[Note's] CIRCOLARE MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI 1 MARZO 1963, N.518

ISTRUZIONI PER L'APPLICAZIONE DELL'ART.3 DELLA LEGGE 21 DICEMBRE 1955, N.1357, RIGUARDANTE L'ESERCIZIO DEI POTERI COMUNALI DI DEROGA ALLE NORME DI REGOLAMENTO EDILIZIO E DI ATTUAZIONE DEI PIANI REGOLATORI.

Questo Ministero si è preoccupato, sin dall'entrata in vigore della legge 21-12-1955, di dare la più esatta e rigorosa interpretazione alle disposizioni di cui all'art.3 della legge stessa, riguardante la facoltà - da parte dei comuni - di derogare alle norme di regolamento edilizio e di attuazione dei piani regolatori. Ed a tal fine sono state diramate circolari normative (n.847 del 28-2-1956, n.1731 del 3-5-1957 e n.4561 del 5-8-1958) intese a chiarire la portata delle norme suddette e ad inquadrare la delicata materia delle deroghe nella disciplina urbanistica e nella salvaguardia dell'ambiente, particolarmente nelle città di spiccato carattere storico ed artistico.
Dopo sette anni di applicazione della legge suddetta questo Ministero ritiene opportuno - soprattutto in relazione ad alcune interpretazioni troppo estensive da parte dei comuni ed a recenti orientamenti giurisprudenziali - di rivedere l'intera materia delle deroghe allo scopo di impartire ulteriori istruzioni intese, principalmente, a stabilire i limiti dei poteri discrezionali di deroga.
E', infatti, da rilevare che frequentemente, attraverso la concessione di deroghe - specialmente in materia di altezza di fabbricati - vengono eluse precise disposizioni di regolamenti edilizi e di piani urbanistici, applicandosi con interpretazione troppo lata norme che hanno carattere del tutto eccezionale ed esigono pertanto una cauta e precisa valutazione delle circostanze di fatto e di diritto.
Nel far seguito, quindi, alle disposizioni interpretative già impartite, questo Ministero definisce con la presente circolare i principali criteri ai quali dovranno rispondere le proposte di deroga avanzate dai comuni interessati ed attenersi agli organi, centrali e decentrati, di questo Ministero nel rilascio dei nulla osta.

I. - PRESUPPOSTO GIURIDICO DELLA FACOLTA' DI DEROGA
E' indispensabile, ovviamente, che per l'esercizio del potere di deroga esista, nella regolamentazione vigente nel comune (regolamento edilizio, norme di attuazione di piano regolatore generale o di piano di ricostruzione) un'apposita norma che attribuisca al comune stesso il potere di derogare a determinate disposizioni contenute nelle predette norme.
Dovrà essere accertato che la norma di regolamento edilizio che consente la deroga non sia superata o modificata da altri strumenti urbanistici (norme di attuazione di piano regolatore generale, di piano di ricostruzione), e pertanto dovrà estendersi l'esame a tutto il regime di norme edilizie esistenti nel comune. Ove si riscontrino norme discordanti, tutte in vigore, dovrà essere applicata, ai fini dell'ammissibilità della deroga, la norma più restrittiva.
Ad ogni richiesta di deroga, dovrà, pertanto, essere allegata la intera regolamentazione edilizia vigente nel comune interessato, ad evitare che con gli "stralci" delle disposizioni possa essere trascurata qualche norma che sia in contrasto con quelle invocate a sostegno della deroga.
Infine, occorre precisare che i poteri di deroga non possono, in nessun caso, consentire eccezioni alle specifiche previsioni dei piani regolatori o di ricostruzione (quali ad esempio allineamenti stradali, destinazioni edilizie, vincolo di parco pubblico o privato, altimetrie speciali, ecc.). E' evidente, pertanto, che il nulla-osta previsto dalla legge n.1357 riguarda soltanto deroghe alle norme di regolamento edilizio e di attuazione di piano regolatore o di ricostruzione, e che entro tali limiti va contenuto il campo di applicazione delle norme alle quali si può derogare. Nella ipotesi, quindi, che sia previsto un potere di deroga alle previsioni di cui sopra la relativa norma deve considerarsi illegittima, in quanto essa, attraverso la procedura e la forma stabilita per le deroghe, verrebbe a consentire varianti al piano regolatore o di ricostruzione per le quali sono previste procedure e forme particolari.
Da tutto ciò deriva che non dovranno essere prese in esame dalle sezioni urbanistiche regionali - nella competenza loro assegnata dal primo comma dell'art.3 della legge n.1357 - né inoltrate a questo Ministero - ai sensi e per gli effetti del secondo comma del richiamato articolo di legge - proposte di deroga per le quali non si identifichi l'esatto presupposto giuridico per l'esercizio di tale facoltà: e cioè l'esistenza di una norma legittima ed operante che attribuisce al comune detta facoltà.

II. - CRITERI DI INTERPRETAZIONE DELLE NORME EDILIZIE COMUNALI PER L'ESERCIZIO DEL POTERE DI DEROGA
Ove la disposizione per l'uso della facoltà di deroga esista, dovranno riscontrarsi, caso per caso, gli estremi e le condizioni di fatto e di diritto perché tale potere eccezionale possa essere esercitato. Tali estremi e condizioni variano da regolamento a regolamento per cui non è possibile esporre una precisa casistica.
Generalmente, però, nelle norme edilizie comunali, il potere di deroga è previsto per la costruzione di chiese, edifici pubblici o di pubblico interesse, edifici monumentali o rispondenti a speciali esigenze particolarmente di natura architettonica od ambientale, edifici od impianti di interesse turistico, ecc.
E' opportuno pertanto che siano puntualizzati i criteri che consentano una rigorosa e precisa interpretazione di dette norme ed in proposito si chiarisce quanto segue:
a) sono edifici pubblici quelli che appartengono ad enti pubblici e sono destinati a finalità di carattere pubblico.
Ad esempio sono edifici pubblici, i Ministeri, le caserme, le scuole, gli ospedali, le chiese, i mercati, i macelli, le università, ecc.
Non possono, invece, essere definiti "pubblici" gli edifici costruiti dallo Stato o da altri enti pubblici che agiscano jure privatorum e cioè nell'esercizio di attività di carattere privatistico. Ad esempio non sono pubblici gli edifici costruiti da un ente pubblico per abitazioni dei propri dipendenti.
b) Per edifici di carattere pubblico debbono intendersi quelli destinati all'uso pubblico. In tale categoria non possono farsi rientrare gli edifici ad uso di albergo, perché il carattere pubblicistico non può attribuirsi ad un albergo di impresa privata, quale sia l'importanza turistica del comune (Cons. Stato - Sez. V, 8-6-1956 "Il consiglio di Stato" 1956, I, 709).
c) Edifici di interesse pubblico sono da considerare quelli che, pur non essendo costruiti da enti pubblici, hanno un chiaro e diretto interesse pubblico. A tale categoria appartengono ad esempio gli edifici costruiti per le sedi di enti di diritto pubblico (INPS, INAIL e similari) i musei, le biblioteche, ecc.
In linea generale debbono ritenersi esclusi da tale categoria gli edifici che, pur avendo una destinazione di interesse pubblico, sono costruiti da privati.
d) Per edifici monumentali debbono intendersi quelli vincolati ai sensi e per gli effetti della legge 1-6-1939, n.1089, e pertanto non sono da considerare tali - come talvolta risulta dall'interpretazione dei comuni - edifici di notevole mole o vistosa architettura.
Potranno, eventualmente, ammettersi tra gli edifici monumentali quelli di carattere altamente rappresentativo, sempre con esclusione in senso assoluto di edifici anche parzialmente destinati ad abitazione od altro uso.
e) Edifici di particolare importanza architettonica. Nel definire l'importanza architettonica di un edificio occorre soprattutto tener conto del particolare aspetto architettonico che ne determini lo spicco tra gli edifici circostanti, come anche delle caratteristiche degli elementi di finitura che facciano assumere all'edificio in questione un aspetto di sostanziale preminenza nell'ambiente in cui verrà a sorgere.
Ed occorre, inoltre, tener conto della particolare posizione rispetto agli edifici adiacenti, della struttura edilizia e viaria della località e degli spazi liberi intorno.
f) Edifici rispondenti a speciali esigenze di natura architettonica od ambientale. E' da tener presente che in questi casi la norma che prevede il potere di deroga per tale categoria di edifici non può che riferirsi ad un aspetto edilizio nel suo insieme e quindi ad un ambiente urbanistico o naturale nel quale l'edificio va ambientato armonicamente, per non contrastare con il particolare carattere della località interessata.
Nell'interpretare, quindi, tale norma, si dovrà tener conto del valore ambientale circostante e non soltanto del fatto che uno o due edifici della zona abbiano raggiunto altezza o proporzioni maggiori di quelle regolamentari.
E poiché, in genere, si tratta di deroghe per l'altezza, occorre rilevare che le costruzioni alte maggiormente attraggono l'attenzione e quindi si rende più evidente il danno che un edificio che non abbia spiccate qualità architettoniche può recare ad una veduta ambientale o panoramica.
Dovranno, pertanto, nella specie, riscontrarsi particolari pregi ed attrattive architettoniche che conferiscano all'edificio un carattere particolare ed un armonico inserimento nell'ambiente circostante.
E', pertanto, da escludersi la possibilità di concedere deroghe per gli edifici cosiddetti "grattacieli" per i quali venga proposta una altezza di molto superiore a quella dei fabbricati viciniori. Non si può, infatti, parlare di deroga per un episodio urbanisticamente importante qual è un fabbricato che prevede un eccezionale numero di piani, con conseguente addensamento edilizio e necessità di spazi intorno per far fronte al maggior traffico stradale ed al fabbisogno di parcheggi.
In tal caso è da considerare la possibilità di una previsione o di una variante di piano regolatore, che consenta uno studio più approfondito della situazione locale ed un'adeguata soluzione urbanistica.
g) Per gli edifici od impianti di interesse turistico debbono intendersi in primo luogo quelli destinati ad aumentare la capacità ricettiva di una città (alberghi) e poi tutti quegli altri che possono contribuire allo sviluppo turistico di una città ed in particolare a determinare una maggiore affluenza di turisti.
Deve precisarsi, che, per qualsiasi categoria di edifici, i caratteri sopraindicati vanno riferiti all'edificio nella sua totalità, non intendendosi ovviamente estendere all'intero edificio i caratteri propri di una parte, anche notevole, di esso. Pertanto, un edificio pubblico non deve considerarsi tale qualora una parte di esso, anche modesta, abbia una diversa destinazione.

III. - CRITERI LIMITATI DELL'ESERCIZIO DEL POTERE COMUNALE DI DEROGA ALLE NORME EDILIZIE REGOLAMENTARI
Oltre ai criteri sopra enunciati per quanto concerne l'esistenza del presupposto giuridico della facoltà di deroga e la ricorrenza degli estremi di fatto e di diritto previsti dalle singole norme, dovranno essere applicati altri criteri ben precisi e rigorosi in sede di esame delle proposte comunali, criteri che vanno intesi come autolimitazione del potere discrezionale attribuito al Ministero ed alle sezioni urbanistiche nel rilascio del nulla-osta.
Nel richiamare, a tal proposito, la propria circolare 28-2-1956, n.847, questo Ministero insiste nel richiedere alle SS.LL. un particolare rigore nell'osservanza dei criteri in detta circolare indicati, particolarmente per quanto concerne la contropartita che deve risultare in corrispettivo della deroga, sia ai fini urbanistici che a quelli moralizzatori rispetto all'evidente vantaggio derivante, specie nei casi di costruzioni private, dal maggior sfruttamento dell'area.
In proposito si ritiene necessario, anzitutto, richiamare l'attenzione dei comuni e degli organi di controllo (particolarmente delle prefetture) affinché sia tassativamente esclusa la possibilità di ammettere, per la concessione di deroghe, corrispettivi in danaro o di carattere patrimoniale che non si concretino in opere di interesse pubblico e che non siano, comunque, in diretto rapporto con l'opera da eseguire. In ogni caso tali corrispettivi debbono configurare gli estremi dell'interesse pubblico o del carattere pubblico dell'edificio richiesto dalla norma che prevede la facoltà di deroga.
La contropartita a compenso delle deroghe dovrà, invece, riguardare:
a) corrispettivi di interesse generale, quali ad esempio: destinazione ad uso pubblico - con cessione gratuita - di aree, portici, passaggi, gallerie a libero transito; spazi vincolati a verde pubblico e privato; opere di risanamento; impianti dei quali può usufruire il pubblico (pubblici parcheggi) od altre concessioni del genere, che dovranno risultare da atti pubblici di impegno da trascrivere (prima della concessione della licenza edilizia in deroga da parte del comune) nei registri immobiliari;
b) compensi di volume, nel senso che non si realizzino, in deroga, volumi fabbricativi complessivi superiori a quelli che risulterebbero dalla corretta applicazione delle norme edilizio-urbanistiche in vigore.
Nei casi - non infrequenti - nei quali le richieste di deroga riguardino fabbricati da costruire previa demolizione di altri esistenti il cui volume sia superiore a quello consentito dalle norme edilizie in vigore per la località interessata, o le cui caratteristiche edilizie (distacchi, lunghezze di fronti, cortili, ecc.) siano anche esse non rispondenti alle norme stesse, è da precisare che ciò non può costituire assolutamente un motivo giustificativo della deroga.
Comunque è evidente che non si può parlare, in tali casi, di compenso di volumi, in quanto detto compenso va determinato sulla base delle norme edilizie in vigore.
Il computo di compensi di volume non dovrà farsi in base all'applicazione letterale delle norme regolamentari - la quale non consentirebbe spesso la realizzazione di edifici rispondenti ai correnti criteri di carattere tecnico, igienico e architettonico - ma dovrà risultare dal confronto tra il progetto predisposto in deroga ed un progetto redatto con l'osservanza del regolamento vigente e praticamente realizzabile, da sottoporre ambedue ai competenti organi comunali, e su ambedue dei quali gli stessi organi dovranno pronunciarsi circa la rispettiva ammissibilità.
E' da rilevare che spesso, in sede di proposte di deroga, vengono considerati, ai fini della dimostrazione dell'esistenza di compensi di volume, arretramenti o cessioni di aree per sistemazioni viarie o allargamenti di strade previsti dal piano regolatore. E' ovvio che - essendo tali cessioni di aree obbligatorie - non possono essere prese a base del calcolo dei compensi di volume, calcolo che dovrà farsi, invece sulla base dell'area effettivamente utilizzabile, senza tener conto di quella parte che deve essere lasciata libera per l'attuazione dei piani urbanistici.
In ogni caso i computi relativi al volume realizzabile in base alla applicazione delle norme regolamentari, ed a quello previsto nel progetto in deroga debbono essere rigorosamente controllati dalle sezioni urbanistiche regionali.

IV. - PROPOSTE DI DEROGA AVANZATE IN SANATORIA
Con riferimento alle disposizioni e considerazioni contenute nella circolare 5-8-1958, n.4561, si conferma che in nessun caso dovranno essere prese in esame richieste di deroghe presentate, dai comuni, in sanatoria e cioè per costruzioni già eseguite o comunque già autorizzate senza il nulla osta di questa amministrazione.
Ciò in quanto:
a) il nulla-osta alla deroga, per legge, deve essere rilasciato in via preventiva;
b) ove le costruzioni in deroga siano state realizzate senza la licenza edilizia comunale, esse sono da considerare abusive e, come tali, soggette alle sanzioni previste dalla legge urbanistica 17-8-1942, n.1150;
c) ove le costruzioni in deroga siano state realizzate con la licenza edilizia comunale, esse sono da considerarsi illegittime per mancanza del nulla-osta e quindi soggette, pure, alle sanzioni di cui sopra è fatto cenno;
d) sotto il profilo morale, la sanatoria porterebbe ad incoraggiare gli abusi, mentre è indispensabile consolidare sempre più la disciplina urbanistica con tutti i mezzi a disposizione;
e) infine, la sanatoria potrebbe determinare modificazioni di giudizi in corso, in caso di liti con terzi.
I comuni, pertanto, dovranno garantire la più rigorosa applicazione delle norme di legge vigenti in materia, sia per quanto riguarda il rilascio delle licenze edilizie sia per quanto concerne l'esercizio della vigilanza e dei poteri di sospensione e demolizione di cui all'art.32 della legge urbanistica 17-8-1942, n.1150 nei confronti delle opere realizzate senza licenza edilizia od eccedenti quelle consentite dalla licenza.
In relazione a quanto precede, sulle costruzioni per le quali viene richiesto il nulla-osta alla deroga in sanatoria, i dirigenti delle sezioni urbanistiche regionali, in sede di istruttoria di tutte le istanze di deroga, dovranno accertare e dichiarare, sotto la loro responsabilità, se le costruzioni stesse siano state già realizzate, in tutto o in parte, oltre beninteso i limiti consentiti.

V. - RIESAME DI PROPOSTE DI DEROGA
Si è dovuto constatare che, non di rado, vengono riproposte - per riesame - istanze di deroga sulle quali questa amministrazione ha già preso le sue determinazioni. Le richieste di riesame sono, generalmente, basate sulla esposizione di nuovi o più ampi elementi, su modifiche recate al progetto originario, o su altre circostanze da tenere in particolare evidenza.
Al riguardo si avverte che le richieste di riesame non dovranno assolutamente essere accettate se non concorrano le seguenti condizioni:
a) che l'amministrazione abbia già partecipato ufficialmente al comune le proprie decisioni in ordine alla prima istanza di deroga;
b) che sia il comune stesso a richiedere il riesame e non gli interessati, che talvolta rivolgono diretta istanza alle sezioni urbanistiche regionali, o al Consiglio superiore dei lavori pubblici od a questo Ministero;
c) che anche per le richieste di riesame sia svolta la prescritta procedura già eseguita per la prima istanza;
d) che, in ogni caso, vi siano nuovi elementi o circostanze che precedentemente non erano stati messi in evidenza o che, comunque, non sono stati esaminati dall'amministrazione e che potrebbero indurre l'amministrazione medesima a modificare in tutto o in parte le determinazioni già prese.

VI. - APPLICAZIONE DELLA LEGGE NELLE REGIONI A STATUTO SPECIALE
Le norme di cui alla legge 21-12-1955, n.1357, trovano applicazione anche nelle regioni a statuto speciale, fino a quando queste ultime non avranno legiferato in materia. E' ovvio che i provvedimenti relativi alle istanze di deroga dovranno essere adottati dai competenti organi regionali.
In particolare si ricorda alle sezioni urbanistiche regionali l'obbligo di provvedere al regolare invio, a questo Ministero, delle situazioni periodiche concernenti le pratiche relative alle deroghe esaminate dalle sezioni stesse ex art.3, comma 1 della legge 21-12-1955, n.1357, ed alla segnalazione a questo Ministero stesso delle istanze di deroga che pur rientrando nella loro competenza, rivestano particolare ed eccezionale importanza.




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