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"Ciò che non siamo, ciò che non vogliamo"

Marco Biraghi



Approda a Venezia la tappa italiana di Wonderland. La mostra, aperta da oggi al 2 ottobre, è porzione di un tour più ampio partito nel 2004 e in continua crescita: ogni tappa, nella quale 11 nuovi gruppi si aggiungono all'esposizione, è un'occasione per raccogliere nuovi apporti, una sorta di sommatoria di esperienze che fisicamente si traduce in un allestimento modulare. I team selezionati per questa sessione italiana (Arbau studio, Avatar Architettura, baukuh, DOGMA, liverani/molteni architetti, MaP, Architetto Francesco Matucci, mod.Land, PArch., studioata, zD6 studio) partecipano sia all'esposizione sia ai workshop in programma. Marco Biraghi, nella nota di presentazione e commento all'evento, sceglie di esprimersi al negativo, nell'intento di non cadere in una rischiosa generalizzazione delle poetiche dei progettisti in mostra. [PR]



"A chi pone il tema della scrittura architettonica [...] presenteremo il tema della scrittura critica"
Manfredo Tafuri



 
La constatazione da cui parte il presente testo è che l'architettura è l'"oggetto" a contatto con il quale più di ogni altro le parole della critica mostrano la loro vacuità e inconsistenza. La critica d'arte tradizionale ha sempre avuto dalla sua una componente visiva da descrivere; la critica d'arte contemporanea un'operatività da illustrare. Descrivere un quadro poteva essere interessante un tempo quanto lo è oggi illustrare il significato di un'installazione o di una performance.

[16sep2005]

Wonderland a Praga (2-18 settembre 2004).

Nonostante la sempre minor distanza che separa oggi arte e architettura, critica d'arte e critica d'architettura non si lasciano però confondere, e anzi non si assomigliano per nulla. Così, a differenza della critica d'arte contemporanea, che a volte riesce a far piacere un'opera d'arte spiegandola, la critica d'architettura contemporanea quasi mai riesce a spiegare le ragioni per cui un'opera architettonica piace o non piace.

Il fatto è che l'architettura non è mai riducibile a ciò che appare – le sue forme, i suoi colori, i suoi materiali. (In questo senso, le mere descrizioni d'architettura sono per la gran parte inutili e noiose). Ma neppure è mai riducibile a "programma" – il sistema generativo da cui le sue forme derivano. (In questo senso, la pura esposizione di un programma è spesso insoddisfacente e altrettanto noiosa).

L'architettura è quasi sempre qualcosa di serio, di concreto, di reale, anche quando non è realizzata. Per questa ragione le inadempienze della critica d'architettura sono più colpevoli di quelle della critica d'arte. La critica d'architettura raramente aggiunge qualcosa al progetto. Se si escludono i casi (tutt'altro che rari al giorno d'oggi) in cui sia al soldo dell'architetto, in cui sia il suo press agent, la critica d'architettura difficilmente sfugge all'alternativa di trascrivere il progetto in termini tecnici o letterari.


Wonderland a Amsterdam (1-30 aprile 2005).

In entrambi i casi finisce con l'accontentarsi di una posizione superficiale o marginale. Parlare di architettura oggi significa dunque quasi automaticamente accettare un ruolo ancillare, oppure fare la critica alla sua critica, cercare di smascherare l'inefficacia o la compiacenza di questa. Rifiutare l'arbitrarietà o la banalità delle parole della critica significa implicitamente accordare alle "parole" dell'architettura un ruolo non arbitrario o banale, considerarle qualcosa di più "necessario" di quanto lo siano i giochi di parole che la critica spesso ha da offrire. Questa è la sfida che oggi la critica d'architettura deve raccogliere.


Wonderland a Amsterdam (1-30 aprile 2005).

Di fronte alla difficoltà di scrivere qualcosa di preciso e pertinente (ovvero di non generico e impertinente) su gruppi e progetti che qui si presentano, ci è parso che la scelta migliore, la sola forse praticabile senza cadere nell'arbitrarietà o nella banalità, fosse cercare di perimetrare "in negativo" il territorio che questi occupano, generare un "sistema di esclusioni".


Wonderland a Parigi (1-10 giugno 2005).


Abbiamo provato dunque a elencare quante più parole, pensieri e domande possibili che avremmo accuratamente evitato di utilizzare nel caso ci fossimo trovati a scrivere un testo non arbitrario o banale sui suddetti gruppi e progetti. Il medesimo invito lo abbiamo rivolto agli stessi gruppi selezionati. Come risultato si è ottenuta l'effettiva evocazione di un testo –parole, pensieri e domande– perfettamente arbitrario e/o banale, ovvero la sua puntuale negazione.

Essendo il testo che segue costituito da una serie di esclusioni, esso è per sua natura non-finito, "aperto", e sarebbe quindi auspicabile che esso includesse anche le esclusioni proposte dal pubblico dei visitatori alla mostra.


Wonderland a Bratislava (5-26 giugno 2004).

"Non chiederci la parola che squadri da ogni lato / l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco / lo dichiari e risplenda come un croco / perduto in mezzo a un polveroso prato. // Ah l'uomo che se ne va sicuro, / agli altri ed a se stesso amico, / e l'ombra sua non cura che la canicola / stampa sopra uno scalcinato muro! // Non domandarci la formula che mondi possa aprirti, / sì qualche storta sillaba e secca come un ramo. / Codesto solo oggi possiamo dirti, / ciò che non siamo, ciò che non vogliamo." (Eugenio Montale)

Marco Biraghi – GIZMO
 
PAROLE DA NON DIRE





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     DOMANDE DA NON PORRE


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