioni di spettacolo, che facevano largo uso non solo di luci (usate con valore cromatico in sé), ma addirittura di schermi con retroproiezioni, unendo all'attore meccanismi scenici e cinematografici. Ma la loro ricerca era andata molto più avanti, non solo in termini "figurativi" o di tecnica (anticipando come vedremo con degli esempi prodotti e idee ormai di larghissimo uso nel light design), ma soprattutto in termini di concezione spaziale, di dislocazione degli avvenimenti, di compresenza di fattori visivi, uditivi, olfattivi.

I grandi concerti rock, pur raggiungendo livelli altissimi di espressione e di ricerca tecnologica, rimangono quasi tutti ancora impostati su una visione "bidimensionale" della scena, una sorta di ingrandimento dello spettacolo teatrale, in cui, per usare un'espressione di Moholy Nagy "troppo palcoscenici e spettatori sono separati l'uno rispetto agli altri, troppo netta è la divisione tra attivo e passivo, per generare tra l'uno e gli altri rapporti e tensioni creative". Esempio eclatante di questo è il palco di PopMart degli U2 con il mastodontico schermo, bellissima soluzione di notevoli problematiche tecnologiche, ma che in termini spaziali non sposta molto la rappresentazione dalla convenzione del "cinematografo".


Assonometria del "Total Theater" Gropius (1927). Immagine da "Il Teatro del Bauhaus".
I due eventi di Londra e Sidney hanno invece il pregio di riformulare da zero la concezione di spettacolo, creando dello spazio in cui avvengono, "l'arena centrale" del Millennium Dome o lo stadio per Sidney, uno spazio unitario, in cui viene cercato in numerosi modi la fusione tra evento e spettatore. Non a caso nel "Teatro del Bauhaus" (pubblicato dall'istituto nel 1925) e nella Esposizione di Magdeburgo del 1927, dopo aver gettato le premesse culturali e antropologiche con Schlemmer e Moholy-Nagy, e dopo i numerosi esperimenti (vero "light design ante litteram") di quest'ultimo dalla cinematografia al teatro, arriveranno a formulare un loro spazio ideale, un "Teatro Totale", che assomiglierà molto all'arena antica. 

Configurazione che ai nostri giorni "ritorna" come impostazione in tutti gli stadi e nell'arena di Greenwich. Il "Teatro totale" progettato da Gropius viene da lui spiegato [Schlemmer, Moholy-Nagy, Molnar, Il Teatro del Bauhaus, pagina 88, (trad. italiana) Einaudi Torino 1975], ed è dotato di un "sistema di proiezioni e di macchine cinematografiche, attraverso il quale le pareti e la copertura possano trasformarsi in scene figurative in movimento, tutto l'edificio risulterebbe impegnato da mezzi tridimensionali, al posto degli effetti figurativi piatti del teatro tradizionale".


Vista stadio Olimpiadi Berlino 1936. Immagine da Downing, Olimpia, pagina 172, BFI publishing, Worcester 1992.
Questa concezione globale dello spazio stadio sarà "presa in prestito" in numerosi campi e con vari fini, tra cui ad esempio (ironia della sorte) le cerimonie olimpiche di Berlino 1936, in cui anche il più acerrimo nemico del Bauhaus è "costretto" a rifarsi alle loro teorie, "scolpendo" una cupola di luce sopra lo stadio insieme alle azioni ginniche. Se il progetto di Gropius o quello del "Teatro a U" di Molnar non hanno ancora la dimensione dello stadio basta aspettare il 1933 in cui Marinetti, nello scritto "guardacaso" intitolato "Il Teatro Totale per le Masse" parlerà di un "grande teatro rotondo, con diametro di 200m. Una ribalta alta due metri e larga dieci che corre circolarmente a distanza di 5 m, dalle pareti interne che un poco curve offrono numerosissimi e movimentati schermi alle proiezioni cinematografiche e di aeropittura…"; dimensioni ormai diventate realtà del Millenium Dome.


Spettacolo all'interno del Millenium Dome. Immagine da Installation Europe, issue 6, febbraio 2000.

Oltre alle innovazioni tecnologiche, ed alla "cineificazione" del teatro, nelle teorie del Bauhaus pubblicane nel 1925 si insiste molto sul contemporaneo "bombardamento" sensoriale, si parla di rappresentazione "SIMULTANEA, SINOTTICA, SINACUSTICA", di rappresentazioni fatte (come si vede nella "Partitura per una eccentrica meccanica" di Moholy-Nagy riportata in figura) di "forma, movimento (sia attori che oggetti), suono, luce (colore) e odore".


"Partitura per una eccentrica meccanica" di Moholy-Nagy (1925). Immagine da "Il Teatro del Bauhaus".
Questa sede non permette di entrare nel dettaglio delle numerose "anticipazioni" tecnologiche proposte, basta però pensare ad un paio di proposte per capirne l'attualità. Una è la proposta di utilizzare luci per "abbagliamento repentino" degli spettatori (oggigiorno comunemente fatto con le cosidette "blinders"), l'altra, oltre alla contemporanea utilizzazione di questi elementi che oggi viene comunemente fatta, è la distinzione che Moholy-Nagy fa in "Teatro, Circo e Varietà" tra il valore bidimensionale e quello tridimensionale della luce, suggerendo di utilizzare "proiezioni con riflettori sul film in piano, nonché giochi di luce nello spazio", che come avremo modo di vedere si realizzerà in maniera stupenda nello schermo circolare e nei laser utilizzati nel palco di "Division Bell" dei Pink Floyd.

La nuova concezione spaziale, e l'unione tra macchina scenica ed azione umana, sono elementi che torneranno in tantissime idee del Bauhaus, e l'effetto che questo comporta sull'attore e sulla rappresentazione sono indicate nel collage "Teatro U in azione" di Molnar, in cui l'azione si sposta nelle tre dimensioni, nel cielo, tra acrobati, pagliacci e funamboli. Artificio che troveremo sia in Sidney 2000 (si pensi all'attore sospeso nel cielo con gli arti allungati, che richiama oltretutto la Danza delle Verghe del Bauhaus), che nel Millenium Dome, in cui oltretutto la "torre di babele" che si monta all'interno richiama il "Sistema cinetico-costruttivo" di Moholy Nagy. Tantissime sarebbero poi le analogie tra i costumi di Sidney e quelli del Bauhaus, a conferma che gli artifici da loro proposti parlando di trampoli, marionette ed automi è ancora valido.


"Teatro ad 'U' in azione" di F. Molnar (1925). Immagine da "Il Teatro del Bauhaus".

L'ultima cosa che conferma il valore ancora attuale della ricerca del Bauhaus è il vasto uso che viene fatto del macchinario come spettacolo, che a Weimar è stato analizzato sia come "palchi meccanici", come spettacolo in se, sia unito alla luce, sia nel teatro totale come "organismo" globale in cui si "muovono" gli attori. E negli spettacoli di Londra (la torre ma anche le "ruote volanti") e di Sydney in cui troviamo, solo per fare degli esempi: il drago, il disco dell'accensione della fiaccola, la torre montata nel centro dello stadio dalle piattaforme mobili, il palco che si solleva trasformandosi in globo terrestreto.



La torre costruita nello stadio.


Il palco si trasforma in globo su cui avvengono proiezioni.

L'ultimo artificio, la proiezione di immagini sul gigantesco telo, oltre a confermare il valore del connubio uomo-immagine proiettata che si trova negli nella "Partitura per una eccentrica meccanica", conferma anche la validità della rivoluzione nel rapporto attore-spettatore: un gigantesco telo bianco su cui si proiettano foto di campioni olimpici viene fatto scendere dalla tribuna e portato fino al centro dello stadio (confermando la previsione di Heinz Loew che nel 1925 scriveva [riportato sotto la foto del palco Meccanico nell'edizione americana de Il teatro del Bauhaus, pag. 84, Wesleyan University press, Middletown, Cunnetticut, 1961] "sembrerebbe che un compito per il futuro sia lo sviluppo di un personale tecnico tanto importante quanto gli attori, il cui lavoro sarebbe rendere questo apparato visibile, con la sua peculiare e nuova bellezza, non fine a se stessa"). Ulteriore conferma dell'unitarietà dello spazio scenico, creando una unicità tale che sarebbe impensabile proporre uno spettacolo del genere in qualsiasi altro posto.


"Macchine" di Sidney 2000: il drago.



Grande proiezione su telo che dagli spettatori va nel centro stadio.
A conclusione di quanto detto, a conferma dell'attualità di queste teorie, si può porre una riflessione di Schlemmer [riportata in Bistolfi, Schlemmer: scritti sul teatro, pag. 174, Feltrinelli Milano 1982] sul metodo seguito in quegli anni dal Bauhaus, che spiega anche lo spirito con cui è stata fatta questa analisi di teorie formulate ormai 75 anni fa: "una scienza dello spettacolo, pur basandosi sul materiale storico per lo studio di un denominatore comune al mutare delle forme, dovrebbe diventare immediatamente produttiva e creare forme nuove".

Saverio Barsali

s.barsali@tiscalinet.it 





Saverio Barsali, laureando presso il Dipartimento di Costruzioni della Facoltà di Architettura di Firenze con una tesi di prossima discussione dal titolo "Riutilizzo di spazi attrezzati per lo spettacolo: analisi delle esperienze di spettacoli di massa e progetto di una struttura portatile per concerti negli stadi" relatore Prof. Arch. Tempesta, co-relatore Arch. Pannocchia per gli aspetti storici e scenografici, Prof. Ing. Majowiecki per consulenza strutturale e Claudio Santucci per show e light design. 





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