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Inerzie

Fabrizia Ippolito



In tempi di indagine sulla condizione urbana contemporanea il paesaggio calabrese della Sila propone un paradosso: un paesaggio che sembra smentire tutti i paradigmi di interpretazione della contemporaneità e che però proprio per questo può confermarne la ricchezza. Un altro tempo all'interno del nostro tempo e un altro mondo all'interno del nostro mondo: (1) il paesaggio silano costringe a ritarare lo sguardo, a rivedere il pensiero sulla città e sul territorio. A rallentare il passo.

Guardare a questo paesaggio con l'armamentario conoscitivo messo a punto negli ultimi anni dalla cultura urbana può essere inefficace se vuol dire ripetere parole chiave generiche e cercare dinamiche rilevate altrove, ma può essere rivelatore se vuol dire applicare l'ampliamento dello sguardo sperimentato in questi anni ad un territorio fuori dai canoni della contemporaneità. (2) Non dare niente per scontato è quello che si può imparare dalle ultime ricerche sulla condizione urbana, neanche il giudizio sull'inerzia di questo paesaggio. E soprattutto, leggere questi luoghi in chiave contemporanea può servire a non considerarli una pura eccezione, una sacca di passato da preservare o da rimuovere, ma piuttosto un laboratorio di sperimentazione per una forma anomala di attualità.

[28jan2006]

Strategie. Mappa.

In circa settantamila ettari il massiccio della Sila raccoglie centri urbani in via di spopolamento, campagne semiabbandonate, infrastrutture in disuso o sovradimensionate rispetto all'uso, villaggi, riserve naturali, laghi artificiali, versanti erosi o franosi, sentieri naturalistici, boschi, un parco a tema culturale, due centri turistici, antiche e odierne architetture senza architetti, case sparse e sparsi edifici commerciali o ricettivi in un paesaggio sospeso tra resistenza e modificazione, dove la modificazione sembra da attribuirsi più che alle nuove costruzioni ad una progressiva, individualmente impercettibile e nel complesso vistosa dismissione. La migrazione, l'abbandono, l'attesa sono le dinamiche in atto.

Dal 2003 questo paesaggio è Parco Nazionale della Sila. Il Parco comprende tre province, cinque comunità montane, ventuno comuni. Al momento non c'è un piano, l'Ente ha ereditato dal Parco della Calabria la gestione delle riserve naturali biogenetiche e fornisce indicazioni prevalentemente vincolistiche sull'uso del suolo. Al di là della perimetrazione amministrativa e dei vincoli, però, l'istituzione del Parco può essere l'occasione per ribadire il valore di questo territorio, per acquisire la consapevolezza di un paesaggio da promuovere. Se esistono paesaggi che reclamano dei racconti il paesaggio della Sila è senz'altro uno di questi. E se è vero che una nuova narrazione e una nuova visione possono restituire un nuovo senso ad un territorio offrendogli innanzitutto un nuovo immaginario (3), forse prima ancora che modelli di sviluppo quello che si può offrire a questo paesaggio è, appunto, un racconto che ne valorizzi le particolarità, proponendogli una nuova retorica e una mitologia del suo quotidiano.

Investigazioni. Laghi e case.


Valutazioni. Albergatori e associazioni.


Visioni. Laghi e case.



L'inerzia nelle sue diverse declinazioni, dalla conformazione geologica e morfologica del suolo ai modi di abitare e costruire il paesaggio, può rappresentare il carattere di questo luogo e il tema di fondo del lavoro. Che vuol dire interpretare l'inerzia in chiave contemporanea? Che cosa può voler dire progettarla? Questa ricerca propone l'inerzia come un valore in base al quale potenziare la specificità del territorio silano. L'inerzia è connaturata a questo territorio a partire dalle sue matrici geologiche di massiccio. Proporzionale alla massa, è resistenza al cambiamento di stato. È la forza che tiene insieme il suolo fino alle sue crisi, che si manifestano con le frane e con le crepe in cui scorrono acque destinate a raccogliersi in altre masse. È inerzia dell'andare e del restare, contraddizione tra le migrazioni e l'attaccamento ai luoghi, che fa costruire case che resteranno in attesa di ritorni e produce luoghi doppi, reti di relazioni virtuali tra paesi vicinissimi o anche molto lontani, gemelli per genesi o per contaminazione. (4)

Inerzia dei movimenti lenti, dei collegamenti rarefatti nello spazio e nel tempo, degli attraversamenti faticosi: la Sila come paesaggio da conquistare, al di là dei suoi pochi presidi rinomati; le poche strade a percorrenza veloce, in ogni caso sovradimensionate, e i caselli ferroviari abbandonati a testimoniare l'assenza di frequentazione. Inerzia di una campagna che non riesce a sopravvivere e che si rifiuta di morire, dove i resti dei villaggi dell'Opera Sila ricordano gli investimenti pionieristici in un futuro di progresso mai arrivato e la vocazione produttiva di un altopiano che ha smesso di fare dell'agricoltura la propria ragione. Inerzia di una mentalità radicata che trova nell'ostinazione la propria forza, nella resistenza la propria risorsa, nell'attaccamento la propria relazione con il luogo. (5)

L'inerzia attraversa tutti i temi che individua la lettura del territorio, è una costante dei racconti e delle valutazioni, nella percezione comune un problema radicato più che un nodo problematico di discussione. Sceglierla come chiave di lettura vuol dire restituirle proprio questa dimensione, non tanto assumere posizioni nostalgiche di fronte a tracce resistenti del passato o atteggiamenti di resa di fronte ad un'arretratezza di queste rispetto ad altre dinamiche territoriali, piuttosto ricercare un carattere del paesaggio silano. E discutere del valore che questo carattere può assumere, al di là dell'adesione a modelli d'importazione. Recuperarne la centralità trasformando questo luogo da oggetto in soggetto del pensiero: non qualcosa che non è ancora, che esiste solo nella prospettiva di raggiungere un modello realizzato altrove, sul quale proiettare aspettative e sguardi estranei, ma qualcosa da raccontare dall'interno esercitando, anche con l'indagine territoriale, un pensiero meridiano. (6)


Il prodotto materiale della ricerca è un collage, un racconto per immagini che, modulo dopo modulo e tassello per tassello, restituisce un ritratto di questo paesaggio. Un manifesto, nel vero senso della parola, che si conclude con una mappa e una collezione di visioni, trasfigurazioni di quello che c'è in chiave progettuale. Se la mappa complica e moltiplica gli elementi che compongono il territorio –i collegamenti, i centri abitati, le architetture abbandonate, i luoghi a rischio, i boschi, i laghi, gli orti e i villaggi, i punti di attrazione– e le loro reciproche relazioni, mettendoli insieme senza aspirare ad una semplificazione, le visioni progettuali fanno altrettanto esasperando dei temi – le casette sospese nel bosco, il versante franoso in fiore, il patchwork di orti che dilaga nel paesaggio non edificato, l'albergo lungo il muraglione della diga, le case dipinte d'oro nei centri storici abbandonati, la strada come un monumento lineare. (7) Un calendario tiene insieme tutto sotto forma di programma, eventi mettono in rete luoghi, soggetti e attività a partire dalle vocazioni del paesaggio.

La vera proposta della ricerca è il programma e, più ancora del programma, il racconto del quale il programma fa parte, il manifesto che promuove il territorio. Se la costituzione del parco della Sila può essere un'occasione a quest'occasione ci si rivolge innanzitutto con questo racconto e con l'obiettivo di costruire consapevolezza e partecipazione. Lavorare sull'immaginario, scardinare un'idea tradizionale di paesaggio e allo stesso tempo scardinare un'idea di progresso proveniente da altrove. Se quello del paesaggio naturale non può essere un modello assoluto, forse non può esserlo neanche quello della velocità, dell'accessibilità, della linearità, della piena attrezzatura, del turismo di massa che non appartengono a questo territorio. Innamorarsi della realtà, della lentezza, della tortuosità, dell'inerzia. Se da una parte l'inerzia ha impedito di guardare con consapevolezza a questo paesaggio e di chiedersi cosa stesse diventando, dall'altra è forse proprio l'inerzia ad averlo frenato dall'inseguimento di modelli estranei, ad averlo fatto procedere giorno per giorno, bisogno per bisogno. Per paradosso l'inerzia, la consapevolezza dell'inerzia, può essere la scusa per rimettere in moto l'immaginazione su questo territorio.

Fabrizia Ippolito
ippolito@unical.it
NOTE:

1. Dall'introduzione di Italo Calvino a C. Levi, Cristo si è fermato ad Eboli, Einaudi, Torino 1990 (I ed. 1945).
2. Si fa riferimento alle ricerche che negli ultimi anni si sono esercitate nell'indagine sulla condizione urbana contemporanea sperimentando metodologie e strumenti per la sua comprensione. Per tutte: Multiplicity, USE. Uncertain States of Europe, Skira, Milano 2003.
3. Come nella costruzione di visioni dell'approccio comunicativo alla pianificazione. Cfr., per esempio, J. Forester, Pianificazione e potere. Pratiche e teorie interattive del progetto urbano, Dedalo, Bari 1998.
4. Cfr. V. Teti, Il senso dei luoghi. Memoria e storia dei paesi abbandonati, Donzelli editore, Roma 2004, con presentazione di Predrag Matvejevic.
5. La ricerca individua alcune situazioni, storie prima ancora che casi-studio, attraverso le quali raccontare il paesaggio. L'inerzia nelle sue diverse declinazioni attraversa ed emerge da questa campionatura.
6. Sulla trasformazione del sud da oggetto a soggetto del pensiero cfr. F. Cassano, Il pensiero meridiano, Laterza, Bari 2005 (I ed. 1996). Sulla tortuosità e la fertilità del modello mediterraneo cfr. G. De Carlo "Tortuosità", Domus n. 866, 2004.
7. Più che di veri e propri progetti di intervento si tratta di visioni di paesaggio, che raccolgono lo spirito ludico e provocatorio delle esperienze radical, per molto tempo rimosse o sottostimate e ora tornate alla ribalta, riversandolo su questo paesaggio.
Corso di perfezionamento in Analisi, valutazione e progettazione del paesaggio, Dipartimento di Pianificazione Territoriale, Università della Calabria, anno accademico 2004-2005. Direttore: Franco Rossi; coordinatori: Gabrio Celani, Fabrizia Ippolito. Il lavoro sulla Sila è stato coordinato da Fabrizia Ippolito con Erminia D'Alessandro, Massimo Zupi e con il coordinamento grafico di Franco Lancio. Si ringraziano per la loro partecipazione al corso: Antonella Bruzzese (gruppo A12), Pietro Caruso, Maria Cerreta, Enrico Costa, Giovanni Multari (Corvino+Multari), Simona Gabrielli e Maurizio Cazzulo (gap), Cherubino Gambardella, Francesco Jodice, Peppe Maisto, Nicola Martinelli, Maria Valeria Mininni, Luca Molinari, Marco Navarra, Mosè Ricci, Michele Moffa e Mauro Smith (gruppo Suburbia) e i docenti dell'Università della Calabria intervenuti. Questo testo è un estratto del contributo presentato al convegno Visioni di territorio: dalle utopie agli scenari, INU Campania, Napoli, 14 novembre 2005. Le iscrizioni per l'edizione 2006 del corso, il cui svolgimento è previsto tra il marzo e il luglio di questo anno, sono aperte fino al prossimo 17 febbraio.
> CORSO DI PERFEZIONAMENTO, MANIFESTO 2006

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