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Stazione-visionaria

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…una stazione ferroviaria… una stazione radio… una stazione orbitante… una stazione di benzina… una stazione sciistica… sono questi, alcuni luoghi propri dell'uomo, che l'uomo stesso ha immaginato, costruito, ed in seguito, messo a disposizione di altri uomini. La stazione è luogo al quale ogni individuo ha possibilità di accesso; è luogo dove ogni individuo ha possibilità di ricevere ciò di cui al momento ha bisogno; è luogo dal quale ogni individuo ha la possibilità di ripartire per compiere un viaggio, un'azione, un'attività, una produzione, ecc…

[02feb2001]



Nel progetto exstasy-diplacement la scelta di intervenire sull'idea di infrastruttura di collegamento è legata alla necessità di considerare la strada non solo come connessione tra due punti separati, ma come momento in sé, un evento. La struttura organizzativa fluida, leggera, ridisegna la conformazione del terreno, diventando ragione di attenzioni e vitalità, un luogo per il riposo, gioco, sport, svago, incontro. Lo spazio si presenta come una superficie, un continuum generativo.

La stazione-visionaria vive delle stesse logiche. Essa, non è altro che una tra le possibili risposte alla domanda, che continuamente ci poniamo, su quale sia il ruolo dell'architettura e quale significato dovrebbe assumere la progettazione oggi. Il sostantivo "stazione", viene qui adottato per la caratteristica di approdo possibile e possibile punto di partenza. L'aggettivo "visionaria", perché libera da pregiudizi culturali, da schematizzazioni precostituite, da un punto di vista vincolante.




Il progetto continuum nasce dall'analisi del territorio-boario, spazio già dotato di incredibili caratteristiche, come superficie topografica, una ricerca nel tessuto urbano di uno spazio unico, un continuum, immaginando che questo si comporti come un paesaggio naturale. La superficie, così, è capace di assimilare e registrare le inflessioni delle varie forze come in una modellazione, progressiva, della stessa forma nel tempo. La piega del terreno, raddoppia lo spazio per i parcheggi, crea spazi coperti. Collina e depressioni generano nuovi campi visivi, nuovi punti di aggregazione.

Stazione-visionaria, quindi, come luogo dal quale, una volta abbandonati determinati principi, come per esempio la convinzione che il ruolo dell'architettura sia quello di fornire materia all'apprezzamento estetico, si dà inizio ad un cammino di "auto-progettazione" come liberazione e realizzazione dell'individuo. Per questo, un atteggiamento inclusivista risulta necessario ed appropriato. Ben van Berkel afferma che "come un esperto della pubblica informazione quotidiana, l'architetto raccoglie informazioni che sono potenzialmente strutturanti, le coordina, le trasforma e offre idee ed immagini per l'organizzazione della vita pubblica, in un sistema senza fine e senza uguali".

In una società che vive della logica della comunicazione, dove l'individuo è sempre più spettatore-protagonista della società globalizzata, elementi e logiche propri dell'arte, della filosofia, della letteratura, della musica, della politica, della genetica, delle nuove tecnologie, in breve di tutto ciò che è informazione, diventano il pane quotidiano di chi fa ricerca architettonica. Raccogliere dati è il fondamento di una nuova esperienza. L'architetto può offrire valide risposte a problemi quali quello dell'ambiente, dell'abitare, del traffico, del lavoro, dello svago, del riposo, dello sport, se messi in connessione agli aspetti sociali, artistici, psicologici propri dell'uomo.




In disfunzione-cremona la strategia è stata quella di scoprire le possibilità spaziali del luogo e le sue relazioni con la città. L'azione è lavorare sull'immagine di Cremona con Cremona stessa, coinvolgere la città in un esperimento. Senza tener conto del ricordo, l'intervento si muove dinamico nel tessuto urbano distraendo lo spazio in più eventi una congestione premeditata. Vita-gioco-sport-natura-informazione-città animano immagini di milioni di bit, innescando un processo d'interazione, un hyper-luogo.




no pavilion. Nell'ambito della nuova "struttura", il paesaggio controllato e modellato diventa "paesaggio culturale" caratterizzato da un ordine assoluto, da una struttura. Dal momento in cui la rete strutturale é privata di alcuni elementi, "l'assenza" ha creato nuovi "luoghi subordinati", "livelli ambientali" differenti, punti di attrazione. Il luogo è in grado di ricevere "contenuti" differenti a seconda dei bisogni e delle circostanze, elementi nuovi che diventano significativi. Ogni presenza all'interno del luogo è intimamente connessa con esso.

Il gruppo nicole_fvr (for visual research) nasce nel Maggio del 2000, per iniziativa di Tommaso Arcangioli, Gianfranco Bombaci, Domenico Cannistraci, Lorenzo Castagnoli, Pietro Chiodi, Matteo Costanzo, Valerio Franzone, Angelo Alessio Grasso. Nicole_fvr si muove tra esperienze individuali e collettive, nate sempre secondo combinazioni diverse tra i suoi membri. Il gruppo ha partecipato a diversi concorsi internazionali, workshop, ha realizzato siti web, grafica e video. Alcuni dei partecipanti a nicole_fvr portano avanti una ricerca parallela attraverso una elaborazione teorica curando "2A+P rivista di progettazione".
L'architettura muta di forma e, da inerte, diviene elemento attivo, teso ad instaurare un rapporto tra individuo ed ambiente che permetta la libera interazione tra i due, che generi nuove situazioni. Constant e Debord ci insegnano: "la creazione di una situazione significa la creazione di un micro-mondo, di un gioco di avvenimenti". Approdare ad una stazione-visionaria implica un cambiamento di orizzonte, uno spostamento dell'attenzione dell'architetto, dall'oggetto architettonico inteso come elemento formale, all'uso che se ne fa, all'effetto che esso potrà avere, alle relazioni che innesta tra individuo ed ambiente, alle possibilità che concede all'uomo di realizzarsi, di immaginare, di sognare, di essere libero.

Dovendo perciò l'architetto fornire visioni e realizzare l'inaspettato, deve compiere un necessario sforzo d'immaginazione, che si esplica nella ricerca di uno spazio inteso in termini qualitativi, come il più estendibile possibile.


Nell'esperienza Evnet - here but everywhere (www.orangecoffee.it/nicole_fvr/evnet/index.htm) si vuole realizzare un evento basato sulle logiche del network. Il corpo di ogni partecipante è considerato, attraverso i suoi sensi, un ricettore di informazioni. Un mix informatico di suoni, immagini, odori, condizioni climatiche, dà origine ai paesaggi artificiali di Evnet. È un silent-party, la rappresentazione di ciò che oggi viviamo attraverso un evento: la creazione di un paesaggio senza più identità, in cui spazio e tempo perdono di significato acquistando nuovo valore.

Da questa stazione-visionaria la città viene intesa come paesaggio costruito dall'uomo. Un paesaggio ibrido, dove il rapporto tra artificiale e naturale va continuamente mutando, nel quale l'architettura funziona come una struttura organizzativa a tutti i livelli. Una struttura libera di assumere identità differenti, capace, nel tempo, di far interagire tra loro elementi come il terreno, gli edifici, le strutture di collegamento, in un sistema caratterizzato da strategie e sensibilità proprie della natura.




Sensitive house è un esperimento che nasce dalla collaborazione di due progettisti ed una narratrice. Lo spazio non viene disegnato ma sentito. Sensitive house è un progetto basato sull'interazione tra ambiti differenti, che vede il corpo umano e il corpo della casa fondersi, adagiarsi, scivolare l'uno sull'altro sentendosi reciprocamente. Lo spazio mutevole e sempre diverso, ha infinite possibilità.

In questa stazione-visionaria il ruolo del progettista è quello di trasformare le nostre città in paesaggi, che ci liberino nella loro bellezza e nel loro potenziale di esplorazione. Così facendo egli può renderci liberi, operando come un contadino, che scavando, modellando, proteggendo, riconfigurando il proprio campo, il proprio territorio, ne esalta determinate caratteristiche, lo apre a possibili cambiamenti futuri, lo rende produttivo.

"Fra tutto ciò che definisce il nostro comportamento e il nostro ambiente, anche come soluzione di determinati problemi, l'architettura è una possibilità". (Hans Hollein)

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