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Vico Magistretti. Un designer che amava l'architettura

Maria Vittoria Capitanucci



Ci ha lasciati uno degli ultimi dei baroni rampanti dell'architettura milanese postbellica. Maestro indimenticabile dal gesto nordico capace di sorprendere per la freschezza dei suoi progetti, di design e di architettura, sempre. Bello davvero ed elegante, spiritoso e distaccato, concentrato nella sua musica, Vico Magistretti lo ricordo chiuso nello spazio minimo del suo studio a pochi passi dal Conservatorio di Milano, con la sola presenza del fedelissimo alter ego Franco Montella, il collaboratore di una vita. Del suo estro di designer prolifico e incontenibile, autore di pezzi cult, dodici dei quali, caso unico, permanenti nella collezione del MoMA, si sa tutto e restano indimenticabili i suoi arredi per Cassina, De Padova e Kartell (le sedute Carimate o Selene) e le lampade per Artemide e Flos (Chimera o Teti). Meno conosciuto Magistretti architetto, ed è a lui che si rende omaggio in questa occasione. Progettista impegnato soprattutto a Milano, agli esordi nel quartiere sperimentale QT8 di Bottoni o nelle realizzazioni Ina Casa e poi, nel corso di tutti questi anni con continuità, nell'edilizia residenziale borghese, e non solo, con picchi d'altissimo contenuto come l'iconica Torre al Parco o l'infocata casa in piazza San Marco.

[21sep2006]
L'esperienza di Milano San Felice, condotta in tandem con l'altro grande, Luigi Caccia Dominioni, ha rappresentato un modello fondamentale per una lunga serie di "quartieri satellite", anche ad alto tenore speculativo. Le sue architetture restano come la riflessione di un sapiente lavoro di ricerca sul linguaggio mai degenerata in virtuosismi di classe o in frivola rappresentazione. Così è per la sfaccettata Chiesa di Santa Maria Nascente al QT8 o per il precoce edificio per uffici in corso Europa ancor oggi contemporaneo nel gioco compositivo della sua facciata, declinazione scandinava del courtain wall. Di questi progetti troppo poco si è detto e del resto che a lui piacessero più i riconoscimenti che la notorietà si può dedurre dal fatto che fosse membro del Royal College of Art di Londra e dell'Accademia di San Luca e che pochi lo sapessero. A Milano, dov'era nato nel 1920, figlio d'arte con padre architetto classicista autore di edifici notevoli nel centro cittadino, ha lasciato molto, in tempi recenti anche una bellissima porta alla città che accoglie chi giunge da sud: l'iper-contemporanea piastra a shed del Deposito della Metropolitana Famagosta, uno dei suoi ultimi gesti, medaglia d'oro alla Triennale di Milano 2004. Con lui si perde un diamante. Chissà se almeno gli anglosassoni o i giapponesi, che tanto lo hanno amato, sono riusciti a comprenderne l'eredità progettuale.

Maria Vittoria Capitanucci
mvcapitanucci@hotmail.com

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