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Lanterna Magica

Stonhenge (piana di Salisbury, Inghilterra, ca. 2100-2200 AC.)








Di molte antiche costruzioni, in fondo, non ci restano che porte, dal tempio di Mnaidra a Malta, al tesoro di Atreo e alla porta dei Leoni a Micene. In tutti questi casi sappiamo che, dietro le porte, c'era un edificio o una cittą.

Sono le porte il luogo "primo" dell'architettura la quale non può darsi senza una soglia.
E sembra che ciò accada, oltre che nello spazio, anche nel tempo: delle porte ci collegano al più lontano passato dell'architettura. Esse si intrecciano, per noi abitatori di questa sponda del tempo (abbastanza) solare e visibile, come funi di un ponte in gran parte nascosto dalla nebbia che si è levata sull'altra riva, quella non rischiarata neppure dal lume della storia.
Quel che rimane dell'architettura delle origini non fa altro, insomma, che ribadire il concetto di recinzione e separazione dello spazio proponendosi come soglia.
Il primo sistema costruttivo inventato dall'uomo, ed anche il più resistente nel tempo, è infatti quello del "trilite", composto da tre elementi (due stipiti ed un architrave) e che nella sua essenza altro non è che una soglia, la quale segna un punto di passaggio e con ciò definisce e ritaglia due porzioni, o due lati, nello spazio unitario in cui viene edificata.
Esiste però un luogo dell'architettura che in null'altro consiste se non in porte le quali, attraversate, non ci conducono a nulla e mai, pare, hanno condotto a nulla.
Questo luogo è Stonhenge.

Che cosa colleghino queste soglie, che cosa separino, non lo sappiamo e probabilmente non lo sapremo mai, tuttavia passarci attraverso è quasi inevitabile, credo, per chi le visita; anche se, dopo, ci si ritrova a non avere penetrato affatto il loro segreto, che resta irraggiungibile.
Ci si ritrova anzi a non essere neppure passati, molto più prosaicamente, da un "ambiente" a un altro.

[08jul2003]
Il celebrato mistero di Stonehenge non consiste dunque, secondo me, nel racchiuderne uno, ma nell'aprirsi ad esso e nel farlo attraverso non una ma addirittura una moltitudine di soglie.
Stonehenge è spalancata di fronte a tutti noi.
Il suo segreto è fatto di vento e non di pietra, dischiuso e non per questo meno segreto.
Qui, mi piace pensare, quattromila anni fa il mistero traspariva nella sua essenza cristallina, eppure non era meno inesplicabile allora di quanto lo sia oggi.
Solo: diversamente, più apertamente, in quel tempo, si mostrava agli uomini.

Il concetto di "soglia" è di tale potenza da riuscire ad imporsi comunque, anche senza alcuno spazio interno da recintare ed identificare. Consiste proprio in questa forza esclusiva il mistero di Stonehenge e la suggestione che ancora oggi è in grado di esercitare.
Questo manufatto è costituito da una serie di soglie disposte concentricamente ma che non identificano uno spazio interno e, di fatto, non sembrano segnare l'accesso ad alcunché.
Tuttavia la loro presenza risulta tale da imporre al luogo il senso di un confine, e proprio perché così pura ed esente da qualunque motivazione razionale, inspiegabile insomma, essa possiede un impatto quale poche altre opere di architettura possono vantare. In altre parole: proprio dalla dispersione della forza d'urto primigenia della soglia che non trova un argine nella concreta presenza di un muro e di uno spazio interno, deriva una vertigine, una sensazione di spaesamento che costituisce il mistero dell'opera.
Possiamo porre attenzione ad un altro piccolo paradosso: non è l'esistenza ma la non esistenza di qualcosa quello che qui veramente conta.

Non è dunque strano che si diano di Stonehenge le interpretazioni più disparate, soprattutto in chiave astronomica o esoterica: quest'opera mette alla prova una delle nostre più radicate convinzioni, uno di quei pregiudizi che sembrano fondare la nostra razionalità, che una porta, cioè, debba comunque portare da qualche parte.
Se immaginiamo una soglia in bilico sul nulla difficilmente potremo fare a meno di pensare, infatti, a qualcosa di inquietante o di folle.
Stonehenge è la porta dell'architettura occidentale ma è, insieme, una porta su niente, una porta che non "porta" da nessun'altra parte.
Mi piace pensare che sia questa l'opera con cui l'occidente s'accosta all'architettura, e che essa sia tuttavia, nello stesso tempo, un'opera che sembra scostare da sé l'architettura, proiettandosi nel vuoto di una dimensione che non è quella della edificazione.
È pur sempre sorprendente dover prendere atto che Stonehenge è di parecchi secoli posteriore alla piramide di Cheope.
L'architettura, in occidente, quando nasce sembra già antica: nasce e già tramonta.

    Ugo Rosa
u.rosa@awn.it

la sezione Lanterna Magica
č curata da Ugo Rosa


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