Testo unico delle leggi sanitarie
(G.U. 9-8-1934, n.186; supplemento)
DELL'IGIENE DEL SUOLO E DELL'ABITATO.
Titolo III
DELL'IGIENE DEL SUOLO E DELL'ABITATO
Capo I
Delle condizioni igieniche concernenti il deflusso delle
acque
Art.202
Ferme le disposizioni riguardanti le acque pubbliche
e il loro deflusso, contenute nel presente testo unico
e in altre leggi, sono anche proibite quelle opere
le quali modifichino il livello delle acque sotterranee,
o il naturale deflusso di quelle superficiali, in quei
luoghi nei quali tali modificazioni siano riconosciute
nocive dalle disposizioni contenute nei regolamenti
locali d'igiene.
Capo II
Delle condizioni igieniche per la coltivazione delle
piante tessili e del riso
Art.203
La macerazione del lino, della canapa e in genere delle
piante tessili non può, nell'interesse della
salute pubblica, essere eseguita che nei luoghi, nei
tempi, alle distanze dall'abitato e con le cautele
determinate nei regolamenti approvati dal prefetto,
sentito il Consiglio provinciale dell'economia corporativa
e il Consiglio provinciale di sanità.
Art.204
La coltivazione del riso è soggetta per ciascuna
provincia a un regolamento speciale, deliberato dal
rettorato provinciale, intesi i podestà dei
comuni ove si pratica o viene ammessa tale coltivazione,
il Consiglio provinciale di sanità ed il Consiglio
provinciale dell'economia corporativa, ed approvato
con decreto reale su proposta del Ministro per l'interno,
sentito quello per le corporazioni.
Art.205
Il regolamento deve determinare:
a) le distanze minime di ciascuna risaia dagli aggregati
di abitazioni e delle case sparse;
b) le norme relative al deflusso e scarico delle acque
nelle risaie;
c) le tolleranze, quanto alla distanza, per i terreni
di natura e posizione paludosi, nei quali non sia possibile
altra coltivazione che quella del riso;
d) le condizioni alle quali deve essere subordinato
il permesso di attivare risaie in terreni non ancora
sottoposti a tale coltivazione, oltre quelle contenute
nel presente testo unico;
e) la durata e la distribuzione dei periodi di riposo
nel lavoro di mondatura e nel lavoro di raccolta e
trebbiatura del riso, tenendo conto delle condizioni
e degli usi locali;
f) le norme per l'assistenza medica e farmaceutica preveduta
nell'art.212 e le condizioni igieniche relative alle
abitazioni dei lavoratori fissi e avventizi addetti
alla risaia;
g) le altre norme occorrenti a garantire la salute dei
lavoratori e quella degli abitanti nelle zone contermini.
Art.206
Chiunque intenda attivare nuove risaie deve entro il
mese di novembre presentare al podestà apposita
dichiarazione nella quale siano indicati i terreni
destinati alla coltivazione del riso.
La dichiarazione pubblica nell'albo pretorio deve, entro
dieci giorni dalla sua presentazione, essere esaminata
dal podestà e, con le relative osservazioni,
trasmessa al prefetto.
Agli effetti di questa disposizione la risaia è
considerata di nuova attivazione nella parte che estende
la coltivazione del riso oltre i limiti entro i quali
essa era anteriormente praticata, tenuto conto della
rotazione agraria.
Art.213
Le abitazioni dei lavoratori, impiegati nella coltivazione
a riso e aventi residenza fissa nelle località
destinate alla coltivazione stessa, e i dormitori o
le abitazioni dei lavoratori avventizi temporaneamente
immigrati per la mondatura o la raccolta del riso,
debbono possedere le condizioni di cubatura, ventilazione,
abitabilità e arredamento, prescritte nel regolamento
indicato nell'art.205, ed essere muniti alle aperture
di reticelle atte ad impedire la penetrazione delle
zanzare.
I dormitori dei lavoratori avventizi debbono inoltre
essere costruiti in modo da rendere possibile la separazione
degli uomini dalle donne.
In tutte le aziende, nelle quali sono impiegate squadre
o compagnie di lavoratori avventizi temporaneamente
immigrati per la mondatura o la raccolta del riso,
deve essere destinato un apposito locale protetto da
reticelle e munito delle necessarie suppellettili,
per il provvisorio isolamento e ricovero dei lavoratori
colpiti da infezione malarica o da altra malattia infettiva
e diffusiva.
Art.214
Il datore di lavoro, o se esso non vi adempia, il proprietario
dei fondi coltivati a risaia ha l'obbligo di fornire
acqua potabile di buona qualità e in quantità
sufficiente, tanto ai lavoratori stabilmente impiegati
per la coltivazione, quanto ai lavoratori avventizi
temporaneamente immigrati.
Capo III
Delle lavorazioni insalubri
Art.216
Le manifatture o fabbriche che producono vapori, gas
o altre esalazioni insalubri o che possono riuscire
in altro modo pericolose alla salute degli abitanti
sono indicate in un elenco diviso in due classi.
La prima classe comprende quelle che debbono essere
isolate nelle campagne e tenute lontane dalle abitazioni;
la seconda quelle che esigono speciali cautele per
la incolumità del vicinato.
Questo elenco, compilato dal consiglio superiore di
sanità, è approvato dal Ministero per
l'interno, sentito il Ministro per le corporazioni,
e serve di norma per l'esecuzione delle presenti disposizioni.
Le stesse norme stabilite per la formazione dell'elenco
sono seguite per iscrivervi ogni altra fabbrica o manifattura
che posteriormente sia riconosciuta insalubre.
Una industria o manifattura la quale sia iscritta nella
prima classe, può essere permessa nell'abitato,
quante volte l'industriale che l'esercita provi che,
per l'introduzione di nuovi metodi o speciali cautele,
il suo esercizio non reca nocumento alla salute del
vicinato.
Chiunque intende attivare una fabbrica o manifattura,
compresa nel sopra indicato elenco, deve quindici giorni
prima darne avviso per iscritto al sindaco, il quale,
quando lo ritenga necessario nell'interesse della salute
pubblica, può vietarne l'attivazione o subordinarla
a determinate cautele.
Art.217
Quando vapori, gas o altre esalazioni, scoli di acque,
rifiuti solidi o liquidi provenienti da manifatture
o fabbriche, possono riuscire di pericolo o di danno
per la salute pubblica, il sindaco prescrive le norme
da applicare per prevenire o impedire il danno o il
pericolo e si assicura della loro esecuzione ed efficienza.
Nel caso di inadempimento il sindaco può provvedere
di ufficio nei modi e termini stabiliti nel testo unico
della legge comunale e provinciale.
Capo IV
Dell'igiene degli abitati urbani e rurali e delle abitazioni
Art.218
I regolamenti locali di igiene e sanità stabiliscono
le norme per la salubrità dell'aggregato urbano
e rurale e delle abitazioni, secondo le istruzioni
di massima emanate dal Ministro per l'interno.
I detti regolamenti debbono contenere le norme dirette
ad assicurare che nelle abitazioni:
a) non vi sia difetto di aria e di luce;
b) lo smaltimento delle acque immonde, delle materie
escrementizie e di altri rifiuti avvenga in modo da
non inquinare il sottosuolo;
c) le latrine, gli acquai e gli scaricatoi siano costruiti
e collocati in modo da evitare esalazioni dannose o
infiltrazioni;
d) l'acqua potabile nei pozzi, in altri serbatoi e nelle
condutture sia garantita da inquinamento.
I regolamenti predetti debbono, inoltre, contenere le
norme per la razionale raccolta delle immondizie stradali
e domestiche e per il loro smaltimento.
Art.219
Il prefetto, sentito il Consiglio provinciale di sanità
e quello dell'economia corporativa, determina le modalità
secondo le quali debbono essere applicate le istruzioni
indicate nel precedente articolo nei riguardi della
salubrità degli abitati rurali, avute presenti
le speciali condizioni topografiche, climatiche e agricole
dei singoli comuni della provincia.
In ogni caso, debbono essere determinate le condizioni
minime di abitabilità delle case rurali e dei
dormitori per i lavoratori avventizi, quelle per l'approvvigionamento
idrico, per le latrine e per la raccolta e lo smaltimento
dei materiali di rifiuto.
Art.220
I progetti per le costruzioni di nuove case, urbane
o rurali, quelli per la ricostruzione o la sopraelevazione
o per modificazioni, che comunque possono influire
sulle condizioni di salubrità delle case esistenti,
debbono essere sottoposti al visto del podestà,
che provvede previo parere dell'ufficiale sanitario
e sentita la Commissione edilizia.
Art.221
Gli edifici o parti di essi indicati nell'articolo precedente
non possono essere abitati senza autorizzazione del
podestà, il quale la concede quando, previa
ispezione dell'ufficiale sanitario o di un ingegnere
a ciò delegato, risulti che la costruzione sia
stata eseguita in conformità del progetto approvato,
che i muri siano convenientemente prosciugati e che
non sussistano altre cause di insalubrità (vedi
anche art.4 D.M. 5-7-1975. Ai sensi del D.P.R.425/94
il presente comma è abrogato limitatamente alla
disciplina per il rilascio del certificato di abitabilità,
a partire dal 29-12-1994).
Il proprietario, che contravvenga alle disposizioni
del presente articolo, è punito con l'ammenda
da lire duecento a duemila (la misura dell' ammenda
è stata successivamente aggiornata).
Art.222
Il podestà, sentito l'ufficiale sanitario o su
richiesta del medico provinciale, può dichiarare
inabitabile una casa o parte di essa per ragioni igieniche
e ordinarne lo sgombero.
Art.223
Il proprietario di casa rurale, adibita per abitazione
di coloro che sono addetti alla coltivazione di fondi
di sua proprietà, è obbligato a mantenere
lo stabile nelle condizioni di abitabilità,
sancite nei regolamenti locali di igiene e sanità
o, quando tali condizioni manchino, ad apportarvi le
opportune riparazioni o completamenti.
In caso che il proprietario non provveda, il podestà,
fatti eseguire dall'ufficiale sanitario gli accertamenti,
ne riferisce al prefetto, il quale richiede all'ufficio
del Genio civile la perizia dei lavori occorrenti e
la trasmette al podestà. Questi comunica la
perizia al proprietario, fissandogli un termine per
l'esecuzione dei lavori ritenuti strettamente necessari.
Se il proprietario omette o ritarda l'esecuzione dei
lavori predetti, il podestà provvede di ufficio
alle riparazioni e completamenti nei modi e termini
stabiliti nel testo unico della legge comunale e provinciale.
Art.224
I proprietari di fondi coltivati mediante l'opera temporanea
di operai avventizi, non aventi abitazione stabile
nel comune o nei comuni dove i fondi sono posti, hanno
l'obbligo di provvedere gli operai di ricoveri rispondenti
alle necessità igieniche e sanitarie, tenuto
conto delle condizioni e della natura della località.
Nel caso di inadempimento si provvede di ufficio con
le modalità stabilite nell'articolo precedente.
Art.225
Quando i contratti per l'esecuzione dei lavori a carico
dello Stato, delle province, dei comuni o di altri
enti pubblici includono l'obbligo di assicurare l'abitazione
al personale impiegato nei lavori stessi, l'assuntore
del lavoro è tenuto a provvedere che nell' abitazione
medesima, sia essa in locali provvisori o permanenti,
vengano osservate le norme di igiene, dettate dall'autorità
sanitaria, per quanto riguarda cubatura, ventilazione,
illuminazione, fornitura di acqua potabile, smaltimento
dei rifiuti e ogni altra sistemazione necessaria a
tutelare la salute delle persone alloggiate.
Il prefetto, quando lo ritenga necessario per il numero
del personale impiegato nei lavori o per la durata
degli stessi o perché vi è pericolo di
malattie diffusive, determina, con apposito disciplinare,
sentiti il consiglio provinciale di sanità ed
il consiglio provinciale dell'economia corporativa,
le norme necessarie per l'igiene e per la tutela della
salute degli operai.
L'assuntore è tenuto all'osservanza delle norme
contenute nel disciplinare e deve eseguire, entro il
termine stabilito nel provvedimento del prefetto, i
lavori necessari per l'attuazione delle norme stesse.
Quando l'assuntore, nei casi preveduti nei precedenti
comma, omette o ritarda l'attuazione delle provvidenze
prescritte, il prefetto ne ordina l'esecuzione d'ufficio
con le norme stabilite nel testo unico della legge
comunale e provinciale.
Le spese per l'esecuzione dei lavori sono a carico dell'assuntore
e vengono anticipate dalla amministrazione appaltante,
che se ne avvale sui crediti dell'assuntore o, in mancanza,
sulla cauzione dal medesimo prestata.
Contro i provvedimenti del prefetto è ammesso
il ricorso al Ministro per l'interno.
Art.226
Non può essere in alcun caso permessa l'apertura
di edifici destinati ad abitazione o di opifici industriali
o di ospedali, sanatori, case di cura e simili aventi
fogne per le acque immonde o comunque insalubri, o
canali di scarico di acque industriali inquinate che
immettono in laghi, corsi o canali di acqua i quali
debbono in qualsiasi modo servire all'uso alimentare
o domestico, se non dopo aver accertato che le dette
acque siano prima sottoposte a una completa ed efficace
depurazione e che siano state inoltre applicate le
speciali cautele prescritte nel regolamento locale
di igiene e sanità.
Art.227
E' vietato immettere nei corsi di acqua, che attraversano
l'abitato, fogne o canali che raccolgono i liquidi
di rifiuto indicati nell'articolo precedente, senza
che tali liquidi siano stati previamente sottoposti
a processi depurativi riconosciuti idonei dall'autorità
sanitaria.
Il prefetto, sentito il consiglio provinciale di sanità,
stabilisce, volta per volta, tenuto conto della portata
e della velocità del corso d'acqua, del suo
potere di autodepurazione e del grado di impurità
delle acque convogliate, nonché degli interessi
della pesca e della piscicoltura, la distanza a valle
della città o dell'aggregato, alla quale le
dette fogne o canali luridi potranno essere immessi
nel corso d'acqua senza danno per la salute pubblica,
e le eventuali opere di depurazione necessarie prima
dell'immissione.
Nel caso di inadempimento, il prefetto può disporre
l'esecuzione d'ufficio dei lavori necessari, nei modi
e termini stabiliti nel testo unico della legge comunale
e provinciale.
Art.228 (così modificato dall'art.27 del D.P.R.854/55)
I progetti per la costruzione di acquedotti, fognature,
ospedali, sanatori, cimiteri, mattatoi e opere igieniche
di ogni genere, predisposti dai Comuni, dalle Province,
dalle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza
e da altri enti pubblici, anche se tali opere debbano
essere costruite a spese o con il concorso dello Stato,
sono sottoposti, quando importano una spesa non superiore
a L. 50 milioni, al parere del medico provinciale o
del veterinario provinciale, secondo le rispettive
competenze.
Per i progetti, il cui importo non superi i 150 milioni,
deve essere sentito il parere del Consiglio provinciale
di sanità.
Quando si tratti di progetti di importo superiore a
L. 150 milioni, oppure di progetti relativi a costruzione
di opere igieniche interessanti più Province,
qualunque ne sia l'importo, anche se tali opere debbano
essere eseguite a spese o col concorso dello Stato,
deve essere udito il Consiglio superiore di sanità.
Rimangono ferme le disposizioni della legge comunale
o provinciale, nonché quelle della legge sulle
istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza,
per quanto riguarda l'approvazione dei progetti agli
effetti amministrativi e le determinazioni circa il
finanziamento della spesa occorrente.
Art.229 (così modificato dalla legge L.1300/56)
I progetti di opere per la provvista di acqua potabile
alle popolazioni rurali e quelli per la costruzione
di case, considerati nelle disposizioni sulla bonifica
integrale e a favore dei territori montani, sono sottoposti
al parere del medico provinciale qualora l'importo
non superi i 50 milioni.
I progetti di cui sopra, nonché quelli di borgate
rurali sono sottoposti al parere del consiglio provinciale
di sanità quando il loro importo sia compreso
tra i 50 e i 150 milioni.
Per i progetti il cui importo superi i 150 milioni,
o che interessino più province, deve essere
udito il consiglio superiore di sanità.
Art.230
Sono sottoposti al parere del consiglio superiore di
sanità i piani regolatori generali dei comuni,
i piani regolatori particolareggiati dei comuni tenuti
per legge alla compilazione del piano regolatore generale
ed i regolamenti edilizi dei comuni predetti.
Sono sottoposti al parere del consiglio provinciale
di sanità i piani regolatori particolareggiati
ed i regolamenti edilizi degli altri comuni.
Capo VI
Delle stalle e concimaie
Art.233
Le stalle rurali per bovini ed equini, adibite a più
di due capi adulti, debbono essere dotate di una concimaia,
atta ad evitare disperdimento di liquidi, avente platea
impermeabile.
Art.234
Le dimensioni minime, in rapporto al numero medio annuo
dei capi ricoverati nella stalla e tutte le altre caratteristiche
delle concimaie, sono prescritte, tenendo conto della
natura dei terreni, della durata di dimora del bestiame
nella stalla e di ogni altra contingenza locale, con
decreto del prefetto, sentito il Consiglio provinciale
dell'economia corporativa.
Art.235
Sono esonerati dall'obbligo della concimaia i ricoveri
per bestiame brado o semibrado.
Art.236
Chiunque tiene in esercizio una stalla è tenuto
a servirsi della concimaia esistente presso la stalla
per il deposito di letame e a conservare la concimaia
stessa in perfetto stato di funzionamento.
Nel caso di esonero, preveduto nell'articolo precedente,
è vietato tenere il concime a cumuli nei cortili
e nelle adiacenze immediate delle abitazioni.
Art.237
I comuni hanno l'obbligo di curare la costruzione e
la manutenzione di adatti depositi per una razionale
collocazione e conservazione del letame, prodotto entro
i limiti degli agglomerati urbani.
Le dimensioni e le altre caratteristiche di tali depositi,
nonché le norme per l'uso dei medesimi e per
l'utilizzazione del concime conservato, sono stabilite
nell'apposito regolamento adottato dal comune in conformità
delle norme date dal Consiglio provinciale dell'economia
corporativa.
Art.238
Quando gli animali siano ricoverati in agglomerati urbani
è fatto obbligo al proprietario di bestiame,
che non disponga di concimaia propria, costruita a
norma dell'art.233, di depositare i concimi, prodotti
entro i limiti degli agglomerati stessi, nei depositi
comunali costituiti ai sensi dell'articolo precedente.
Art.239
Le stalle delle quali sono forniti gli alberghi debbono
rispondere ai requisiti stabiliti nell'apposito regolamento.
Titolo IV
DELLA TUTELA IGIENICA DELL'ALIMENTAZIONE, DELL' ACQUA
POTABILE E DEGLI OGGETTI DI USO PERSONALE
Si omettono le Sezioni I, II, III.
Sezione IV
Dell'acqua potabile
Art.248
Ogni comune deve essere fornito, per uso potabile, di
acqua pura e di buona qualità.
Quando l'acqua potabile manchi, sia insufficiente ai
bisogni della popolazione o sia insalubre, il comune
può essere, con decreto al prefetto, obbligato
a provvedersene.
Art.249
Chiunque contamini l'acqua delle fonti, dei pozzi, delle
cisterne, dei canali, degli acquedotti, dei serbatoi
di acqua potabile è punito con l'ammenda da
lire trecento a cinquemila, salvo l'applicazione delle
pene stabilite nel codice penale, quando il fatto renda
l'acqua pericolosa per la salute pubblica.
Titolo V
Si omette
Titolo VI
DELLA POLIZIA MORTUARIA
Art.337.
Ogni comune deve avere almeno un cimitero a sistema
di inumazione, secondo le norme stabilite nel regolamento
di polizia mortuaria.
Il cimitero è posto sotto la sorveglianza dell'autorità
sanitaria, che la esercita a mezzo dell'ufficiale sanitario.
I piccoli comuni possono costruire cimiteri consorziali.
Art.338.
I cimiteri debbono essere collocati alla distanza di
almeno duecento metri dai centri abitati. E' vietato
di costruire intorno agli stessi nuovi edifici e ampliare
quelli preesistenti entro il raggio di duecento metri.
Le disposizioni di cui al comma precedente non si applicano
ai cimiteri militari di guerra quando siano trascorsi
10 anni dal seppellimento dell'ultima salma (comma
aggiunto dalla L.1428/56).
Il contravventore è punito con l'ammenda fino
a lire 40.000 (come da art.3, L.603/61) e deve inoltre,
a sue spese, demolire l'edificio o la parte di nuova
costruzione, salvi i provvedimenti di ufficio in caso
di inadempienza.
Il prefetto, quando abbia accertato che a causa di speciali
condizioni locali non è possibile provvedere
altrimenti, può permettere la costruzione e
l'ampliamento dei cimiteri a distanza minore di duecento
metri dai centri abitati.
Può altresì il prefetto, su motivata richiesta
del Consiglio comunale, deliberata a maggioranza assoluta
dei consiglieri in carica, e previo conforme parere
del Consiglio provinciale di sanità, quando
non vi si oppongano ragioni igieniche e sussistano
gravi e giustificati motivi, ridurre l'ampiezza della
zona di rispetto di un cimitero, delimitandone il perimetro
in relazione alla situazione dei luoghi, purché
nei centri abitati con popolazione superiore ai 20.000
abitanti il raggio della zona non risulti inferiore
ai 100 metri ed almeno a 50 metri per gli altri Comuni
(così modificato dall'art.1, L.983/57).
I provvedimenti del prefetto sono pubblicati nell'albo
pretorio per otto giorni consecutivi e possono essere
impugnati dagli interessati nel termine di trenta giorni.
Il Ministro dell'Interno decide sui ricorsi sentito
il Consiglio di Stato.
Art.340.
E' vietato di seppellire un cadavere in luogo diverso
dal cimitero.
E' fatta eccezione per la tumulazione di cadaveri nelle
cappelle private e gentilizie non aperte al pubblico,
poste a una distanza dai centri abitati non minore
di quella stabilita per i cimiteri.
Il contravventore è punito con la sanzione amministrativa
pecuniaria da lire quarantamila a lire centomila (la
sanzione è stata modificata in sanzione amministrativa
dall'art.1 L.706/75, l'importo è stato elevato
dall'art.114 L.689/81) e sono a suo carico le spese
per il trasporto del cadavere al cimitero.
Art.341.
Il Ministro per l'interno ha facoltà di autorizzare,
di volta in volta, con apposito decreto, la tumulazione
dei cadaveri in località differenti dal cimitero,
quando concorrano giustificati motivi di speciali onoranze
e la tumulazione avvenga con le garanzie stabilite
nel regolamento di polizia mortuaria.
(c) 1996 Note's