home

Files

La torre d'avorio

di Francesca Pagnoncelli

 

Sono oramai due mesi, dalla fatidica data dell'11 settembre scorso, che si legge ovunque della presunta crisi della tipologia architettonica del grattacielo, della sua fine come modello di riferimento, come simbolo di un'epoca iniziata con la rivoluzione industriale, come frutto di un sistema economico basato sul liberismo, sul profitto, sul denaro virtuale delle borse internazionali. In realtà questo è il primo pensiero che ognuno di noi ha avuto, insieme a molti altri: sentiamo la crisi ovunque, ogni certezza è messa in dubbio. Ma il nostro mondo ancora regge, ancora resiste, con tutte le sue pecche e i suoi limiti che stranamente restano saldi al loro posto. E saldi restano i grattacieli, frutto certo di tecnologie rese disponibili dal progresso della tecnica e della ricerca di fine Ottocento, ma realizzati perché economicamente utili, perché risposta perfetta alla domanda di spazio edificabile da parte di speculatori, tipologia umana sempre e comunque presente.

[14nov2001]
Dopo più di un secolo, chiaramente, il valore aggiunto del modello grattacielo è enormemente aumentato: questa tipologia architettonica è parte dell'immaginario collettivo, racchiude in sé non solo il fascino dell'altezza, della sua vicinanza con il cielo, della sfida che lancia agli elementi naturali. È molto di più: nel grattacielo è il genio dell'uomo, è il trionfo della ragione, è la luce, la trasparenza, l'eleganza, la perfezione di quello che spesso si risolve in un enorme parallelepipedo di ferro e vetro, proprio come alle origini di queste architetture. Esteticamente e strutturalmente il grattacielo non si è poi così evoluto da allora, ma continua a rappresentare una sorta di magico oggetto. La scelta di usare una forma pura come il parallelepipedo, figura geometrica semplice, lineare, facilmente leggibile e universalmente riconoscibile, è, in un certo senso, la rinuncia all'invenzione di cui parla l'artista Sol Lewitt. È da qui che deriva l'indifferenza del grattacielo rispetto al contesto rilevata da Vittorio Gregotti.

In questa estremizzazione geometrica vi è anche totale chiarezza: il grattacielo racchiude in sé le caratteristiche che, secondo Lorenzo Dall'Olio, accomunano arte e architettura: l'essere impostato su una griglia e un modulo cubico, essere definito da un volume puro e diventare. "Le opere di architettura, pur lontano dallo spazio liminare praticato dalle sculture minimaliste, ne utilizzano il rigore e la forza evocativa". Guardati da lontano i quartieri direzionali di tutto il mondo hanno lo stesso impatto che i dolmen nel deserto. "Impossibile, infatti, non nutrire un'opinione sulla loro estetica e sulla mitologia che l'accompagna –sostiene Sebastiano Brandolini– hanno forme necessariamente simili a sculture".

Come si può pensare che tutto questo carico immaginifico legato all'oggetto grattacielo possa svanire, volatilizzarsi, in un solo momento. Come cancellare dalle nostre menti le immagini di centinaia di film, di milioni di telegiornali, cartoline, pubblicità, videoclip che ritraggono New York nella sua violata interezza?

Con quale fondamento si può sostenere che il grattacielo è un simbolo da tempo esaurito quando se ne costruiscono continuamente in tutto il mondo? Credo sia impossibile e credo che nessuno al mondo voglia che il grattacielo scompaia dalla faccia della terra, che si smetta di costruirne, che si smetta di sognare in grande, che si torni indietro. Abdicare il grattacielo significherebbe rinunciare ad una parte di noi stessi, ammettere la sconfitta della società in cui viviamo che, anche se possiamo non condividere totalmente, ha dimostrato di essere così aperta e libera da non essere capace di difendersi. In ogni caso sarà l'economia a dettare legge e finché il business avrà bisogno di concentrare i suoi affari e i suoi uomini in strutture alte cento e più piani nessun attentato terrà la gente fuori dai grattacieli, fuori dalle metropolitane, fuori dalla vita e dal mondo. Alla fine the show must go on, uno show alquanto triste ultimamente, un show spesso strumentalizzato, di cui si dovranno rivedere i testi, i principi informatori, gli ideali per poter continuare a crederci. 

Francesca Pagnoncelli
f.pagnoncelli@libero.it
> FILES

 

 

laboratorio
informa
scaffale
servizi
in rete


 







copyright © DADA Architetti Associati