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Map Office. The Chinese Box

Anne Palopoli



 
Quello che può caratterizzare maggiormente la mostra Map Office. The Chinese Box (promossa da Fondazione Volume! e Officine Farneto, 16 aprile - 7 maggio 2010, Officine Farneto, Roma) è la modalità con cui si è arrivati a una sua determinazione completa e conclusiva, attraverso una continua ridefinizione progettuale dei diversi elementi. Il dialogo tra artisti, architetti e curatori ha portato, in dirittura d'arrivo, a un'idea, in prospettiva, di una mappa della Cina che non è, in effetti, unica, oggettiva e rappresentativa come una mappa dovrebbe essere. Al contrario appare come l'integrazione strutturata di diversi punti di vista, come di solito è l'arte. Il visitatore si trova di fronte a molteplici livelli di lettura e di segno: si tratta di elementi che appartengono a concezioni differenti, a mondi, spazi e luoghi diversi che si intrecciano in una continua interpolazione. Il risultato, naturalmente, è un progetto unico che sembra prendere il suo primo significato dall'essere allestito in un luogo e in un tempo preciso: a Roma, nel 2010, all'interno di un contenitore dato e con una sua preesistente storia artistica e architettonica, le Officine Farneto.


Spazi della mostra Map Office. The Chinese Box, allestita da IaN+ alle Officine Farneto a Roma. Foto di Rodolfo Fiorenza.

L'edificio che ospita la mostra è nato nel 1931-1933 da un progetto di Enrico Del Debbio, come Magazzino di casermaggio. L'architetto italiano nel progettarlo aveva saputo creare una relazione molto forte e di per sé equilibrata tra la costruzione e il contesto che la circondava. L'armonia di questo inserimento nel tessuto cittadino è ancora attuale e ugualmente specifico. Nonostante l'edificio sia di fatto all'interno della città, nel pieno della struttura urbana, si trova infatti a poche centinaia di metri dal Foro Italico, continua ad avere una connotazione particolarmente "agreste". E chi ha avuto l'occasione di visitare Hong Kong non può che riconoscere come, anche in quel caso, la compenetrazione tra centro abitato e paesaggio è un elemento che caratterizza enormemente lo spazio urbano: la foresta entra costantemente nella città, senza che per questo siano estranee l'una all'altra. L'impressione, arrivando alle Officine Farneto, è simile: è la città che appartiene all'agro o quest'ultimo che fa parte dell'urbe?

Ugualmente, l'allestimento della mostra progettato da IaN+ gioca sulla definizione di uno spazio non-spazio: sembra suggerire la possibilità di creare dei luoghi non definiti, delle isole concettuali all'interno delle quali il lavoro di Map Office possa organizzarsi e dispiegarsi in continue modificazioni interpretative. Non c'è nulla che appaia definitivo. Così il lavoro del duo francese sulla città, che di per sé già offre molte possibilità di lettura, attraverso questo allestimento ne dà una ulteriore: cioè la sua integrazione all'interno di uno spazio urbano a loro preesistente. Proprio per la versatilità insita nelle opere presentate, l'allestimento di IaN+ è stato pensato come una griglia astratta all'interno della quale prende vita la città cinese, archetipo della metropoli contemporanea, scomposta e ricomposta secondo la visione e la percezione degli artisti. Un forte contrasto emerge tra due elementi: da un lato l'astrazione del vetro che separa ma non divide e dall'altro il brulicante mondo della Cina.






Spazi della mostra Map Office. The Chinese Box, allestita da IaN+ alle Officine Farneto a Roma. Foto di Rodolfo Fiorenza.

Ovviamente, nella visione di chi guarda entreranno in relazione costante questi tre percorsi: quello di Map Office, quello dell'allestimento di IaN+ e quello dello spazio di Del Debbio. Così l'intreccio non può che proporre continui e differenti livelli di lettura. E il visitatore è chiamato a crearsi un suo proprio percorso, un itinerario personale, appropriandosi degli elementi che ritiene più significativi e tralasciando gli altri. E ciò viene facilitato e reso non problematico dalla progettualità comune che lega i tre elementi: l'importanza del dettaglio, la realizzazione e l'analisi del particolare senza per questo rinunciare ad una visione di insieme. Visione che per Del Debbio era coerente mentre per i due artisti francesi è assolutamente frammentaria. "La città è il luogo dove si realizzano e si esaltano tanto le contraddizioni quanto le particolarità del sistema che ne è contenuto; dove i conflitti sociali trovano da una parte lo spazio fisico dello scontro e, dall'altra, la possibilità dell'appianamento e della crescita economica, culturale, umana; la città è la struttura che, più di ogni altra, opera l'integrazione e l'assuefazione dell'individuo nei meccanismi culturali e sociali che egli stesso crea", scrive Andrea Branzi. Sembra essere questa la visione che, più di tutte, vuole offrirci Map Office; e che in questa mostra viene messa in chiaro.

L'opera del duo francese può innanzitutto essere definita come una riflessione sulla realtà contemporanea. Ci presenta la Cina dei nostri giorni, carica di tutte le sue contraddizioni, le sue specificità e le sue particolarità culturali; ma allo stesso tempo ne fa il paradigma di una modernità comune a tutte le città, quindi a tutte le civiltà: sia per l'enorme rapidità nel cambiamento sia per il forte e costante contrasto tra il progresso e la tradizione. Utilizzando diversi strumenti e modalità artistiche Map Office riesce a scomporre costantemente il mondo che li circonda. Difatti, scorrendo il catalogo delle opere in mostra, si evince una modalità di produzione molto varia, determinata dalle più diverse tecniche usate sia nella fase di "acquisizione" che in quella di "rappresentazione". La pratica artistica di Map Office, infatti, si avvicina moltissimo a quella architettonica, dove la fase di progettazione è costantemente integrata e rielaborata nella fase esecutiva: il percorso per arrivare al risultato diventa parte integrante dell'opera stessa. Attraverso la fotografia, il disegno e i video, la realtà viene in un primo momento scomposta, frammentata, analizzata e frazionata. Dopo di che viene dato il via ad un processo di rappresentazione nel quale gli infiniti frammenti precedentemente acquisiti vengono ricomposti in una nuova visione. Il metodo di indagine, quindi, si struttura secondo un procedimento scientifico di osservazione dei dati che però non viene mantenuto, uguale e ugualmente scientifico nel momento della ricostruzione. Infatti ciò che viene poi mostrato nell'opera è una realtà assolutamente "personale", è il punto di vista degli artisti. L'effetto formale che ne viene fuori è idealmente simile: attraverso una pratica analitica gli strumenti espressivi variano continuamente.


Spazi della mostra Map Office. The Chinese Box, allestita da IaN+ alle Officine Farneto a Roma. Foto di Rodolfo Fiorenza.

A fare da sfondo a tutto ciò, la Cina: i suoi contrasti e i suoi tempi compressi e dilatati, la tradizione e il futuro che si affrontano in campo aperto. Un conflitto al contempo aspro e ugualmente fertile, di grande stimolo e in costante mutamento. Anche in ciò il punto di partenza degli artisti è ovviamente parziale: cioè quello di due europei che abitano da diversi anni ad Hong Kong, ma che leggono la Cina attraverso un loro proprio codice che è, di nuovo, il frutto di una profonda e complessa stratificazione culturale, e lo rielaborano presentando la loro personale visione. Ne viene fuori una mappatura del territorio squisitamente soggettiva e, per questo, abbastanza estraniante considerato l'utilizzo consueto, valutato normale, che siamo abituati ad avere delle mappe: tutto fuorché delle scatole cinesi dove guardando all'interno si può cercare, e trovare, ogni volta qualcosa di differente.

Anne Palopoli
[8 maggio 2010]
Il presente testo è tratto dal volume curato da Emilia Giorgi Map Office. The Chinese Box, Volume! edizioni, Roma 2010. La pubblicazione, realizzata in occasione della mostra ospitata dalle Officine Farneto a Roma dal 16 aprile al 7 maggio 2010, raccoglie inoltre saggi di Emilia Giorgi, Filippo Salviati e di IaN+, oltre a contributi di Stefano Boeri, Maurizio Bortolotti, Didier Fiuza Faustino, Hou Hanru, Ilka & Andreas Ruby; in chiusura, una conversazione tra Map Office e Ai WeiWei.
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