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The Virtual House Competition

di Luigi Centola

[in english]
Che cosa è una casa virtuale?
Certamente non la tradizionale villa recentemente riadattata da Bill Gates per godere di tutti i comfort assicurati dalle tecnologie più all'avanguardia, una casa cablata dall'automazione totale a servizio e protezione del corpo. Potrebbe essere invece quella che pensatori e architetti invitati al forum berlinese sul Virtuale hanno identificato nella creazione di "nuovi spazi del corpo e della mente". Non una casa per un corpo handicappato aiutato da macchine a fare quello che vuole, ma al contrario nuovi spazi per una mente irreale senza corpo.

[28jul2000]

Peter Eisenman.
John Rajchman, docente presso il Collegio Internazionale di Filosofia, ne individua alcune caratteristiche fondamentali: "La Casa Virtuale attraverso pianta, spazio, costruzione e intelligenza, genera le connessioni più nuove; è organizzata o disposta per permettere la maggior potenzialità di relazioni impreviste. Ci coglie di sorpresa nei nostri modi di pensare e di essere. (...) E' quella le cui organizzazioni o disposizioni permettono il più grande numero di punti singolari e le più complesse connessioni tra essi. Se la casa virtuale non è completamente determinata da qualità fisse è perché è uno spazio dinamico senza limitazioni, così smooth che non è possibile definirlo con qualità fisse. La sua geometria non deriva da punti fermi. È come niente che già conosciamo o abbiamo visto". Rajchman evidenzia così l'imprescindibile passaggio dal concetto di Casa a quello di Spazio Virtuale, uno spazio dalle caratteristiche nuove e mutevoli nel tempo che assicura "libertà nella forma e movimento. La costruzione virtuale -scrive- non è un tipo di organizzazione che cerca di definire tutte le possibilità in anticipo, costruisce uno spazio le cui regole possono modificarsi attraverso quello che avviene in esso".

La teoria sembra esaustiva, il fatto è che la casa deve essere ancora disegnata… Vediamo come Nouvel, Ito, Eisenman e Libeskind hanno interpretato la sfida. Nel film il Quinto Elemento il regista Luc Besson ripropone una scena del cult Blade Runner. All'inizio il protagonista Bruce Willis sembra essere nella stessa scenografia della irreale Chinatown fino a quando un effetto a sorpresa rivela la rapida virata di una navetta spaziale (o ristorante volante a domicilio), solo temporaneamente ancorata davanti alla cellula abitativa di una sconvolgente città verticale. Con simile strategia, nella convinzione che l'architettura virtuale sia interessante solo in riferimento a ciò che è reale, la casa di Jean Nouvel è un raffinato oggetto tecnologico, trasposizione di un prototipo classico: la Villa Malcontenta di Palladio. Ne ripropone la memoria in un gioiello di modernità. Nella sua idea di virtuale, textures, trasparenze e riflessioni multiple trasformano, grazie alla manipolazione della luce, il semplice e simmetrico spazio palladiano. L'animazione computerizzata permette di spostarsi e planare rapidamente all'esterno e all'interno di essa per cogliere i cambiamenti di luce e di spazio. La volontà di costruire quasi senza materiali o per lo meno con un uso minimo di essi, sempre in bilico tra classico e moderno, emerge chiaramente nelle ultime ricerche di Nouvel e in questo progetto accompagnato dall'esplicativo scritto: "L'Anima di Palladio".

The Virtual House Competition

Progetti di: Jean Nouvel, Toyo Ito, Peter Eisenman, Daniel Libeskind, Jacques Herzog & Pierre de Meuron, Alejandro Zaera-Polo
Giuria: Kurt Forster, Akira Asada, Rebecca Horn
Filosofi: Gilles Deleuze, John Rajchman, Eric Alliez, Erik Oger, Elizabeth Grosz, Paul Virilio, Gilles Châtelet
Organizzazione: ANY New York, 1997

Le regole:
- il luogo per la casa virtuale è pianeggiante.
- la superficie della casa virtuale è al massimo di 200 mq.
- la casa virtuale deve racchiudere, riparare, essere poggiata a terra e realizzabile.
- la casa virtuale può ospitare tra 1 e 4 persone -possibilmente 2 adulti e 2 bambini- e un animale domestico
-la casa virtuale dovrà rispondere ad una descrizione di John Rajchman.
-gli architetti presenteranno la loro casa virtuale in un forum pubblico a Berlino.
Testi:
Jean Nouvel
Toyo Ito
Peter Eisenman
Daniel Libeskind
Se rimanessimo in tema di Cinema, l'Oscar per la sceneggiatura originale della casa virtuale andrebbe senza dubbio a Toyo Ito. Venti anni è l'arco temporale della storia che narra poeticamente tramite il progetto, la vita e la morte della casa U Bianca. Ito non ha voluto progettare la casa virtuale. È convinto che lo si potrà fare solo quando l'architettura avrà saputo eliminare la separazione tra gli opposti inconciliabili della fruizione dello spazio. Sceglie in alternativa la breve esistenza di una casa realizzata per alcuni cari, nella quale lo spazio interno senza finestre riflette la mutevolezza delle loro condizioni esistenziali: prima la volontà di isolamento, poi l'oppressione della chiusura. La casa è il luogo della famiglia, e ora che è distrutta e le vite separate, ne esiste un'altra che non si può progettare, un anello virtuale che sostituisce il reale spazio a U e che le unisce dovunque esse siano.


Peter Eisenman.

Per comprendere i sofisticati progetti di Peter Eisenman e Daniel Libeskind potrebbe essere utile paragonarli a due automobili completamente diverse l'una dall'altra: la prima è una concept car dal design avveniristico esposta nei saloni internazionali dell'automobile che rotea su se stessa sotto la luce dei riflettori; la seconda è una Formula 1 che prova in pista potenza e affidabilità portando al limite estremo la sperimentazione sul motore. Nel primo caso lo studio sulle linee della carrozzeria e sui particolari è spinto all'eccesso, tuttavia nel giro di pochi anni o addirittura mesi il suo design diventerà standard per molte vetture di serie; nel secondo saranno tutti gli elementi meccanici sperimentati in condizioni limite a essere reimpiegati nella produzione di serie. Entrambe le ricerche sono fondamentali per lo sviluppo.




Jean Nouvel.



Toyo Ito.
Eisenman continua il tema della sperimentazione radicale sulla forma, o meglio non-forma, generata dalla combinazione di geometrie cristalline. Il punto di partenza è una animazione creata al computer (Silycon Graphics) dove le traiettorie descritte sono congelate in un istante di tempo arbitrario dando origine all'idea volumetrica sulla quale è sovrapposto con grande cura di dettagli il disegno della casa. Non conta più cosa viene prima, l'idea di uno spazio o la tecnica di costruzione di esso. Sono indissolubilmente legati. Per Eisenman il virtuale si fonda sulle infinite possibilità di forma e spazio. È l'arbitrarietà della scelta che genera soluzioni e configurazioni istantanee e non ripetibili. Nella presentazione teorica del progetto, "Il Virtuale: l'Informe in Architettura", si legittima perfettamente il modo di operare che attua ormai da molti anni: l'opposizione a costrizioni formali di derivazione classica come funzione e significato.

Libeskind invece lavora a un motore universale: i 365 dischi concentrici, o giorni dell'anno, ruotano attorno a un centro vuoto e a un asse che, come egli stesso dice, "può essere chiamato Architettura". E' interessante notare come il progetto, cogliendo appieno una caratteristica fondamentale dello spazio virtuale, sia l'unico a non avere una scala definita, può essere letto e interpretato sia alla scala microscopica che a quella macroscopica e a tutte le scale intermedie. Non a caso lo scritto che lo accompagna è intitolato "Infinità Virtuale". Libeskind, prendendo come punto di partenza la serie di disegni Chamberworks, utilizza per la prima volta linee curve, ma sviluppa strategie già sperimentate nei suoi due progetti più significativi: l'estensione del Jewish Museum a Berlino e del Victoria & Albert a Londra. Come nel disegno della casa virtuale, è sempre un concetto astrattamente simbolico e spaziale che organizza le costruzioni: il lungo vuoto rettilineo, memoria dell'Olocausto, frammentato dall'intersezione con lo zig-zag dei volumi derivante dalla distorsione della stella di David a Berlino; il virtuale asse verticale della conoscenza che si sposta continuamente e attorno al quale si avvolge a spirale il muro del nuovo edificio a Londra.




Peter Eisenman.



Jean Nouvel.
I quattro progetti, seppur molto diversi l'uno dall'altro, denotano attenzioni simili sul tema virtuale soprattutto a proposito dello spazio-tempo: movimento congelato in un istante casuale, mutevolezza dello spazio e instabilità delle forme. Allo stesso tempo, però, le ricerche personali si affermano evidenti e riconoscibili nel ricalcare coerentemente gli ultimi lavori dei progettisti. Sarebbe stato facile prevederne le mosse principali o riconoscerne i lavori se il concorso fosse stato anonimo, ciò nonostante i progetti rivelano imprevedibilità e sperimentazione. Riguardo ai loro aspetti formali e seguendo le due estreme categorizzazioni proposte da Jeffrey Kipnis nel saggio "Towards a New Architecture", Nouvel e Libeskind sono da collocare nella InFormazione, mentre Eisenman rimane fedele alla DeFormazione. Ma se Nouvel (insieme a Foster, Koolhaas, Tschumi, Herzog & de Meuron, solo per citare i più noti) rientra sempre nella prima categoria, e Eisenman (con Gehry, Miralles, Hadid, Coop Himmelblau) nella seconda, in questo progetto sorprende il cambiamento di Libeskind, che ritiene il "Concetto" così importante da spingerlo ad utilizzare per la prima volta una forma pura come il cilindro. È il concetto infatti, spaziale, formale, simbolico, astratto, religioso o virtuale che sia a tracciare sempre le linee guida.

Qual è allora la "vera" casa virtuale?
Chi scrive l'avrebbe concepita tentando di riunire il concetto allo stato puro di Libeskind, l'estrema abilità della sperimentazione nel disegno della forma di Eisenman, la motivazione e il sentimento di Ito, la semplicità e la modernità della costruzione di Nouvel. E come questa infinite altre possibilità, poichè è... "come niente che già conosciamo o abbiamo visto".

Luigi Centola
lctuff@tin.it





Daniel Libeskind.






Questo saggio è stato pubblicato originariamente sulla rivista Il Progetto, 3, 1998.





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