[Note's] CIRCOLARE DEL MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI 15 LUGLIO 1962, N.2611

ISTRUZIONI PER L'APPLICAZIONE DELLA LEGGE 18 APRILE 1962, N.167, RECANTE DISPOSIZIONI PER FAVORIRE L'ACQUISIZIONE DI AREE FABBRICABILI PER L'EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE.

I - PREMESSA.
Con legge 18-4-1962, n.167, sono state emanate disposizioni per favorire l'acquisizione di aree fabbricabili per l'edilizia economica e popolare.
Scopo principale della legge è quello di creare comprensori di aree, urbanisticamente inquadrati e definiti attraverso appositi piani, da destinare alla costruzione di case economiche e popolari nonché alle opere ed ai servizi complementari, urbani e sociali.
Tali piani sono intesi da una parte ad assicurare una disponibilità di aree alle quali può e deve attingere, a condizioni di favore, l'attività edilizia sia economica che popolare e dall'altra a garantire che tale attività non si svolga più - come finora è avvenuto - in maniera episodica e frammentaria, ma nel quadro di una programmazione urbanistica ben definita nel tempo e nello spazio ed armonicamente inserita nell'organismo cittadino.
La nuova legge dovrà dare un notevole impulso all'attività edilizia - sia pubblica che privata - in quanto faciliterà il reperimento di aree a prezzo accessibile, opportunamente urbanizzate ed inserite organicamente nel tessuto sociale della città.
Il campo di applicazione della legge è molto vasto in quanto, oltre ad impegnare i comuni in una importante attività di programmazione urbanistica e di formazione di patrimoni di aree da urbanizzare, interessa l'attività non soltanto degli enti che per compito d'istituto provvedono alla costruzione delle case popolari ed economiche, ma anche dei privati che comunque operino nel settore dell'edilizia economica.
Si ritiene, pertanto, opportuno impartire apposite istruzioni, sia per assicurare la più corretta applicazione della legge sia per precisare la portata delle norme in essa contenute.

II - COMUNI OBBLIGATI ALLA FORMAZIONE DEI PIANI.
La formazione dei piani di zona è obbligatoria per i comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti o per quelli che siano capoluoghi di provincia, mentre per gli altri è facoltativa, a meno che il Ministero dei lavori pubblici non ne disponga la formazione, previo invito motivato, quando ricorrano le condizioni previste dall'art.1 della legge in esame.
Più comuni limitrofi, sempreché ciascuno di essi si trovi in una delle condizioni suindicate, possono, uniti in consorzio, formare un solo piano: in tal caso la scelta delle aree da includere nel piano potrà anche condurre alla concentrazione delle stesse nel territorio di uno solo o di alcuni dei comuni consorziati.
La disciplina di tali consorzi è quella stabilita dalla legge comunale e provinciale (artt.156 e seguenti del testo unico 3-3-1934, n.383 e successive modificazioni).

III - CONTENUTO DEI PIANI.
L'art.4 della legge indica gli elementi costitutivi del piano, che corrispondono sostanzialmente a quelli previsti dall'art.13 della legge urbanistica: il che conferma il valore di piano particolareggiato attribuito espressamente al piano di zona dall'art.3 della legge.
L'elencazione contenuta nell'articolo, mentre ha carattere obbligatorio in quanto determina il contenuto essenziale del piano, non esclude che il piano possa, ove ritenuto necessario, comprendere altri elementi di piano particolareggiato o di piano regolatore generale.
L'opportunità, per i piani di zona, di contenere previsioni di piano regolatore generale, sorge soprattutto nei casi in cui manca un piano regolatore generale vigente oppure, ove quest'ultimo esista, vi sia la necessità di apportare varianti alle sue previsioni. Si può anche dare il caso che il piano regolatore generale, pur non comportando la necessità di varianti, abbia bisogno di ulteriori specificazioni tali da consentire il passaggio alle previsioni di dettaglio del piano di zona.
In tutti questi casi e in altri analoghi non vi è dubbio che il piano di zona possa o anche debba contenere elementi di piano regolatore generale, quali ad esempio: la densità edilizia, la specificazione dei vari tipi di zone fabbricative, gli adeguamenti della rete delle principali vie di comunicazione e relative attrezzature di svincolo.
In ordine ai singoli elementi indicati dalla legge si precisa:
1) la rete viaria deve distinguere la viabilità principale da quella interna di distribuzione, precisando i relativi tipi di sezione da adottare, e deve essere integrata dalla previsione di piazzali e di altri spazi necessari per lo smistamento del traffico, la sosta, l'attestamento dei mezzi di trasporto pubblico, ecc.;
2) gli spazi riservati ad opere ed impianti di interesse pubblico debbono comprendere, principalmente, le previsioni per le zone verdi di pubblico godimento (in misura non inferiore a mq.3 per abitante), per i campi da gioco (distinguendo gli spazi per il giuoco dei ragazzi da quelli da attrezzare per impianti sportivi veri e propri) e per i mercati di quartiere;
3) gli edifici pubblici o di culto debbono comprendere le chiese, le scuole e gli asili, gli uffici pubblici sia comunali che statali (caserme, poste e telegrafi, ecc.), gli edifici per l'assistenza e la cura (ambulatori, ospedali di zona, ecc.), edifici di carattere ricreativo e culturale (biblioteche, ecc.). Detti edifici saranno proporzionati al numero degli abitanti; per quanto riguarda le scuole occorrerà prevedere scuole di vari ordini e gradi in relazione alle dimensioni di ogni singolo quartiere (scuole medie, professionali, ecc.);
4) la suddivisione in lotti delle aree deve discendere dalla zonizzazione fabbricativa mediante la quale sono articolate le singole zone residenziali: tale lottizzazione sarà basata sulla tipologia edilizia prevista dal piano regolatore generale o precisata in sede di piano di zona. Qualora si ritenga opportuno predisporre, fin dall'inizio, precise volumetrie dei fabbricati, si potranno adottare, in sostituzione di detta tipologia, profili regolatori ovvero volumetrie edilizie anche per singoli edifici;
5) la determinazione della profondità delle zone laterali alle opere pubbliche va riferita essenzialmente alle zone di rispetto lungo le strade di maggiore importanza, nell'ambito delle quali dovrà essere vietato qualsiasi tipo di fabbricazione; e ciò sia per evitare interferenze della circolazione a servizio dei fabbricati con quella di carattere veloce, sia per assicurare la migliore visibilità, e sia allo scopo di garantire ampliamenti futuri o possibili perfezionamenti di attrezzature e di svincolo o di migliore disciplina circolatoria.

IV - ELEMENTI DI PROGETTO.
L'art.5 elenca gli elaborati che debbono costituire il progetto del piano.
Al riguardo si fa presente che non occorre il piano finanziario, prescritto dall'art.30 della legge urbanistica 17-8-1942, n.1150, per i piani particolareggiati, in quanto la legge prevede soltanto una relazione illustrativa della spesa occorrente per le sistemazioni generali per l'attuazione del piano.
Per quanto concerne gli aspetti tecnici degli elaborati, si precisa che essi debbono essere redatti con segno indelebile e debbono contenere tutti i principali dati planimetrici ed altimetrici, in modo da individuare con la massima esattezza la situazione esistente e le previsioni di progetto: ciò valga, in particolare, per le sistemazioni stradali, nonché per gli edifici quando se ne voglia definire, fin dall'inizio, la relativa forma volumetrica.
Gli elaborati debbono essere firmati da un ingegnere o da un architetto e debbono essere presentati in triplice copia.

V - TERMINE PER LA PRESENTAZIONE DEI PIANI.
Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, e quindi entro il 15 novembre 1962, i comuni con popolazione superiore ai 50.000 abitanti o che siano capoluogo di provincia debbono deliberare il piano.
Ove i comuni non provvedano, il prefetto - salvo il caso di proroga concessa dal Ministro dei lavori pubblici - provvederà ai sensi dell'art.19 testo unico sulla legge comunale e provinciale alla nomina di un commissario, il quale è tenuto a far compilare il piano entro il termine di centottanta giorni decorrenti dalla data del decreto di nomina.

VI - PROCEDURA PER L'APPROVAZIONE DEI PIANI.
Al fine di consentire che l'approvazione dei piani avvenga entro il più breve periodo di tempo, il legislatore ha stabilito termini molto ristretti per l'iter da seguire, il che consente ai comuni nello spazio di due mesi e mezzo dalla data della delibera del consiglio comunale di pubblicare gli atti, di decidere sulle osservazioni ed opposizioni dei privati, nonché sulle osservazioni delle amministrazioni statali e di presentare il piano al provveditore alle opere pubbliche.
In particolare, il deposito della delibera e degli atti del piano deve essere fatto entro cinque giorni dalla data di adozione della delibera; da ciò si deduce come il legislatore abbia inteso derogare alle norme in materia di vigilanza e tutela governativa. Tale eccezione del resto trova la sua giustificazione nel fatto che, come è noto, il controllo che viene esercitato su tale tipo di atti ha normalmente carattere tecnico-urbanistico e come tale esso viene esercitato dagli organi dell'amministrazione dei lavori pubblici. Pertanto, le delibere di approvazione dei piani non vanno sottoposte all' approvazione della G.P.A., ma vanno soltanto comunicate al prefetto ai sensi e per gli effetti dell'art.95 del testo unico della legge comunale e provinciale.
L'approvazione dei piani spetta ai provveditori alle opere pubbliche quando i piani stessi non comportino varianti ai piani regolatori vigenti e quando non ci siano osservazioni da parte delle amministrazioni centrali dello Stato.
In tale ultima ipotesi l'approvazione del piano è demandata al Ministro dei lavori pubblici, al quale gli atti debbono essere trasmessi dal provveditore alle opere pubbliche entro trenta giorni dalla loro ricezione.
Nella dizione "piani regolatori vigenti" usata dalla legge, deve intendersi compreso qualsiasi tipo di piano regolatore sia esso approvato con legge o con atto amministrativo e, quindi, anche i piani di ricostruzione, i piani di risanamento ed i piani delle zone industriali.
I piani, siano essi approvati dal provveditore alle opere pubbliche o dal Ministro dei lavori pubblici, devono essere inseriti per estratto nella Gazzetta Ufficiale e depositati nella segreteria comunale a libera visione del pubblico.
Entro venti giorni da tale inserzione il sindaco deve darne notizia, con atto notificato nella forma delle citazioni, a ciascun proprietario degli immobili compresi nel piano.

VII - MISURE DI SALVAGUARDIA.
I piani di zona hanno, come si è detto, valore di piani particolareggiati di esecuzione ai sensi della legge urbanistica 17-8-1942, n.1150.
Sotto questo profilo giova far presente che tale equiparazione comporta indubbiamente l'applicazione ai piani di zona delle misure di salvaguardia per cui, dalla data della deliberazione del piano, il sindaco può esercitare la facoltà di sospendere il rilascio delle licenze di costruzione quando trattasi di lavori progettati in contrasto con le previsioni del piano. Il prefetto può, su richiesta del sindaco, autorizzare la sospensione dei lavori che siano tali da compromettere o rendere più onerosa l'attuazione del piano.

VIII - DURATA ED EFFETTI DEI PIANI DI ZONA.
Il piano di zona ha valore per dieci anni salvo proroghe che possono essere concesse, con decreto del Ministro dei lavori pubblici, per non oltre due anni.
I piani approvati in base all'art.8 della legge in esame hanno - come si è detto - valore di piano particolareggiato ai sensi dell'art.16 della legge urbanistica 17-8-1942, n.1150.
L'approvazione dei piani di zona comporta, ope legis, la dichiarazione di pubblica utilità di tutte le opere, impianti ed edifici previsti dal piano e conseguentemente la espropriabilità delle aree interessate.
Tale approvazione comporta anche la dichiarazione di indifferibilità ed urgenza il che significa che, allorquando è necessario, il comune o gli altri enti interessati possono procedere alla occupazione d'urgenza delle aree, ai sensi degli artt.71 e seguenti della legge 25-6-1865, n.2395.
L'indicazione delle aree da destinare all'edilizia scolastica nei piani di zona sostituisce il "verbale di idoneità" della apposita commissione prevista dall'art.8 della legge 9-8-1954, n.645.
Allo scopo di assicurare che la scelta di tali aree venga effettuata in relazione sia all'effettivo fabbisogno di edifici scolastici e sia alle obiettive esigenze di localizzazione degli edifici stessi, appare indispensabile che i comuni prendano contatti con i provveditorati agli studi fin dalla fase di elaborazione dei piani che, a termini della legge 26-1-1962, n.17, debbono essere sottoposti al preventivo parere del Ministero della pubblica istruzione.

IX - INQUADRAMENTO URBANISTICO DEI PIANI DI ZONA.
La prima esigenza da affermare nella formazione dei piani di zona è quella riguardante il loro organico inserimento nella pianificazione urbanistica generale dei comuni.
Proprio a tal fine, ad evitare cioè che la programmazione dell'edilizia economica e popolare, attraverso i piani di zona, assuma il carattere di una pianificazione settoriale, avulsa dalla pianificazione dell'intero organismo urbano, il legislatore si è preoccupato di garantire l'unità dell'organismo urbano stesso prescrivendo che, di regola, le aree debbono essere scelte nelle zone destinate all'edilizia residenziale dai piani regolatori vigenti; e, qualora ciò non sia possibile, che la scelta delle nuove aree debba avvenire egualmente attraverso un coordinamento coi piani esistenti, variando le relative previsioni o, laddove il piano non esista, mediante un programma di fabbricazione che, in sostanza, è un istituto sostitutivo del piano regolatore generale.
Le ipotesi che si possono presentare per armonizzare i piani di zona con la pianificazione urbanistica comunale sono le seguenti:
1. - Per i comuni provvisti di un piano regolatore recentemente approvato dovrebbe essere agevole inquadrare i piani di zona nelle previsioni residenziali contenute nel piano regolatore generale, per cui esso dovrebbe anche risultare sufficiente ad accogliere e soddisfare le esigenze dell'edilizia economica e popolare.
2. - Per i comuni, invece, nei quali esiste un piano elaborato ai sensi della legge urbanistica ma dove, successivamente alla approvazione, si sono manifestati fatti nuovi che hanno reso il piano inadeguato alle esigenze attuali e, comunque, tale da non poter soddisfare le necessità connesse con la realizzazione dei programmi di edilizia popolare ed economica, si dovrà provvedere a mezzo di opportune varianti.
Tali varianti, evidentemente, non dovranno essere inserite nel piano come elementi autonomi ed episodici ma dovranno essere studiate tenendo presenti tutti i rapporti con le altre previsioni del piano stesso, le quali potranno subire correlative modificazioni. Ad esempio, la creazione di un quartiere in un determinato comprensorio può comportare riflessi in altre zone del piano e soprattutto per quanto concerne la localizzazione delle fonti di lavoro, i relativi collegamenti viari e l'ubicazione di servizi di interesse generale.
E' da precisare - anche in relazione a quanto ora detto - che le varianti debbono ritenersi consentite soltanto nell'ipotesi in cui le zone residenziali previste dal piano vigente siano assolutamente inadeguate, essendo evidente che le nuove disposizioni di legge non debbono in nessun caso costituire pretesto per incoraggiare tentativi di evasione diretti a modificare arbitrariamente il vigente piano regolatore generale.
3. - Nell'ipotesi in cui i piani regolatori vigenti siano stati approvati prima dell'entrata in vigore della legge urbanistica, la variante costituisce il mezzo normale per introdurre le zone di edilizia economica e popolare nell'organismo urbano, tanto più che si tratta di piani limitati, nella maggior parte dei casi, ad una parte soltanto del territorio comunale. Tali piani, in genere, non possono più ritenersi strumenti idonei a soddisfare le esigenze di sviluppo della città e segnatamente di quelle relative a economica e popolare.
In tali casi è indispensabile che lo studio dei piani di zona e quello delle conseguenti varianti vengano condotti in armonia con le previsioni dei nuovi piani regolatori in corso di elaborazione, che i comuni sono tenuti ad adottare in base alla legge urbanistica e - nei casi, invero assai limitati, in cui tali elaborazioni siano ancora agli inizi - in armonia con un preliminare studio urbanistico di carattere generale, che i comuni dovranno redigere preliminarmente, anche per non pregiudicare gli indirizzi del futuro piano regolatore generale.
4. - Qualora, infine, i comuni siano completamente sprovvisti di piano regolatore la legge prescrive - evidentemente al fine di assicurare il necessario inquadramento nell'organismo urbano delle zone destinate all'edilizia economica e popolare - di provvedere alla redazione di un programma di fabbricazione, di cui all'art.34 della legge urbanistica, da approvare a norma dell'art.8 della legge in esame, nel quale dovranno essere inserite le zone da destinare all'edilizia economica e popolare.
Anche in tal caso il programma di fabbricazione dovrà essere redatto tenendo presenti le esigenze affermate nel precedente punto 3, per quanto riguarda la necessità di armonizzare i piani di zona con i futuri piani regolatori generali in corso di elaborazione, quando trattisi di comuni obbligati.

X - SCELTA ED ESTENSIONE DELLE AREE.
Le aree da includere nei piani di zona debbono essere scelte tenendo presenti, essenzialmente, i seguenti criteri:
1. - Esse debbono costituire dei comprensori, tali da poter formare delle unità organiche di carattere residenziale e di dimensioni che consentano un economico impianto dei servizi ed attrezzature di carattere pubblico e sociale. E' ovvio che un piano può comprendere più comprensori anche separati e distanziati tra loro.
2. - Circa il dimensionamento dei comprensori, oltre a quanto detto nel precedente punto 1, è necessario tener conto, da un lato, del fabbisogno di vani in relazione al periodo di un decennio, così come previsto dalla legge all'art.3, primo comma, e, dall'altro delle densità previste dai piani regolatori vigenti.
In particolare, per quanto riguarda le densità, occorre tener presente che quelle troppo basse rendono oneroso il costo delle costruzioni e dei relativi servizi, frustrando in gran parte gli scopi ed in genere i benefici previsti per tale tipo di edilizia; d'altra parte è assolutamente da evitarsi il ricorso a densità troppo elevate, come molto spesso è finora avvenuto, sia per eliminare gli inconvenienti di natura sociale di cui al seguente numero 3 e sia per quel complesso di ragioni (igieniche, estetiche, di circolazione, ecc.) che sconsigliano nei piani urbanistici l'adozione di addensamenti troppo elevati.
In relazione a tali criteri è auspicabile che vengano adottate densità fondiarie corrispondenti a densità territoriali di popolazioni non superiori a 300-500 abitanti per ettaro.
Comunque, è opportuno che nei piccoli centri o laddove gli ambienti presentino caratteri edilizi piuttosto radi, la scelta delle densità venga fatta con aderenza a tipi fabbricativi piuttosto bassi.
3. - Tali nuovi complessi debbono evitare la concentrazione di abitazioni dello stesso tipo, per cercare di assicurare l'armonizzazione delle singole unità residenziali anche dal punto di vista sociale, escludendo per quanto possibile la differenziazione delle zone secondo le varie categorie sociali.
4. - Per quanto riguarda l'ubicazione, si deve tener conto, oltre che della salubrità dei luoghi e della facilità di impianti delle costruzioni, anche dei requisiti concernenti le economicità di collegamenti col centro cittadino e con i centri di lavoro, evitando, comunque, che vengano scelte zone troppo periferiche che comportino un isolamento, sia sotto il profilo psicologico e sia da un punto di vista pratico, rispetto alle altre zone della città.
5. - Il costo dei terreni è uno dei fattori essenziali da tener presente nella scelta delle aree, ma, contemporaneamente, dovrà tenersi conto dell'incidenza del costo delle fondazioni, degli allacciamenti ai pubblici servizi, delle sistemazioni superficiali e dei movimenti di terra, in quanto tali elementi concorrono in modo determinante al costo totale delle opere. Infatti, se è vero che le aree distanti dal centro cittadino possono essere acquisite a prezzo relativamente vantaggioso, è altrettanto vero che il costo della costruzione e della gestione dei servizi, a realizzazione avvenuta, graverà sia direttamente che indirettamente sugli abitanti del quartiere e sul comune interessato.
Per quanto riguarda le zone depresse o insalubri - in ogni caso da escludersi - è da tener presente che il minor costo iniziale si tradurrebbe non solo in inconvenienti di ordine economico e sociale per gli abitanti, ma anche in successivi aggravi finanziari per il comune e per gli enti costruttori, che sarebbero costretti a maggiori spese per i servizi e per la sistemazione dei terreni.

XI - PATRIMONIO COMUNALE DELLE AREE.
La legge, all'art.10, dà facoltà ai comuni ed ai consorzi di comuni di crearsi un patrimonio di aree, attraverso il quale i comuni stessi possono indirizzare l'attività costruttiva delle zone ritenute più idonee, mettendo a disposizione di enti e di privati aree edificatorie ad un prezzo relativamente basso e fornito dei servizi indispensabili per la vita di quartiere. Le aree costituenti tale patrimonio possono essere acquisite dal comune, o mediante acquisto in via bonaria, o mediante esproprio, e non possono in nessun caso superare il 50 per cento di tutte le aree incluse nel piano, ivi comprese quelle riguardanti i servizi e le altre opere complementari.
Le aree costituenti detto patrimonio dovranno essere dai comuni urbanizzate, e cioè fornite di strade, fognature, rete idrica, rete di distribuzione dell'energia elettrica, pubblica illuminazione. Nelle opere di urbanizzazione debbono essere comprese, ove occorra, anche le opere di urbanizzazione generale, come acquedotti e grandi strade di comunicazione.
E' evidente che le opere di urbanizzazione dovranno essere effettuate gradualmente in relazione alle esigenze che man mano si verranno manifestando.
Le aree, una volta urbanizzate, vengono cedute dal comune agli enti od ai privati che si impegnino a costruire case economiche o popolari in conformità alle previsioni del piano.
La cessione dovrà avvenire a mezzo di asta pubblica effettuata in base alle disposizioni della legge 24-12-1908, n.783, sulla alienazione dei beni patrimoniali dello Stato, modificata con decreto legge 26-1-1919, n.123, con la legge 2-10-1940, n.1406, e con la legge 14-6-1941, n.617.
La cessione può avere per oggetto anche soltanto il diritto di superficie.
In ogni caso il prezzo di cessione va determinato tenendo conto, congiuntamente, dei seguenti elementi:
a) prezzo di acquisto o indennità di espropriazione;
b) spese sostenute per la urbanizzazione - ivi compresi, ovviamente, gli interessi passivi e le spese generali da ripartire fra tutte le aree interessate in relazione alle loro possibilità di sfruttamento;
c) destinazione e volumi edificabili.
Di tali destinazioni e dei volumi edificabili va tenuto conto, oltre che nella ripartizione delle spese di urbanizzazione, anche in senso autonomo, a meno che tali elementi non siano stati già valutati in sede di determinazione del prezzo di acquisto o dell'indennità di esproprio.
I cessionari delle aree suddette possono essere soltanto i privati e gli enti diversi da quelli indicati nel terzo comma del citato art.10.
L'edilizia da realizzare sulle aree stesse può essere di tipo economico o popolare. Ma sarebbe auspicabile che, nell'ambito dei patrimoni comunali, l'edilizia fosse prevalentemente di tipo economico, mentre quella popolare dovrebbe essere realizzata nelle restanti aree dei piani di zona.
La definizione di edilizia economica nella nostra legislazione è contenuta nell'art.49 del testo unico sull'edilizia popolare ed economica il quale, peraltro, non ne definisce completamente le caratteristiche.
Nella specie, tenendo presenti anche le finalità che il legislatore si è prefisso con le disposizioni di cui trattasi, appare giustificata una interpretazione estensiva dell'accezione "economica", nel senso che debba considerarsi come tale tutta l'edilizia che non sia né di lusso (vedi decreto ministeriale 2-8-1969, che ha sostituito il decreto interministeriale 4-12-1961) né popolare (vedi art.48 del testo unico sulla edilizia popolare ed economica e successive modificazioni).
Gli enti od i privati cessionari delle aree suddette debbono iniziare ed ultimare le costruzioni nei termini indicati dall'art.17 (vedi paragrafo 11 della presente circolare).
Le restanti aree dei piani di zona, cioè quelle non incluse nei patrimoni comunali, sono riservate esclusivamente alla costruzione di case popolari da parte degli enti elencati nel terzo comma dell'art.10, e cioè:
a) Stato, regioni, province e comuni;
b) Istituto nazionale per le case agli impiegati dello Stato ed istituto autonomi per le case popolari;
c) INA-Casa;
d) società cooperative per la costruzione di case popolari a favore dei propri soci;
e) Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani;
f) enti morali, enti ed istituti che costruiscono case popolari da assegnare in locazione o con patto di futura vendita, non aventi scopo di lucro.
Tali enti possono acquistare le aree ovvero espropriarle.
Per le aree utilizzate dagli enti suindicati la urbanizzazione e cioè la creazione dei servizi pubblici, non è, ovviamente, a carico degli enti, ma grava sui comuni, i quali infatti sono obbligati - ai sensi dell'art.19 - a provvedere a proprie spese alla realizzazione di tali opere, con carattere di priorità, per favorire l'edilizia al servizio delle classi meno abbienti.
Poiché, come è noto, l'incidenza delle spese di urbanizzazione è in genere rilevante, ne consegue che l'accollo di tali spese da parte dei comuni riduce sensibilmente il costo delle costruzioni effettuate dagli enti su elencati.

XII - ELENCO ANNUALE DELLE AREE.
Gli enti di cui al terzo comma dell'art.10, entro il mese di novembre di ogni anno, debbono presentare al sindaco o al presidente del consorzio un programma delle costruzioni che essi intendono effettuare.
Entro il febbraio dell'anno successivo una apposita commissione, presieduta dal sindaco o dal presidente del consorzio, a seconda che si tratti di piano comunale o consorziale, e la cui composizione è stabilita dall'art.11, compila l'elenco delle aree da acquistare od espropriare da parte degli enti suindicati.
La redazione dell'elenco deve essere fatta tenendo conto:
a) del fabbisogno di aree per le costruzioni degli enti, fabbisogno che scaturisce dal complesso delle richieste avanzate per la realizzazione dei propri programmi costruttivi;
b) della percentuale
c) della scelta delle aree effettuata dal comune o dal consorzio per l'esecuzione del proprio programma (art.10);
d) delle richieste avanzate dai proprietari delle aree, sulle quali essi intendono costruire direttamente alloggi di tipo economico o popolare.
Ovviamente, poiché la formazione dei programmi e dell'elenco suddetti presuppone l'esistenza di un piano già approvato ed operante, e che il comune ed i consorzi abbiano già stabilito la percentuale di aree di cui intendono riservarsi la acquisizione, i termini fissati dall'ultimo comma dell'art.10 e dal primo comma dell'art.11 della legge hanno, nella prima fase di applicazione della legge stessa, un valore puramente indicativo.

XIII - DETERMINAZIONE INDENNITA' DI ESPROPRIO.
La legge agli artt.12, 13, 14 e 15 contiene delle norme speciali in materia di procedura per le espropriazioni delle aree incluse nei piani di zona, norme intese soprattutto ad accelerare la procedura stessa.
In particolare, la legge stabilisce che qualsiasi contestazione riguardante l'indennità di esproprio non interrompe il corso dell'espropriazione, che viene disposta con decreto del prefetto non appena scaduto il termine di trenta giorni - perentorio - entro il quale i proprietari interessati possono dichiarare di essere disposti ad un accordo bonario, non appena abbiano ricevuto la prova dell'avvenuto deposito della indennità.
Per quanto concerne la valutazione dell'indennità di esproprio, questa viene determinata dall'ufficio tecnico erariale in base al valore venale - e cioè al giusto prezzo che avrebbe l'immobile nella libera contrattazione di compra vendita - riferito a due anni prima della delibera del piano. La legge stabilisce, altresì, che nella determinazione dell'indennità di esproprio non si debba tener conto degli incrementi di valore dipendenti direttamente o indirettamente dalla formazione ed attuazione del piano.
Sia i comuni, che gli enti di cui al terzo comma dell'art.10, possono procedere all'espropriazione anche avvalendosi di altre norme, qualora, beninteso, queste siano più favorevoli. Così, ad esempio, gli istituti di case popolari e gli altri enti previsti dal testo unico dell'edilizia economica e popolare possono avvalersi della legge 15-1-1885, n.2892, per il risanamento della città di Napoli, che prevede la valutazione della indennità sulla base del valore venale e dei fitti coacervati dell'ultimo decennio: criterio notoriamente favorevole all'ente espropriante.
Evidentemente, quando la legge parla di altre norme vigenti, intende riferirsi anche alle leggi speciali con le quali sono stati, in passato, approvati alcuni piani regolatori generali: leggi che prevedono particolari procedure e criteri di valutazione.

XIV - UTILIZZAZIONE DELLE AREE DA PARTE DEI PROPRIETARI.
La legge prevede la possibilità che i proprietari di aree incluse nei piani o possano chiedere di costruire direttamente sulle aree stesse edifici di abitazione di tipo economico o popolare.
Presupposto indispensabile è che le aree di cui trattasi siano destinate a residenza nei piani vigenti o in altri strumenti urbanistici (ad esempio, programma di fabbricazione), e che tale destinazione sia stata, ovviamente, confermata nei piani di zona.
Le richieste debbono essere presentate entro il mese di novembre di ogni anno al sindaco, il quale le esamina in relazione alle richieste degli enti indicati nell'art.10, per accertare se non vi siano esigenze prevalenti di questi ultimi. In caso negativo, concede la licenza su conforme parere della commissione di cui all'art.11, previa approvazione dei progetti da parte del genio civile, a cui spetta accertare il carattere economico o popolare della costruzione.
E' appena il caso di precisare che restano salve, per quanto riguarda il rilascio della licenza edilizia, le competenze di altri organi (come ad esempio quelle delle commissioni comunali di edilizia ed urbanistica e della sovrintendenza ai monumenti) previste dai regolamenti edilizi o da leggi speciali.
L'art.17 della legge stabilisce i termini entro i quali debbono essere iniziate ed ultimate le costruzioni; termini che possono essere congruamente prorogati dalla commissione di cui all'art.11 quando si tratti di alloggi destinati ai proprietari delle aree e questi fruiscano dei benefici previsti dalle vigenti leggi sull'edilizia economica e popolare.
Nel caso di inosservanza dei termini di cui sopra sono previste particolari sanzioni e cioè:
a) nel caso di mancato inizio della costruzione nel termine fissato, le aree sono espropriate in base al prezzo stabilito dall'ufficio tecnico erariale ai sensi del primo comma dell'art.12. Nel caso di cessione bonaria il prezzo sarà sempre quello determinato dall'ufficio tecnico erariale. In ambedue i casi, comunque, a titolo di penale è stabilito che il prezzo da corrispondere al proprietario venga decurtato del 10 per cento. Tale penale deve essere incamerata dal comune ed impiegata soltanto per l'acquisizione delle aree destinate a formare il demanio comunale e per l'esecuzione delle opere di urbanizzazione previste dall'art.19;
b) nel caso di mancata ultimazione dei lavori nei termini previsti, l'opera viene espropriata dal Ministro dei lavori pubblici per essere completata e destinata alle categorie indicate nella legge 9-8-1954, n.640 (eliminazione delle abitazioni malsane).
L'art.18 attribuisce all'ufficio del genio civile un potere di vigilanza sulle costruzioni. Rimangono ovviamente salvi i poteri del sindaco ex art.32 della legge urbanistica.
Gli edifici costruiti dai privati, qualora non vengano destinati ad alloggio del proprietario, possono essere dati in affitto soltanto a coloro i quali abbiano i requisiti, oggettivi e soggettivi, per essere assegnatari di alloggi popolari.
Per i primi quindici anni a decorrere dalla licenza di abitabilità rilasciata dal comune, il canone di locazione deve essere concordato con il comune stesso, in ragione del 5 per cento del costo di costruzione di edifici analoghi realizzati dagli istituti autonomi delle case popolari.
L'analogia va, ovviamente, stabilita in relazione al tipo edilizio, alle caratteristiche costruttive dell'edificio ed alla sua ubicazione.

XV - AGEVOLAZIONI FISCALI.
Speciali agevolazioni tributarie vengono stabilite dall'art.21 della legge per gli atti di acquisto e di esproprio, fatte salve le disposizioni già vigenti in materia, e si prevede la decadenza da tali benefici fiscali qualora le aree acquisite non vengano utilizzate nel termine di cinque anni.

XVI - APPLICAZIONE DELLA LEGGE NELLE REGIONI A STATUTO SPECIALE.
Le norme della legge in esame trovano applicazione anche nelle regioni a statuto speciale, fino a quando le stesse non avranno legiferato in materia.

Il Ministero dei lavori pubblici, in data 27-9-1963, ha diramato la seguente nota illustrativa inerente la circolare appena riportata:
"La circolare in oggetto, innanzitutto, precisa i rapporti tra i piani che i comuni debbono adottare per la disciplina dell'edilizia economica e popolare e la precedente situazione urbanistica.
La legge n.167 ha esplicitamente stabilito che i piani di zona debbono essere inquadrati urbanisticamente al fine di evitare che l'edilizia economica e popolare, agevolata dalle disposizioni della legge stessa, si sviluppi in modo disorganico, con pregiudizio anche per la restante parte del territorio comunale. La circolare pertanto chiarisce in qual modo debba avvenire il coordinamento delle previsioni del piano di zona con quelle dei piani eventualmente esistenti: poiché, qualora non esistesse alcuna disciplina urbanistica nel territorio di un comune, questo è tenuto a dotarsi di un programma di fabbricazione, che è appunto uno strumento (sia pure limitato agli elementi essenziali) di disciplina urbanistica. Sulla base di un parere del Consiglio di Stato, appositamente richiesto, la circolare specifica, tra l'altro, che con il piano di zona possano essere apportate varianti non solo ai piani regolatori generali ma anche ai piani di ricostruzione; e che i piani regolatori generali adottati ma non ancora approvati debbono essere modificati in relazione alle previsioni del piano di zona. Viene così assicurato non solo il coordinamento, ma anche la continuità delle previsioni urbanistiche in un determinato territorio.
Scopo essenziale della legge è infatti quello di assicurare, anche attraverso lo strumento dell'espropriazione, la disponibilità di aree a basso costo sia per l'edilizia privata a carattere prevalentemente economico e sia per l'edilizia pubblica a carattere popolare, e di garantire che l'attività edilizia nel settore di cui trattasi non si svolga episodicamente ma secondo programmi urbanistici ben definiti: programmi che, seppure limitati al settore dell'edilizia economica e popolare, vanno inquadrati in una visione urbanistica estesa all'intero territorio comunale.
Stabilito che la legge non considera il piano di zona come uno strumento inteso a soddisfare l'intero fabbisogno di aree per l'edilizia residenziale ma solo quello riferito all'edilizia economica e popolare per un decennio (con l'esclusione pertanto della edilizia di lusso, di quella residenziale di tipo speciale o di particolare qualificazione e relativa a zone per le quali siano in atto iniziative edilizie a carattere unitario con accollo delle spese di urbanizzazione da parte dei privati interessati, ecc.) viene precisato che il fabbisogno di aree deve essere determinato in rapporto a tre elementi principali che sono la struttura della popolazione (prevalenza di giovani o viceversa), la composizione della popolazione per occupazione, i movimenti migratori. Ricavato il numero di abitanti, si determinerà il numero di vani occorrenti; tenendo presente l'opportunità di porre a base dei conteggi un indice di affollamento pari ad un abitante per vano.
In definitiva, precisa la circolare, converrà stabilire che le densità territoriali siano comprese tra un massimo di 250-300 e un minimo di 100-150 abitanti per ettaro. Anche per la determinazione degli indici di cubatura normalmente assunti intorno ai 100 mq/abitante, la circolare specifica che tali dati possono essere aumentati al fine di consentire il miglioramento dello standard di vita delle classi meno abbienti.
Altre precisazioni di carattere tecnico vengono fornite per quanto riguarda gli spazi pubblici. In particolare, il verde attrezzato dovrebbe variare da un minimo di mq.2,50 per abitante per le zone destinate ad ospitare una popolazione inferiore a 1.000 abitanti, a mq.3 per popolazioni fino a 5.000 abitanti e a mq.3,50 per popolazioni ancora superiori. Le aree per attrezzature e servizi escluse le strade e gli spazi riservati alla circolazione e ai parcheggi, non dovranno, nel complesso, essere inferiori a mq.12 per abitante, nei quartieri di maggiori dimensioni e a mq.15 negli altri.
In relazione a quesiti formulati da alcuni comuni, la circolare chiarisce che le aree degli enti indicati all'art.10 (quali l'istituto Autonomo Case Popolari, l'INCIS, ecc., che spesso sono proprietari di aree destinate allo svolgimento dei propri programmi costruttivi) debbono essere incluse nei piani di zona: e ciò allo scopo di consentire che nella formazione del piano e nella determinazione della sua dimensione in rapporto al fabbisogno decennale, i comuni possano tener conto dei programmi degli enti e dei mezzi, anche perciò delle aree di cui questi dispongono per attuarli. Tale inclusione peraltro va fatta al fine di determinare il fabbisogno complessivo delle aree nonché allo scopo di evitare che dette aree, spesso cospicue, sfuggano alla disciplina urbanistica del piano: ma, ovviamente, solo in casi eccezionali di comprovata necessità il comune esproprierà dette aree, anche perché gli enti in questione sono istituzionalmente chiamati a svolgere quell'attività che la legge n.167 intende proprio favorire.
Una importante precisazione è contenuta nella circolare circa la distribuzione delle aree tra i comuni (i quali sono chiamati a formare il proprio patrimonio di aree al fine di urbanizzarle e poi alienarle ai privati costruttori) e gli enti indicati all'art.10 che oltre lo Stato, le regioni, le province e i comuni sono l'lNCIS, gli istituti autonomi per le case popolari, la gestione case lavoratori, le cooperative edilizie e gli altri enti e istituti che costruiscono case popolari.
La legge stabilisce che i comuni possono riservarsi fino ad un massimo del 50% delle aree edificabili. La circolare ora chiarisce, in relazione a dubbi e di interpretazione da parte degli enti interessati, che tale 50% è riferito all'intero piano e deve comprendere anche le aree occorrenti per l'urbanizzazione del patrimonio comunale; cosicché per gli usi degli enti indicati all'art.10 resta l'altro 50% composto in parte di aree edificabili e in parte di aree da destinare ai servizi.
Quali opere di urbanizzazione la circolare enumera le strade residenziali, i passaggi pedonali, gli spazi di sosta e parcheggio, le fognature, la rete idrica, la rete di distribuzione dell'energia elettrica, la pubblica illuminazione, gli spazi verdi di quartiere e tutte le altre opere cosiddette di urbanizzazione primaria. Sono altresì indicate come opere di urbanizzazione quelle di carattere sociale come gli edifici di culto, le scuole, i centri sociali e di quartiere, i mercati rionali, i centri sanitari e le attrezzature ricreative sportive (con esclusione soltanto delle grandi installazioni per manifestazioni sportive a carattere spettacolare) e pertanto potranno essere comprese le aie per l'infanzia, gli spazi liberi per le corse e per i giochi dei ragazzi, i campi per la palla a volo, il tennis, le bocce ed eventualmente anche l'installazione di palestre e piscine".




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