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Alta tecnologia a bassa risoluzione

Anna Cornaro
La facciata est del nuovo Museo di Arte Contemporanea di Graz, progettato da Peter Cook e Colin Fournier (Spacelab), ha un nome insolito, breve come l'estensione di un file: BIX.
Due giovani architetti berlinesi, Jan e Tim Edler, fondatori dello studio realities:united, hanno ideato uno schermo multimediale stereometrico, che si immerge simbioticamente nelle forme tondeggianti della Kunsthaus e da essa ne riemerge animato da infinite immagini in movimento.

[03may2004]

Manutenzione periodica del sistema di illuminazione della facciata BIX
. Foto: Anna Cornaro.

Al tramonto, dietro l'involucro traslucido di metacrilato (PMMA) color petrolio, occhieggiano 930 luci circolari fluorescenti come fossero pixel a scala urbana; la luminosità di ciascuna può essere variata in modo progressivo grazie ad un controllo computerizzato. Per mezzo di un software appositamente ideato, il grande schermo (20mx45m) è in grado di trasmettere filmati con una frequenza di 20 frame al secondo: ne deriva un'immagine evanescente tanto più astratta nella sua incerta bicromia da superotto, quanto più poetica.


Vista diurna del museo. Foto: Anna Cornaro.



Foto: Landesmuseum Joanneum
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Foto: Klamminger
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Foto: Landesmuseum Joanneum
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Foto: Landesmuseum Joanneum
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La pelle sintetica dell'alieno biomorfo si fa medium dal comportamento simile ad una pellicola osmotica: di giorno è ricettore degli eventi che la circondano (sui pannelli traslucidi sono riflesse le cupole tondeggianti della città storica, e le luci fiammeggianti delle automobili in corsa), di notte diviene divulgatore di prodotti dell'arte.






realities:united. Schermate del programma BIX-Simulator
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Sistema dei corpi illuminanti celato dietro l'involucro in pannelli di metacrilato
. Foto: Anna Cornaro.

Ancora una volta l'architettura parla il linguaggio e si serve della tecnologia della pubblicità, non la comunicazione esplicita dai contorni definiti del "I am a monument" venturiano, bensì un flusso di energia che veicola un sottile ed implicito messaggio (proprio della meta-pubblicità) che ha nelle allusioni, nella libera interpretazione e nella comunicazione one to one la propria forza. Bix mantiene però una profonda differenza rispetto agli schermi multimediali che animano grandi città in tutto il mondo (Tokyo, New York, Londra): il suo messaggio non prescinde dall'arte ed è libero dalle leggi di mercato che imbrigliano la comunicazione commerciale.


realities:united. Prospetto del sistema dei corpi illuminanti
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Spacelab (Peter Cook e Colin Fournier) aveva immaginato il volume patatoide rivestito da un involucro trasparente dal cromatismo mutevole. L'obiettivo era quello di mostrare la vita interna del Museo, lasciar trasparire dalla sua membrana il vibrante brulicare degli eventi in esso ospitati. I tempi assai ridotti di realizzazione ed una progettazione esecutiva sviluppata parallelamente alle fasi di cantiere, costrinsero i progettisti ad abbandonare l'obiettivo, da una tale crisi di intenti emerse però un'idea nuova ed originale: sostituire la trasparenza bidimensionale di una vetrata high-tech, con una trasparenza più allusiva e poetica, in parte più profonda, quella, tridimensionale, delle informazioni.

BIX trasforma l'involucro esterno della Kunsthaus in una pellicola superficiale che non intende tanto mostrare l'esperienza del fruitore, quanto la sperimentazione dell'artista, dando modo di scrutare, non all'interno degli spazi confinati del contenitore, bensì negli infiniti mondi immaginati dall'arte che in esso è contenuta.


realities:united. Berlino. Jan e Tim Edler
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La collaborazione dei giovani architetti berlinesi porta alla realizzazione di ciò che già da tempo Cook aveva immaginato in diversi suoi progetti di concorso. Le immagini sfocate restituite da BIX sembrano ricordare le trasparenze mutevoli della Trondheim Library (con Christine Hawley, 1977), il cui involucro avrebbe dovuto restituire le ombre suggestive degli oggetti metamorfici contenuti al suo interno. L'idea di una comunicazione multimediale vivace e coinvolgente, riecheggia i virtual reality displays del Pfaffenburg Museum (concorso vinto con Christine Hawley e mai realizzato, 1994) dove schermi di diverse grandezze collocati all'interno del parco del Museo, avrebbero dovuto comunicare gli eventi in corso.

I realities:united raggiungono così un obiettivo da tempo sognato e nello stesso tempo sono in grado di superarlo: si sottraggono infatti alla corsa irrefrenabile verso il continuo aggiornamento tecnologico, scegliendo di usare lampade circolari dalla semplice reperibilità, e dall'aspetto domestico (Kitchen lamps); allo stesso tempo elaborano due diversi sofisticati software in grado di controllare BIX.
BIX-director, installato nella Kunsthaus, consente di programmare l'intensità luminosa di ciascuna lampada.
BIX-simulator, disponibile sul web, permette agli artisti di simulare la trasmissione dei filmati sul volume tondeggiante del Museo e di verificare la visibilità delle immagini da diversi punti della città.


realities:united. Esploso della facciata BIX: la pelle in metacrilato, i corpi illuminanti circolari, l'involucro costituito da pannelli coibentati.

realities:united. Esploso della facciata BIX: la pelle in metacrilato, i corpi illuminanti circolari, l'involucro interno costituito da pannelli coibentati
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Secondo un concetto del tutto conforme "all'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica", il software di simulazione (scaricabile dal sito di BIX) è messo a disposizione di chiunque voglia "giocare" con l'arte, simulando la riproduzione dei propri video amatoriali sulla facciata di una Kunsthaus virtuale. BIX incarna così la perfetta sintesi di architettura, arte, tecnica costruttiva, tecnologia computerizzata, illuminotecnica ed apre nuovi ambiti di ricerca alla video-arte ed alla comunicazione multimediale. Diviene un campo di sperimentazione per una nuova semantica urbana; un'inedita forma di comunicazione che filtra immagini, restituendole alla città in forma astratta ed incerta; uno strumento lasciato nelle mani degli artisti per sperimentare un nuovo linguaggio di cui deve essere ancora esplorata la sintassi.

Le immagini in scala di grigio confondono i contorni dell'architettura, non la cancellano, ma la compendiano, trasformandola in una entità dai limiti diffusi; è forse questo un altro passo verso quella "architettura con una visione a scala universale dai contorni flessibili, senza opposizione tra i due lati, il dritto e il rovescio, l'interno e l'esterno, io e gli altri" (1), che in molti, tra gli architetti contemporanei, auspicano e che sembra stimolare le più interessanti sperimentazioni nel panorama architettonico attuale.

Anna Cornaro
anna.cornaro@tin.it



realities:united. Rendering di dettaglio del sistema illuminante.

1. G. Longobardi (a cura di), Toyo Ito. L'architettura evanescente, Edizioni Kappa, Roma 2003, p. 183.

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