ISTRUZIONI PER L'APPLICAZIONE DELL'ART.3 DELLA LEGGE 21 DICEMBRE 1955, N.1357, RIGUARDANTE L'ESERCIZIO DEI POTERI COMUNALI DI DEROGA ALLE NORME DI REGOLAMENTO EDILIZIO E DI ATTUAZIONE DEI PIANI REGOLATORI.
Questo Ministero si è preoccupato, sin dall'entrata
in vigore della legge 21-12-1955, di dare la più
esatta e rigorosa interpretazione alle disposizioni
di cui all'art.3 della legge stessa, riguardante la
facoltà - da parte dei comuni - di derogare
alle norme di regolamento edilizio e di attuazione
dei piani regolatori. Ed a tal fine sono state diramate
circolari normative (n.847 del 28-2-1956, n.1731 del
3-5-1957 e n.4561 del 5-8-1958) intese a chiarire la
portata delle norme suddette e ad inquadrare la delicata
materia delle deroghe nella disciplina urbanistica
e nella salvaguardia dell'ambiente, particolarmente
nelle città di spiccato carattere storico ed
artistico.
Dopo sette anni di applicazione della legge suddetta
questo Ministero ritiene opportuno - soprattutto in
relazione ad alcune interpretazioni troppo estensive
da parte dei comuni ed a recenti orientamenti giurisprudenziali
- di rivedere l'intera materia delle deroghe allo scopo
di impartire ulteriori istruzioni intese, principalmente,
a stabilire i limiti dei poteri discrezionali di deroga.
E', infatti, da rilevare che frequentemente, attraverso
la concessione di deroghe - specialmente in materia
di altezza di fabbricati - vengono eluse precise disposizioni
di regolamenti edilizi e di piani urbanistici, applicandosi
con interpretazione troppo lata norme che hanno carattere
del tutto eccezionale ed esigono pertanto una cauta
e precisa valutazione delle circostanze di fatto e
di diritto.
Nel far seguito, quindi, alle disposizioni interpretative
già impartite, questo Ministero definisce con
la presente circolare i principali criteri ai quali
dovranno rispondere le proposte di deroga avanzate
dai comuni interessati ed attenersi agli organi, centrali
e decentrati, di questo Ministero nel rilascio dei
nulla osta.
I. - PRESUPPOSTO GIURIDICO DELLA FACOLTA' DI DEROGA
E' indispensabile, ovviamente, che per l'esercizio del
potere di deroga esista, nella regolamentazione vigente
nel comune (regolamento edilizio, norme di attuazione
di piano regolatore generale o di piano di ricostruzione)
un'apposita norma che attribuisca al comune stesso
il potere di derogare a determinate disposizioni contenute
nelle predette norme.
Dovrà essere accertato che la norma di regolamento
edilizio che consente la deroga non sia superata o
modificata da altri strumenti urbanistici (norme di
attuazione di piano regolatore generale, di piano di
ricostruzione), e pertanto dovrà estendersi
l'esame a tutto il regime di norme edilizie esistenti
nel comune. Ove si riscontrino norme discordanti, tutte
in vigore, dovrà essere applicata, ai fini dell'ammissibilità
della deroga, la norma più restrittiva.
Ad ogni richiesta di deroga, dovrà, pertanto,
essere allegata la intera regolamentazione edilizia
vigente nel comune interessato, ad evitare che con
gli "stralci" delle disposizioni possa essere
trascurata qualche norma che sia in contrasto con quelle
invocate a sostegno della deroga.
Infine, occorre precisare che i poteri di deroga non
possono, in nessun caso, consentire eccezioni alle
specifiche previsioni dei piani regolatori o di ricostruzione
(quali ad esempio allineamenti stradali, destinazioni
edilizie, vincolo di parco pubblico o privato, altimetrie
speciali, ecc.). E' evidente, pertanto, che il nulla-osta
previsto dalla legge n.1357 riguarda soltanto deroghe
alle norme di regolamento edilizio e di attuazione
di piano regolatore o di ricostruzione, e che entro
tali limiti va contenuto il campo di applicazione delle
norme alle quali si può derogare. Nella ipotesi,
quindi, che sia previsto un potere di deroga alle previsioni
di cui sopra la relativa norma deve considerarsi illegittima,
in quanto essa, attraverso la procedura e la forma
stabilita per le deroghe, verrebbe a consentire varianti
al piano regolatore o di ricostruzione per le quali
sono previste procedure e forme particolari.
Da tutto ciò deriva che non dovranno essere prese
in esame dalle sezioni urbanistiche regionali - nella
competenza loro assegnata dal primo comma dell'art.3
della legge n.1357 - né inoltrate a questo Ministero
- ai sensi e per gli effetti del secondo comma del
richiamato articolo di legge - proposte di deroga per
le quali non si identifichi l'esatto presupposto giuridico
per l'esercizio di tale facoltà: e cioè
l'esistenza di una norma legittima ed operante che
attribuisce al comune detta facoltà.
II. - CRITERI DI INTERPRETAZIONE DELLE NORME EDILIZIE
COMUNALI PER L'ESERCIZIO DEL POTERE DI DEROGA
Ove la disposizione per l'uso della facoltà di
deroga esista, dovranno riscontrarsi, caso per caso,
gli estremi e le condizioni di fatto e di diritto perché
tale potere eccezionale possa essere esercitato. Tali
estremi e condizioni variano da regolamento a regolamento
per cui non è possibile esporre una precisa
casistica.
Generalmente, però, nelle norme edilizie comunali,
il potere di deroga è previsto per la costruzione
di chiese, edifici pubblici o di pubblico interesse,
edifici monumentali o rispondenti a speciali esigenze
particolarmente di natura architettonica od ambientale,
edifici od impianti di interesse turistico, ecc.
E' opportuno pertanto che siano puntualizzati i criteri
che consentano una rigorosa e precisa interpretazione
di dette norme ed in proposito si chiarisce quanto
segue:
a) sono edifici pubblici quelli che appartengono ad
enti pubblici e sono destinati a finalità di
carattere pubblico.
Ad esempio sono edifici pubblici, i Ministeri, le caserme,
le scuole, gli ospedali, le chiese, i mercati, i macelli,
le università, ecc.
Non possono, invece, essere definiti "pubblici"
gli edifici costruiti dallo Stato o da altri enti pubblici
che agiscano jure privatorum e cioè nell'esercizio
di attività di carattere privatistico. Ad esempio
non sono pubblici gli edifici costruiti da un ente
pubblico per abitazioni dei propri dipendenti.
b) Per edifici di carattere pubblico debbono intendersi
quelli destinati all'uso pubblico. In tale categoria
non possono farsi rientrare gli edifici ad uso di albergo,
perché il carattere pubblicistico non può
attribuirsi ad un albergo di impresa privata, quale
sia l'importanza turistica del comune (Cons. Stato
- Sez. V, 8-6-1956 "Il consiglio di Stato"
1956, I, 709).
c) Edifici di interesse pubblico sono da considerare
quelli che, pur non essendo costruiti da enti pubblici,
hanno un chiaro e diretto interesse pubblico. A tale
categoria appartengono ad esempio gli edifici costruiti
per le sedi di enti di diritto pubblico (INPS, INAIL
e similari) i musei, le biblioteche, ecc.
In linea generale debbono ritenersi esclusi da tale
categoria gli edifici che, pur avendo una destinazione
di interesse pubblico, sono costruiti da privati.
d) Per edifici monumentali debbono intendersi quelli
vincolati ai sensi e per gli effetti della legge 1-6-1939,
n.1089, e pertanto non sono da considerare tali - come
talvolta risulta dall'interpretazione dei comuni -
edifici di notevole mole o vistosa architettura.
Potranno, eventualmente, ammettersi tra gli edifici
monumentali quelli di carattere altamente rappresentativo,
sempre con esclusione in senso assoluto di edifici
anche parzialmente destinati ad abitazione od altro
uso.
e) Edifici di particolare importanza architettonica.
Nel definire l'importanza architettonica di un edificio
occorre soprattutto tener conto del particolare aspetto
architettonico che ne determini lo spicco tra gli edifici
circostanti, come anche delle caratteristiche degli
elementi di finitura che facciano assumere all'edificio
in questione un aspetto di sostanziale preminenza nell'ambiente
in cui verrà a sorgere.
Ed occorre, inoltre, tener conto della particolare posizione
rispetto agli edifici adiacenti, della struttura edilizia
e viaria della località e degli spazi liberi
intorno.
f) Edifici rispondenti a speciali esigenze di natura
architettonica od ambientale. E' da tener presente
che in questi casi la norma che prevede il potere di
deroga per tale categoria di edifici non può
che riferirsi ad un aspetto edilizio nel suo insieme
e quindi ad un ambiente urbanistico o naturale nel
quale l'edificio va ambientato armonicamente, per non
contrastare con il particolare carattere della località
interessata.
Nell'interpretare, quindi, tale norma, si dovrà
tener conto del valore ambientale circostante e non
soltanto del fatto che uno o due edifici della zona
abbiano raggiunto altezza o proporzioni maggiori di
quelle regolamentari.
E poiché, in genere, si tratta di deroghe per
l'altezza, occorre rilevare che le costruzioni alte
maggiormente attraggono l'attenzione e quindi si rende
più evidente il danno che un edificio che non
abbia spiccate qualità architettoniche può
recare ad una veduta ambientale o panoramica.
Dovranno, pertanto, nella specie, riscontrarsi particolari
pregi ed attrattive architettoniche che conferiscano
all'edificio un carattere particolare ed un armonico
inserimento nell'ambiente circostante.
E', pertanto, da escludersi la possibilità di
concedere deroghe per gli edifici cosiddetti "grattacieli"
per i quali venga proposta una altezza di molto superiore
a quella dei fabbricati viciniori. Non si può,
infatti, parlare di deroga per un episodio urbanisticamente
importante qual è un fabbricato che prevede
un eccezionale numero di piani, con conseguente addensamento
edilizio e necessità di spazi intorno per far
fronte al maggior traffico stradale ed al fabbisogno
di parcheggi.
In tal caso è da considerare la possibilità
di una previsione o di una variante di piano regolatore,
che consenta uno studio più approfondito della
situazione locale ed un'adeguata soluzione urbanistica.
g) Per gli edifici od impianti di interesse turistico
debbono intendersi in primo luogo quelli destinati
ad aumentare la capacità ricettiva di una città
(alberghi) e poi tutti quegli altri che possono contribuire
allo sviluppo turistico di una città ed in particolare
a determinare una maggiore affluenza di turisti.
Deve precisarsi, che, per qualsiasi categoria di edifici,
i caratteri sopraindicati vanno riferiti all'edificio
nella sua totalità, non intendendosi ovviamente
estendere all'intero edificio i caratteri propri di
una parte, anche notevole, di esso. Pertanto, un edificio
pubblico non deve considerarsi tale qualora una parte
di esso, anche modesta, abbia una diversa destinazione.
III. - CRITERI LIMITATI DELL'ESERCIZIO DEL POTERE COMUNALE
DI DEROGA ALLE NORME EDILIZIE REGOLAMENTARI
Oltre ai criteri sopra enunciati per quanto concerne
l'esistenza del presupposto giuridico della facoltà
di deroga e la ricorrenza degli estremi di fatto e
di diritto previsti dalle singole norme, dovranno essere
applicati altri criteri ben precisi e rigorosi in sede
di esame delle proposte comunali, criteri che vanno
intesi come autolimitazione del potere discrezionale
attribuito al Ministero ed alle sezioni urbanistiche
nel rilascio del nulla-osta.
Nel richiamare, a tal proposito, la propria circolare
28-2-1956, n.847, questo Ministero insiste nel richiedere
alle SS.LL. un particolare rigore nell'osservanza dei
criteri in detta circolare indicati, particolarmente
per quanto concerne la contropartita che deve risultare
in corrispettivo della deroga, sia ai fini urbanistici
che a quelli moralizzatori rispetto all'evidente vantaggio
derivante, specie nei casi di costruzioni private,
dal maggior sfruttamento dell'area.
In proposito si ritiene necessario, anzitutto, richiamare
l'attenzione dei comuni e degli organi di controllo
(particolarmente delle prefetture) affinché
sia tassativamente esclusa la possibilità di
ammettere, per la concessione di deroghe, corrispettivi
in danaro o di carattere patrimoniale che non si concretino
in opere di interesse pubblico e che non siano, comunque,
in diretto rapporto con l'opera da eseguire. In ogni
caso tali corrispettivi debbono configurare gli estremi
dell'interesse pubblico o del carattere pubblico dell'edificio
richiesto dalla norma che prevede la facoltà
di deroga.
La contropartita a compenso delle deroghe dovrà,
invece, riguardare:
a) corrispettivi di interesse generale, quali ad esempio:
destinazione ad uso pubblico - con cessione gratuita
- di aree, portici, passaggi, gallerie a libero transito;
spazi vincolati a verde pubblico e privato; opere di
risanamento; impianti dei quali può usufruire
il pubblico (pubblici parcheggi) od altre concessioni
del genere, che dovranno risultare da atti pubblici
di impegno da trascrivere (prima della concessione
della licenza edilizia in deroga da parte del comune)
nei registri immobiliari;
b) compensi di volume, nel senso che non si realizzino,
in deroga, volumi fabbricativi complessivi superiori
a quelli che risulterebbero dalla corretta applicazione
delle norme edilizio-urbanistiche in vigore.
Nei casi - non infrequenti - nei quali le richieste
di deroga riguardino fabbricati da costruire previa
demolizione di altri esistenti il cui volume sia superiore
a quello consentito dalle norme edilizie in vigore
per la località interessata, o le cui caratteristiche
edilizie (distacchi, lunghezze di fronti, cortili,
ecc.) siano anche esse non rispondenti alle norme stesse,
è da precisare che ciò non può
costituire assolutamente un motivo giustificativo della
deroga.
Comunque è evidente che non si può parlare,
in tali casi, di compenso di volumi, in quanto detto
compenso va determinato sulla base delle norme edilizie
in vigore.
Il computo di compensi di volume non dovrà farsi
in base all'applicazione letterale delle norme regolamentari
- la quale non consentirebbe spesso la realizzazione
di edifici rispondenti ai correnti criteri di carattere
tecnico, igienico e architettonico - ma dovrà
risultare dal confronto tra il progetto predisposto
in deroga ed un progetto redatto con l'osservanza del
regolamento vigente e praticamente realizzabile, da
sottoporre ambedue ai competenti organi comunali, e
su ambedue dei quali gli stessi organi dovranno pronunciarsi
circa la rispettiva ammissibilità.
E' da rilevare che spesso, in sede di proposte di deroga,
vengono considerati, ai fini della dimostrazione dell'esistenza
di compensi di volume, arretramenti o cessioni di aree
per sistemazioni viarie o allargamenti di strade previsti
dal piano regolatore. E' ovvio che - essendo tali cessioni
di aree obbligatorie - non possono essere prese a base
del calcolo dei compensi di volume, calcolo che dovrà
farsi, invece sulla base dell'area effettivamente utilizzabile,
senza tener conto di quella parte che deve essere lasciata
libera per l'attuazione dei piani urbanistici.
In ogni caso i computi relativi al volume realizzabile
in base alla applicazione delle norme regolamentari,
ed a quello previsto nel progetto in deroga debbono
essere rigorosamente controllati dalle sezioni urbanistiche
regionali.
IV. - PROPOSTE DI DEROGA AVANZATE IN SANATORIA
Con riferimento alle disposizioni e considerazioni contenute
nella circolare 5-8-1958, n.4561, si conferma che in
nessun caso dovranno essere prese in esame richieste
di deroghe presentate, dai comuni, in sanatoria e cioè
per costruzioni già eseguite o comunque già
autorizzate senza il nulla osta di questa amministrazione.
Ciò in quanto:
a) il nulla-osta alla deroga, per legge, deve essere
rilasciato in via preventiva;
b) ove le costruzioni in deroga siano state realizzate
senza la licenza edilizia comunale, esse sono da considerare
abusive e, come tali, soggette alle sanzioni previste
dalla legge urbanistica 17-8-1942, n.1150;
c) ove le costruzioni in deroga siano state realizzate
con la licenza edilizia comunale, esse sono da considerarsi
illegittime per mancanza del nulla-osta e quindi soggette,
pure, alle sanzioni di cui sopra è fatto cenno;
d) sotto il profilo morale, la sanatoria porterebbe
ad incoraggiare gli abusi, mentre è indispensabile
consolidare sempre più la disciplina urbanistica
con tutti i mezzi a disposizione;
e) infine, la sanatoria potrebbe determinare modificazioni
di giudizi in corso, in caso di liti con terzi.
I comuni, pertanto, dovranno garantire la più
rigorosa applicazione delle norme di legge vigenti
in materia, sia per quanto riguarda il rilascio delle
licenze edilizie sia per quanto concerne l'esercizio
della vigilanza e dei poteri di sospensione e demolizione
di cui all'art.32 della legge urbanistica 17-8-1942,
n.1150 nei confronti delle opere realizzate senza licenza
edilizia od eccedenti quelle consentite dalla licenza.
In relazione a quanto precede, sulle costruzioni per
le quali viene richiesto il nulla-osta alla deroga
in sanatoria, i dirigenti delle sezioni urbanistiche
regionali, in sede di istruttoria di tutte le istanze
di deroga, dovranno accertare e dichiarare, sotto la
loro responsabilità, se le costruzioni stesse
siano state già realizzate, in tutto o in parte,
oltre beninteso i limiti consentiti.
V. - RIESAME DI PROPOSTE DI DEROGA
Si è dovuto constatare che, non di rado, vengono
riproposte - per riesame - istanze di deroga sulle
quali questa amministrazione ha già preso le
sue determinazioni. Le richieste di riesame sono, generalmente,
basate sulla esposizione di nuovi o più ampi
elementi, su modifiche recate al progetto originario,
o su altre circostanze da tenere in particolare evidenza.
Al riguardo si avverte che le richieste di riesame non
dovranno assolutamente essere accettate se non concorrano
le seguenti condizioni:
a) che l'amministrazione abbia già partecipato
ufficialmente al comune le proprie decisioni in ordine
alla prima istanza di deroga;
b) che sia il comune stesso a richiedere il riesame
e non gli interessati, che talvolta rivolgono diretta
istanza alle sezioni urbanistiche regionali, o al Consiglio
superiore dei lavori pubblici od a questo Ministero;
c) che anche per le richieste di riesame sia svolta
la prescritta procedura già eseguita per la
prima istanza;
d) che, in ogni caso, vi siano nuovi elementi o circostanze
che precedentemente non erano stati messi in evidenza
o che, comunque, non sono stati esaminati dall'amministrazione
e che potrebbero indurre l'amministrazione medesima
a modificare in tutto o in parte le determinazioni
già prese.
VI. - APPLICAZIONE DELLA LEGGE NELLE REGIONI A STATUTO
SPECIALE
Le norme di cui alla legge 21-12-1955, n.1357, trovano
applicazione anche nelle regioni a statuto speciale,
fino a quando queste ultime non avranno legiferato
in materia. E' ovvio che i provvedimenti relativi alle
istanze di deroga dovranno essere adottati dai competenti
organi regionali.
In particolare si ricorda alle sezioni urbanistiche
regionali l'obbligo di provvedere al regolare invio,
a questo Ministero, delle situazioni periodiche concernenti
le pratiche relative alle deroghe esaminate dalle sezioni
stesse ex art.3, comma 1 della legge 21-12-1955, n.1357,
ed alla segnalazione a questo Ministero stesso delle
istanze di deroga che pur rientrando nella loro competenza,
rivestano particolare ed eccezionale importanza.
(c) 1996 Note's