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100 case per 100 architetti

di Alessandra Bordieri

 

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La casa di Alvar Aalto a Helsinki, tutta in cemento e mattoni, la villa di Otto Wagner, con il suo schema rigidamente simmetrico immersa in un parco ottocentesco, l'appartamento di Adolf Loos a Vienna, che concilia l'eleganza astratta del bianco con la familiarità del focolare domestico di lontano ricordo americano. E ancora le case milanesi di Gio Ponti e Figini, il rifugio neoplastico di Rietveld, la dimora di Gropius, quella Art Nouveau di Van de Velde, e poi le case dei più significativi architetti del secolo appena passato, Albini, Gardella, Ridolfi, Bruno Taut. Fino a raggiungere il numero di 100 case – per 100 architetti. O meglio "di" 100 architetti, tutte raccolte in un gigantesco archivio messo in piedi da un gruppo di lavoro del Dipartimento di Progettazione architettonica del Politecnico di Milano, che da un anno lavora al progetto internazionale "One-hundred houses for one-hundred European architects of Twentieth century". 

Il progetto è coordinato da Gennaro Postiglione, professore a contratto presso il Politecnico, che ha raccolto 20 istituzioni di 16 paesi diversi, per organizzare materiale, disegni, fotografie e scritti, sulle case che gli architetti europei di questo secolo si sono progettati per se stessi. L'idea è quella di avere alla fine un enorme archivio virtuale e materiale, un vero e proprio museo on line, che sarà consultabile sul sito www.meamnet.polimi.it, oggi ancora in costruzione. L'idea è nata dalla co-operazione di diversi paesi, e lo scopo è quello di creare una rete internazionale di contatti per studiare, valorizzare e conservare le case dei più importanti architetti europei del XX secolo.

[01aug2001]
Dentro l'archivio potremo trovarci immagini, disegni e stesti sugli esperimenti sulle nuove idee di abitare proposte nel ‘900 e portate avanti da Victor Horta, Olbrich, Theo van Doesburg, si potranno vedere gli arredi di Prouvé, si potranno confrontare la ricerche sulle scale dello spazio domestico nelle realizzazioni di Asplund e Ridolfi, i progetti per il comfort spaziale, nelle case di Behrens, di Bruno Taut, di James Stirling, e di Ralph Erskine, fino agli esperimenti sugli arredi e sugli oggetti di Mackintosh, Berlage, Albini e Mollino. 

La scelta degli organizzatori è stata quella di selezionare solo architetti dell'epoca moderna, e non contemporanea, per avere la lontananza storica necessaria a guardare con occhio critico le opere e a verificarne il valore. Scelta questa che ha fatto discutere alcuni partner europei, come il Belgio e l'Austria, per i quali è stata fatta un'eccezione per consentirgli di presentare anche alcune opere contemporanee.

Grande assente del museo virtuale è Le Corbusier, che con il suo cabanon e la sua casa-studio a Parigi poteva essere un esempio notevole di come gli architetti pensano le proprie case: come un capanno immerso nel verde e a picco sul mare della Costa Azzurra. La Fondazione Le Corbusier di Parigi però non ha voluto concedere i materiali e dal museo virtuale resta escluso uno dei più grandi interpreti dell'abitare moderno. L'atteggiamento culturale di questo progetto è proprio quello di considerare l'abitare come uno degli elementi fondamentali della vita umana e l'architetto come un intellettuale in grado di intervenire con la sua opera nella costruzione dell'identità di un paese e di una società, esattamente come un musicista e un poeta. E le teorie sull'abitare diventano pratica dell'architettura proprio nelle case che gli architetti si progettano per se stessi, appartamenti, case unifamiliari, ville, in cui diminuiscono i vincoli, proprio perché il progettista diventa committente di se stesso. 

In realtà "100 case - per 100 architetti" ha un'aspirazione in più, ed è quella di superare i confini nazionali entro cui operavano tutti questi progettisti, per concentrare l'attenzione sulla dimensione transnazionale della pratica di architettura, quasi che l'abitare venisse a costituirsi come uno dei pilastri dell'identità contemporanea europea, attraverso processi di ibridazione e contaminazione. Ma forse l'idea più interessante di quest'iniziativa sta proprio nel creare una rete europea di istituzioni, che raccolga on line il patrimonio residenziale lasciato dagli architetti del XX secolo per avere infine un sito web, un museo virtuale che raccoglie il materiale, lo organizza e infine lo diffonde, in modo capillare e accessibile da chiunque frequenti la rete. Le cento case selezionate sono una base per l'archivio virtuale, che è pensato per espandersi nel futuro aggiungendoci materiale su altre residenze e forse anche per aprirsi al contemporaneo.

Il futuro museo virtuale si inaugura però con un'iniziativa ancora molto tradizionale, una mostra che si apre il prossimo 24 settembre alla Triennale di Milano, dove verrà ospitata fino al 20 ottobre. In quest'occasione si potrà avere un'anteprima, anche se parziale, di tutto ciò che conterrà la raccolta on line delle 100 case selezionate. La mostra dovrebbe poi iniziare il suo lungo viaggio nei paesi europei che hanno aderito all'iniziativa, come la Danimarca, l'Inghilterra, la Francia, la Germania. Ma il vero momento di confronto su questo progetto è la giornata di studio organizzata per il 20 ottobre prossimo. Sul tema dell'abitare discuteranno Adriano Cornoldi, che ha da poco pubblicato con Marsilio "Le case degli architetti", Maurizio Boriani, professore di Restauro al Politecnico, Ian Chambers, Ralph Erskine, architetto inglese che si è progettato la propria casa a Lissma, in Svezia, un minuscolo edificio di 6 m x 3,60 m. Ricercatori e architetti sono invitati a partecipare al dibattito, inviando un proprio scritto sul tema alla mail meamnet@mail.polimi.it.

Alessandra Bordieri

a.bordieri@libero.it
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