PROCEDURA E TERMINI PER IL RILASCIO DELLE LICENZE EDILIZIE
1. - Sia a seguito di segnalazione di enti privati,
che nell'esercizio della vigilanza sull'attività
urbanistica ai sensi dell'art.1 della legge 17-8-1942
n.1150, questo Ministero ha dovuto constatare che molto
spesso le determinazioni delle amministrazioni comunali
in merito alle richieste di licenze vengono adottate
con notevole, e non sempre giustificato, ritardo.
Spesso gli istanti non riescono neanche ad ottenere
un provvedimento - sia esso positivo o negativo - dalle
amministrazioni comunali, le quali preferiscono mantenere
un atteggiamento inerte (silenzio), costringendo gli
interessati a metterle in mora, con diffida a provvedere
entro un determinato termine trascorso inutilmente
il quale si concreta il cosiddetto silenzio-rifiuto,
che può essere impugnato innanzi ai competenti
organi giurisdizionali. Basta scorrere un qualsiasi
massimario giurisprudenziale per rilevare che i casi
di silenzio delle amministrazioni comunali sulle richieste
sono purtroppo frequentissimi.
Questo Ministero si è visto spesso costretto
a intervenire - di ufficio o su segnalazione degli
interessati - presso le singole amministrazioni comunali
per invitarle a pronunciarsi nel più breve termine
sui progetti presentati.
Non si tratta, purtroppo, di casi sporadici, ma di un
fenomeno che diventa sempre più diffuso. e quindi
preoccupante e che richiede pertanto un'energica e
soprattutto continua azione nei confronti delle amministrazioni
comunali, per richiamarle al rispetto delle norme vigenti
e ad un maggior senso di responsabilità, onde
evitare che i ritardi da esse frapposti nell'espletamento
delle procedure per il rilascio delle licenze edilizie
possano scoraggiare od arrestare le iniziative di enti
e di privati.
Deve perciò riconoscersi che spesso l'atteggiamento
inerte, o quanto meno incerto, delle amministrazioni
comunali è dovuto ad una non perfetta conoscenza
delle norme legislative e dei regolamentari strumenti
di disciplina (piani regolatori, piani paesistici,
regolamenti edilizi, ecc.), per cui appare opportuno
stabilire alcuni principi e direttive, a cui i comuni
dovranno, di norma, uniformare la loro azione.
Ciò contribuirà non solo a rendere più
rapido l'espletamento delle procedure di che trattasi,
ma anche a ridurre il numero dei provvedimenti illegittimi
emessi dai comuni e che danno luogo ad un contenzioso
sempre più vasto.
2. - Occorre precisare in primo luogo, i limiti e la
portata dei poteri comunali in questo settore.
La vigente legislazione attribuisce ai comuni una potestà
di controllo preventivo sull'attività costruttiva,
che si manifesta attraverso il rilascio o il diniego
di autorizzazioni, che prendono comunemente il nome
di licenze edilizie. Tali licenze rientrano nella categoria
delle autorizzazioni, che sono quegli atti mediante
i quali l'autorità amministrativa consente l'esercizio
di un diritto o di una facoltà, rimuovendo il
limite che la legge pone, nell'interesse pubblico,
a tale esercizio.
Lo <<jus aedificandi>> - la facoltà,
cioè, di costruire sul suolo proprio, che è
una delle principali manifestazioni del diritto di
proprietà - non può essere esercitato
liberamente, in quanto ciò potrebbe risultare
dannoso per l'interesse pubblico. Pertanto, la legge
condiziona il suo esercizio ad un atto di consenso
dell'autorità amministrativa, che è appunto
la licenza edilizia, attraverso la quale il sindaco
accerta se la costruzione da effettuare sia in contrasto
o meno con le leggi e con le norme e le prescrizioni
dei piani regolatori e dei regolamenti edilizi.
Come vedesi, il potere del sindaco si manifesta essenzialmente
attraverso l'accertamento della conformità delle
costruzioni progettate alle norme e prescrizioni suddette,
senza che ciò escluda però una discrezionalità
nell'esame delle richieste, quando ciò sia consentito
dalle ripetute norme e prescrizioni.
In proposito è da rilevare che la quasi totalità
dei regolamenti edilizi richiede da parte delle amministrazioni
comunali l'accertamento - che è senza dubbio
discrezionale - della rispondenza dei progetti a generiche
esigenze artistiche, estetiche, di igiene, di pubblico
interesse, ecc. E del resto la stessa legge urbanistica
17-8-1942, n.1150, all'art.31, terzo comma, fa espresso
riferimento alle <<modalità esecutive
che siano fissate nella licenza di costruzione>>,
modalità che costituiscono indubbiamente manifestazioni
di discrezionalità.
Da quanto sopra si evince che le licenze edilizie hanno,
almeno in parte, carattere vincolante e, pur non potendo
disconoscersi un margine di discrezionalità
alle autorità comunali, queste debbono soprattutto
attenersi, nel rilascio o nel rifiuto delle licenze,
alle norme ed alle prescrizioni suddette, motivando
adeguatamente quelle determinazioni che si fondano
su valutazioni discrezionali connesse a ragioni artistiche,
di estetica, di pubblico interesse, ecc. Ciò
deve essere precisato e ribadito in quanto presso la
maggior parte delle amministrazioni comunali si va
sempre più diffondendo la tendenza ad ampliare,
oltre i limiti consentiti, quel margine di discrezionalità
di cui si è detto.
3. - Come si è sopra accennato, si ritiene opportuno
fissare, sulla base della dottrina e della giurisprudenza
più autorevoli, alcuni principi fondamentali,
tenendo presenti i vizi di legittimità nei quali
di solito incorrono le licenze edilizie ed i quesiti
che più frequentemente le amministrazioni comunali
rivolgono a questo Ministero, in merito a casi di dubbia
soluzione.
a) In base all'art.31 della legge urbanistica il termine
per il rilascio della licenza edilizia è stabilito
in sessanta giorni, entro il quale dovranno essere
notificate all'interessato le determinazioni del sindaco.
In ogni modo il decorso di tale termine, senza che
sia stato adottato alcun provvedimento non può
essere assolutamente interpretato come tacita autorizzazione,
ma deve essere considerato come rifiuto, s'intende
dopo che vi sia stata la messa in mora e sia inutilmente
decorso il termine assegnato per provvedere.
Pertanto, debbono ritenersi abrogate, per incompatibilità
con il citato art.31 della legge urbanistica, tutte
le norme dei regolamenti edilizi che interpretano il
silenzio come accoglimento implicito della domanda,
nonché quelle che stabiliscono termini maggiori
dei sessanta giorni per il rilascio della licenza.
b) I provvedimenti relativi alle licenze edilizie sono
di esclusiva competenza del sindaco o dell'assessore
da lui delegato, per cui quelli adottati dagli altri
organi comunali - giunta e consiglio - debbono ritenersi
illegittimi, come sono pure illegittime le disposizioni
regolamentari che prevedano una competenza diversa
da quella del sindaco.
Il sindaco esercita tali poteri come organo del comune
e non quale ufficiale di governo, per cui i suoi provvedimenti
sono definitivi.
c) Il parere della commissione edilizia comunale - che
deve essere previsto da tutti i regolamenti comunali,
a norma dell'art.33, n.1, della legge urbanistica -
ha carattere obbligatorio, per cui tale commissione
deve essere sentita in ogni caso prima del rilascio
della licenza edilizia. E' vero che tale parere non
ha carattere vincolante (a meno che non glielo attribuisca
espressamente apposita norma del regolamento edilizio),
ma deve richiamarsi la particolare attenzione delle
amministrazioni comunali sulla opportunità di
attenersi il più frequentemente possibile ai
pareri espressi di tali commissioni, che sia per la
capacità degli esperti che le compongono e sia
per la loro larga rappresentatività, danno la
massima garanzia di obiettività e di idoneità
tecnica. Pertanto, il dissenso dai pareri delle commissioni
dovrebbe costituire soltanto un'eccezione e, in ogni
caso, dovrà essere adeguatamente motivato.
Le determinazioni del sindaco hanno indubbiamente un
carattere autonomo, di cui il parere della commissione
è atto meramente preparatorio e può costituire
soltanto la motivazione <<per relationem>>,
per cui l'apposizione di un visto (ad esempio <<si
respinge>> oppure <<si approva>>)
che la firma del sindaco in calce ai pareri delle commissioni
edilizie (uso purtroppo invalso specialmente presso
i comuni di minore importanza) non può avere
altro valore che di disposizione interna impartita
agli uffici.
d) In determinati casi, oltre la licenza comunale, sono
prescritte altre autorizzazioni per poter eseguire
una data costruzione.
Talvolta la procedura per lo specifico nulla-osta prescritto
si inserisce nel procedimento di rilascio della normale
licenza, come fase obbligatoria dello stesso; talvolta,
invece, si hanno due procedimenti separati che si svolgono
indipendentemente l'uno dall'altro e che si concludono
con due distinti atti amministrativi. Rientrano nella
prima ipotesi il nulla-osta delle soprintendenze ai
monumenti per le località tutelate dalla legge
sulla protezione delle bellezze naturali, ed il nulla-osta
di cui all'art.3 della legge 21-12-1955, n.1357, per
le licenze in deroga. Sono comprese, invece, nell'altra
ipotesi i permessi delle autorità militari per
determinate zone.
Preme qui mettere soprattutto in rilievo che, quando
i nulla osta prescritti costituiscono una fase del
procedimento, il sindaco non può rilasciare
la licenza se prima non siano intervenuti detti nulla
osta.
e) In mancanza di una norma regolamentare che estenda
l'obbligo della licenza all'intero territorio comunale,
la licenza stessa è obbligatoria soltanto per
le costruzioni e trasformazioni in genere che, a termini
dell'art.31 della legge urbanistica, sorgano nei <<centri
abitati>> ed, ove esista il piano regolatore
comunale, nelle zone di espansione.
Per centro abitato deve intendersi qualsiasi raggruppamento
edilizio, facciano parte del nucleo urbano, anche senza
raggiungere la consistenza di una frazione o di una
borgata.
f) E' illegittimo rigettare una richiesta di licenza
edilizia, per il motivo che la progettata costruzione
sia in contrasto con un piano regolatore o con un regolamento
edilizio non ancora approvati e quindi non operanti.
E' vero che, per i piani regolatori, la delibera comunale
di adozione attribuisce già al comune il potere
di sospendere il rilascio di licenze per costruzioni
in contrasto con il piano adottato, ma è da
rilevare appunto che si tratta non di rigetto, ma di
sospensione, la quale peraltro non può essere
protratta oltre il biennio dalla delibera predetta.
A proposito, poi, di tali sospensioni, e cioè
dell'applicazione delle cosiddette misure di salvaguardia,
deve mettersi in rilievo che, contrariamente a quanto
viene ritenuto da alcune amministrazioni comunali -
anche se con il lodevole intento di non pregiudicare
la futura attuazione del piano - l'adozione del piano
non consente di sospendere qualsiasi licenza, ma soltanto
quelle relative ad opere progettate in contrasto con
le norme del piano adottato. Una maggiore limitazione
dello <<jus aedificandi>> non è
consentita in questa fase.
Il contrasto, poi, con il regolamento edilizio ed il
programma di fabbricazione adottati, ma non ancora
approvati, non può giustificare l'applicazione
delle misure di salvaguardia.
g) Le opere statali sono sottratte al controllo preventivo
delle amministrazioni comunali e quindi al rilascio
delle licenze edilizie. Tale controllo è stato,
molto opportunamente, attribuito dall'art.29 della
legge urbanistica al Ministero dei lavori pubblici,
al quale le amministrazioni statali interessate sono
tenute a comunicare preventivamente i progetti.
Da parte di alcuni comuni vi è una tendenza a
sostenere che anche le costruzioni statali debbano
ottenere la licenza comunale. Tale tesi è in
palese contrasto con quanto dispone la legge urbanistica,
la quale stabilisce, è vero che <<chiunque>>
intenda iniziare una costruzione deve ottenere la licenza
edilizia, ma pone una eccezione a tale norma generale
per quanto riguarda le opere da eseguirsi da amministrazioni
statali. Diversamente, si giungerebbe alla conseguenza
veramente aberrante che, mentre le costruzioni private
sono soggette soltanto al controllo preventivo del
comune, le costruzioni statali dovrebbero invece essere
sottoposte anche al controllo preventivo del Ministero
dei lavori pubblici, controllo che, si badi bene, costituirebbe
dal punto di vista oggettivo un duplicato di quello
comunale, essendo sia l'uno che l'altro e diretti ad
accertare la rispondenza delle opere progettate alle
leggi ed alle norme ed alle prescrizioni di piano regolatore
e di regolamento edilizio.
h) Nelle ipotesi, abbastanza frequenti, di non concordanza
tra le varie discipline che regolano l'attività
costruttiva nell'ambito comunale (piano regolatore,
piano paesistico e regolamento edilizio), non vi è
dubbio che debba essere applicata la norma maggiormente
restrittiva per l'attività costruttiva.
4. - Si è ritenuto di fissare alcuni principi
essenziali, a cui devono attenersi i comuni in materia
di licenze edilizie, allo scopo di eliminare incertezze
ed errori interpretativi che, tra l'altro, espongono
le amministrazioni comunali a giudizi per risarcimento
di danni e, soprattutto, per rendere più spedita
l'azione dei comuni, che, come si è detto in
principio, si svolge spesso con inspiegabile lentezza,
creando una diffusa reazione nell'opinione pubblica,
fondata principalmente sulla considerazione che, in
tal modo, si vengono a ritardare e scoraggiare le iniziative
private che meritano invece di essere con ogni mezzo
aiutate ed agevolate sempre che, beninteso, siano rispondenti
all'interesse generale.
I signori prefetti pertanto sono invitati a portare
a conoscenza di tutte le amministrazioni comunali quanto
sopra, richiamando le stesse in particolare ad una
più stretta osservanza dell'art.31 della legge
urbanistica, il cui termine di sessanta giorni, anche
se ordinatorio, deve essere sempre rispettato a meno
che non siano richiesti, come si è accennato,
altri preventivi nulla-osta.
Ad evitare che, nonostante l'accennato richiamo, le
predette amministrazioni continuino ad esaminare e
decidere le richieste di licenza con eccessiva lentezza,
creando nei cittadini la sensazione di non essere adeguatamente
tutelati e di essere perciò spesso costretti
a mettere in mora l'amministrazione, è opportuno
che i signori prefetti dispongano periodici controlli
onde accertare lo stadio delle procedure, segnalando
tempestivamente a questo Ministero ogni caso ingiustificato
di ritardo e di inerzia e adottando nel contempo, ove
occorra, i provvedimenti di competenza, per garantire
il rispetto della legge.
L'esigenza che l'azione in questo settore si svolga
senza remore è tanto più avvertita in
questo momento in cui l'iniziativa privata deve essere
incoraggiata e sorretta, data la particolare situazione
del mercato edilizio, che richiede tuttora notevoli
investimenti di capitali, ad integrazione degli interventi
finanziari dello Stato.
(c) 1996 Note's