LEGGE 21 DICEMBRE 1955, N.1357, RIGUARDANTE LA PROROGA DEI TERMINI DI SCADENZA DEI PIANI REGOLATORI E DEI PIANI DI RICOSTRUZIONE, NONCHE' MODIFICHE ALLA LEGGE 3 NOVEMBRE 1952, N.1902, SULLE MISURE DI SALVAGUARDIA.
Nella Gazzetta Ufficiale n.11 del 14-1-1956, è
stata pubblicata la legge 21-12-1955, n.1357 la quale
contiene norme riguardanti:
a) la proroga del termine di attuazione dei piani regolatori
e dei piani di ricostruzione;
b) la proroga del termine di cui all'art.17 della legge
27-10- 1951, n.1402, concernente la facoltà,
per i comuni forniti di un piano di ricostruzione,
di espropriare e rivendere le aree aventi destinazione
edilizia;
c) limitazione all'esercizio dei poteri comunali di
deroga alle norme di regolamento edilizio e di attuazione
ai piani regolatori;
d) modifiche della legge 3-11-1952, concernente le misure
di salvaguardia in pendenza della approvazione dei
piani regolatori comunali.
1. - PROROGA DEI TERMINI DI SCADENZA DEI PIANI REGOLATORI
E DEI PIANI DI RICOSTRUZIONE.
1) L'art.42 della legge urbanistica fissava a dieci
anni dall'entrata in vigore della legge stessa, e cioè
fino all'1 ottobre 1952, il termine di efficacia dei
piani regolatori precedentemente approvati con provvedimenti
speciali. Successivamente, detto termine fu ulteriormente
prorogato dall'art.4 della legge 20-4-1952, n.524,
fino al 31 dicembre 1955 (tale termine é inoltre
prorogato al 31 dicembre 1960 dall'art.1 della L.1231/57).
Evidentemente il legislatore aveva ritenuto che il termine,
come sopra fissato, sarebbe stato sufficiente per permettere
ai comuni interessati di adempiere all'obbligo, contenuto
nel citato art.42 della legge urbanistica di revisionare
il vecchio piano regolatore o di formarne uno nuovo,
redatto secondo le norme della legge stessa.
Il termine così prorogato, peraltro, si è
dimostrato insufficiente, poiché le indagini
e gli studi predisposti dai comuni hanno messo in evidenza
la necessità di addivenire, specie nei centri
di maggiore importanza, alla formazione di un nuovo
piano piuttosto che alla revisione di quello esistente,
nonché di inquadrare le previsioni urbanistiche
comunali in quelle di un piano intercomunale o regionale.
Ciò stante, è apparso indispensabile
dilazionare ulteriormente la scadenza dei vecchi piani,
ed a ciò provvede la legge di cui in oggetto.
Per i comuni inclusi negli elenchi di cui all'art.8
della legge urbanistica e quindi obbligati a formare
e presentare il piano regolatore entro due anni dalla
data di inclusione in elenco, non era evidentemente
possibile stabilire un termine unico, stante la diversità
degli elenchi e la eventualità di proroghe.
Pertanto, molto opportunamente, la legge in parola
ha stabilito che per questa categoria di comuni, i
piani preesistenti restano in vigore fino all'approvazione
del nuovo piano regolatore generale, che i comuni stessi
sono tenuti a compilare e presentare nel termine fissato.
Viene così assicurato, in ogni evenienza, il
passaggio dalla vecchia alla nuova regolamentazione
urbanistica senza alcuna soluzione di continuità,
la quale, anche se breve, sarebbe oltremodo pregiudizievole
per qualsiasi comune, in quanto verrebbe a creare una
situazione di caos edilizio.
Per gli stessi motivi accennati precedentemente, occorreva
assicurare anche per i comuni dotati di un piano di
ricostruzione il passaggio, senza alcuna interruzione,
al nuovo regime del piano regolatore generale.
Pertanto, la nuova legge stabilisce che la efficacia
dei piani di ricostruzione dei comuni - provvisti già
di un vecchio piano regolatore oppure obbligati a redigerlo
per effetto della inclusione in elenco - è prorogata
fino alla entrata in vigore del nuovo piano regolatore.
Di guisa che il termine di dieci anni, previsto dalle
vigenti disposizioni come periodo massimo di validità
dei piani di ricostruzione, resta in vigore soltanto
per i piani di quei comuni che non rientrano nelle
due anzidette categorie. Occorre mettere in rilievo
che possono beneficiare della proroga <<ope legis>>
anche i piani scaduti prima dell'entrata in vigore
della legge di cui trattasi, e cioè prima del
29 gennaio 1956.
2) Sembra opportuno chiarire che l'espressione <<piani
regolatori>> usata dalla legge ha un significato
assai ampio, comprensivo di tutti gli strumenti giuridici
che, nel regime precedente all'entrata in vigore della
legge urbanistica, sono stati posti in essere per disciplinare
l'attività edilizio-urbanistica nei vari centri
abitati. La proroga di cui trattasi, pertanto, si riferisce
anche ai piani edilizi di ampliamento, ai piani di
risanamento o di bonifica degli abitati, ecc.
Per quanto riguarda, poi, i piani particolareggiati
formati in esecuzione dei piani suddetti è evidente
che essi seguono il regime dei piani di massima dai
quali dipendono, e pertanto conservano la loro efficacia
fino al momento in cui è in vigore il piano
di massima, a meno che il termine specificatamente
fissato per la loro validità non venga a scadere
prima, nel qual caso la efficacia di essi è
limitata a tale termine.
3) In sintesi, la situazione dei piani regolatori e
di ricostruzione in ordine alla loro validità
può così riassumersi, dopo l'entrata
in vigore della nuova legge;
a) piani regolatori approvati prima dell'entrata in
vigore della legge 17-8-1942, n.1150, con provvedimenti
speciali e riguardanti comuni non inclusi negli elenchi
di cui all'art.8 di tale legge: scadenza al 31 dicembre
1957 (prorogata al 31 dicembre 1960). Entro tale termine,
ai sensi dell'art.42 della legge urbanistica, i comuni
dovranno provvedere alla revisione del vecchio piano
od alla formazione di un nuovo piano, redatto secondo
le norme contenute nella legge stessa.
b) piani regolatori, come sopra approvati, di comuni
inclusi negli elenchi di cui all'art.8 della legge
urbanistica: scadenza prorogata <<ope legis>>
al momento dell'entrata in vigore del nuovo piano regolatore
generale (redatto ai sensi della legge urbanistica),
che dovrà essere presentata al Ministero dei
lavori pubblici per l'approvazione entro due anni dalla
inclusione in elenco del comune di cui trattasi;
c) piani di ricostruzione di comuni inclusi in elenco,
oppure muniti di un vecchio piano regolatore come sopra
approvato: mantenimento dell'efficacia fino al momento
dell'entrata in vigore del nuovo piano regolatore generale,
redatto secondo la legge urbanistica;
d) piani di ricostruzione di comuni non inclusi in elenco
e privi di vecchio piano regolatore: scadenza al termine
fissato dal Ministero dei lavori pubblici, salvo proroga
da concedersi caso per caso, e che, comunque, non può
superare il periodo di 10 anni, a decorrere dalla data
del decreto di approvazione del piano originario.
II. - PROROGA DEL TERMINE DI CUI ALL'ART.17 DELLA LEGGE
27-10- 1951, N 1402, CONCERNENTE LA FACOLTA', PER I
COMUNI FORNITI DI UN PIANO DI RICOSTRUZIONE, DI ESPROPRIARE
E RIVEDERE LE AREE AVENTI DESTINAZIONE EDILIZIA.
L'art.17 della legge n.1402, del 1951, stabilisce che
i comuni dotati di un piano di ricostruzione possono
essere autorizzati ad espropriare, per rivenderle o
concederle, le aree aventi destinazione edilizia, quando
ciò sia giustificato da imprescindibili necessità
inerenti alla attuazione del piano. Il termine di scadenza
dell'efficacia della norma in parola era fissato al
31 dicembre 1955; ma, attesa l'utilità della
disposizione ai fini della realizzazione di importanti
sistemazioni previste dai piani di ricostruzione, specie
nei centri più importanti, l'art.2 della nuova
legge proroga il termine di cui trattasi al 31 dicembre
1957 (tale termine é prorogato al 31 dicembre
1960 con l'art.4 della L.83/58). Tale dilazione appare
tanto più necessaria, in quanto, da un lato,
vi sono delle procedure in corso, che, data la complessità
delle relative operazioni, non hanno potuto essere
espletate entro il termine suddetto; e, dall'altro,
difficoltà di bilancio non hanno consentito
di assegnare ai comuni i fondi occorrenti per l'attuazione
dei piani, in relazione al disposto dell'art.15 della
legge n.1402.
Deve lamentarsi che, purtroppo, finora soltanto qualche
comune si è avvalso della disposizione in parola,
la quale invece è di grande utilità in
quanto dà la possibilità ai comuni di
realizzare, senza alcun aggravio del proprio bilancio,
la ricostruzione prevista dal piano in zone centrali,
nelle quali la proprietà è molto frazionata
o che sono comunque da risanare.
III. - LIMITAZIONI ALL'ESERCIZIO DEI POTERI COMUNALI
DI DEROGA ALLE NORME DI REGOLAMENTO EDILIZIO E DI ATTUAZIONE
DEI PIANI REGOLATORI.
La necessità di disciplinare la facoltà
dei comuni di derogare a norme edilizie - ove questa
sia loro accordata da apposite disposizioni di regolamenti
edilizi o da norme di attuazione di piani regolatori
- si prospetta essenzialmente sotto il profilo di consolidare
la disciplina urbanistica e salvaguardare l'ambiente
e la fisionomia delle antiche città, evitando
una troppo facile e frequente applicazione di dispositivi,
a cui si dovrebbe ricorrere solo in via eccezionale
e in ristretta misura.
Si deve lamentare che spesse volte, attraverso la possibilità
di concessioni di deroghe, soprattutto in materia di
altezza dei fabbricati, vengono frustrati gli scopi
di una adeguata regolamentazione edilizia e di un regolare
sviluppo esecutivo dei piani regolatori, applicando,
con interpretazione troppo estensiva, norme di carattere
eccezionale, che richiedono una cauta valutazione nel
giudizio discrezionale.
Le disposizioni previste dalla legge in oggetto non
riguardano perciò costruzioni abusive o irregolari,
eseguite senza licenza edilizia, né autorizzazioni
arbitrariamente concesse in contrasto con le norme
edilizie, per le quali sono applicabili altre sanzioni
di legge, ma riguardano soltanto le costruzioni che
possono essere autorizzate dai comuni in base ai poteri
di deroga.
Gli abusi di natura interpretativa, che si sono andati
verificando sempre più di frequente in questi
ultimi tempi, proprio quando l'autorità centrale
svolge un'assidua opera per rafforzare la disciplina
urbanistica promuovendo l'aggiornamento delle norme
edilizie e la formazione di nuovi piani regolatori,
hanno reso necessaria una norma cautelativa, quale
quella della legge di che trattasi, la quale, conferendo
agli organi statali preposti alla vigilanza urbanistica
e ambientale, il potere di pronunziarsi in materia,
assicura una più salda disciplina urbanistica
ed un più cauto e coerente uso dei poteri di
deroga conferiti ai comuni.
In base alla nuova legge la concessione di deroghe è
subordinata, per i comuni inclusi negli elenchi di
cui all'art.8 della legge urbanistica al nulla osta
del Ministero dei lavori pubblici, su rapporti della
sezione urbanistica regionale e della soprintendenza
ai monumenti, sentito il Consiglio superiore dei lavori
pubblici. Per tutti gli altri comuni la concessione
di deroghe è subordinata al nulla osta della
sezione urbanistica regionale, nonché della
soprintendenza ai monumenti.
La concessione del nulla osta deve essere motivata.
L'obbligo della motivazione, sancito espressamente
dalla legge, risponde evidentemente alla necessità
di giustificare l'eccezione alla norma che costituisce
la comune garanzia delle legittime aspettative dei
cittadini.
Si richiama l'attenzione delle sezioni urbanistiche
regionali e delle soprintendenze ai monumenti su quanto
dispone l'ultimo comma del citato art.3 circa il periodo
massimo di 60 giorni, entro il quale gli organi statali
debbono pronunciarsi sulle richieste di deroghe. Stabilendo
un termine perentorio, il legislatore ha voluto così
evitare che le lungaggini dei competenti uffici possano
ritardare o pregiudicare la realizzazione di utili
ed importanti iniziative edilizie, specie se destinate
a soddisfare interessi pubblici.
Quando si tratti poi di comuni inclusi in elenco, le
amministrazioni interessate dovranno inviare due esemplari
del progetto alla competente sezione urbanistica, la
quale dovrà, appena ricevuti gli elaborati,
darne comunicazione telegrafica a questo Ministero,
e successivamente, entro dieci giorni dalla ricezione,
riferire, con lettera espresso, al Ministero, e prendere
contatto con la soprintendenza ai monumenti, affinché
il rapporto di questa sia inoltrato nello stesso termine.
Allo scopo di dare maggiore unità di interpretazione
e precisione di giudizio nell'esame che dovrà
essere svolto da parte delle autorità statali
su ciascuna proposta di deroga, si ritiene qui opportuno
indicare alcuni criteri basilari ai quali debbono nella
generalità rispondere le proposte medesime.
1) Anzitutto è necessario che in conformità
a quanto dispongono in genere le norme edilizie comunali,
le deroghe siano limitate a edifici di riconosciuto
carattere pubblico ovvero destinati ad attività
di pubblico interesse o che rivestono particolare importanza
in relazione ad accertate speciali esigenze.
Qualora ragioni di carattere urbanistico dovessero consigliare
la costruzione di edifici eccedenti in misura notevole
i limiti regolamentari non resterà che far ricorso
ad una apposita previsione di piano regolatore, attraverso
la quale potranno essere più attentamente valutate
le considerazioni generali e particolari di carattere
urbanistico, senza dire che, a mezzo della prescritta
pubblicazione, si potrà provocare il doveroso
contraddittorio pubblico per il necessario rispetto
dei diritti dei terzi.
2) E' inoltre opportuno che, nella concessione o di
maggiori altezze o di minori distacchi o di altra qual
si voglia eccezione alle misure massime con sentite
in via normale, si applichi il criterio del <<compenso
dei volumi>>, e cioè non si sviluppi un
volume fabbricativo complessivo maggiore di quello
che risulterebbe dalla corrente applicazione di tutte
le norme edilizie per la zona indicata, onde dovrà
farsi luogo ad una congrua contemporanea riduzione
di altri elementi (quali la superficie occupata, ritiri
di fronte, ecc.). Tale riduzione dovrà risultare
e restare affermata da un atto di vincolo costituito
in favore del comune, e regolarmente trascritto nei
registri ipotecari. L'adozione di siffatto criterio
si appalesa indispensabile, sia per motivi di carattere
urbanistico, per i quali è in genere necessario
non aggravare la densità fabbricativa di una
data zona, ad evitare inconvenienti igienici, di traffico,
ecc.; sia - specialmente quando il carattere dell'edificio
non sia pertinente ad un esclusivo uso pubblico - per
moralizzare l'aspetto economico connesso con la concessione
della deroga, in quanto, altrimenti, la deroga si configurerebbe
senz'altro come un vantaggio diretto per il maggiore
sfruttamento edilizio dell'area.
3) Congiuntamente ai due precedenti criteri nella valutazione
dell'ammissibilità delle deroghe debbono ricorrere
favorevoli condizioni di natura ambientale ed architettonica.
A questo riguardo si deve sottolineare l'importanza
del rispetto ambientale, sia sotto il profilo dell'inquadramento
generale della costruzione nell'insieme dell'ambiente
urbano o dell'ambiente naturale in cui va inserito,
sia sotto il profilo dell'armonia con il particolare
carattere della località in cui dovrà
sorgere l'edificio.
Siffatto ambientamento non potrà che essere favorito
da una spiccata qualità architettonica cui l'aspetto
estetico della costruzione venga ispirata, e pertanto,
nell'esame della deroga, dovrà essere tenuta
presente la necessità di un tale ulteriore requisito.
IV. - MODIFICA ALLA LEGGE DEL 3-11-1952, N.1902 RECANTE
MISURE DI SALVAGUARDIA IN PENDENZA DELLA APPROVAZIONE
DEI PIANI REGOLATORI.
L'art.4 della legge in oggetto, più che una modifica,
contiene una precisazione della portata della legge
per le misure di salvaguardia in pendenza dell'approvazione
dei piani regolatori. Detta legge attribuisce alle
autorità comunali ed ai prefetti il potere di
sospendere, rispettivamente, la concessione di licenze
di costruzione e la esecuzione di lavori che possano
pregiudicare o rendere, comunque, meno agevole l'attuazione
dei piani regolatori adottati con delibera, ma non
ancora approvati. L'intento del legislatore era quello
di comprendere nel campo di applicazione di tale provvedimento
tutti i piani regolatori, essendo evidente la necessità
di prevedere misure di salvaguardia per qualsiasi piano.
Peraltro, il riferimento fatto alla legge urbanistica
ha fatto sorgere dubbi, non del tutto giustificati,
sulla portata della norma in questione, e cioè
sull'applicabilità della norma stessa anche
ai piani approvati con leggi speciali o con provvedimenti
amministrativi a termini della legge 25-6-1865, n.2359.
La nuova formulazione del comma 1 dell'articolo unico
della legge 3-11-1952, n.1902 (che evidentemente ha
carattere dichiarativo) richiamandosi, genericamente,
ai piani regolatori, elimina ogni dubbio, nel senso
che dette misure di salvaguardia possono applicarsi
a tutti i piani regolatori, sotto qualsiasi regime
approvati, nonché a tutti i piani particolareggiati.
(c) 1996 Note's