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Asymptote Architecture,
NYSE. Lo spazio sensazionale di Gabriele Mastrigli |
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Man mano che i nostri corpi si trasformano in cyborg, gli edifici che li ospitano si trasformano anch'essi. I sistemi di telecomunicazione sostituiscono sempre più i sistemi di circolazione e il solvente dell'informazione digitale corrode i tipi edilizi tradizionali. Una dopo l'altra, le forme familiari scompaiono, poiché i residui dei frammenti ricombinati generano mutanti. |
[21jun2000] | |||
Diagrammi di dati all'interno del Virtual Trade Floor. |
Così William J. Mitchell esordisce nel quarto capitolo della sua ormai
famosa City of Bits, raccontando l'avanzare inesorabile della città digitale e
la conseguente dismissione delle vecchie tipologie architettoniche. Dalle gallerie ai
musei virtuali, dagli ospedali alla telemedicina, dalle prigioni ai Programmi di Controllo
Elettronico, dalle banche ai Bancomat, dai Grandi Magazzini all'e-commerce sino
alla categoria generica ed invasiva del lavoro in rete, la sconfitta
dell'hardware contro il software sembra ormai tanto inevitabile quanto sistematicamente
annunciata. (Mitchell 1997). Non bisogna essere addetti ai lavori per intuire che gli
edifici delle Borse siano territori privilegiati dei processi di smaterializzazione. Gli
antichi saloni per le contrattazioni, luoghi simbolo che l'architettura ha da sempre
sottolineato (Berlage ad Amsterdam per tutti), appaiono obbligati a cedere il passo ad
aree di scambio sempre più virtuali, diluite tra reti di computer e terminali, in grado
di gestire con l'uso di potenti calcolatori elettronici transazioni finanziarie altrimenti
impossibili. |
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Wall Street, che per Mitchell è oggi una fiorente regione del
cyberspazio, è recentemente balzata agli onori delle cronache per l'ultima realizzazione
dello studio newyorchese Asymptote: il 3DTF, acronimo per Three Dimensional Trade Floor,
in breve la sala per le contrattazioni virtuale della Borsa di New York. Il progetto
risale al 1994 quando alcuni dirigenti del NYSE (New York Stock Exchange), dopo aver
assistito ad una demo di visualizzazione 3D su computer Silicon Graphics, iniziano ad
ipotizzare un sistema in grado di rappresentare tridimensionalmente ed in tempo reale
l'articolato meccanismo degli scambi. Ben presto la complessità delle operazioni che il
programma avrebbe dovuto gestire convince il NYSE ad affidare la progettazione
dell'ambiente virtuale agli architetti Hani Rashid e Lisa Anne Couture, fondatori nel 1989
dello studio Asymptote, da anni impegnati in prima linea nella sperimentazione su
datascapes e spazi digitali, come testimonia, tra l'altro, il progetto didattico
"Paperless Studio" promosso insieme a Bernard Tschumi alla Columbia University. |
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Il 16 marzo del 1999 il 3DTF è operativo. Wall Street, che da sempre è
all'avanguardia nella tecnologia dell'informazione (l'installazione dei primi telefoni nel
salone degli scambi risale nientemeno che al 1878), inaugura così il più grande ed
innovativo ambiente VR del suo genere. Il modello, realizzato con la tecnologia VRML
(Virtual Reality Modeling Language), è di fatto uno spazio navigabile completamente
interattivo dalle sembianze della sala delle contrattazioni reale (comprese le postazioni
di scambio), nel quale gli operatori possono accedere ad un ampio parco di flussi
informativi, dati e modelli di correlazione per seguire ed intervenire direttamente sul
mercato delle transazioni. Si può esplorare il 3DTF dai nove pannelli piatti da 25
pollici posti nella sala principale, oppure dal Centro Operativo Avanzato, un'ampliamento
(reale) della sala stessa che Asymptote ha realizzato successivamente. Subito battezzato
"la Rampa" perché collocato in un'area di circa 30 metri con un pavimento in
leggera pendenza, il Centro è caratterizzato innanzitutto da una parete ondulata in vetro
azzurro a doppia curvatura nella quale sono inseriti 60 monitor a cristalli liquidi e
schermo piatto ad alta risoluzione. Sei supercomputer Silicon Graphics Onyx2 gestiscono il
complesso software di navigazione virtuale che Rashid &Co. hanno messo a punto grazie
all'ingegnerizzazione della SIAC (Securities Industry Automation Corp.) ed ai protocolli
di animazione RT-Set. (Asymptote 1999) La peculiarità del progetto è da subito identificata nelle sue caratteristiche spaziali. "La sfida" afferma Dror Segal, direttore della SIAC "non era tanto quella di mettere insieme le informazioni quanto di costruire l'interfaccia 3-D". "Se non fai un buon 3D o realizzi delle cattive animazioni" commenta Anne Allen, responsabile del Trading Floor "corri il pericolo di provocare agli utenti quasi il mal-di-mare.[ ] Inoltre potrebbe di essere poco confortevole volare attraverso uno spazio che non è uno spazio normale, oppure muoversi bruscamente o troppo velocemente". Cosa c'è dunque dietro un progetto che sfrutta le tecnologie più avanzate per riprodurre virtualmente una spazialità tridimensionale in fondo così ordinaria? E più in generale. Come mai, a fronte del progressivo abbandono delle postazioni di lavoro tradizionali, i nuovi "schermi" ci mostrano un mondo elettronico descritto in immagini che rimandano al suo alter ego materiale con platealità ed ironia sempre crescenti? |
La sala di controllo del 3DTF. |
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Postazioni di scambio virtuali nel 3DTF. |
"Viviamo nell'illusione che sia il reale a mancare maggiormente,
mentre invece la realtà è al suo culmine." sostiene Baudrillard "A furia di
performance tecniche siamo arrivati a un tale grado di realtà e di oggettività da poter
parlare di un eccesso di realtà che ci lascia molto più ansiosi e sconcertati della
mancanza di realtà, la quale poteva per lo meno essere compensata con l'utopia e con
l'immaginario" (Baudrillard 1996). Più di trent'anni fa HAL 9000, il
sofisticatissimo computer-killer che guidava l'astronave di 2001 Odissea nello Spazio
alla volta di Giove, interagiva efficacemente con l'equipaggio (ricordate la lettura
labiale del povero Frank?), mediante una modestissima interfaccia grafica, proprio in un
film tutto votato a rappresentare visivamente l'esperienza del superamento dei
confini spaziotemporali conosciuti, in un trionfo di tecnologia ancora oggi difficilmente
ipotizzabile. HAL, parente degli odierni PC più di quanto non si creda (le tre lettere,
acronimo di Heuristic and ALgorithmic, vale a dire i due metodi di conoscenza e
comunicazione, anticipano nell'ordine alfabetico la sigla IBM), è dunque il prototipo di
quel mondo virtuale di fatto mai realizzato. Una VR utopica che inesorabilmente è stata
sconfitta dall'impressionante avanzare di una realtà digitale quotidiana che attinge a
piene mani e sempre più freneticamente nel repertorio di immagini del mondo "in
carne ed ossa". Dal successo dell'interfaccia Macintosh che ha costretto IBM ad
abbandonare l'astratto sistema DOS per le colorate Finestre di Bill Gates, il vero destino
del virtuale non è dunque la sostituzione o l'eliminazione del reale ma il suo
"arricchimento". E' il passaggio dalla Virtual Reality alla Augmented
Reality (De Kerckhove 1999). Protetta dall'alibi di moltiplicare a ritmo esponenziale la quantità di dati ed informazioni a nostra disposizione, questa nuova "realtà arricchita" sortisce almeno due ulteriori effetti: da una parte esorcizza il passaggio alla dimensione cibernetica, che de-realizza la presenza dell'altro e ne disattiva di fatto la prossimità (Virilio 1998), mediando la progressiva smaterializzazione del reale nel quale ogni coordinata geografica, grazie alle tecnologie più recenti (da Internet ai telefoni cellulari, dal Global Positioning System alle telecomunicazioni satellitari), può essere già oggi un potenziale punto "attivo" del cyberspazio (Novak 1999). Dall'altra trattiene nella dimensione digitale quell'impressione di soggettività ed inesattezza che allontana dai nostri collaboratori elettronici la fastidiosa incombenza di ricordarci, dal bagliore fosfenico dei loro monitors, che il loro è invece un sistema codificato, e quindi un mondo perfetto. Disinnescare la perfezione astratta e insopportabile del mondo digitale sembra essere, agli albori del terzo millennio, l'imperativo della virtualità, forse proprio perché tale. (avrete certamente notato con quale eccitazione, piuttosto che preoccupazione, i media annunciano settimanalmente i pericoli potenziali dell'imminente Millenium Bug). Lo strumento è la sensazione virtuale. Dalle allegre scrivanie dei nostri home computers, intasate da un formidabile repertorio di cancelleria lillipuziana, sino alle frontiere più estreme del sesso informatico dilagante sulla Rete, prima la vista, poi l'udito, ed ora anche il tatto e (dicono) l'olfatto compaiono tra le interfacce necessarie ad attivare tanto elettronicamente quanto emotivamente la nostra presenza nel mondo digitale. Non stupisce allora che gli stessi ingegneri del SIAC che hanno coinvolto Asymptote nella realizzazione del 3DTF lo abbiano definito innanzitutto "un progetto molto eccitante". Il 3DTF è letteralmente un progetto "sensazionale", in grado di definire al di là delle necessità tecniche e dei compiti istituzionali un ambiente dinamico, ricco di informazioni ma spazialmente aggressivo, in cui l'uso delle luci e dei colori ma ancor più delle forme, del movimento "aereo" e della prospettiva aberrata restituisce lo stesso senso di vertigine e di appartenenza che sta alla base della seduzione tridimensionale, coinvolgente e contagiosa, dei più conosciuti videogame come Doom o Tomb Raider. Tutto questo in attesa della Quinta virtualità (Novak 1999), quando la VR, non più contenuta all'interno delle tecnologie che attualmente la sostengono e ne filtrano la presenza nel reale, verrà gettata in mezzo a noi e proiettata sulle nostre architetture e sulle nostre città. Gabriele Mastrigli gabriele.mastrigli@iol.it |
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Riferimenti bibliografici - Mitchell W.J., 1997, "La città dei bits", Electa, Milano. - Asymptote, 1999, in "Domus" n. 816 - Baudrillard J., 1996, "Il delitto perfetto", Raffaello Cortina, Milano. - De Kerckhove D., 1999, in "Domus" n. 816 - Virilio P., 1998, in "Domus" n.800 - Novak M., 1999, in "Il progetto" n. 5 L'articolo "Lo spazio sensazionale" è pubblicato originariamente su "Gomorra" n. 6, maggio 2000.
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laboratorio
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