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I nuovi barbari

Gilberto Corretti



PROLOGO
Milano, fuori Salone 2005: la Toyota espone nel teatro della Triennale, interamente foderato di bianco, due Lexus bianche immerse nella nebbia.





ANTEFATTO
In inglese la parola "design" è sia un sostantivo che un verbo. Come sostantivo significa intenzione, piano, proposito, figura. Come verbo (to design) significa architettare qualcosa, ideare, organizzare, abbozzare.
Il termine deriva dal latino signum, dal verbo secere, versione italica della radice celtica sek cioè tagliare (sek: scure, setto, settore).
Come ha fatto questa parola ad assumere oggi quel significato internazionale che le riconosciamo?
La storia del design ricalca le orme della storia della società civile occidentale. Nato in seno alla borghesia urbana del XIX secolo ne sarà in seguito compagno fedele nella buona e cattiva ventura.
Lo stato sociale dell'aristocratico è legittimato dalla nobiltà del sangue e lo si può ereditare solo per via parentale o per intercessione divina.
Lo stato sociale del borghese è legittimato dal denaro ed è sensibile al volgere della fortuna, cieca ed a cavalcioni di una ruota.



L'aristocratico, forte della superiorità del sangue, non teme i rovesci della sorte, il blasone non si svaluta nella sventura.
Il borghese teme la sventura come il diavolo l'acqua santa e l'esorcizza circondandosi di allegorie che lo confermino in ogni momento della solidità della sua posizione.
La casa del borghese è calda, confortevole e arredata seguendo razionalità e buon gusto quanto i palazzi dell'aristocrazia sono freddi, scomodi e difficili da abitare. La casa borghese è proiettata verso l'interno a rassicurare gli abitanti della loro condizione di privilegio.
Il palazzo dell'aristocratico è proiettato verso l'esterno ad informare tutti gli altri della superiorità di chi lo abita.
L'opera d'arte è per entrambi un'allegoria dell'eternità ed entrambi commissionano opere agli artisti, ma il borghese chiede loro di applicarla anche agli oggetti d'uso comune e quotidiano: nasce l'arte applicata, nasce il design.



Il titolo dell'aristocratico nasce dal possesso della terra e nella campagna è la sua ascendenza.
Il borghese nasce nel borgo, frangia mercantile e operaia della città e la città è il suo habitat.
Il design, arte borghese e democratica, appare sulla scena urbana al momento in cui il potere politico della nobiltà si stempera nelle monarchie costituzionali per approdare infine alle democrazie parlamentari del XX secolo.
L'industria diventa il motore dello sviluppo della città e la fonte della promozione e dell'equilibrio fra le classi. Il cuore dell'industria è meccanico e la meccanica è la scienza che ispira, promuove, lusinga, tiranneggia il pensiero dei filosofi, dei politici, dei poeti e degli artisti.



Il mondo della meccanica studia le leggi che governano la materia nella sostanza e nel movimento, è funzionale e razionale e vede nella macchina una metafora dell'intero universo.
Nella macchina ogni parte è in chiaro, ha uno scopo e sta in relazione con le altre parti e tutte insieme svolgono una funzione superiore a quella svolta da ogni singola parte. La macchina è una allegoria della divisione del lavoro, della società degli uguali, spinta dal progresso come una locomotiva spinta dal vapore.
Razionalismo e funzionalismo, le parole d'ordine, l'"apriti Sesamo" della modernità, hanno marchiato a fuoco la storia del design, dell'arte, dell'architettura internazionale del ventesimo secolo.



EPILOGO
Oggi è diventato comune vendere un prodotto ancor prima che esista; il cliente sceglie da un catalogo di immagini virtuali che riporta in calce prestazioni e prezzi. Sembra che questo costume si stia diffondendo nei negozi di abbigliamento all'avanguardia dove il vestito si materializza, fresco di taglio e su misura, solo dopo che lo si è pagato.
Questa pratica, che avvantaggia il produttore perché diminuisce il rischio d'impresa e semplifica i magazzini, modifica l'esercizio del design.
Ciò che in passato veniva fatto con la materia in uno spazio tridimensionale è fatto oggi con immagini in uno spazio virtuale.
Il progetto è dislocato dal suo ambiente tradizionale, che finora era il laboratorio e la fabbrica, e matura nella memoria di un chip, dove non ci sono né macchine utensili né operai.
Quanto design italiano deve la sua qualità alle modifiche fatte in corso d'opera dai modellisti e dagli artigiani che hanno lavorato ai prototipi? Il laboratorio di Giovanni Sacchi sta lì a dimostrarlo.



La materia, che prima era partecipe del
progetto, oggi viene "versata dentro" il progetto come si fa con l'argilla liquida nello stampo.
Si può dire, usando una metafora filosofica, che il design da aristotelico si è fatto platonico: cioè esiste prima della realtà materiale.
Ed ancora si può sostenere, come Platone, che la realtà è una deformazione, cioè una parziale abdicazione dalla purezza dell'idea originaria.
Di conseguenza, direbbe un filosofo, non è più la materia a informare il progetto ma è il progetto che informa la materia.

Oggi è indifferente realizzare un oggetto in Italia o in Cina, la differenza sta solo nella cultura e nell'esperienza del progettista.
Il quale lavorando per un mercato al di sopra delle frontiere e delle culture si muove ormai in una cultura di tipo ellenistico, una sorta di koinè mandarina praticata nelle hall degli alberghi e degli aeroporti internazionali.
Il design di questi mandarini si sposa con la politica delle compagnie multinazionali le quali non hanno patria né cultura che non sia quella del monopolio del mercato e dello spianamento di ogni asperità locale.
Questa politica gonfia i portafogli degli azionisti ma mortifica la ricerca e l'innovazione di nuove soluzioni tecnologiche e concettuali. Il livellamento dei mercati non semplifica la natura dei problemi, anzi.



Nel Novecento progresso era sinonimo di sviluppo e di crescita dell'economia e dei consumi perché il motore dell'economia era carburato per andare sempre più veloce, pena il ristagno dell'economia.
Oggi progresso significa la speranza di mantenere o diminuire di poco il livello raggiunto dai paesi più ricchi e ciò è in contraddizione con il principio appena esposto.
Come è possibile progredire senza crescere e dove attingere le risorse per questa valanga di innovazioni se le imprese e il mercato internazionale continueranno a remare contro?
Per risolvere questo rebus occorrerà una vera e propria rivoluzione tecnologica e culturale.
La creatività è stimolata dalla necessità e dall'emergenza e il detonatore potrebbe essere innescato dalle tensioni esistenti fra i popoli esclusi dal benessere e quelli che ci stanno dentro fino al collo.
L'impero romano è uscito dall'impasse con la calata dei barbari dalle steppe del nord.
Caleranno nuovi barbari a cavarci dall'impaccio?

Il progetto moderno è radicato nella città e ne segue l'evoluzione nel tempo.
La città si trasforma: da metropoli razionale a metropoli generica e fluidificata dall'elettronica.
Una volta il treno era fatto di passeggeri che vivevano una comune esperienza che li faceva socializzare, oggi il treno è fatto di persone che vivono in spazi diversi, pur essendo compagni di viaggio: chi lavora, chi telefona all'amico, chi invia e riceve posta, chi ascolta musica. È una realtà fluida, un non luogo che contiene tutti i luoghi e ciò è possibile grazie a strutture deboli, sempre più piccole, sempre più potenti.
La città contemporanea non è diversa da un Eurostar.
La città è diventata uno spazio relazionale nella quale, come dice Rem Koolhaas, piccola, grande ed enorme scala sono le uniche variabili in gioco ma non c'è nessuna differenza fra un autosilos e il frigorifero di cucina: sono contenitori che si differenziano esclusivamente per la quantità delle cose contenute.



La città è diventata uno spazio neoclassico così come nell'architettura neoclassica la riproduzione del Partenone poteva essere indifferentemente una chiesa o una banca o un municipio: uno spazio freddo, imperfetto, in grado di lasciare spazio a tutti i linguaggi senza privilegiarne alcuno.
Nel mondo si stanno instaurando due economie parallele, di sapore sudamericano: da una parte la grande industria che impiega pochissimi addetti e che non condiziona la società con i suoi salari e il suo stile di vita e dall'altra una folla sterminata di lavoratori, sempre più autonomi, sempre più flessibili i quali, in nome di un generico laisser faire, sono costretti ogni giorno ad essere sempre più creativi.
In passato l'industria non era solo il motore economico della società ma era anche la fonte del modello della società stessa.
Oggi l'industria è sempre più esterna alla società stessa, è una fonte di pura alimentazione del mercato dei consumi senza fornirne i modelli di riferimento.
La nuova fabbrica è un luogo indeterminato e l'industrial design ne è coinvolto.



Il capitalismo contemporaneo è un sistema imperfetto che si è imposto non per merito ma per l'autoeliminazione dei suoi avversari; non perché proponga un futuro ma perché tutti futuri proposti non hanno più alcuna credibilità.
Il capitalismo contemporaneo è un sistema dalla filosofia debole, senza religioni né cattedrali, ma che è in grado di movimentare grandi masse di persone senza una regia o un grande vecchio che le diriga.
Così come avviene per gli stormi nei quali la massa di uccelli in movimento, apparentemente compatta e determinata, in realtà si muove rispondendo a leggi semplici e banali: che ogni uccello faccia quello che fa l'uccello accanto.
E ciò nonostante la massa si muove in modo coordinato e intelligente ma sembra in preda a decisioni improvvise e incomprensibili se lo si osserva con una logica che guardi a scenari e obbiettivi razionali e pianificati in partenza.
La filosofia dello stormo, affascinante metafora letteraria, potrà aiutarci a comprendere la natura del cambiamento?

Gilberto Corretti
gilcorretti@libero.it
[03may2005]
Le illustrazioni pubblicate in questa pagina sono tratte da: Street graphics Tokyo, Thames & Hudson, London 2003; Street graphics Egypt, Thames & Hudson, London 2003; Japanese product design, Laurence King Publishing, London 2003; Whereishere, Laurence King Publishing, London 1998; Archivio Gilberto Corretti.
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