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Dell'invenzione mitopoietica: il caso delle piattaforme girevoli psicogeografiche

Daniele Vazquez



L'editore Nerosubianco ha recentemente pubblicato il libro Manuale di psicogeografia di Daniele Vazquez. L'autore ripercorre genesi e pratiche di questo campo d'indagine, che contribuirà a cambiare il modo d'intendere la città, l'arte e la politica, a partire dall'estate del 1953 quando, nel mezzo di una Parigi bloccata dagli scioperi dei trasporti pubblici, un giovanissimo Gilles Ivain trasforma i giochi occasionali dell'Internazionale Lettrista in pratica sistematica: la deriva. Nel testo pubblicato in questa pagina Daniele Vazquez propone ai lettori di ARCH'IT, in aggiunta a quanto esposto nel volume, la soluzione di un enigma col quale in molti, anche diversi giovani architetti, urbanisti e artisti, si sono confrontati: a cosa è dovuta la rotazione delle plaque tournante nella mappa "The Naked City" di Guy Debord?



 
Vi è un documento straordinario per comprendere la psicogeografia e la sua carica mitopoietica. Si tratta del secondo report contenuto in Due resoconti della deriva pubblicato la prima volta il 9 novembre 1956 sulla rivista surrealista belga "Les Lèvres Nues" e tradotto per la prima volta in italiano dalle edizioni Nautilus nel libro Potlatch. Bollettino dell'Internazionale Lettrista 1954-57 nel 1999. Nel mio Manuale di Psicogeografia mi sono concentrato sul primo report che restituisce una deriva effettuata tra la fine del 1953 e l'inizio del 1954 da Gilles Ivain, Gaëtan Langlais e Guy Debord. Questo primo report è senz'altro più vicino allo spirito originario che ha portato Ivain a inventare "la deriva" nell'estate del '53, estate in cui Parigi era bloccata da uno sciopero di tutti i mezzi pubblici, su strada come su rotaia, e alle descrizioni degli avvenimenti di quell'anno su cui Debord è tornato spesso nei suoi film.

[15 novembre 2010]
  La fase cui appartiene il secondo report, che risale al 6 marzo 1956, ha luogo in un momento cruciale per la psicogeografia, quello del suo massimo sviluppo in termini di esplorazioni, abbozzi di cartografia e condivisione dei risultati (l'Internazionale Lettrista aveva già preso contatto con Trocchi e Jorn) a partire dal quale però inizierà un veloce declino che porterà da una parte alle prime e ultime mappe psicogeografiche "The Naked City" e "Guida Psicogeografica di Parigi" e dall'altra all'abbandono definitivo di questa pratica declassata ormai a scienza immaginaria, a "fantascienza dell'urbanistica". Il declino inizia con l'espulsione di Wolman nel gennaio 1957 e con il tentativo non riuscito di Jorn di portare il mese seguente la psicogeografia in una galleria (Debord si rifiuterà di partecipare con le sue due mappe, soprattutto per la presenza di Yves Klein). Riteniamo che il secondo report presente in Due resoconti della deriva sia straordinario perché vi è celato il segreto di un elemento mitopoietico fondamentale della psicogeografia: la piattaforma girevole. Inoltre conferma del tutto la nostra ipotesi che le mappe psicogeografiche siano cartografie all'insegna di una figura retorica ben precisa: l'asindeto. Una breve digressione già presente nel mio Manuale sulla mitopoiesi ci permetterà di mettere a fuoco la questione in modo più pertinente.

Quando il Debord de La società dello spettacolo molti anni più tardi scriverà che lo spettacolo è un rapporto sociale fra individui mediato da immagini avrà del tutto abbandonato la prospettiva mitopoietica che nel '53 condivideva con Gilles Ivain. Egli in questo testo lascia intendere che nella vita autentica i rapporti sociali non siano mediati da immagini, che siano uno schermo tutto nero o uno schermo tutto bianco, ma l'etnografia indagando i miti ha da tempo illustrato che i rapporti sociali sono sempre, in ogni epoca e in ogni luogo, mediati da immagini. La contesa non è tra rapporti sociali mediati da immagini e rapporti sociali non mediati da immagini. I lettristi avevano rapporti sociali evidentemente mediati da immagini come tutti, tratti dalla cultura pop come dalla cultura alta. Debord, a proposito dell'avventura lettrista, scrive per il film Critica della separazione del 1961: "In quanto avventura, essa partecipa in primo luogo dell'insieme delle leggende trasmesse, dal cinema o altrimenti; di tutta la paccottiglia spettacolare della storia". È inevitabile che si adoperi la paccottiglia spettacolare e Debord non smetterà mai di adoperarla, anzi egli è più tollerante verso film esplicitamente popular che non verso quelli con pretese colte.

La contesa è piuttosto tra un rapporto sociale mediato da immagini prodotte all'esterno di esso (da un altro gruppo sociale, da un fumetto, da un racconto popolare, da un film, da un romanzo, da una pubblicità, da un giornale, ecc.) e un rapporto mediato da immagini prodotte all'interno di esso. Il negativo cui farà riferimento Debord è puramente teorico e non esiste nella vita autentica, conduce alla paralisi, senza nemmeno la consolazione dell'attività contemplativa, conduce a un'apocalittica mutilata incapace di darsi le immagini prefiguranti una società liberata. In parte ciò è dovuto al fatto che egli fosse un regista in guerra con il cinema e il mondo delle immagini. La mitopoiesi al contrario è quel rapporto sociale che fonda le stesse immagini con cui esso si media. Ancora in Critica della separazione si può ascoltare: "Fino a quando non potremo fare di noi stessi la nostra storia". I materiali utilizzati che vengono elaborati per fondare queste immagini provengono dalle fonti più disparate, sono quelli che si hanno a disposizione. Ma essi non vengono utilizzati così come sono, sono triturati dentro il rapporto sociale e caricati di nuovi significati. Lo si può chiamare deturnamento, ma è una pratica immemorabile, tipica in occidente della cultura popolare e per questo preferiamo chiamarla mitopoiesi. Essa, al contrario della pratica estetica, non mira a produrre opere d'arte o pose estetizzate individuali o di gruppo, ma stabilisce patti, alleanze, complicità, racconti, leggende, argot. La psicogeografia è uno studio empirico fallito che si rivela essere un momento mitopoietico e mai una pratica estetica. La descrizione della deriva che segue ne è un esempio illuminante.


Progetto di piattaforma girevole per il Ponte di Brooklyn a New York, 1905.

Debord e Wolman partendo alle 10 di mattina dalla rue des Jardines Paul, stradina dalle qualità psicogeografiche strategiche che veniva considerata punto di partenza per l'esplorazione del quartiere Merri, l'unità d'ambiance d'accesso alla parte occidentale della città, vengono respinti, "trascinati", loro malgrado, dalle "forze di attrazione passionale" (le famose frecce), verso est, nella parte superiore dell'XI arrondissement. Giunti nel ventesimo dopo una deriva poco significativa vengono trascinati verso nord-ovest nel diciannovesimo, volendo procedere, si evince, verso ovest. Quando si imbattono nella rotonda di Ledoux, la Rotonde de la Villette, in incredibile abbandono e in rovina, ne restano affascinati, soprattutto per la presenza della curva della metropolitana sospesa. I due psicogeografi giungono alla conclusione che quella zona sia una piattaforma girevole il cui centro è la rotonda di Ledoux. Cosa ha scatenato l'effetto "mitopoietico", il trasferimento della piattaforma girevole ferroviaria in una costellazione di elementi di un immaginario di cui i lettristi si servivano per padroneggiare le influenze dell'ambiente urbano e non esserne condizionati? Cosa ha portato a teorizzare l'esistenza di un'unità d'ambiance che funzionasse, insomma, come plaque tournante?





Basta vedere come la metropolitana sospesa passi proprio davanti alla rotonda e faccia percepire quest'ultima come una piattaforma girevole ferroviaria che smista i binari della metro che proprio in quella zona curvano. È stata un'idea poetica prodotta per concatenamenti analogici. Ma non basta, vi è anche un doppio senso linguistico: la parola "rotonde" in francese è proprio un termine che richiama sia un palazzo circolare come quello di Ledoux sia i depositi attorno alle piattaforme girevoli ferroviarie Questa piattaforma girevole è il prototipo di tutte le piattaforme girevoli psicogeografiche. La rotonda è divenuta il centro attorno a cui ruota l'unità d'ambiance che chiamano "Jaurès-Stalingrad", aperta su "almeno quattro pendii psicogeografici notevoli (canale Martin, boulevard de la Chapelle, rue d'Aubervilliers, canale de l'Ourecq), e probabilmente di più". Si tratta di una zona all'incrocio tra il X, XVIII, XIX arrondissement. Per piattaforma girevole i due lettristi intendono, dunque, l'intera unità d'ambiance e non solo il suo centro. Da questa descrizione si evince, quindi, che una piattaforma girevole non è che un particolare tipo di unità d'ambiance la cui caratteristica è quella di ruotare: la mappa che illustra quest'ipotesi è "The Naked City". Se le forze d'attrazione passionale, le frecce, trascinano da un'unità d'ambiance all'altra, e sono considerabili come dei binari sui quali si muovono gli psicogeografi, le piattaforme girevoli sono zone di smistamento, nelle quali lo psicogeografo ruota con esse e viene immesso su altre traiettorie, su altre "linee di più forte inclinazione", su altri binari.

Le piattaforme ruotando fanno perdere l'orientamento, ma se non stiamo al gioco possiamo dire l'inverso: che laddove si perde sistematicamente l'orientamento si può ipotizzare la presenza di una piattaforma girevole. Lo psicogeografo che ha la coerente impressione sul terreno di andare a ovest e in realtà procede, ad esempio, a nord, cosa di cui si accorge solo in un secondo tempo consultando una mappa o consultandola sul luogo fa l'esperienza della deriva spaesante e laddove questa esperienza si ripete ogni volta che si percorre lo stesso itinerario ci si può chiedere a ragione se non vi sia una piattaforma girevole. Dunque, la rappresentazione di unità d'ambiance ruotate in senso orario o in senso antiorario di "The Naked City" non sono che la restituzione dell'esperienza della deriva spaesante e in particolare modo dell'esperienza della piattaforma girevole che vi contribuisce. A questa produzione mitopoietica deve anche aver contribuito l'accesso alle stazioni Jaurès e Stalingrad dalla metro. Nel '56 probabilmente i lettristi per arrivare a queste stazioni dal V arrondissement prendevano la linea 5 alla stazione "Gare de l'Est", una linea che vi arriva da nord, arrivando prima a Stalingrad e poi a Jaurès. Noi abbiamo fatto l'esperienza dalla 2, venendo da sud e, al ritorno, da nord. In quel tratto la metro è sulla sopraelevata e l'effetto del metro che ruota attorno alla rotonda di Ledoux è davvero spaesante e fa pensare proprio a una piattaforma girevole.


Rond-point de la Villette, in fondo si vede la rotonda di Ledoux.

Riteniamo, inoltre, che solo in una città in cui la morfologia urbana prevedeva innumerevoli "rond-point" fosse possibile immaginare questo elemento psicogeografico e mitopoietico. Solo l'esperienza ripetuta di questo motivo morfologico nella mobilità e nel paesaggio urbani poteva portare l'immaginazione a prevedere un'unità d'ambiance rotante. Dal rond-point, un tipo di "place", con l'intensificarsi del traffico automobilistico, si è passati al "carrefour giratoire", un incrocio, la rotatoria, inventata dall'urbanista francese Eugène Hénard. In Italia chiamiamo questi "carrefour giratoire" "rondò alla francese". I francesi chiamano, a loro volta, il "carrefour giratoire" "rond-point all'inglese" perché le rotatorie con la precedenza non convenzionale (a sinistra invece che a destra) sono state progettate per la prima volta in Gran Bretagna. Che sia un elemento urbanistico dalle insospettabili sottigliezze poetiche (si pensi alle "rotonde magiche" inglesi) lo dimostrano gli studi che i francesi vi dedicano, tra gli ultimi per importanza quello di Eric Alonzo intitolato Du rond-point au giratoire per la Parenthèses di Marsiglia, casa editrice all'avanguardia per quanto riguarda gli studi sullo spazio urbano.

Immaginate, inoltre, di trovarvi fuor di metafora in una piattaforma girevole, di ruotare con essa: non solo la rotazione favorisce la deriva spaesante, ma favorisce anche la frammentazione dello spazio oggettivo, la sua restituzione a singolarità isolate. Le mappe psicogeografiche riportano le unità d'ambiance come isolotti, placche geologiche o continenti, cioè come singolarità isolate, cosa che abbiamo già scritto sul Manuale di Psicogeografia corrispondere alla figura retorica dell'asindeto. L'asindeto "è l'assenza di congiunzioni coordinanti, perciò è figura della soppressione", scrive nel Manuale di retorica Bice Mortara Garavelli. E per quanto riguarda l'applicazione di questa figura retorica allo spazio urbano, Michel de Certeau ha scritto che l'asindeto "seleziona e frammenta lo spazio percorso; ne salta le connessioni e intere parti che omette", "crea, per elisione, un meno, dovuto ad assenze nel continuum spaziale, e ne ritiene solo dei frammenti scelti", "li slega, sopprimendo il congiuntivo e il consecutivo", "frammenta, spezza la continuità e derealizza la sua verosimiglianza. Lo spazio così trattato e rivoltato attraverso le pratiche si trasforma in singolarità ingrandite e in isolotti separati".


Guy Debord, The Naked City. Illustrazione dell'ipotesi di piattaforme girevoli in psicogeografia (in psicogeo-grafica?).

A ulteriore riprova si legga il seguente passaggio tratto dallo stesso report dei lettristi:
"A proposito di questa nozione di piattaforma girevole, Wolman ricorda il crocevia che nel 1952 egli designava a Cannes come "il centro del mondo". Probabilmente bisogna accostarvi l'attrazione nettamente psicogeografica di quelle illustrazioni, per i libri degli scolari più giovani, nelle quali un'intenzione didattica ha fatto riunire in una sola immagine un porto, una montagna, un istmo, una foresta, un fiume, una diga, un capo, un ponte, una nave, un arcipelago".

La rotonda di Ledoux e la metro sospesa praticamente incollata ad essa, elementi così disparati accostati casualmente da diversi strati di pianificazione urbana hanno favorito la figura poetica dell'asindeto, ovvero: un porto, una montagna, un istmo, una foresta, un fiume, una diga, un capo, un ponte, una nave, un arcipelago...

Daniele Vazquez
info@luoghisingolari.net
Daniele Vazquez è antropologo, scrittore, personaggio letterario. Fonda nel 1994 l'Associazione Psicogeografica Romana. Ha usato il nome Luther Blissett fin dagli esordi, aderendo fin dalla sua nascita al suo comitato centrale il "Luther Blissett Project". I suoi scritti a nome Luther Blissett sono stati pubblicati da Castelvecchi, AAA, DeriveApprodi, Einaudi. Nel 1997 è tra i fondatori dell'Ufologia radicale e della rivista postpolitica "Men in Red". Nel 2000 partecipa al "Seppuku" del Luther Blissett Project producendo il disco The Open Pop Star (WOT4 records), cui partecipano esponenti del Neoismo, della Net.art e di Aliens in Roma. Nel 2004 fonda con l'architetto Laura Martini il gruppo di ricerca urbana Luoghisingolari.net, con il quale insieme ad alcuni dei più sperimentali musicisti, artisti e performer di Roma attiva il network "occuparespazinterni" (OSI). Ha ideato e organizzato l'evento ALMA DROMESTICA, evento seminale che è stato riprodotto in decine di città italiane ed europee. Ha collaborato con Facoltà di Architettura di Roma 3-Dipartimento di Studi Urbani e lo IED. Fa attualmente parte del DAP, Dipartimento Arte e Propaganda, che ha prodotto il foglio mensile "Deadzine", l'ultima fanzine del ‘900 e ha pubblicato di recente il gioco di società "In Cinere Ignis". Ha pubblicato nel maggio 2009 il romanzo sci-fi La comunità dei sogni. Hai sognato questo libro?. Ha scritto e scrive per diverse riviste, tra le quali, Deriveapprodi, Drome Magazine, Exibart, Infoxoa, la Newsletter Italiana di Mediologia, il Basic Income Network, The Post Romantic Observer. È personaggio letterario nel primo romanzo di Wu Ming Asce di Guerra.

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Nerosubianco, 2010
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