COORDINATO UTILIZZO DELLE AREE FABBRICABILI PER L'EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE IN APPLICAZIONE DELLA LEGGE 18 APRILE 1962, N.167.
Questo Ministero con circolare 27-9-1963, n.4555, illustrò,
fra l'altro, i riflessi che le norme della legge 18-4-1962,
n.167, avevano sulla attività degli enti di
edilizia economica e popolare; e precisò che
i programmi costruttivi degli enti di cui all'art.10
di detta legge dovessero, di norma, svilupparsi nell'ambito
dei piani di zona e solo in casi assolutamente eccezionali
al di fuori di questi. Per quanto riguarda in particolare
l'attività della GESCAL, venne chiarito che,
in ottemperanza al disposto dell'art.25 della legge
14-2-1963, n.60, le costruzioni di detto ente dovessero
essere realizzate esclusivamente nei comprensori dei
piani di zona approvati o adottati.
Con recente circolare 13-5-1964, n.469, è stato
trattato specificamente il problema del coordinato
utilizzo delle aree per l'edilizia economica e popolare
da parte degli enti di cui all'art.10 della legge n.167,
soprattutto per quanto attiene al coordinamento tra
il primo programma triennale della GESCAL e i programmi
costruttivi da attuare in base alla legge 4-11-1963,
n.1460.
Poiché tale ultima circolare ha dato luogo a
perplessità interpretative che potrebbero determinare
incertezze e ritardi nell'impostazione ed attuazione
di detti programmi - ritardi che sarebbero particolarmente
pregiudizievoli nell'attuale fase della congiuntura
edilizia - e, più in generale, potrebbero frustrare
alcuni degli scopi essenziali della n.167, appare opportuno
emanare ulteriori istruzioni - a chiarimento ed integrazione
di quelle già impartite in precedenza - per
un completo e definitivo inquadramento del problema
relativo ai rapporti tra piani di zona ed edilizia
da realizzare a cura degli enti di cui all'art.10 della
legge n.167.
Occorre, innanzitutto, riaffermare il principio che
l'attività dei predetti enti deve svolgersi
di norma, salvo casi eccezionali, nell'ambito dei piani
di zona.
Tale necessità non deve essere intesa - erroneamente
- come intralcio o remora all'attuazione dei programmi
costruttivi degli enti in parola (anche se effettivamente
in qualche caso l'attività di tali enti può
aver incontrato, specialmente nella prima fase di attuazione
della "167", qualche ritardo), ma deve essere
considerata ovviamente sotto il profilo dei vantaggi
di carattere urbanistico, economico, sociale ed operativo,
che l'inserimento dei programmi di costruzione di edilizia
popolare nei piani zonali comporta.
Al riguardo, non sembra affatto superfluo ricordare
e ribadire, che, attraverso i dispositivi previsti
dalla "167" viene:
- assicurato il reperimento di aree edificatorie a prezzi
bassi, attraverso la espropriazione al valore riferito
a due anni prima la delibera del piano;
- stabilita una integrazione tra l'edilizia residenziale
economica e popolare, privata e pubblica, che consenta
il sorgere di quartieri caratterizzati da una armonica
fusione delle diverse categorie sociali;
- assicurato l'inquadramento urbanistico dei programmi,
per la edilizia popolare, in armonia con lo sviluppo
della città, nonché lo stretto collegamento
della loro realizzazione alle fasi di attuazione dei
piani, cosicché la costruzione delle residenze
avvenga in zone fornite di servizi e di tutti gli altri
requisiti indispensabili per la vita dei quartieri.
Va poi sottolineato - per dimostrare ancora i pericoli
che possono derivare da una tendenza a svincolare dai
piani zonali, ovunque sia possibile, l'attività
degli enti per l'edilizia popolare - che la n.167 ha
attribuito al comune ogni potere decisionale circa
lo sviluppo della città, il che in concreto
gli dà la possibilità di coordinare e
qualificare tutta l'attività edilizia residenziale,
e in special modo quella a carattere popolare e di
iniziativa pubblica, in stretta connessione con le
concrete possibilità di attuazione, in materia
da indirizzarla nelle zone, nei modi e nei tempi ritenuti
più idonei.
Così precisati gli scopi fondamentali della n.167
ed i conseguenti vantaggi di varia natura che soprattutto
l'edilizia popolare riceve nell'ambito di un più
efficiente ordinamento della città, occorre
ora chiarire alcuni punti che rappresentano una conseguente
logica dei princìpi in base dei quali è
stata impostata la legge stessa; e ciò, peraltro,
in un quadro più vasto che tenga conto della
carenza in determinati casi dei piani della n.167,
nella esistenza di norme speciali - come ad esempio
la legge 4-11-1963, n.1460 - e infine della attuale
congiuntura edilizia.
1. - Laddove esistano piani di zona approvati ed operanti non vi è dubbio che l'attività degli enti per l'edilizia popolare debba svolgersi nell'ambito dei piani stessi, escludendo la possibilità per gli enti di realizzare costruzioni al di fuori dei piani anche se su terreni di loro proprietà, salvo esplicito assenso ministeriale per singoli eccezionali casi.
2. - Laddove i piani delle zone siano stati adottati, la scelta delle aree per l'edilizia popolare deve essere effettuata sempre nell'ambito ed in conformità ai piani stessi.
3. - Nei comuni che non abbiano ancora adottato i piani delle zone occorre ovviamente distinguere tra comuni obbligati e non.
Nei primi l'attività degli enti per l'edilizia
popolare non può svolgersi in mancanza di un
piano zonale. E' evidente, infatti, che il legislatore
nell'obbligare determinati comuni a formare il piano,
nell'attribuire al Ministro dei lavori pubblici il
potere di rendere obbligatoria la formazione del piano
nei comuni che si trovino in determinate condizioni,
nello stabilire termini precisi e brevi per la formazione
e l'istruttoria dei piani, nel prevedere infine una
procedura sostitutiva per la formazione dei piani e
nel riservare a tali enti il 50 per cento di tutte
le aree edificatorie, ha voluto indubbiamente affermare
l'esigenza che in tali comuni il piano zonale - quanto
meno adottato - costituisca lo strumento indispensabile,
il "prius" di qualsiasi attività edilizia
a carattere popolare.
Nei comuni, invece, non obbligati la questione va ovviamente
posta e risolta in termini diversi. Invero, non può
farsi derivare dall'inerzia - peraltro legittima -
dei comuni di cui trattasi, la inattività, ovvero
un ritardo della iniziativa degli enti per l'edilizia
popolare.
Peraltro, questi potranno realizzare i loro programmi
costruttivi anche in mancanza di un piano, ma evidentemente
in base a scelte conformi agli strumenti urbanistici
esistenti o adottati (piani regolatori o programmi
di fabbricazione) e tenendo conto, per quanto possibile,
delle indicazioni scaturenti dagli studi e dalle elaborazioni
eventualmente in corso per il piano di zona, in modo
che una volta approvato quest'ultimo, i programmi degli
enti possano trovare un armonico inserimento nel suo
contesto soprattutto agli effetti della successiva,
graduale attuazione dei programmi stessi.
4. - Per quanto riguarda, in particolare, l'attività
della GESCAL il preciso disposto degli artt.25, secondo
comma, e 27, quarto comma, della legge 14-2-1963, n.60,
esclude la possibilità che la scelta delle relative
aree possa essere effettuata, comunque, indipendentemente
dai piani di zona, fatta ovviamente eccezione per i
settori di attività della GESCAL medesima previsti
dal predetto art.25. Anzi a stretto rigore tale scelta
sarebbe condizionata all'approvazione del piano. Senonché,
tenendo presente la ratio legis più che la lettera
della stessa, può ritenersi che i programmi
di costruzione della GESCAL possano essere realizzati
anche sulla base di un piano della zona soltanto adottato.
In mancanza però di un piano almeno adottato,
deve ritenersi esclusa qualsiasi attività da
parte della GESCAL.
Tutto ciò, ovviamente, vale per i comuni obbligati
in base alla legge od a decreto del Ministero dei lavori
pubblici, mentre per quelli facultizzati alla formazione
del piano non può sussistere alcun obbligo per
la GESCAL di attendere l'adozione dei piani, in quanto
diversamente l'attività di tale istituto sarebbe
condizionata alla volontà del comune di formare
o meno il piano delle zone.
Naturalmente, nei comuni ove sono previsti interventi
di una certa entità della GESCAL o di altri
enti, dovrà essere sollecitata la formazione
volontaria dei piani e, in caso di necessità,
applicata la procedura di cui al terzo comma dell'art.1
della "167", sempre che beninteso ricorrano
gli estremi previsti da tale norma.
5. - Un regime diverso è, invece, previsto per
l'edilizia popolare finanziata in base alla legge 4-11-1963,
n.1460.
Tale legge riafferma - all'art.6, primo comma - il principio
che la scelta delle aree fabbricabili deve essere effettuata
nell'ambito dei piani di zona, ma poi attenua tale
affermazione stabilendo che, ove il piano di zona non
sia stato ancora adottato, le aree fabbricabili sono
prescelte nelle zone destinate ad edilizia residenziale
nel piano regolatore o nel programma di fabbricazione
approvati od anche solo adottati.
Quindi, limitatamente alle costruzioni finanziate in
base alla legge n.146 anche nei comuni obbligati la
mancanza di un piano zonale approvato o adottato non
costituisce motivo ostativo alla scelta delle aree
ed alla realizzazione delle costruzioni finanziate
con la legge suddetta.
Si tratta di una deroga esplicita alle norme della n.167,
che conferma a contrario l'esattezza della interpretazione
surriportata e che, comunque, è giustificata
non sul piano urbanistico ma sotto il profilo espropriativo,
in quanto la legge suindicata abilita gli enti che
eseguono le costruzioni ad espropriare applicando,
per la misura dell'indennità, l'art.12 della
legge n.167, e così in base ad un valore riferito
a due anni prima della delibera del piano della zona,
nel caso in cui questo sia stato adottato, e diversamente
a due anni prima dell'entrata in vigore della legge
n.1460.
6. E' certamente auspicabile la più larga concentrazione
possibile degli interventi per la edilizia popolare,
data anche la modesta entità che essi rappresentano
attualmente rispetto alla intera edilizia a carattere
residenziale e in quanto una loro dispersione renderebbe
più costosa e, in parte inattuabile, la relativa
dotazione di servizi.
Al riguardo però occorre tener presente la esigenza
che la scelta e l'utilizzo delle aree da parte dei
predetti enti siano coordinati non solo nel proprio
ambito, ma in un quadro o contesto più vasto,
con l'edilizia economica e popolare realizzata dai
privati, in modo da conseguire l'auspicata integrazione
fra i due settori che costituisce, come si è
detto, uno degli scopi fondamentali della "167".
Pertanto mentre si ribadisce l'opportunità già
sottolineata nella circolare n.469, che i comuni obbligati
alla formazione dei piani o che, comunque, hanno deliberato
la formazione di questi, procedano subito alla convocazione
delle commissioni di cui all'art.11 della legge n.167,
si mette in rilievo che tali commissioni non debbono
limitarsi a prendere atto delle richieste degli enti
e coordinare l'utilizzazione delle aree da essi indicate
o prescelte, ma debbono inquadrare tali utilizzazioni
nei programmi comunali di attuazione dei piani, soprattutto
per quanto riguarda i modi, i tempi e le zone in base
a cui si ritiene più idoneo realizzare lo sviluppo
della città.
7. - Per quanto riguarda la possibilità degli
enti di espropriare le aree edificatorie indipendentemente
dall' approvazione dei piani della n.167, occorre fare
alcune precisazioni anche per evitare equivoci derivanti
da interpretazioni semplicistiche ed unilaterali, oppure
esatte da un punto di vista meramente formale.
Al riguardo, va chiarito che i piani della "167"
non sono soltanto degli strumenti espropriativi. L'espropriabilità
delle aree, in essi comprese, con la procedura d'urgenza
ed ai valori antepiano, anche se è un fatto
importante, non esaurisce il contenuto innovativo della
"167" che, come si è visto, ha effetti
e riflessi di carattere urbanistico, economico, sociale
ed operativo insieme, che non possono essere considerati
ed applicati separatamente (tout se tient), senza tradire
o sviare il nuovo sistema instaurato dalla legge n.167.
Quindi il fatto che gli enti possono procedere alle
espropriazioni, senza attendere l'approvazione dei
piani zonali non deve costituire un motivo che induca
ad eludere od a prescindere dalla disciplina dei piani,
tranne quando si abbiano particolari giustificazioni.
Così posto il problema, è evidente che
ha un valore in un certo senso relativo accertare in
quali casi e con quali norme gli enti di cui trattasi
possono procedere alla espropriazione delle aree edificabili,
prima dell'approvazione del piano zonale. In ogni modo
ad evitare, anche in questo settore, equivoci interpretativi,
si ritiene opportuno precisare quanto segue:
1) per le aree incluse nei piani approvati gli enti
sono abilitati ad espropriare, anche con la procedura
di urgenza, le aree edificative, avvalendosi dell'anzidetto
criterio di determinazione di altra norma più
favorevole;
2) per le aree scelte sempre in base ai principi suindicati
e ricadenti in piani di zona soltanto adottati ovvero
in piani regolatori o programmi di fabbricazione vigenti
o soltanto adottati:
a) l'espropriazione è consentita per tutti gli
enti che realizzano edifici popolari con contributi
dello Stato in base agli artt.46 e 47 del testo unico
28-4-1938, n.1165, e l'indennità di esproprio
è fissata nella misura di cui agli artt.12 e
13 della legge 15-1-1885, n.2892 (cosiddetta legge
di Napoli);
b) per gli enti che beneficiano dei contributi di cui
alla legge 4-11-1963, n.1460, l'approvazione di pubblica
utilità ed indifferibilità ed urgenza
delle opere, e l'indennità di espropriazione
è determinata con i criteri e le norme che la
"167" stabilisce per le aree incluse nei
piani approvati, ma il valore venale delle aree stesse
è riferito a due anni prima dell'entrata in
vigore della legge, sempre restando salva la facoltà
di far ricorso alle norme della suddetta legge n.2892;
c) per quanto riguarda la GESCAL, la formulazione dell'art.25
della legge 14-2-1963, n.60, non è molto chiara.
E' dubbio, infatti, che gli ultimi tre comma del citato
art.25 - che attribuiscono al prefetto il potere di
dichiarare di pubblica utilità, nonché
indifferibili ed urgenti i lavori e stabiliscono l'applicabilità
alle costruzioni della GESCAL delle norme sulla espropriazione
contenute nella legge di Napoli - possano applicarsi
ad altre costruzioni che non siano quelle di cui alle
lettere a) e b) del secondo comma.
In ogni modo sembra di poter pacificamente affermare
che, al di fuori dei piani della n.167, l'espropriazione
dell'area presuppone sempre il progetto dell'opera,
mentre nell'ambito di detti piani la espropriazione
delle aree può avvenire indipendentemente dai
progetti esecutivi delle opere.
Tale circostanza è molto importante in quanto
il sistema previsto dalla n.167 consente una maggiore
libertà operativa agli enti e, in particolare,
non vincola tassativamente - nei riguardi dei proprietari
espropriati - all'esecuzione di un progetto già
definito planimetricamente e volumetricamente.
I signori provveditori alle opere pubbliche sono pregati
di comunicare con ogni sollecitudine la presente circolare
ai comuni ed agli enti di edilizia economica e popolare
che operano nelle giurisdizioni di loro competenza.
In particolare i signori provveditori dovranno tenere
al corrente questo Ministero circa le riunioni delle
commissioni di cui all'art.11 presso i comuni obbligati
alla formazione dei piani.
Si richiama ancora una volta la particolare attenzione
dei signori prefetti e dei signori provveditori, sulla
necessità di intensificare la vigilanza sui
comuni e di fornire agli stessi ogni assistenza affinché
sia eliminata qualsiasi causa di ritardo nella formazione
e nella presentazione dei piani della n.167 e, comunque,
siano eliminate tutte le difficoltà che si frappongono
alla realizzazione dei programmi costruttivi degli
enti per l'edilizia popolare ed economica, i quali
sono chiamati a svolgere, specie nell'attuale fase
della congiuntura edilizia un ruolo di particolare
importanza.
(c) 1996 Note's