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Mobilità urbane.
Un viaggio nelle ricerche di ellelab, IaN+, ma0, Osservatorio Nomade, SCIATTO produzie e 2A+P/nicole_fvr

Marialuisa Palumbo
22.30: Matteo (2A+P/nicole_fvr) viene a prendermi. Salgo in macchina, alla radio Lorenzo Romito (Stalker) parla delle periferie romane e del progetto Corviale... Siamo in ritardo: l'appuntamento è al Vittoriano per salire sugli autobus messi a disposizione dall'ATAC e muovere con Troll (progetto di ricerca e sperimentazione sulle mobilità urbane notturne) (1), Osservatorio Nomade, Radio Città Futura e con chiunque altro sia interessato a partecipare, ad una esplorazione della periferia romana. Prima tappa, la sopraelevata: il discusso tratto della Tangenziale est che dalla Prenestina si solleva sino a lambire gli attici dei palazzi circostanti e a guardare dall'alto i tetti di San Lorenzo. Scendiamo dagli autobus e camminiamo a piedi. Non so se la coincidenza sia voluta ma, come per Corviale (meta del nostro viaggio), anche per la sopraelevata viene spesso proposto l'abbattimento. Possibile che per regolare i rapporti tra questo serpentone urbano e gli inquilini dei palazzi circostanti non si possano trovare soluzioni migliori, che non dimentichino le necessità locali ma neanche quelle complessive di una città dove ogni giorno masse di persone si spostano da periferie sempre più distanti al centro e viceversa? Mi vengono in mente i piloni dei viadotti della Sportcity di IaN+ trasformati in palestre da roccia...
Percorrere a piedi questo tunnel a cielo aperto ed affacciarci a guardare dal guardrail la stazione Tibutina ha un che di surreale. Con Matteo cominciamo a parlare di film di fantascienza...

[30jul2004]
Frugo con lo sguardo tra i capannoni abbandonati della stazione alla ricerca del luogo che dovrebbe diventare la stazione dell'alta velocità e, in quello stesso luogo, cerco il grande magazzino dove adesso vive accampata, in quello che alcuni chiamano Hotel Africa, una comunità di quasi cinquecento persone sbarcate in Italia dall'Eritrea, dal Sudan e dall'Etiopia, e penetrate nel Capannone Tiburtino attraverso uno squarcio in un muro di cinta della stazione... Dove trasferire la comunità, e soprattutto come trasferirla senza distruggerne il tessuto sociale? Come salvaguardare l'esperienza di una comunità di persone che provenienti da Paesi in guerra tra loro, sono riuscite, in condizioni di vivibilità estreme, a convivere, a dialogare e a coordinarsi dando vita ad una straordinaria esperienza di autogestione, trovando risposte comuni a bisogni comuni? Come affrontare la questione di porzioni crescenti della popolazione (si calcola che a Roma siano circa il 10%) che arrivano e non hanno nulla se non la propria forza lavoro e la condanna/ricchezza della propria differenza? Queste le domande con cui l'Amministrazione cittadina si sta confrontando. Queste (sulla mobilità, le periferie, la senescenza dei luoghi, gli spostamenti di masse di popolazioni, gli equilibri e le dinamiche territoriali) alcune delle domande centrali con cui le nostre città e la nostra civiltà si stanno confrontando.
Nonostante a Tiburtina lo sgombro forzato e l'abbattimento di un primo padiglione occupato sia già cominciato, non posso fare a meno di pensare che proprio in questa sovrapposizione di spazi e di storie possa celarsi, oltre ad una contraddizione, una profonda connessione. Da l'hotel africa all'alta velocità, da un'esperienza di pacifica convivenza multietnica ad una accelerazione delle connessioni fisiche del territorio.
Mi viene in mente la mappa della metametropoli del terzo millennio proposta da SCIATTO produzie (2) al concorso della Biennale del 2002.

Praga, un quartiere operaio. Mala Strana, un grande palazzo abbandonato in centro. Berlino Ovest, vuoti al di là del muro abbattuto. Roma Spinaceto e Casilino. Sarajevo: quello che rimane. Una successione di spazi, di immagini di lacerazioni urbane, di luoghi di confine, di frammenti rifiutati o violentemente prodotti dai riassetti della civiltà post industriale e post blocco sovietico, che esprime il bisogno di un approccio alla città, al suo progetto e alla sua costruzione, che al "vuoto prestabilito e l'abbandono pianificato" come mezzi del controllo del fluire urbano, contrapponga un ascolto dei luoghi in mutazione, delle zone che i processi stessi del farsi urbano hanno reso autonome, pericolose e al tempo stesso potenzialmente ricche di una energia propria. È in questi luoghi che SCIATTO produzie vede "l'ultimo campo significativo dell'operare artistico": un operare basato sull'appropriazione dello 'scarto' (sia esso spazio, oggetto, materiale) per farne altro: macchina scenica da guerra, musica e movimento (in azioni che ricordano quelle della Fura dels Baus) come negli eventi di Praga e di Roma, o parco giochi fatto di dondoli di rete elettrosaldata (ricavata dai balconi di un vicino edificio distrutto) e copertoni per altalene, su un ponte di Sarajevo (ponte che è insieme luogo sospeso, pericoloso, instabile, nonchè luogo di passaggio, mediazione, attraversamento, continuità), oppure ancora oasi ecologica per la raccolta di rifiuti differenziati, operativa ma anche espositiva e didattica.


SCIATTO produzie, Hoola-hop Park, Cerignola, 2004.


In questo recente progetto per Cerignola nei pressi di Foggia, l'azione cede il posto alla materia concreta del cemento ma, ancora, la questione della valorizzazione dello scarto è più che mai centrale. Il progetto individua e delimita due aree distinte: quella carrabile, occupata dai container per la raccolta differenziata, e quella pedonale, riservata alle attività espositive e alla didattica sulle problematiche ambientali. Tra le due, una semipermeabile linea di demarcazione è costituita da cassoni trasparenti che mostrano i materiali di riciclo. Nell'area pedonale, disegnata a partire da una gigantesca orma di canguro (mascotte della campagna di sensibilizzazione per la raccolta differenziata), a dominare sono i colori forti scelti per caratterizzare le sedute, un suolo artificiale dipinto di rosso, e dei verdi fili d'erba fuori scala utilizzati come espositori ed elementi luminosi.
Per quanto sia impossibile raccontare in poche righe la storia di un gruppo (quella di SCIATTO produzie via via intrecciata ai grandi avvenimenti della storia europea degli ultimi quindici anni, dalla caduta del muro di Berlino, alla euforia della Praga post comunista, alla desolazione della Sarajevo post bellica, alle dinamiche urbane di Roma), non posso non ricordare il ruolo avuto da SCIATTO nel dar vita al fenomeno dei centri sociali di Roma (Forte Preneste, Smia, Mattatoio, Brancaleone...). Centri che si sono progressivamente differenziati e caratterizzati in base a spinte endogene e in risposta alle pressioni esterne, ma la cui storia ed esistenza rappresenta certamente un fenomeno urbano, sociale e spaziale, di grande interesse (per inciso, non si tratta di un fenomeno marginale ma di luoghi che ospitano regolarmente svariate migliaia di giovani). È questo infatti l'elemento più interessante e distintivo di SCIATTO produzie, questa capacità di ascoltare e dialogare con le emergenze urbane, nella loro doppia natura di luoghi che emergono come nodi fecondi di trasformazione ma anche di luoghi di cui bisogna accorrere in aiuto, per indirizzarne o accelerarne la transizione, per raccogliere e rivalorizzare ciò che ancora c'è di buono (come nel caso del progetto a Sarajevo) non solo e non tanto negli oggetti fisici, ma in ciò che gli oggetti e gli spazi possono significare in termini di identità, di fiducia, di immaginazione, di condivisione.

Osservando la città dal guardrail, è difficile dubitare che questa capacità di ascolto e di risemantizzazione dei luoghi e dei sistemi di relazione tra le cose, tra locale e globale, come tra paesaggio costruito e naturale, sia uno dei nodi centrali della nostra (come collocazione epocale, culturale e geografica) attività progettuale. È questo, pur nelle forti differenze individuali, il nodo comune che emerge dalle ricerche dei gruppi cui è dedicato questo viaggio.



Un esempio semplice e chiaro di questo atteggiamento lo ritroviamo nel percorso di ellelab, (3) giovane gruppo di progettiste attivamente presenti nella costellazione di gruppi e di singoli artisti e architetti che insieme a Stalker hanno dato vita all'Osservatorio Nomade.


ellelab/Eleonora Costa e Sara Braschi, parco termale a Tivoli, 2003
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Infatti, è proprio successivamente ad un attraversamento al seguito di Stalker dei vuoti urbani di Roma che, dalla scoperta di una cava abbandonata di travertino a Tivoli, in parte trasformatasi in un sistema di piscine naturali, nasce l'idea di progettare un'ulteriore mutazione di questo paesaggio, facendo della cava un parco termale.


ellelab/Eleonora Costa e Sara Braschi, parco termale a Tivoli, 2003.

Le volte traforate dei tradizionali hammam orientali sono reinventate ed inserite in uno spazio dove alle piscine interne si affiancano piscine a cielo aperto ricavate nella superficie deformata di una copertura trattata come un secondo suolo artificiale. Il progetto si inserisce dunque in un sistema di progressiva trasformazione del territorio, per suggerire una nuova possibile destinazione sociale e ricreativa per ciò che da area in abbandono può trasformarsi in una eccezionale risorsa collettiva.




ellelab/Eleonora Costa e Sara Braschi, parco termale a Tivoli, 2003
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Ad una ulteriore scala di complessità, quella regionale, IaN+ (4) affronta per Hipercatalunya la questione di una strategia non tradizionale di sviluppo urbano a partire dallo sport: inteso non come semplice pratica fisica di interesse individuale ma come uno dei più importanti fenomeni sociologici e relazionali della nostra società. Un fenomeno capace di creare connessioni tra domini diversi, "inter-zone" tra attività definite, "strategie per promuovere processi di contaminazione e ibridazione controllati". In questo senso Sportcity è l'opposto di una classica 'città dello sport' (o di un villaggio olimpico): è un sistema polverizzato, non solo diffuso a scala regionale ma miratamene orientato ad ibridare le attività e a muovere le persone in direzioni molteplici (alleggerendo per esempio la sovraccarica linea di costa e suggerendo nuovi possibili focolai di attività).


IaN+, Sportcity, HiperCatalunya, consultazione internazionale per la regione Catalana, Barcellona 2003
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Attraverso una nuova collocazione delle attività ed una risemantizzazione degli spazi, il pilone del viadotto diventa una palestra di roccia, la portaerei diventa un parco paesaggio galleggiante, i camion palestre se moventi, la torre dell'acqua una piscina, in un processo che IaN+ definisce di "interferenza col reale". Così, il progetto procede dall'individuazione di "nuovi territori" (i tetti delle case o degli autobus, le facciate di edifici esistenti...), al "riciclo" delle aree urbane abbandonate utilizzate per attività temporanee, all'ibridazione tra le classiche strutture sportive e nuove forme di "architetture dello sport", alla promozione di una strategia della mobilità che rafforzi da un lato i legami sul territorio e risponda dall'altro alla mobilità e flessibilità che sempre di più caratterizza la vita urbana con una analoga mobilità e flessibilità dei luoghi e dei loro usi. Ma se questo approccio è quanto mai distante tanto dalla logica dei volumi puri sotto il sole quanto dalla strategia della zonizzazione, ed appare certamente più vicino ad una logica da Plug-in City, la strategia dell'interferenza dichiara inequivocabilmente la volontà di un'azione concreta sul reale, di una sua trasformazione, alterazione, ibridazione, a partire dal fatto esistente.


IaN+, Daugava Enbankment Riga, concorso a inviti, Riga 2003
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È questa la strategia in atto per il recente progetto per Riga (Lettonia) dove la rifunzionalizzazione di un ponte viene risolta con la trasformazione del ponte stesso in un edificio che ingloba al suo interno il collegamento ferroviario e pedonale. È questa la strategia immaginata per canalizzare la trasformazione del quartiere di Testaccio da quartiere operaio legato al mercato della carne, a quartiere residenziale abitato da una comunità giovane ed eterogenea. Qui la casa a corte, tipica del quartiere romano ottocentesco, viene ampliata e proiettata verso l'esterno dai teletubi, nuovi spazi per il lavoro, il relax e lo sport: "Pensati non come semplici espansioni dei singoli alloggi ma come interferenza nel disegno complessivo delle unità abitative, i teletubi creano una nuova spazialità, diventano luoghi di connessione tra parti diverse della struttura e contribuiscono alla definizione di un diverso grado di socialità che si contrappone all'isolamento dell'attività lavorativa confinata allo spazio domestico".


IaN+, Teletubi, mostra Lavorare in Casa, Tokio, 2003
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Così, quando IaN+ cita Nouvel –la città si è evoluta senza di noi e a volte nonostante noi- se da un lato ci ricorda la debolezza del progetto nei confronti dei processi reali, soprattutto ci rimanda ad una necessaria rivisitazione della nostra idea di città. Città cioè è molteplicità, 'metapolicità', non univocità dei sensi e dei segni. Un contesto in cui ancor più che inventare nuove forme occorre progettare nuovi usi, nuove forme di relazione con le cose e col territorio.



Un'altra diversa prospettiva sulla questione del progetto come sistema di relazioni è quella che emerge dagli ultimi lavori di 2A+P/nicole_fvr. (5)
In occasione del concorso UIA su La Celebrazione delle Città, a partire dalla constatazione tanto di un degrado fisico delle strutture di Corviale quanto di un degrado 'affettivo' dovuto alla mancanza di spazi rappresentativi, il gruppo propone la realizzazione di un sistema di 'serre urbane': come spazio di relazione tra le persone, ma anche tra le persone e il luogo, tra le persone e la natura rurale che caratterizza Corviale.


2A+P/nicole_fvr, Serre urbane, concorso UIA, 2003
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La serra dunque come luogo di incontro, di relax, di gioco, ma anche di cura, di attenzione, di coltivazione di qualcosa che cresce e vive nel tempo, dove la doppia dimensione urbana e rurale (sociale e agricola) si esprime in un doppio suolo, coltivabile in parte e in parte 'arredabile' come un salotto domestico.


2A+P/nicole_fvr, X-House, 2003
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La serra dunque come spazio provetta di una nuova circolarità tra natura e artificio, luogo racchiuso e contesto esteso, fisiologia del corpo e dell'epidermide architettonica che lo racchiude (attraverso la progettazione attenta dei meccanismi di raccolta e depurazione delle acque, di immagazzinamento ed utilizzazione dell'energia solare e dei sistemi di ventilazione e di areazione).

Gli stessi temi animano il progetto per Damzagorodom, concorso per una grande dacia in russia dove "L'architettura è concepita come una riformulazione dello spazio in senso chimico e biologico, compiuta attraverso la traspirazione e la fotosintesi, la combustione e la respirazione".


2A+P/nicole_fvr, Damzagorodom, concorso 'A house in the countryside', Mosca 2003, terzo premio
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2A+P/nicole_fvr, Cactus, concorso 'Yourope: design for an european embassay', Konstanz 2001
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Così, se da un lato la casa scivola nel paesaggio permettendo al prato di arrampicarsi sul tetto, trasformato in inverno in pista da sci, sul fronte opposto una grande serra non si limita ad aprire la casa al paesaggio ma ne porta una porzione all'interno, garantendo al contempo riscaldamento a convezione solare e purificazione dell'aria attraverso il ciclo di fotosintesi delle piante.

Rispetto ai precedenti progetti del gruppo, è evidente come il tema del rapporto tra naturale e artificiale al limite della dissoluzione dell'uno nell'altro (Cactus e GeographiCity) così come il tema della pelle o dell'architettura come dilatazione cutanea (Derma, Under the Skin) e cioè come articolazione di un confine fisiologicamente attivo, e di uno spazio relativo, dis-omogeneo e anisotropo, dove le persone sono presenze capaci di deformare, mettere in tensione lo spazio sotto e intorno a loro (Sensitive House), siano ancora al centro di una ricerca che sta maturando nuovi contenuti. E il progetto in cui forse questa ricerca prende forma nel modo più chiaro e convincente è nella piccola dimensione di una casa galleggiante sul Tevere: casa che grazie ad un sistema di pareti mobili può aprirsi con una terrazza sul fiume oppure chiudersi completamente verso l'esterno ma dove soprattutto l'elemento organico vegetale diviene tutt'uno con la struttura architettonica attraverso una parete di confine pensata come struttura ibrida di materia inerte e materia vivente. Alla parete di piante per la fitodepurazione si accostano inoltre un sistema a pale per sfruttare le correnti, un impianto fotovoltaico ed un sistema di depurazione dell'acqua in entrata che garantiscono la piena autosufficienza energetica della struttura, in perfetta simbiosi con l'ecosistema naturale.



Un approccio ancora diverso alla questione del progetto come articolazione di inediti sistemi di relazioni è quello di ma0. (6)
La ricerca del gruppo infatti vive costantemente sul limite del rapporto tra forma ed evento. Crisi della forma a favore della centralità dell'evento e cioè dell'esserci: misurando fisicamente lo spazio con il corpo (proiettandosi persino dentro l'immagine con la propria foto campionata non per esibizionismo ma piuttosto per affermare sempre e comunque la centralità dell'elemento umano).
Ma anche, insufficienza dell'evento in sé, alla ricerca dell'evento in grado di diventare architettura producendo una forma che delimiti un confine tra un dentro e un fuori, un pubblico e un privato. Ricerca dunque di un sistema di confine capace di esercitare uno scarto rispetto a ciò che si conosce già: perché una spazialità inedita richiede un ruolo attivo della persona.



Il problema allora è come stare nel mezzo, ossia come allargare la linea di confine sino a farla diventare evento, spazio di scambio, luogo di contrattazione. Il confine come luogo di contrattazione e l'architettura come dispositivo che interviene sui confini sono i due aspetti di un approccio efficace tanto nel progetto di spazi di interfaccia (spazi di relazione tra reale e virtuale) quanto nel progetto di spazi comuni o di aree urbane (piazze, edifici, quartieri).


ma0, Touchscreen, installazione a BEYOND MEDIA 03, Firenze 2003
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In questo senso Medialab, Play, e TouchScreen, possono essere guardati come elaborazioni successive dello stesso tema (quello del rapporto con lo spazio virtuale dell'informazione o delle pure immagini), non solo a scala progressivamente decrescente, dalla progettazione di un edificio all'allestimento di una mostra, alla realizzazione di una installazione, sino alla riduzione del tema ai minimi termini dell'ultimo progetto MrT (totem informativo che nella sua semplice configurazione di una sagoma umana disponibile ad assumere una molteplicità di posizioni differenti, può diventare elemento di seduta, chaise longue, tavolo, indicatore di direzione oltre che naturalmente distributore di locandine o punto di collegamento telematico), ma in una dissoluzione progressiva dei confini tra spazio e corpo, dalle avvolgenti superfici ad imbuto di Play, al guanto dilatato e accogliente di Touch Screen, all'omino MrT.

Ancora, il tema della contrattazione del confine, o dell'architettura come playground, assume nella piazza per Bari la configurazione di un sistema di arredi mobili, panchine girevoli, che invitano ciascuno a scegliere, definire, cambiare, la propria collocazione nello spazio: rispetto agli altri (presenti nella piazza), ad altro (per esempio l'ombra di un albero o uno spazio di sole), e ai punti di osservazione della piazza.
E ancora, allargando e contrattando il confine, si approda alla superficie continua di Living Carpet (Europan 6) dove in un alternarsi ininterrotto di scale, patii e terrazze, l'esterno e l'interno come il pubblico e il privato delle case lasciano il posto ad un'unica superficie articolata.


ma0, MrT, totem informativo per la Triennale di Milano, 2004
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È questa per Ma0 "l'arte di essere nel mezzo" ossia il problema di tenere insieme l'architettura come sistema di ordine, limite, confine, e l'architettura come spazio del gioco, labirinto, spazio per perdersi. È questa la contraddizione su cui il progetto non può non lavorare: l'essere un sistema di ordine pensato per un elemento di disordine, l'uomo, la vita.



Risaliamo sugli autobus e arriviamo a Corviale. Qui l'Osservatorio Nomade, (7) impegnato a re immaginare Corviale, (8) ha organizzato "Lucciole": evento luminoso per e con Corviale. In una fitta nebbia che immerge la campagna e sembra dissolvere nel nulla la muraglia di un chilometro dell'edificio, prendiamo una torcia elettrica, una candela ed un sacchetto di carta bianca con della sabbia (kit completo di istruzioni per l'uso) e ci incamminiamo per il sentiero erboso, già circondato da luccicanti lanterne di carta, alla ricerca di un punto per collocare la nostra. Ci dispiace che lo spettacolo sia probabilmente invisibile da Corviale: da qui è sinceramente bellissimo.



Qualche settimana prima, un altro evento aveva animato questa campagna: "Corviale Far West", laboratorio in collaborazione con la Penn State University e Protocoll Troll, guidato da Stalker, Ma0, ellelab e 2A+P/nicole_fvr, e mirato a indagare il parco che Corviale ha prodotto verso ovest agendo come una diga contro l'espansione della città verso la campagna. Obiettivo dell'esplorazione, comprendere le dimensioni, le direzioni e lo stato delle trasformazioni in atto, mappare i sentieri, le tracce, gli usi esistenti e quelli possibili del territorio attraversato da cinque gruppi a partire dai cinque corpi scala di Corviale assunti come ideali "porte di ingresso" al parco, e da li movendo in cinque direzioni diverse (chi risalendo chi scendendo il fosso della magliana, sino ad arrivare al Tevere e al GRA...).




ON/Osservatorio Nomade, Corviale Far West, Roma 2004
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Molte le azioni future previste per Corviale dall'Osservatorio, articolate tra la realizzazione di un "manuale d'uso" dell'edificio e di un suo "atlante delle microtrasformazioni". Un manuale mirato a rendere gli abitanti partecipi dell'immaginario (politico e architettonico) che ha dato vita a questo luogo, monumento all'abitare frutto di una grande stagione di edilizia pubblica. Un manuale dunque che se rivolto agli abitanti ha però un senso più vasto: "Corviale è infatti un ottimo punto di osservazione per elaborare una riflessione attorno alla possibilità di rilancio per una edilizia alternativa ad una edilizia di mercato, esiste infatti oggi un'urgenza in questo senso essendo sempre più ampi i settori della società che non hanno più i mezzi per accedere al diritto alla casa".
Dal manuale all'atlante: mappatura della reale geografia dell'edificio ossia delle superfetazioni e modificazioni d'uso degli spazi con cui gli abitanti hanno metabolizzato la rigida struttura architettonica dell'edificio, con l'obiettivo di provare a catalizzare questa attività cercando di reindirizzarla "dall'ambito privato di affermazione dei propri spazi individuali a una dimensione più consapevole, ma anche immaginifica, di creazione di spazi sociali e pubblici".
Alla fine, è questo il senso profondo di questo progetto di pratiche urbane condivise: progettare e realizzare esperienze di immaginazione, organizzazione e costruzione sociale dello spazio e di uno spazio di socialità, nella ferma convinzione che al disagio sociale delle periferie occorra rispondere sollecitando negli abitanti un nuovo senso di identità e di comunità sul quale costruire una autonomia organizzativa che renda gli abitanti stessi direttamente responsabili della qualità del loro spazio ed eviti il conflitto con una amministrazione estranea alla realtà e alle esigenze del luogo.

Prima di tornare a casa, un'ultima sosta da qualche parte sull'Aurelia per un caffè notturno in un altro incredibile vuoto urbano, una valle verdeggiante dalla quale si sarebbe dovuta godere un'indimenticabile vista sul cupolone, anche lui però completamente dissolto nella nebbia...

Marialuisa Palumbo
malupa@libero.it


NOTE:

1. Troll è un progetto sviluppato da AWP, ufficio di architettura e paesaggio di Parigi, nell'ambito di un programma di ricerca dell'Institut pour la ville en mouvement (IVM).
2. SCIATTO produzie "laboratorio di costrudistruzioni" nasce nel 1990 ed attualmente è composto da Valerio Bindi, Francesca Iovino e Cecilia De Biase. A caratterizzare fortemente il gruppo al momento della sua formazione è la sua natura trasversale vicina oltre che all'architettura alla danza e al fumetto.
3. ellelab nasce nel 2002 dall'incontro tra Eleonora Costa, Gabriella Azzolini, Maria Teresa Bruca e Sara Braschi.
4. IaN+ nasce nel 1997 dall'incontro di Carmelo Baglivo, Luca Galofaro e Stefania Manna. Progetti del gruppo sono stati più volte premiati in concorsi nazionali ed internazionali e selezionati per mostre quali la Biennale di Venezia, Archilab, Architopia, Ciudad Ideal, HiperCatalunya. Il gruppo ha recentemente pubblicato con Edilstampa una monografia sul proprio lavoro.
5. 2A+P composto da Gianfranco Bombaci, Domenico Cannistraci, Pietro Chiodi, Matteo Costanzo e Valerio Franzone, nasce nel 1998 intorno al progetto di una rivista di cui il gruppo ha pubblicato tre numeri: Body, Home e Landscape (Castelvecchi). Nel 2003, insieme a Marco Brizzi e Luigi Prestinenza Puglisi ha curato GR. La generazione della rete (Castelvecchi). Nel 2000, un secondo gruppo allargato a Tommaso Arcangioli, Lorenzo Castagnoli e Angelo Grasso, prende il nome di nicole_fvr.
6. ma0 nasce nel 1996 ed attualmente è composto da Alberto Iacovoni, Luca La Torre e Ketty Di Tardo. il gruppo, i cui progetti sono stati più volte premiati, ha recentemente vinto Europan 7 con un progetto per Drancy in Francia.
7. ON/Osservatorio Nomade nasce nel 2002 dalla collaborazione tra Stalker laboratorio di arte urbana e ricerche sul territorio (protagonista dal '90 di numerose azioni di attraversamento e ripensamento di territori residuali) e numerosi altri artisti e gruppi di architetti.
8. Immaginare Corviale è un progetto a cura della Fondazione Olivetti, realizzato da Osservatorio Nomade con il sostegno del dipartimento XIX del Comune di Roma ed in collaborazione con il Laboratorio Territoriale Roma Ovest per le Periferie.

Pubblicato originariamente in Metamorfosi quaderni di architettura, numero 50, 2004.

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