Kondra
Lerdief, puro invisibilista |
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Magritte, La condizione umana, 1935. |
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Lerdief
fu critico d'arte, e artista egli stesso. Iniziò scrivendo magnifiche recensioni su giornali e riviste specializzate. Era solito descrivere e commentare, per esempio, opere o esposizioni che, per una strana forma di anoressia culturale, evitava accuratamente di visitare. Al suo posto mandava Marta, vecchia e fedele governante la quale doveva, una volta rincasata, dargliene in qualche modo un resoconto. |
[23sep2006] | |||
Capitava
sovente, però, che Marta, non nutrendo per l'arte un interesse
pari a quello che coltivava per le bevande spiritose, si appassionasse
ad avventurosi pellegrinaggi attraverso i bar che costellavano il percorso
tra l'abitazione di Lerdief e la galleria d'arte, producendo, al suo
rientro, favolose e dettagliate descrizioni di capolavori insospettati.
Lerdief si figurò così una pittura ad immagine e somiglianza
della sua governante. Fu dunque uno straordinario interprete di quello
che credeva essere lo stato delle arti figurative del suo tempo. Naturalmente
divenne celebre. Per quanto tendenzialmente longeva, tuttavia, Marta non riuscì a sostenere a lungo la prolificità degli artisti e morì in stato d'ebbrezza nel corso di uno dei suoi vagabondaggi critici. Pur se gli venne a mancare la materia prima, il geniale Lerdief non si perse d'animo. Si dedicò da allora a teorizzare ciò che fino a quel momento aveva soltanto messo in pratica. Fondò dunque il movimento estetico noto come "Puro-invisibilismo" che propugnava essere alla base del fenomeno artistico non la "visione", bensì la "convinzione"; cioè la credenza nella sua semplice esistenza in quanto "prodotto di volontà d'arte". Per Lerdief era, in sostanza, del tutto trascurabile il fatto che un pittore producesse questo o quel quadro e come esso fosse e persino se fosse dipinto, ciò che veramente contava era la persuasione del critico circa la sua esistenza. I vantaggi di questa posizione teorica sono evidenti. Se la si perseguisse con coerenza potrebbero essere aboliti i musei e le gallerie d'arte, ed in fin dei conti risulterebbe ridimensionata anche la necessità delle scuole d'arte, con notevoli risparmi per la collettività. Purtroppo le teorie di Lerdief trovarono degli irriducibili avversari nei mercanti d'arte che fecero di tutto per screditarle e metterle in cattiva luce. Come tutti gli innovatori Kondra Lerdief non ebbe vita facile, tuttavia non si poté disconoscere il suo portentoso talento ed egli, anche se isolato, continuò a godere del rispetto della "intelligencija" sino alla fine dei suoi giorni. Quando morì stava lavorando ad una monumentale monografia su un ignaro contadino sloveno che un giorno, durante una scampagnata, gli aveva confidato di essere tanto abile nell'uso del pennello da avere pitturato tutte le insegne del suo villaggio (la qual cosa si rivelò poi una smargiassata). Come artista Lerdief fu coerente e non produsse mai nulla, fornendo però, di tanto in tanto, attestazioni ai biografi circa l'autenticità delle opere che mai aveva fatto. Oggi egli è dimenticato e in tale dimenticanza consiste forse la sua più grande eredità, ma, tra i critici del nostro tempo, chi vuol farsene carico? Ugo Rosa u.rosa@awn.it |
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