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Lo spazio urbano e la tecnica

Daniele Vazquez



 
Il saggio qui pubblicato nasce come riflessione a margine dello smart urban stage, recentemente allestito all'Auditorium Parco della Musica di Roma. L'iniziativa, dedicata all'esplorazione di una nuova dimensione urbana -eco-sostenibile, dinamica, creativa- ha incluso la presentazione dei progetti selezionati dallo smart future minds award, concorso-mostra per le idee più innovative, selezionate da Luca Molinari, Alberto Abruzzese, Martino Gamper, Paolo Mataloni e Lorenzo Imbesi.



 
Un pregiudizio del '900 e che solo i filosofi s'attardano a portare avanti è che il male dell'uomo contemporaneo sia la tecnica e i dispositivi che essa produce. Quando poi la filosofia si applica allo spazio urbano il male delle città è solitamente individuato nelle automobili. Si pensi al concetto di anticittà e agli studi sulla congestione urbana di Lewis Mumford. O ancora alla più radicale critica della circolazione automobilistica di Debord. Questo pregiudizio se ne portava appresso un altro: rispondere che il problema non era la tecnica ma come la si usava era praticamente autodenunciarsi come un'anima bella. Il double bind del discorso -umanista- sulla tecnica imponeva allo stesso tempo di additarla come la causa di ogni male e di declassare l'uso a una modalità dell'esistere già incorporato ab origine nella macchina.

Vi sono due movimenti nel campo delle idee che hanno portato al parziale superamento di questo pregiudizio che non era presente a questo modo nemmeno in Marx -per Marx, che era dialettico, l'altrove della classe operaia era nel suo stesso luogo, ovvero all'interno dello stesso capitalismo di cui i capitalisti erano interessati a non trarre tutte le conseguenze. L'uno sono gli studi sulla vita quotidiana: l'uso di un dispositivo spesso è imprevisto e ha margini di invenzione, l'utente non vi ha un rapporto passivo e quest'uso per quanto riguarda l'organizzazione dello spazio urbano è importante e incide tanto quanto la pianificazione urbana o chi per lei. L'altro sono gli studi che hanno portato l'umanesimo dentro il mondo delle macchine con metafore e figure suggestive, spesso tratte dalle distopie della fantascienza, come il cyborg, il cyberpunk, la cyberfemminista, l'eroe hacker che salva il mondo etc. L'uomo deve fare i conti con l'universo delle macchine perché si tratta di un universo irreversibile e in questo universo vi sono margini di libertà prima sconosciuti o semplicemente, diciamo noi, differenti.

[16 agosto 2010]
  Questi due campi di ricerca e di idee, che potremmo chiamare della vita quotidiana e del post-umano da punti di vista diversi ma, in qualche modo, convergenti hanno il merito di aver riqualificato l'uso che l'apocalittica anti-tecnica aveva banalizzato. Il cittadino, l'abitante, l'utente, il consumatore, lo spettatore improvvisamente vengono scoperti più liberi di quanto la teoria critica li aveva giudicati. E si scopre che un certo modo di fare critica che fa apparire il nemico inattaccabile serve più a disarmare chi la esercita che non il nemico contro cui è indirizzata. È stato un passo avanti. Ma un passo avanti che si portava dietro ancora il retaggio di una visione del potere come totale, pervasivo e "microfisico". E che proprio per questa ragione cercava margini minimi di manovra per le libertà individuali e collettive. E chi oggi risponde a questi pensatori che il potere di ogni epoca è un prodotto storico, che il mondo così come è cambiato dovrà ancora cambiare, si autodenuncia ancora una volta come un'anima bella, o meglio si merita l'insulto di "storicista". Saremmo, insomma, in un campo di forze che si trascinerà in eterno, senza possibilità di salti in avanti o indietro e di sintesi progressive o regressive. E questo mentre tutto nelle cose cambia davvero. Eppure lo stesso Nietzsche, che tutti amano perché non è sospettato da alcuno essere un'anima bella, era chiaro: sia il progresso pure un'illusione, ma si continui ad avanzare!


Harry Thaler & Nicola Zocca, Compressed Air Bike. smart future minds exhibition, sezione "Create" a cura di Martino Gamper, Roma 2010 (courtesy PHLEGMATICS).


Roberto Di Leonardo e Luca Angelani, Microcars, settore "Explore". smart future minds exhibition, sezione "Explore" a cura di Paolo Mataloni, Roma 2010 (courtesy PHLEGMATICS).

Continuando a concepire un potere del genere è già qualcosa se ci si pone solo dal lato dell'uso senza considerarlo semplicemente consumo, ma generalmente quando ci si è posti dal lato della produzione, lo si è fatto per prendere atto di un cambiamento nelle scelte, nei gusti e nello stile di vita della classe agiata (coniando solitamente un neologismo, si veda il concetto di "non luogo") e raramente dei produttori. Noi riteniamo che occorra porsi contemporaneamente sia dal lato degli usi che da quello della produzione, perché solo a questo modo diviene comprensibile come l'avvenire non sia nella riconciliazione con la natura, ma nella riconciliazione con la tecnica, con la creatura figlia dell'ingegno dell'uomo che si è resa autonoma e che ora lo domina. Finché l'uomo non si sarà riconciliato con la tecnica non potrà davvero salvare la natura come vorrebbe. Chi non padroneggia se stesso non è d'aiuto a nessuno, tanto meno ai cetacei.

Charles Fourier sosteneva che la tecnica può solo creare le condizioni per la felicità, ma non certo la felicità e che se una società langue troppo a lungo in un periodo o in una fase vi si ingenera corruzione, come in acqua che ristagna. Il lungimirante utopista scriveva: "Il progresso delle conoscenze è tanto auspicabile per la Civiltà, come la completa maturazione è indispensabile per un frutto; ma, arrivati a questo punto che se ne faccia uso". Ma per citare un passaggio poco conosciuto di un pensatore che utopista non era, Marshall McLuhan: "Man mano che cominciamo a reagire in profondità alla vita sociale e ai problemi del nostro villaggio globale, diventiamo reazionari. La partecipazione, accompagnata alle nostre tecnologie, trasforma le persone socialmente più avanzate in conservatori" e questo proprio in un capitolo sul limite di rottura nel quale il sistema si muta bruscamente in un altro. I personal computer hanno cambiato la percezione dello spazio e delle distanze, ma per quanto si sia detto e per quanto si sia scritto probabilmente non bastava a raggiungere il limite di rottura. Telefonini e videofonini hanno cambiato l'organizzazione dello spazio urbano più che non il modo di comunicare. Il modo di darsi appuntamento o di incontrarsi, eventi discreti, ma filosoficamente esplosivi dal punto di vista di una teoria dello spazio, è del tutto mutato dai tempi delle cabine telefoniche, dei gettoni e dei muretti. Ma anche qui il limite di rottura non è stato raggiunto. Il motivo è che la nostra civiltà è figlia del fordismo e delle automobili, vi è ancora dentro più di quanto non si voglia ammettere, potrebbe sopravvivere, a fatica, senza personal computer e telefonini, ma imploderebbe immediatamente senza mobilità.

Il mondo della produzione è cambiato in profondità e con esso l'organizzazione dello spazio industriale, ma non è cambiato ciò che produciamo: automobili e ancora automobili che dipendono dal petrolio o dal gas. Dunque il 2012, l'anno dell'introduzione delle vetture elettriche, ci farà accedere a una nuova epoca perché da quel momento in poi saremo davvero molto vicini al limite di rottura. Non si tratterà dunque esclusivamente di un cambiamento nella mobilità urbana, si tratterà di un cambiamento delle stesse fondamenta su cui è edificata la nostra civiltà, dagli esiti poco prevedibili che coinvolgerà, last but non least, tutta la nostra esperienza percettiva. Non riteniamo che la smart che sta organizzando lo "smart urban stage" in diverse città europee proprio per promuovere la nuova smart elettrica abbia previsto tutti gli usi, amati o odiati, che questa automobile ha introdotto nelle città. Quella che Lewin chiamava "situazione", ovvero "il rapporto tra persona e ambiente" da cui pensava di poter dedurre i comportamenti sarà del tutto inedita: cambierà la situazione, cambieranno i comportamenti. Infine un'intera società che passa in una decina o ventina di anni alla mobilità elettrica non solo ci risparmierà la sciocchezza di andare a sbattere contro i limiti di quella fondata sul petrolio, ma porrà l'attenzione come mai prima sui modi in cui approvvigionarsi dell'elettricità. Nuova epoca, nuove contraddizioni.






La smart future mind exhibition, Roma 2010. (courtesy PHLEGMATICS).

Eventi come lo "smart urban stage" di Roma cominciano già da ora a promuovere automobili elettriche, presentando scenari possibili, come quello proposto da Thomas Weber "Car2go" in cui si potrà accedere a una smart elettrica parcheggiata a portata di mano e lasciarla dove si vuole alla fine del percorso. Lo "smart urban stage" ha voluto come suo tema principale "il futuro della città", che è anche il titolo italiano di un importante libro di Mumford in cui le automobili non ci fanno proprio una bella figura, e in ogni nazione in cui si allestisce la sua tensostruttura propone cinque curatori d'eccellenza che presentano due progetti. L'esposizione curata da Phlegmatics, lo stesso gruppo che produce la rivista d'arte contemporanea Drome magazine, presenta dei progetti avveniristici, visionari, talvolta poetici, talvolta bizzarri fino ad essere sballati.

Le fil rouge che attraversa tutti i progetti presentati sembra essere una teoria dello spazio, come a dire che il futuro si giocherà tutto sul come utilizzeremo lo spazio, lo spazio urbano come quello micrometrico, lo spazio delle informazioni come quello quantistico, insomma: intensivamente o estensivamente. Nel progetto "Bacterial Microcars" di Roberto Di Leonardo e Luca Angelani, nel settore "Explore" curato dal professore di Ottica Quantistica Paolo Mataloni si propone di attivare dei nano-dispositivi sfruttando il movimento caotico dei batteri. Le "microcars" si attivano in virtù del loro particolare design micrometrico. Questo progetto alla cerimonia di premiazione si è classificato terzo. In "Calle de Diversion" di "Liga della Partida Urbana", ovvero il sociologo italiano Pasquale Passannante e l'architetto venezuelano Rafael Machado, nel settore "Be" curato dal professore in teorie del design Lorenzo Imbesi, lo spazio pubblico di città disagiate come Caracas dove "una bottiglia d'acqua costa più di un pieno di benzina" viene ricostruito disegnando per terra in un momento partecipato campi di giochi popolari come il "trompo", "il beisbol de chapitas" o la "pelotica 'e goma" con cui gli abitanti sono cresciuti. Sorprendentemente questo progetto, il meno tecnologico, il più poetico, ha vinto il concorso, riproducibilità in ogni luogo (è stato definito "atopico") a costo zero è stata la motivazione che la giuria ha addotto.

Nel progetto QUlife di Fabio Sciarrino e Giuseppe Vallone sempre del settore "Explore", siamo portati nel mondo dei fotoni e del loro comportamento bizzarro, comportamento che mette in discussione molti luoghi comuni sullo spazio. Che lo spazio si curvi è risaputo ma che un fotone fatto passare attraverso un prisma possa trovarsi in due punti diversi contemporaneamente o che due fotoni imbrigliati tra di loro, "entangled", possano comunicare istantaneamente a prescindere da qualsiasi distanza a cui si trovino è qualcosa destinato a rivoluzionare la nostra concezione dell'universo e la vita associata. Di "entanglement", fenomeno legato al cosiddetto "realismo non locale" in cui lo spazio è nullificato sentiremo parlare molto in futuro, anche e soprattutto per le sue ricadute psico-sociologiche. I due ricercatori del Dipartimento di Fisica della "Sapienza" ambiscono a trasformare il loro laboratorio in un microchip quantistico. Nel settore "Exchange" curato da Alberto Abruzzese, nel progetto di Ciriaco Campus "CTMM" vi è come un ritorno dello spazio industriale tipico del fordismo, un ritorno del rimosso che "spazializza" le informazioni, le dona un volume che permette di trattarle come merci materiali e catapulta l'infosfera indietro di nuovo nel paradigma produttivo e spaziale del '900. Come dicevamo, siamo ancora dentro al '900 più di quanto non ci si immagini.


Francesco Librizzi & Matilde Cassani, Hygrostation - Experiencing Water In Public Spaces. smart future minds exhibition, sezione "Live" a cura di Luca Molinari, Roma 2010 (courtesy PHLEGMATICS).

Da segnalare anche i due settori privilegiati che hanno a che fare con lo spazio, il settore Design curato Martino Gamper e il settore Live curato da Luca Molinari. Uno dei due progetti promossi da Gamper è quello di Harry Thaler e Nicola Zocca, "Compressedairbike", una bici il cui motore è azionato da una bombola ad aria compressa, un mezzo che "unisce l'energia del corpo con quella dell'aria compressa". Mentre il progetto "Hygrostation" di Francesco Librizzi e Matilde Cassani promosso da Luca Molinari, propone delle postazioni vicine alle fermate dell'autobus o della metro, in piazze o parchi che utilizzano acqua calda in condutture d'inverno o acqua nebulizzata d'estate come luoghi di sosta. Il secondo classificato della mostra/concorso è stato il progetto, curato sempre da Molinari, "Sustainability stands for simplicity" dello studio Tamassociati. È stato premiato più che un progetto, una filosofia generale, la "sostenibilità semplice", dimostrata attraverso il racconto di un caso-studio: una clinica pediatrica in Nyala (Darfur) concepita per Emergency.

Le prossime tappe dello smart urban stage saranno Zurigo, Parigi, Madrid e Londra, i primi classificati di ogni città avranno accesso alla fase internazionale del concorso. Insomma per l'azienda smart il futuro della città è nei suoi nuovi modelli elettrici e l'ha voluto annunciare con un'iniziativa di marketing sul territorio delle maggiori città europee. Ci auspichiamo che sia davvero così, perché il frutto giunto a maturazione altrimenti marcirebbe. Una città in cui la mobilità fosse completamente elettrica ci farebbe accedere anche a una nuova esperienza percettiva. Come ci ha fatto notare lo studioso di soundscape Stefano Zorzanello, le città saranno molto più silenziose e il paesaggio sonoro cambierà del tutto. Il passaggio delle automobili di notte, ad esempio, che per Bachelard ricordava le onde del mare non sarà più il primo piano dei nostri soundscape notturni. O per fare ancora un esempio: gli odori urbani non coperti dallo smog emergeranno in tutta la loro varietà improvvisamente e cambierà di conseguenza anche il paesaggio olfattivo. Se il futuro ci riserverà scenari apocalittici non sarà perché ci siamo affidati alla tecnica, ma perché non vi ci si saremo affidati abbastanza.

Daniele Vazquez
info@luoghisingolari.net
Daniele Vazquez è antropologo, scrittore, personaggio letterario. Fonda nel 1994 l'Associazione Psicogeografica Romana. Ha usato il nome Luther Blissett fin dagli esordi, aderendo fin dalla sua nascita al suo comitato centrale il "Luther Blissett Project". I suoi scritti a nome Luther Blissett sono stati pubblicati da Castelvecchi, AAA, DeriveApprodi, Einaudi. Nel 1997 è tra i fondatori dell'Ufologia radicale e della rivista postpolitica "Men in Red". Nel 2000 partecipa al "Seppuku" del Luther Blissett Project producendo il disco The Open Pop Star (WOT4 records), cui partecipano esponenti del Neoismo, della Net.art e di Aliens in Roma. Nel 2004 fonda con l'architetto Laura Martini il gruppo di ricerca urbana Luoghisingolari.net, con il quale insieme ad alcuni dei più sperimentali musicisti, artisti e performer di Roma attiva il network "occuparespazinterni" (OSI). Ha ideato e organizzato l'evento ALMA DROMESTICA, evento seminale che è stato riprodotto in decine di città italiane ed europee. Ha collaborato con Facoltà di Architettura di Roma 3-Dipartimento di Studi Urbani e lo IED. Fa attualmente parte del DAP, Dipartimento Arte e Propaganda, che ha prodotto il foglio mensile "Deadzine", l'ultima fanzine del ‘900 e ha pubblicato di recente il gioco di società "In Cinere Ignis". Ha pubblicato nel maggio 2009 il romanzo sci-fi La comunità dei sogni. Hai sognato questo libro?. Ha scritto e scrive per diverse riviste, tra le quali, Deriveapprodi, Drome Magazine, Exibart, Infoxoa, la Newsletter Italiana di Mediologia, il Basic Income Network, The Post Romantic Observer. È personaggio letterario nel primo romanzo di Wu Ming Asce di Guerra.
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