(G.U. 21-2-1977, n.48, supplemento)
CRITERI, METODOLOGIE E NORME TECNICHE GENERALI DI CUI ALL'ART.2, LETTERE B), D), E) DELLA LEGGE 10 MAGGIO 1976, N.319, RECANTE NORME PER LA TUTELA DELLE ACQUE DALL'INQUINAMENTO.
ALLEGATO 1
CRITERI GENERALI E METODOLOGIE PER IL RILEVAMENTO DELLE CARATTERISTICHE QUALITATIVE E QUANTITATIVE DEI CORPI IDRICI E PER LA FORMAZIONE DEL CATASTO DEGLI SCARICHI
Capitolo I
CRITERI GENERALI PER IL RILEVAMENTO DELLE CARATTERISTICHE
QUALITATIVE E QUANTITATIVE DEI CORPI IDRICI
La legge 10-5-1976, n.319, recante norme per la tutela
delle acque dall'inquinamento, affida, tra l'altro,
allo Stato il compito di fissare i criteri generali
e le metodologie per il rilevamento dei <<corpi
idrici superficiali e sotterranei>>.
In proposito devesi subito evidenziare che per la dizione
<<corpo idrico>> non esiste nella nomenclatura
tecnica una precisa definizione, per quanto espressioni
simili siano universalmente accettate anche in campo
internazionale; comunque, per <<corpo idrico>>
deve intendersi <<qualsiasi massa d'acqua che,
indipendentemente dalla sua entità, presenti
proprie caratteristiche idrologiche, fisiche, chimiche,
biologiche, e sia, o possa essere, suscettibile di
uno o più impieghi>>.
A tale riguardo le acque che debbono essere protette
dai danni derivanti da una degradazione della qualità,
possono configurarsi in quelle relative ai seguenti
impieghi, peraltro non necessariamente limitativi:
1) utilizzazione a scopo potabile;
2) utilizzazione per usi agricoli;
3) utilizzazione per usi industriali;
4) mantenimento della vita acquatica;
5) attività ricreativa;
6) navigazione.
Una definizione come quella sopracitata sembra la più
aderente allo spirito delle norme contenute nella legge
di cui trattasi, ma per la sua genericità mal
si presta ad una pratica applicazione proprio laddove
la legge stessa, all'art.7, prevede il rilevamento
- per tutto il territorio nazionale - delle caratteristiche
idrologiche, fisiche, chimiche e biologiche dei corpi
idrici ed il loro andamento nel tempo.
In tale situazione, tenendo presenti le finalità
della legge è parso opportuno fissare, in sede
preliminare, alcuni criteri generali per dare l'immediato
avvio ai rilevamenti di cui all'art.7 precedentemente
richiamato.
Ciò ha portato, come logica conseguenza, a individuare
in modo più realistico i <<corpi idrici>>
allo scopo di poter eseguire - sulla base delle metodologie
che verranno successivamente indicate - i rilevamenti
di cui sopra.
Essi sono stati così distinti:
a) laghi e serbatoi;
b) corsi d'acqua naturali e artificiali;
c) acque di transizione;
d) acque costiere;
e) falde acquifere sotterranee.
A ciascun tipo di corpo idrico (all'atto del rilevamento
delle caratteristiche qualitative e quantitative) corrisponderà
una specifica metodologia, previa precisazione dei
criteri in base ai quali il <<corpo idrico>>
è stato incluso in una determinata classe.
L'indagine sarà completata con tutte le notizie
riguardanti gli scarichi, sia pubblici che privati,
interessanti il corpo idrico ed acquisiti attraverso
il <<catasto degli scarichi>> che dovrà
essere avviato contemporaneamente al rilevamento suddetto.
Inoltre per la redazione del piano nazionale di risanamento
tutti i dati dovranno essere riportati su schede-tipo,
seguendo un codice standard.
1. LAGHI E SERBATOI.
Si denominano <<laghi>> le raccolte di acque
stagnanti, non temporanee. Essi possono essere del
tipo: naturali, aperti o chiusi a seconda che esista
o meno un emissario, naturali ampliati e/o regolati
se provvisti all'incile di opere di regolazione idraulica,
e artificiali se realizzati mediante manufatti di sbarramento.
Rimangono esclusi i laghi salmastri costieri, che verranno
considerati nelle acque di transizione.
L'unità fisiografica lacustre è rappresentata
dallo specchio d'acqua dell'areale emerso e dalle acque
sotterranee che contribuiscono alla formazione dello
specchio lacustre.
Ai fini dell'applicazione della legge dovranno essere
presi in considerazione i corpi idrici lacustri aventi
superficie dello specchio liquido pari a kmq 0,2 o
superiore nel periodo di massimo invaso, nonché
altri aventi una superficie inferiore ma che presentino
specifici interessi (approvvigionamento potabile, interesse
paesaggistico, naturalistico, ecc.).
Per ogni corpo idrico dovrà essere indicato il
tipo e dovranno essere precisate le caratteristiche
geografiche e topografiche, estendendo la ricerca -
oltre che al lago - anche al bacino imbrifero in cui
il lago stesso si trova.
Tra gli elementi caratteristici saranno da evidenziare
(con riferimento a specifici livelli idrici) l'area
del lago, lo sviluppo delle sponde, la profondità
ed il volume di invaso.
Per quanto concerne il bacino imbrifero di alimentazione
andranno precisate le caratteristiche morfologiche
del bacino stesso e del reticolo idrografico, con particolare
riferimento agli immissari ed all'emissario.
Per ciascun corpo idrico dovranno inoltre essere fornite
informazioni relative alle utilizzazioni prevalenti,
che possono essere così identificate: uso potabile,
uso industriale, produzione di energia elettrica, uso
agricolo, esercizio della pesca, utilizzazione per
balneazione ed attività ricreative e navigazione
di linea.
Particolare cura dovrà poi essere posta nella
indicazione delle caratteristiche idrologiche, fisiche,
chimiche e biologiche del corpo idrico.
La ricerca di tali elementi non può essere limitata
al lago considerato isolatamente, ma va inquadrata
nei caratteri geo-idro-morfologici di tutto il bacino
imbrifero. La conoscenza della geologia del bacino
e delle condizioni geomorfologiche della rete idrografica
completano, infatti, il quadro dei fattori fisici da
cui dipende il regime del lago stesso.
Particolare rilievo, ai fini del bilancio idrologico
del bacino, assumono le caratteristiche idrologiche
degli immissari, dell'emissario e dello stesso specchio
liquido. E' noto inoltre che in relazione al tempo
di ricambio, ai processi chimici e biologici che si
verificano nel lago ed alle torbide immesse dagli immissari,
variano le qualità delle acque sia dal punto
di vista chimico (concentrazione di sostanze disciolte
o sospese) che da quello fisico (trasparenza, che influisce
sullo spessore dello strato d'acqua ove si svolge la
fotosintesi), nonché da quello biologico.
Le indagini di carattere idrologico, fisico, chimico
e biologico risultano quindi assai complesse e lunghe.
Comunque in una prima fase del censimento sarà
sufficiente limitare le ricerche a pochi parametri,
quali: portata dell'emissario per i laghi naturali
o assimilati, portata derivata per i vari usi per i
serbatoi artificiali, livelli del lago, temperatura,
trasparenza, ossigeno disciolto, sostanze nutritive
e conducibilità elettrica.
Ove siano note alterazioni coinvolgenti l'intero corpo
idrico lacustre dovute a metalli, sostanze sospese,
temperatura, ecc., queste dovranno essere descritte
e segnalate.
2. CORSI D'ACQUA.
Con la denominazione <<corsi d'acqua>> si
identificano sia i corsi d'acqua naturali (come i fiumi,
i torrenti, i rii, ecc.) che quelli artificiali (come
i canali irrigui, industriali, navigabili, reti di
scolo, ecc.), fatta però esclusione dei canali
appositamente costruiti per lo smaltimento di liquami
e di acque reflue industriali.
Per i corsi d'acqua che sfociano in mare il limite delle
acque correnti interne coincide con l'inizio della
zona di foce (paragrafo 3).
Ai fini dell'applicazione della legge debbono essere
presi in considerazione:
a) tutti i corsi d'acqua naturali il cui bacino imbrifero,
allo sfocio a mare o alla confluenza, sia uguale o
superiore a kmq 100;
b) tutti i corsi d'acqua artificiali con portata di
esercizio di 1 mc/s o superiore;
c) tutti i corsi d'acqua naturali e artificiali non
rientranti nelle precedenti voci, ma che rivestono
specifici interessi (uso potabile, paesaggistico, naturalistico,
inquinamento, rapporti diretti con acque sotterranee,
ecc.).
La caratterizzazione geografica e topografica dei corsi
d'acqua va eseguita nell'ambito del bacino imbrifero
di appartenenza, del quale pertanto dovranno essere
preliminarmente noti o accertati - secondo la naturale
e progressiva ripartizione della rete idrografica -
gli elementi areali ed altimetrici.
Per ogni corpo idrico si renderanno poi necessarie ulteriori
indagini (più o meno approfondite a seconda
della importanza del corso d'acqua) per la delimitazione
dell'alveo, per il rilievo di sezioni trasversali e
per il tracciamento del profilo longitudinale.
Comunque, in via indicativa, sarà sufficiente
indicare, in una prima fase dell'indagine, in corrispondenza
di ogni sezione prescelta - oltre agli elementi geografici
di identificazione territoriale del corpo idrico (località,
comune, provincia)- il bacino principale di appartenenza
e i vari sottobacini nonché i bacini allacciati,
l'area del bacino sotteso e la distanza della sezione
dalla confluenza o dal mare.
Altre notizie riguarderanno le attuali prevalenti utilizzazioni
idriche, secondo la suddivisione già indicata
per i laghi.
Infine dovranno definirsi - sempre per ogni corpo idrico
- le caratteristiche idrologiche, fisiche, chimiche
e biologiche del corpo idrico.
Per quanto concerne le caratteristiche idrologiche sarà
opportuno che in corrispondenza di ogni sezione prescelta
venga istituita (qualora già non lo sia) una
regolare stazione di misura delle portate liquide e
torbide in modo di rilevare - quanto meno - i periodi
di magra, di particolare importanza nelle indagini
sull'inquinamento delle acque. Comunque, per sezioni
idriche di scarso rilievo l'accertamento potrà
essere limitato a saltuarie misure di portata, in modo
da dedurre valori abbastanza attendibili sia della
portata media che di quella minima.
In merito poi alle caratteristiche fisiche, chimiche
e biologiche delle acque, la ricerca dovrà avere
principalmente per oggetto i seguenti fattori: solidi
sospesi, ossigeno disciolto, temperatura, BOD5, N ammoniacale,
metalli, indici batteriologici, ecc.
3. ACQUE DI TRANSIZIONE.
Si identificano nelle <<acque di transizione>>
i seguenti corpi idrici: laghi e stagni salmastri,
lagune e zone di foce.
Per <<zona di foce>> deve intendersi il
tratto terminale del flusso di acqua compreso tra la
sua bocca e il limite delle acque dolci, corrispondente
quest'ultimo alla sezione del corso d'acqua più
lontana dalla foce, in cui con bassa marea e in periodo
di magra si riscontra - in uno qualsiasi dei suoi punti
- un sensibile aumento del grado di salinità
dovuto alla presenza di acqua marina.
La caratterizzazione geografica e topografica delle
acque di transizione andrà eseguita, a seconda
del caso, con le medesime modalità già
indicate per i laghi e i corsi d'acqua.
Anche per tali acque si forniranno notizie sulle prevalenti
utilizzazioni idriche, quali l'uso industriale, l'esercizio
della pesca, l'utilizzazione per balneazione ed attività
ricreative e la navigazione.
In merito poi alle caratteristiche idrologiche, fisiche,
chimiche e biologiche del corpo idrico, le relative
indagini dovranno avvenire assimilando i laghi e gli
stagni salmastri ai laghi e serbatoi (paragrafo 1),
le lagune alle acque costiere (paragrafo 4) e le zone
di foce ai corsi di acqua (paragrafo 2), inserendo
però sempre la conducibilità tra i parametri
già indicati.
4. ACQUE COSTIERE.
L'identificazione delle <<acque costiere>>
in una prima fase dell'indagine, dovrà avvenire
prendendo in considerazione le acque comprese entro
una fascia di circa 100 metri dalla costa.
Al fine della caratterizzazione geografica e topografica
del corpo idrico dovranno essere precisati gli elementi
geografici di delimitazione ed indicata l'esistenza
di eventuali rilievi batimetrici riferiti al medio
mare, che consentano la precisa identificazione dei
fondali.
Inoltre per ciascun tratto costiero dovranno essere
fornite notizie sulle attuali prevalenti utilizzazioni,
quali la balneazione, la pesca, la mitilicoltura e
la navigazione.
Data la particolare natura del corpo idrico in questione,
non appare necessario il rilevamento di specifiche
caratteristiche idrologiche connesse con gli scopi
che la legge si prefigge, mentre per quanto si riferisce
alle caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche
delle acque il numero minimo dei parametri da determinare
dovrà riguardare: la trasparenza, le sostanze
nutritive, gli olii minerali e gli indici batteriologici.
5. FALDE ACQUIFERE SOTTERRANEE.
Si identificano come <<acque sotterranee>>
tutti gli accumuli d'acqua nel sottosuolo, permanenti
o non permanenti, in quantità tali da essere
oggetto di utilizzazione, anche stagionale.
Fra essi ricadono le falde freatiche e quelle profonde
(in pressione o no) contenute in formazioni rocciose
filtranti o fratturate, e, in via subordinata, i corpi
d'acqua intrappolati entro formazioni rocciose profonde
e praticamente immobili. Pure le manifestazioni sorgentizie,
concentrate o diffuse (anche subacquee), si considerano
come appartenenti a tale gruppo di acque, perché
rappresentano affioramenti della circolazione idrica
sotterranea.
La caratterizzazione geografica e topografica dei corpi
idrici in questione è quanto mai difficile per
la necessità di esaminare, in maniera globale,
le falde acquifere unitamente alle proprie zone di
alimentazione e di discarica.
Per le finalità cui mira la legge dovranno, comunque,
essere dapprima prese in considerazione quelle falde
o sorgenti che presentino particolari condizioni di
vulnerabilità rispetto agli inquinamenti diretti
o indiretti.
Nel caso delle falde sotterranee assume spiccata importanza
la delimitazione del "bacino idrogeologico"
al quale il corpo idrico sotterraneo appartiene, i
cui limiti possono essere indipendenti da quelli del
bacino idrografico superficiale e sono connessi alla
struttura geologica del sottosuolo ed alle caratteristiche
idrogeologiche delle formazioni rocciose presenti.
Per quanto concerne le sorgenti la individuazione del
corpo idrico non dovrà limitarsi alla precisazione
delle caratteristiche geografiche e topografiche del
sito ove la sorgente stessa si manifesta, ma dovrà
essere estesa alla falda alimentatrice.
Per ogni corpo idrico sotterraneo dovranno poi essere
fornite informazioni sulle utilizzazioni prevalenti
attuali, da identificarsi principalmente negli usi
potabile, agricolo e industriale.
Le indagini sulle caratteristiche idrologiche sono strettamente
connesse con quelle di natura geologica, necessarie
per la individuazione del serbatoio acquifero sotterraneo
e del relativo bacino idrogeologico; esse dovranno
essere estese a tutto il bacino, con lo scopo precipuo
di giungere, per ogni corpo idrico, alla determinazione
della configurazione del regime della circolazione
idrica sotterranea.
Tutto ciò evidenzia - anche in questo caso -
la mole e la complessità delle indagini da effettuare,
per cui, in una prima fase, si potranno utilizzare
i dati disponibili relativi a studi già eseguiti
o facilmente rilevabili, rivolgendo l'attenzione solo
a quei corpi idrici che risultino essere interessati
da problemi di inquinamento.
In merito poi agli specifici rilievi delle caratteristiche
fisiche, chimiche e biologiche delle acque sotterranee,
le determinazioni dovranno essere limitate in generale
ad un ristretto numero di parametri analitici fondamentali
(quali: temperatura, durezza, conduttività,
alcune specie ioniche fondamentali e indici batteriologici)
salvo aggiungere, caso per caso, parametri specifici,
legati cioè alla presenza di particolari fenomeni
di contaminazione.
Capitolo II
METODOLOGIE PER IL RILEVAMENTO DELLE CARATTERISTICHE QUALITATIVE E QUANTITATIVE DEI CORPI IDRICI
A - LAGHI E SERBATOI
1. NOTIZIE GENERALI.
1.1 Denominazione.
Si indicherà la denominazione risultante dalla
tavoletta al 25.000 dell'Istituto geografico militare
(I.G.M.), seguita da eventuali toponimi storici o locali.
1.2 Regione.
Si indicherà quella, o quelle, nel cui territorio
ricade il bacino idrografico.
1.3 Provincia.
Si indicherà quella, o quelle, nel cui territorio
ricade lo specchio liquido.
1.4 Localizzazione geografica.
Per i laghi o serbatoi di non immediata individuazione
dovrà essere indicata la, o le, tavolette I.G.M.
al 25.000 in cui ricade il lago, con l'indicazione
se trattasi di lago naturale, naturale ampliato e/o
regolato, oppure artificiale.
1.5 Affluenti.
Salvo particolari ragioni di interesse ai fini della
legge si indicheranno i nomi degli affluenti che hanno
un bacino imbrifero proprio di almeno 100 kmq e, comunque,
quelli il cui bacino rappresenti almeno il 20% della
superficie complessiva del bacino imbrifero del lago.
1.6 Emissario/i.
Si indicheranno i nomi secondo la terminologia I.G.M.
1.7 Quota del pelo liquido (in metri s.l.m.).
Per i laghi naturali si indicheranno le quote medie
desunte dalle tavolette I.G.M. al 25.000 o, in mancanza,
quelle rilevabili da appositi studi o rilevamenti diretti.
Per i serbatoi artificiali si indicheranno quelle di
massima ritenuta.
1.8 Area del lago (in chilometri quadri).
Dovrà intendersi la superficie dello specchio
liquido riferita alla quota del pelo liquido fissata
come al paragrafo 1.7 e ricavata per planimetratura
delle tavolette I.G.M. al 25.000.
1.9 Perimetro del lago (in chilometri).
Da ricavarsi dalle tavolette I.G.M. al 25.000 o da altre
fonti o rilevamenti diretti con riferimento alle quote
del pelo liquido di cui al paragrafo 1.7.
1.10 Superficie del bacino imbrifero (in chilometri
quadri).
Da ricavarsi dalle pubblicazioni del Servizio Idrografico
del Ministero dei lavori pubblici, inclusa la superficie
dello specchio liquido.
2. UTILIZZAZIONI PREVALENTI ATTUALI.
2.1 Uso potabile.
Si indicherà su tavolette I.G.M. al 25.000 l'ubicazione
delle prese, effettuate direttamente sul corpo idrico,
destinate ad acquedotti pubblici e le portate complessive
derivate (in l/s - valore medio annuo).
2.2 Uso industriale.
Si indicherà su tavolette I.G.M. al 25.000, l'ubicazione
delle prese destinate ad insediamenti produttivi, ed
i volumi d'acqua complessivamente derivati (in mc/g
- valore medio annuo).
2.3 Produzione di energia elettrica.
Si indicherà su tavolette I.G.M. al 25.000 l'ubicazione
delle prese per produzione di energia elettrica precisando
se trattasi di acque destinate a produzione diretta
di energia, a centrali di pompaggio per accumulo di
energia, a raffreddamento di centrali termoelettriche
o termonucleari, ecc., e, ove possibile, le portate
in gioco (in mc/s - valore medio annuo).
2.4 Uso agricolo.
Si indicherà su tavolette I.G.M. al 25.000 l'ubicazione
delle prese destinate ad uso irriguo, e le portate
complessive derivate (in l/s - valore medio del periodo
irriguo), trascurando le derivazioni inferiori a 5
l/s.
2.5 Usi vari.
Si segnalerà l'esistenza di consorzi obbligatori
per la tutela della pesca di concessioni esclusive
di pesca, di stabilimenti balneari legalmente autorizzati
all'esercizio di campeggi direttamente insediati sulle
sponde, di enti per l'esercizio della navigazione di
linea, ecc., nonché la utilizzazione del lago
per scopi di attenuazione delle piene.
3. CARATTERISTICHE IDROLOGICHE.
3.1 Portate.
a) Per i laghi naturali ed assimilati si indicherà
la portata media annua (mc/s) in una sezione poco a
valle dell'incile, ove non si risenta di eventuali
opere di derivazione, utilizzando le stazioni di misura
esistenti; essa sarà ricavata secondo le metodologie
del servizio idrografico del Ministero dei lavori pubblici.
In mancanza di rilevamenti diretti verrà indicato
un valore approssimato ottenuto con metodi indiretti.
b) Per i laghi artificiali si indicheranno i valori
delle portate medie mensili (mc/s) derivate per i diversi
usi ricavati attraverso l'utilizzazione dei dati di
esercizio, ed, in mancanza, con metodi indiretti.
In ogni caso andrà indicata l'ubicazione della
stazione di misura sulle tavolette I.G.M. al 25.000.
3.2 Profondità massima (in metri).
Da ricavarsi dalle carte I.G.M. con riferimento alle
quote del pelo liquido di cui al paragrafo 1.7 ed,
in mancanza, da rilevamenti diretti.
3.3 Volume d'acqua (in milioni di metri cubi).
Ove non conosciuto, da valutarsi col metodo delle isobate
principali da riferirsi alle quote del pelo liquido
di cui al paragrafo 1.7
3.4 Copertura di ghiaccio.
Dovrà essere indicato se il lago è soggetto
a formazione di ghiaccio superficiale, il grado di
copertura approssimativo, ed eventualmente lo spessore.
4. CARATTERISTICHE FISICHE, CHIMICHE E BIOLOGICHE.
4.1 Ubicazione delle stazioni di prelievo e di misura.
Nella prima fase di avvio delle indagini, per avere
un'informazione di massima sulla qualità delle
acque del corpo idrico in questione, sarà sufficiente
scegliere una sola stazione in corrispondenza del punto
di massima profondità, per i laghi naturali
e assimilati.
Per i laghi artificiali la stazione dovrà essere
scelta a sufficiente distanza dall'opera di sbarramento,
in modo da non essere direttamente influenzata dall'esercizio
del serbatoio.
Nella stazione scelta dovranno essere effettuati tre
prelievi: il primo ad 1 metro di profondità
dal pelo liquido, il secondo a circa 1 metro dal fondo
ed il terzo a metà distanza tra i due punti
precedenti.
Per i laghi poco profondi (< 5 m) il numero dei campionamenti
lungo la verticale può essere ridotto a due
(superficie e fondo).
4.2 Frequenza dei rilevamenti.
I campionamenti, per i laghi naturali ed assimilati,
verranno effettuati in due periodi caratteristici del
ciclo annuale.
Il primo nel trimestre gennaio-marzo (periodo di piena
circolazione), il secondo nel bimestre settembre-ottobre.
Per i laghi con prolungato periodo di copertura di ghiaccio
il primo prelievo verrà effettuato immediatamente
dopo lo scioglimento completo del ghiaccio.
Per i laghi artificiali il prelievo dovrà, ovviamente,
essere subordinato all'esercizio del serbatoio.
4.3 Parametri.
4.3.1 - Temperatura dell'acqua (oC).
La misura andrà effettuata entro la massa d'acqua,
in corrispondenza della profondità indicata,
mediante termometri a rovesciamento o termometri elettrici.
La precisione della misura dovrà essere di almeno
0,1 oC (vedi: Metodi analitici per le acque, IRSA,
da ora nel testo abbreviato <<Manuale IRSA>>).
4.3.2 - Trasparenza (in metri).
Andrà effettuata mediante disco SECCHI (consistente
in un disco metallico del diametro di circa cm 25,
verniciato in bianco, appeso ad un cavo metrato).
La misura è data dal valore medio tra la profondità
di scomparsa e quella di ricomparsa del disco.
4.3.3 - Ossigeno disciolto.
La misura andrà effettuata con il metodo di Winkler
con fissazione dell'O2 al momento del prelievo. Per
il campionamento dovranno essere utilizzate le apposite
bottiglie da prelievo in profondità. La concentrazione
andrà espressa in mg/l di O2, (manuale IRSA).
4.3.4 - Sostanze nutritive.
Le analisi dovranno essere eseguite su campioni, filtrati
sul posto, su membrana filtrante di porosità
0,45 m salvo che per il fosforo totale.
4.3.4.1 - Azoto ammoniacale. - Da determinare mediante
nesslerizzazione diretta (manuale IRSA). La concentrazione
andrà espressa in mg/l N-NH3.
4.3.4.2 - Azoto nitroso. - Da determinare con il metodo
dell'acido solfanilico-naftilamina (manuale IRSA),
con concentrazione espressa in mg/IN-NO2.
4.3.4.3 - Azoto nitrico. - Da determinare con il metodo
dell'acido fenoldisolfonico (manuale IRSA), con concentrazione
espressa in mg/l N-NO3.
4.3.4.4 - Fosforo (ortofosfato). - Da determinare col
metodo all'acido ascorbico (manuale IRSA), con concentrazione
espressa in mg/l P-PO4.
4.3.4.5 - Fosforo (totale). - Da determinare sul campione
tal quale, applicando la digestione acida (miscela
solfonitrica) seguita dalla determinazione con il metodo
all'acido ascorbico (manuale IRSA), con concentrazione
espressa in mg/l P-tot.
4.3.4.6 - Cloruri (limitatamente ai laghi e stagni costieri).
- Da determinare secondo il metodo di Volhard (titolazione
argentometrica) (manuale IRSA), con concentrazione
espressa in mg/l Cl.
B - CORSI D'ACQUA NATURALI E ARTIFICIALI.
Per ogni corso d'acqua naturale, sia principale che secondario, avente un bacino imbrifero di kmq 100 o superiore e per ogni corso d'acqua artificiale, con portata di esercizio di mc/s 1 o superiore, dovranno essere rilevati e riportati in scheda i dati e le informazioni seguenti:
1. NOTIZIE GENERALI.
1.1 Denominazione del corso d'acqua.
Si indicherà il nome risultante dalla tavoletta
al 25.000 dell'I.G.M., seguito eventualmente da altri
toponimi storici o locali.
1.2 Regione.
Si indicherà quella, o quelle, nel cui territorio
ricade il bacino idrografico.
1.3 Provincia.
Si indicherà quella, o quelle, nel cui territorio
ricade il bacino idrografico.
1.4 Compartimento idrografico.
Si indicherà il compartimento di competenza del
servizio idrografico del Ministero dei lavori pubblici.
Per i corsi d'acqua artificiali si indicherà
l'ente gestore.
1.5 Bacino idrografico principale.
Si indicherà il nome del bacino principale di
appartenenza. Per i canali di irrigazione si indicherà
il corpo idrico di presa.
1.6 Recapito del corso d'acqua.
Si indicherà il nome del corso d'acqua o del
lago in cui il corpo idrico confluisce. Per i corsi
d'acqua artificiali si indicherà il ricettore
finale.
1.7 Area del bacino imbrifero.
Si indicherà la superficie (chilometri quadri)
in chiusura di bacino, ricavata dalle pubblicazioni
ufficiali del servizio idrografico del Ministero dei
lavori pubblici o calcolata per planimetratura delle
tavolette I.G.M. al 25.000. Per i canali di bonifica
si indicherà il comprensorio servito.
2. UTILIZZAZIONI PREVALENTI ATTUALI.
2.1 Uso potabile (vedi metodologia indicata per i laghi).
2.2 Uso industriale (vedi metodologia indicata per i laghi).
2.3 Produzione energia elettrica (vedi metodologia indicata per i laghi).
2.4 Uso agricolo (vedi metodologia indicata per i laghi).
2.5 Usi vari (vedi metodologia indicata per i laghi).
3. CARATTERISTICHE IDROLOGICHE.
3.1 Portate.
Per le sezioni, oggetto del rilevamento delle caratteristiche
fisiche, chimiche e biologiche di cui appresso, dovranno
essere ricavati, secondo le metodologie del servizio
idrografico del Ministero dei lavori pubblici, i seguenti
elementi:
a) valori caratteristici delle portate liquide (medie
- massime - minime) espresse in mc/s;
b) valori caratteristici delle portate solide (medie
- massime - minime) espresse in T/kmq;
c) numero dei giorni consecutivi con portata nulla.
Si utilizzeranno, per quanto possibile, le stazioni
già impiantate del servizio idrografico sopra
citato.
L'individuazione delle stazioni di misura sarà
fatta sulle tavolette al 25.000 dell'I.G.M. con l'indicazione
della distanza dalla foce o dalla confluenza.
Per i corsi d'acqua artificiali si indicheranno almeno
i seguenti elementi: la portata media annua (mc/s)
ed i periodi di asciutta.
4. CARATTERISTICHE FISICHE, CHIMICHE E BIOLOGICHE.
4.1 Ubicazione delle stazioni di prelievo e misura.
a) Il numero minimo delle stazioni per ciascun corso
d'acqua naturale verrà stabilito in funzione
dell'area del bacino imbrifero, come segue:
Area del bacino (kmq) Numero delle stazioni
100 - 250 1
251 - 500 2
501 - 1.000 3
1.001 - 5.000 6
5.000 - 10.000 8
10.001 - 25.000 12
25.000 - 50.000 16
50.001 24
Le stazioni dovranno essere, in linea generale, distribuite
in modo da interessare l'asta del corso d'acqua a partire
dalla sezione di chiusura del bacino (che nel caso
delle acque sfocianti a mare corrisponde con il "limite
delle acque dolci" ad intervalli possibilmente
regolari, garantendo l'ubicazione di una stazione in
corrispondenza della chiusura del bacino stesso, e
tenendo conto - al fine di aumentarne eventualmente
il numero - degli insediamenti urbani e produttivi
di rilevante importanza dal punto di vista dell'inquinamento
nonché dei principali affluenti. In corrispondenza
di questi ultimi le stazioni verranno ubicate immediatamente
a valle dell'immissione, dove è garantita la
completa miscelazione.
b) Per i corsi d'acqua artificiali andrà ubicata
una stazione almeno nel punto di derivazione per i
canali irrigui, e poco a monte della confluenza per
quelli di scolo. Nel caso che i canali ricevano scarichi
provenienti da insediamenti urbani o produttivi di
rilevante entità, dal punto di vista del carico
inquinante, dovranno essere introdotte altre stazioni
a valle di dette immissioni.
c) Nella prima fase di avvio delle indagini dovrà
darsi la priorità ai rilevamenti ed alle misure
nelle sezioni che risulteranno maggiormente interessate
da problemi di inquinamento, utilizzando, per quanto
possibile, le esistenti stazioni di misura del servizio
idrografico del Ministero dei lavori pubblici.
4.2 Frequenza del campionamento.
In ogni stazione, per i corsi d'acqua naturali dovranno
essere effettuati almeno 4 campionamenti in periodi
diversi nell'arco dell'anno; preferibilmente 2 campionamenti
riferiti al regime di magra e gli altri 2 alle condizioni
medie di portate.
Per i corsi d'acqua artificiali dovranno essere eseguiti
almeno 2 prelievi all'anno nei periodi di massima e
minima portata.
4.3 Parametri.
Le misure ed i prelievi dovranno essere effettuati nel
filone centrale della corrente, possibilmente alla
profondità di cm 15.
4.3.1 - Solidi sospesi.
Per filtrazione su membrana da 0,45 m e successivo essiccamento
tra 100-105 oC. Concentrazione in mg/l (manuale IRSA).
4.3.2 - Ossigeno disciolto. (Vedi laghi).
4.3.3 - Temperatura.
Verrà misurata con la precisione di 0,1 oC con
termometri a mercurio o elettrici (manuale IRSA).
4.3.4 - Richiesta biochimica di ossigeno (BOD5).
L'analisi verrà generalmente effettuata su campione
tal quale, misurando la concentrazione dell'ossigeno
al tempo zero e dopo incubazione di 5 giorni secondo
le modalità indicate nel manuale IRSA. Il consumo
di ossigeno dovrà essere espresso in mg/l di
O2.
4.3.5 - Azoto ammoniacale. (Vedi laghi).
4.3.6 - Metalli.
Interessano preferenzialmente Cu, Zn, Pb, Hg, Cd, Cr
totale, da determinare solo nel caso che il corso di
acqua sia notoriamente interessato da scarichi contenenti
detti metalli (manuale IRSA). Concentrazione in mg/l
di metallo.
4.3.7 - Indici batteriologici.
Nella prima fase dell'indagine ci si limiterà
alla determinazione dei coliformi totali e fecali da
esprimere in MPN/l00 ml (manuale IRSA).
C - ACQUE COSTIERE.
Nella prima fase dell'indagine - ai fini della comparabilità
dei dati su scala nazionale - per ogni comune, il cui
territorio si affacci sulla costa, dovranno essere
effettuati prelievi in una stazione fissa posta circa
a m 100 dalla costa.
Particolare attenzione verrà rivolta: alle zone
in cui la balneazione è espressamente autorizzata
dalle autorità competenti; alle zone in cui
la stessa non è vietata e viene praticata in
modo consuetudinario da un congruo numero di bagnanti;
alle zone in cui è praticata la molluschicoltura
regolarmente autorizzata.
In questi casi i prelievi dovranno effettuarsi secondo
le norme vigenti.
1. NOTIZIE GENERALI.
1.1 Localita'.
Si indicherà il comune il cui territorio si affaccia
sulle acque costiere.
1.2 Provincia e regione.
Si indicheranno quelle in cui ricade il comune.
1.3 Tipo di costa.
Si indicherà se trattasi di costa alta o bassa,
e si elencheranno i corsi d'acqua sfocianti ed eventuali
opere portuali e di difesa.
1.4 Natura del fondale.
Si segnalerà se trattasi di fondale sabbioso,
fangoso, ghiaioso, roccioso, e, ove conosciute, si
forniranno notizie sulle correnti prevalenti e sulla
batimetria.
2. UTILIZZAZIONI PREVALENTI ATTUALI.
2.1 Balneazione.
Si segnaleranno il numero di stabilimenti balneari regolarmente
autorizzati all'esercizio ed il numero di campeggi
che insistono sulle aree limitrofe al tratto di costa
interessato.
2.2 Molluschicoltura.
Si includerà il numero degli stabilimenti autorizzati.
2.3 Navigazione.
Si indicherà la presenza di porti ed approdi.
3. CARATTERISTICHE FISICHE, CHIMICHE E BIOLOGICHE.
3.1 Ubicazioni delle stazioni di prelievo e di misura.
Per ogni comune di cui al punto 1, dovrà essere
localizzata almeno una stazione prospiciente il centro
abitato alla distanza indicata in precedenza. Se tale
centro è situato nell'entroterra, la stazione
dovrà essere ubicata nel tratto centrale della
linea di costa del comune. L'individuazione delle stazioni
di prelievo e di misura sarà fatta sulle tavolette
al 25.000 dell'I.G.M.
3.2 Frequenza del campionamento.
Le misure ed i prelievi dovranno essere effettuati una
volta al mese in: febbraio, aprile, giugno, luglio,
agosto, settembre, ottobre, dicembre.
Nelle aree di interesse balneare o in quelle adibite
alla molluschicoltura la frequenza sarà quella
indicata dalle norme vigenti.
Nella scelta del punto di prelievo va segnalato il riferimento
alle condizioni meteo-marine, la cui descrizione -
unitamente all'indicazione dell'ora del prelievo -
dovrà formare oggetto della relazione di accompagnamento.
I controlli andranno intensificati ove i risultati non
fossero sufficientemente uniformi e attendibili.
3.3 Parametri.
3.3.1 - Profondità. Si indicherà l'altezza
del fondale in corrispondenza del punto di prelievo.
3.3.2 - Trasparenza. Si effettuerà secondo le
metodologie già indicate per i laghi.
3.3.3 - Sostanze nutritive. Si effettueranno le analisi
dell'azoto ammoniacale, dell'azoto nitroso, dell'azoto
nitrico, del fosforo (ortofosfato) e del fosforo totale
con i criteri indicati per i laghi sul campione prelevato
all'unica profondità di cm 10 (manuale IRSA).
3.3.4 - Oli minerali. Verranno determinati, in un primo
tempo, per estrazione con etere di petrolio sul campione
tal quale prelevato in superficie (manuale IRSA).
3.3.5 - Indici batteriologici. In un primo tempo ci
si limiterà alla determinazione dei coliformi
totali e fecali da esprimere in MPN/100 ml (manuale
IRSA).
D - ACQUE DI TRANSIZIONE.
Per i diversi corpi idrici, a seconda della loro assimilazione, si adotteranno le metodologie indicate per i laghi, per i corsi d'acqua o per le acque costiere.
E - FALDE ACQUIFERE SOTTERRANEE.
1. NOTIZIE GENERALI.
Presupposto di ogni indagine idrologica sulle acque
sotterranee è la preliminare individuazione
del corpo idrico sotterraneo e del relativo bacino
idrogeologico, da conseguirsi mediante ricerche geologiche,
geofisiche ed idrologiche.
E' da tenere comunque presente che nel caso delle acque
sotterranee, a causa delle difficoltà nella
individuazione dei corpi idrici e della complessa struttura
geologica del serbatoio sotterraneo, le approssimazioni
nelle valutazioni si presentano frequentemente inferiori
a quelle relative alle acque superficiali.
Si dovrà comunque pervenire ad una caratterizzazione
dei corpi idrici sotterranei nei loro seguenti aspetti:
a) modalità e condizioni di alimentazione e di
deflusso, sia naturali che artificiali;
b) proprietà idrogeologiche delle formazioni
rocciose acquifere e loro distribuzione spaziale (porosità,
permeabilità, trasmissività);
c) caratteristiche idrodinamiche (carico idraulico,
velocità media, portata);
d) caratteristiche di qualità dell'acqua di falda
(temperatura e principali proprietà chimiche
e batteriologiche).
In generale la conoscenza dell'assetto idrogeologico
e delle caratteristiche idrologiche dei corpi idrici
sotterranei è basata principalmente su un inventario
dei pozzi di vario tipo esistenti e delle manifestazioni
sorgentizie, che rappresentano i punti di acquisizione
di dati diretti.
Sarà pertanto da prevedere l'esecuzione di un
censimento dei pozzi e delle sorgenti (sinora attuato
solo in modo parziale) ed il contemporaneo accertamento
delle opportune caratteristiche idrogeologiche, idrologiche
e idrochimiche.
La conoscenza dei corpi idrici sotterranei, mercé
anche l'adozione, se del caso, di metodi specializzati
(quali quelli geofisici, geochimici e radioattivi),
risulterà perfettibile a mano a mano che si
disporrà di ulteriori informazioni. Nelle indagini
una particolare attenzione dovrà sempre essere
data alla vulnerabilità delle falde rispetto
agli inquinamenti diretti e indiretti, come pure alla
diffusione dei contaminanti una volta raggiunta la
falda, e alla capacità autodepurante della falda
medesima.
2. UTILIZZAZIONI PREVALENTI ATTUALI.
a) Uso potabile: si indicheranno le portate complessive
emunte dal corpo idrico per uso potabile (l/s valore
medio annuo);
b) Uso industriale: si indicheranno i volumi d'acqua
complessivi emunti dal corpo idrico e destinati a insediamenti
produttivi (mc/g valore medio annuo);
c) Uso agricolo: si indicheranno i volumi d'acqua complessivi
emunti dal corpo idrico per uso irriguo (l/s valore
medio del periodo irriguo), trascurando le captazioni
inferiori a 5 l/s.
Le informazioni sulle utilizzazioni sono collegate alla
preparazione dell'inventario dei pozzi e delle sorgenti.
Parallelamente dovranno essere indicati e precisati
tutti gli scarichi sul suolo e nel sottosuolo che ricadono
nel bacino idrogeologico, come pure le caratteristiche
di qualità dei corpi idrici superficiali (corsi
d'acqua, laghi, serbatoi) che risultano alimentare
i corpi idrici sotterranei. Per le falde freatiche
particolarmente vulnerabili si forniranno notizie sulle
condizioni di utilizzo dei terreni superficiali, ove
ha luogo l'alimentazione delle falde stesse per infiltrazione.
3. CARATTERISTICHE IDROLOGICHE.
Sotto il profilo idrologico assumono particolare rilievo
le indagini che si rendono necessarie per lo studio
ed il controllo del regime delle falde sotterranee,
non solo in dipendenza delle variazioni di livello,
ma anche in funzione delle portate che vengono sottratte
alle falde stesse mediante emungimenti dai pozzi ed
il libero deflusso delle acque sorgentizie. Tali indagini
hanno importanza preminente, ma ciò non di meno
sarà opportuno eseguire altre ricerche per la
determinazione di altri elementi caratteristici, quale
principalmente il tasso di rinnovamento, e cioè
il rapporto tra il deflusso medio annuo sotterraneo
ed il volume idrico della falda, atto ad evidenziare
la possibilità di ricarica naturale della falda
medesima.
Gli elementi idrologici che in via prioritaria dovranno
essere accertati sono costituiti essenzialmente dai
livelli freatici e piezometrici e dalle portate che
vengono emunte dai pozzi o defluiscono liberamente
dalle sorgenti, tutti elementi da rilevare secondo
le metodologie del servizio idrografico del Ministero
dei lavori pubblici. Le misurazioni dovranno essere
svolte più volte nell'anno idrologico, e possibilmente
in modo contemporaneo ai punti di osservazione di un
medesimo corpo idrico.
Comunque, data la complessità dell'indagine da
effettuare, nella prima fase della stessa si potranno
utilizzare i dati disponibili relativi a studi già
eseguiti o comunque facilmente rilevabili, rivolgendo
l'attenzione soltanto a quelle falde interessate da
problemi di inquinamento.
Siccome la carenza di informazioni potrà essere
(anche in quest'ultimo caso) cospicua, si dovranno
intraprendere, se necessario, studi idrogeologici completi,
con l'impiego di metodi geofisici e radioattivi e con
programmi di perforazione di nuovi pozzi.
4. CARATTERISTICHE FISICHE, CHIMICHE E BIOLOGICHE.
Anche le indagini relative alla qualità delle
acque dovranno essere effettuate più volte,
con frequenza almeno stagionale, nell'anno e possibilmente
in modo contemporaneo ai punti di osservazione significativi
di un medesimo corpo idrico, scelti in maniera adeguata.
In particolare per la caratterizzazione dei corpi idrici
sotterranei sotto il profilo qualitativo, le determinazioni
dovranno essere, in generale, limitate ad un ristretto
numero di parametri analitici fondamentali. Accanto
a questi si dovranno rilevare, caso per caso, parametri
specifici, legati cioè alla presenza di particolari
fenomeni di contaminazione.
I parametri da quantificare in ogni caso, a scopo di
comparazione e di valutazione di massima dello stato
di qualità sono i seguenti:
temperatura dell'acqua (secondo manuale IRSA);
durezza (secondo manuale IRSA);
conducibilità (secondo manuale IRSA);
specie joniche fondamentali (Na, K, Ca, Fe, Cl, SO4
NO3 - manuale IRSA);
indici batteriologici (coli fecali e totali - manuale
IRSA).
Capitolo III
CRITERI METODOLOGICI PER LA FORMAZIONE E L'AGGIORNAMENTO
DEL CATASTO DEGLI SCARICHI NEI CORPI
D'ACQUA SUPERFICIALI
1. ASPETTI GENERALI.
1.1 Definizione degli obiettivi.
Si può definire obiettivo del catasto l'individuazione
e localizzazione di tutti gli scarichi nei corpi d'acqua
superficiali allo scopo di conoscere le fonti potenziali
di inquinamento, i probabili principali agenti inquinanti
e quali siano i corpi d'acqua superficiali ricettori.
Gli scarichi da considerare sono quelli soggetti alle
norme della legge n.319, modificata con la legge 8-10-1976,
n.690.
Compete alle province effettuare il catasto di tutti
gli scarichi.
1.2 Problemi organizzativi.
Il grandissimo numero dei dati che verranno rilevati
per la formazione del catasto degli scarichi rende
indispensabile adottare i moderni sistemi che la tecnica
offre, e cioè la memorizzazione in apposito
archivio meccanizzato. Soltanto con questo sistema,
se impostato unitariamente per tutto il territorio,
è possibile avere:
- l'uniformità dei dati rilevati;
- le sintesi dei dati ai vari livelli amministrativi;
- le elaborazioni statistiche che saranno indispensabili
ai fini della legge;
- una facile introduzione delle variazioni che si verificheranno,
onde avere sempre aggiornato il rilevamento e nel contempo
avere la possibilità di conoscere lo stato di
fatto degli anni precedenti;
- una graduale realizzazione del rilevamento;
- un costo inferiore a quello della conservazione manuale
dei dati.
Il complesso dei dati potrebbe essere memorizzato ed
elaborato da un unico centro nazionale, con evidente
semplificazione e riduzione di costi. In questo caso
le province trasmetterebbero al centro i dati rilevati,
e riceverebbero poi i documenti elaborati che vengono
a formare il catasto.
Nelle more, con la standardizzazione della metodologia
sul piano nazionale si assicura l'uniformità
anche se ciascuna provincia (cui compete il rilevamento)
si appoggerà a centri di meccanizzazione periferici.
Un centro in sede nazionale sarà comunque necessario
per le statistiche super provinciali e super regionali,
indispensabili alla conoscenza dei problemi, tanto
più se si considera che molti corpi d'acqua
superficiali interessano più province e spesso
più regioni.
1.3 Sviluppo metodologico.
Avendo definito gli obiettivi, il procedimento per la
formazione del catasto avrà il seguente sviluppo:
a) identificazione delle notizie e dei dati da rilevare;
b) organizzazione logica dei dati e loro codificazione;
c) studio delle procedure di meccanizzazione;
d) organizzazione delle evidenze, cioè dei documenti
che il rilevamento deve fornire;
e) organizzazione dei moduli standard di rilevamento,
per avere dati uniformi e dati da essere facilmente
trasportabili su apposito supporto magnetico.
2. IDENTIFICAZIONE DELLE NOTIZIE E DEI DATI DA RILEVARE.
Le notizie e i dati da rilevare possono raggrupparsi
come segue:
a) titolare dello scarico;
b) tipo di insediamento che provoca lo scarico;
c) corpo d'acqua superficiale in cui avviene lo scarico;
d) localizzazione dello scarico;
e) quantità d'acqua prelevata dal titolare dello
scarico, epoca e durata del prelievo;
f) quantità di liquido scaricato, epoca e durata
dello scarico;
g) caratteristiche qualitative;
h) esistenza o meno di depuratore.
3. MODALITÀ DI RILEVAMENTO.
3.1 Titolare dello scarico.
Dovranno essere indicate le generalità o la ragione
sociale e l'indirizzo della sede del titolare dello
scarico, precisando se trattasi di scarico pubblico
o privato.
3.2 Tipo di insediamento.
Per gli insediamenti produttivi, identificati all'art.1-quater,
lettera a), della legge 8-10-1976, n.690, dovrà
usarsi la classificazione ISTAT delle attività
economiche sino a livello di categoria.
Per gli insediamenti civili, identificati alla lettera
b) del citato articolo, dovrà usarsi almeno
la seguente classificazione:
- insediamenti urbani, indicando: la dotazione idrica,
la popolazione presente, la popolazione fluttuante
e, se possibile, il periodo relativo a quest'ultima;
- insediamenti alberghieri, turistici, sportivi, ricreativi,
scolastici, sanitari indicando il numero di presenze
nell'anno;
- insediamenti adibiti a prestazioni di servizi secondo
la classificazione ISTAT delle attività economiche
sino a livello di categoria;
- insediamenti agricoli limitatamente a quelli:
- con allevamenti zootecnici intensivi;
- con impianti di lavorazione, trasformazione e commercializzazione
dei prodotti agricoli;
- altri insediamenti, anche produttivi che diano origine
esclusivamente a scarichi terminali assimilabili a
quelli provenienti da insediamenti abitativi.
3.3 Corpo d'acqua.
I corpi d'acqua dovranno essere distinti secondo la
classificazione già adottata nei capitoli precedenti:
laghi e serbatoi, corsi d'acqua naturali e artificiali,
acque di transizione, acque costiere. Dovrà
precisarsi il tratto o la sponda del corpo d'acqua
interessato dalla provincia che effettua il censimento.
3.4 Localizzazione dello scarico.
Per localizzare il punto dello scarico si indicherà
il nome del comune, con i dati della particella del
catasto rustico o urbano. Inoltre gli scarichi saranno
individuati anche con la distanza (in chilometri) dalla
foce per i corsi d'acqua naturali e artificiali; dall'incile
dell'emissario per i laghi; dallo sfioratore della
diga per gli invasi; da un punto di riferimento (da
scegliere caso per caso) per le acque di transizione;
dal punto di intersezione con la costa del confine
amministrativo della provincia, a sinistra guardando
il mare per acque marine costiere. Tali indicazioni
di distanza saranno riportate sulle tavolette I.G.M.
scala 1:25.000.
3.5 Prelievi di acqua.
Per i prelievi continui o periodici dovrà indicarsi:
a) la fonte di approvvigionamento: fiume, canale, lago,
invaso, falda acquifera sotterranea, ecc.;
b) il volume totale annuo in metri cubi;
c) le ore giornaliere; i giorni per settimana e il numero
dei mesi in cui viene effettuato il prelievo e, quando
questo sia inferiore a 12, il mese di inizio del periodo;
d) ove possibile il valore della portata media giornaliera
di acqua prelevata (l/s) e il rapporto con la portata
massima giornaliera.
Per i prelievi saltuari sarà sufficiente indicare,
ove possibile, la frequenza probabile dei giorni di
prelievo nel mese di maggior intensità.
3.6 Quantità, epoca e durata dello scarico.
Per gli scarichi continui o periodici dovrà indicarsi:
a) il volume totale annuo in metri cubi;
b) le ore giornaliere; i giorni per settimana e il numero
dei mesi in cui viene effettuato lo scarico e, quando
questo sia inferiore a 12, il mese di inizio del periodo;
c) ove possibile il valore della portata media giornaliera
di liquido scaricato (l/s) e il rapporto con la portata
massima giornaliera.
Per gli scarichi saltuari sarà sufficiente indicare,
ove possibile, la frequenza probabile di giorni di
scarico nel mese di maggior intensità.
3.7 Caratteristiche qualitative.
Sarà indicata la presenza dei principali agenti
inquinanti previsti dalla Tabella A anche se in concentrazioni
inferiori ai limiti di accettabilità. Quando
esistono, saranno anche forniti dati di analisi.
3.8 Impianto di depuratore.
Sarà sufficiente indicare l'esistenza, o meno,
dell'impianto e se esso è singolo o collettivo.
4. ORGANIZZAZIONE LOGICA DEI DATI E LORO CODIFICAZIONE.
4.1 Organizzazione logica.
Per ciascun corpo d'acqua superficiale nel territorio
di ciascuna provincia si dovrà avere il completo
elenco degli scarichi che in esso confluiscono, pubblici
privati, o altri corpi d'acqua.
E' da tener presente che un corpo d'acqua può
interessare più province. Individuato quindi
il tratto o la sponda di interesse della singola provincia,
a questo tratto o a questa sponda saranno attribuiti
tutti i dati di conoscenza.
Quando un corpo d'acqua sia formato da un'asta principale
e da più affluenti, questi saranno considerati
come uno scarico nell'asta principale, mentre avranno
una propria scheda con l'elencazione dei propri scarichi
per il tratto ricadente nella provincia.
4.2 Codificazione.
I dati debbono essere rilevati in maniera correlabile,
pertanto dovrà provvedersi alla loro codificazione,
cioè a tradurre determinate notizie atte a identificare
dei fenomeni in un insieme sintetico e significativo
di lettere e di cifre secondo un'apposita classifica,
che deve essere unica per tutto il territorio nazionale.
In sostanza il codice deve permettere:
- di trattare in modo uniforme dati che provengono da
fonti diverse;
- di classificare i dati secondo un ordine logico delle
caratteristiche dei fenomeni che li hanno generati;
- di esprimere in breve anche fenomeni complessi;
- di procedere ad elaborazioni statistiche meccaniche.
5. STUDIO DELLE PROCEDURE DI MECCANIZZAZIONE.
Le procedure dovranno essere studiate con unica modalità
per tutto il territorio, tenuto conto dell'esigenza
di uniformità delle elaborazioni.
I programmi prevederanno le elaborazioni principali,
mentre elaborazioni particolari che venissero successivamente
richieste verranno predisposte caso per caso.
6. ORGANIZZAZIONE DELLE EVIDENZE.
Da quanto detto in precedenza risulta che il documento
fondamentale sarà la scheda degli scarichi per
ciascun corpo d'acqua.
La scheda sarà intestata al corpo d'acqua superficiale
identificato con apposito codice, con l'indicazione
del nome, della natura (corso d'acqua naturale, artificiale,
invaso, lago, ecc.), del tratto interessato, della
sponda (destra o sinistra), ecc.
A ciascuna scheda faranno capo tutti i dati rilevati.
Il complesso delle schede formerà il catasto.
Ciascuna scheda fornirà i seguenti totali:
- numero dei comuni interessati;
- numero degli scarichi, distinti per tipo di insediamento;
- numero dei prelievi di acqua e volume totale di acqua
prelevata;
- volume totale di liquido scaricato nell'anno;
- numero degli scarichi con periodo annuale;
- numero degli scarichi con periodo inferiore all'anno;
- numero dei depuratori.
Altre indicazioni potranno aversi con particolari elaborazioni.
Altri documenti, oltre all'ipotizzata scheda, potranno
considerarsi, come, ad esempio, un elenco alfabetico
dei titolari degli scarichi.
7. ORGANIZZAZIONE DEI MODULI DI RILEVAMENTO.
I moduli di rilevamento dei dati dovranno essere uniformi per tutto il territorio italiano e predisposti in funzione della codifica dei dati e della loro introduzione su apposito supporto magnetico. Per gli insediamenti produttivi potrebbe essere previsto che il modulo di rilevamento sia compilato a cura del titolare dello scarico e allegato alla domanda di autorizzazione. In tal modo verrebbe ridotto e quindi accelerato il lavoro di rilevamento. Eventuali errori di denuncia potranno essere successivamente corretti senza difficoltà, man mano che verranno constatati.
8. AGGIORNAMENTO DEL CATASTO.
Per l'aggiornamento del catasto sarà sufficiente
inserire, per ciascun anno, le variazioni intervenute
(di cessazione di scarico, di nuovi scarichi o di variazioni
negli elementi di uno scarico) nel supporto magnetico.
L'elaboratore provvederà automaticamente alla
redazione delle nuove schede per ciascun corpo d'acqua
e all'aggiornamento dei totali, pur mantenendo in memoria
le situazioni precedenti.
ALLEGATO 2
CRITERI GENERALI PER IL CORRETTO E RAZIONALE USO DELL'ACQUA
PREMESSA.
Si intenderà corretto e razionale un uso dell'acqua
commisurato alle reali disponibilità della risorsa
idrica, valutate nel tempo e nello spazio, e proporzionato
al buon funzionamento degli impianti di utilizzo, secondo
criteri di massimo rendimento nei confronti della quantità
e della qualità dell'acqua.
Nello specifico contesto della tutela delle acque contro
l'inquinamento, si dovrà tenere conto degli
effetti che un uso dell'acqua determina sui quantitativi
prelevati, su quelli scaricati ed eventualmente su
quelli lasciati nei corpi idrici dopo il prelievo.
Tali effetti in particolare riguardano l'alterazione
delle qualità originali, a seguito di uno scarico
di acque contenenti sostanze indesiderabili in misura
superiore a quanto ritenuto compatibile per le utilizzazioni
attuali o prevedibili, oppure a seguito di una non
accettabile concentrazione di siffatte sostanze nel
corpo idrico.
Nel contesto della legge n.319 del 1976 si dovrà
particolarmente tener presente il fatto che gli usi
idrici possano esplicarsi completamente (per la disponibilità
d'acqua in quantità e qualità) giusta
la elaborazione di un concetto relativo di <<inquinamento
idrico>> da intendersi come l'impossibilità
di utilizzare acqua per un determinato scopo a causa
di aspetti qualitativi <<non conformi alle esigenze
imposte dall'uso medesimo>> salve restando, ovviamente,
le esigenze di carattere ambientale ed estetico.
Conseguenza di quanto sopra esposto è la necessità
di un esame accurato di tutte le possibilità
di utilizzare l'acqua in maniera <<concatenata>>
da un uso all'altro ed in maniera <<concorrenziale>>,
con prelievo od intervento simultaneo nella stessa
risorsa, evidenziando per ogni uso le caratteristiche
tecniche di massimo rendimento, quelle economiche di
massima redditività e la compatibilità
degli usi.
Ciò contribuisce quindi ad evidenziare la necessità
della pianificazione delle risorse idriche, considerata
in tutta la sua più vasta problematica, di cui
la protezione delle acque dall'inquinamento costituisce
solo una parte, sia pure importante.
Comunque, nel contesto e nello spirito di questa normativa,
tra i molteplici aspetti dell'utilizzo delle risorse
idriche si dovranno prendere in considerazione principalmente
quelli che hanno più diretta attinenza con la
tutela delle acque dall'inquinamento.
I servizi di acquedotto non hanno di norma una diretta
interferenza sull'andamento qualitativo dei corpi idrici,
salvo quanto può avvenire in seguito alla sottrazione
d'acqua da sorgenti, laghi o fiumi, con conseguente
diminuzione delle capacità di autodepurazione
di quest'ultimi. Si deve, però, ricordare come
l'esercizio di una rete fognante urbana e di un impianto
di depurazione sia condizionato dal buon funzionamento
di una rete idrica d'alimentazione. Infatti la portata
da convogliare e trattare è funzione di quella
distribuita inizialmente al complesso degli utenti;
inoltre la composizione e la concentrazione dei liquami
in arrivo agli impianti di depurazione possono subire
periodiche alterazioni a seguito di drenaggi locali
in zone alimentate da perdite della rete idrica di
distribuzione.
A seguito, quindi, dell'indirizzo interpretativo assunto,
si indicano appresso alcuni criteri di massima attinenti
alle utilizzazioni in generale, alle caratteristiche
del prelievo idrico, e, particolarmente, ad alcune
caratteristiche per i diversi usi; con i richiami frequenti
(anche se soltanto accennati) alla pianificazione delle
risorse idriche si intende porre all'attenzione che,
in quella sede, si potranno effettuare le scelte in
modo congruente con le esigenze di tutela delle acque
dall'inquinamento previste nella legge n.319 del 1976
in tal senso si potrà operare anche sul risparmio
dell'acqua.
Ci si deve, infatti, riferire con questa dizione non
solo al minor impegno di acqua per ottenere una determinata
efficacia in un singolo episodio (tecnologia dell'uso),
ma anche alla maggiore efficacia complessiva che può
risultare dall'impegno di un gruppo di risorse idriche,
adeguatamente complementari fra loro, nel concorrere
alla saturazione di necessità variabili nel
tempo per i diversi usi (programmazione degli usi e
delle risorse).
1. UTILIZZAZIONI IDRICHE IN GENERALE.
1.1 Caratteristiche generali delle utilizzazioni.
L'utilizzazione razionale delle risorse idriche per
le varie finalità comporta il prelevamento di
appropriati quantitativi di acqua strettamente legati
alle tipologie degli usi (irriguo, industriale e civile),
all'entità e al livello tecnologico delle strutture
di utilizzo, tenuto conto dell'entità e della
qualità delle risorse già utilizzate
e di quelle disponibili. Tale quantitativo viene definito
come prelievo e viene generalmente espresso in termini
volumetrici in un determinato tempo di riferimento.
Nel caso in cui, nell'ambito di un complesso industriale,
venga attuato un riciclo parziale o totale dell'acqua,
è necessario indicare distintamente sia il quantitativo
prelevato, che quello effettivamente utilizzato.
Questi elementi possono fornire valutazioni diversamente
efficaci sulla produttività dell'acqua e facilitano
quindi la formulazione di parametri utili per la pianificazione.
Nel caso di attività agricole, il prelievo va
riferito agli specifici impieghi aziendali (quali l'irrigazione
e la zootecnia) in ragione della struttura degli impianti
della singola azienda. Nel caso di un servizio di acquedotto,
il prelievo va riferito alla popolazione servita, presente
o futura, tenendo conto anche di valori stagionali
e di punta.
Associato al prelievo è lo scarico, ovvero il
quantitativo di acqua restituito ai corpi idrici dopo
l'uso: è questo il quantitativo che interessa
più da vicino la protezione dei corpi idrici
contro l'inquinamento. Anche lo scarico viene misurato
in volumi per determinate unità di tempo.
La differenza tra prelievo e scarico costituisce il
consumo (non ritorno) cioè il quantitativo d'acqua
che viene disperso, o trasformato e fissato nel prodotto
finale, oppure ancora, come nel caso di un servizio
d'acquedotto, consumato per le vitali necessità
delle popolazioni interessate.
E' evidente come il consumo rappresenti una riduzione
diretta della risorsa e vada quindi contenuto nei limiti
del possibile.
Per quanto concerne l'utilizzazione irrigua delle acque,
il concetto di scarico e dispersione va puntualizzato:
la quota parte del fabbisogno non consumata è,
infatti, restituita all'ambiente attraverso la percolazione
diffusa nel terreno direttamente o tramite reti di
scolo in diretto rapporto con le falde sotterranee,
che vengono così ravvenate e alimentate attraverso
processi depurativi naturali che ricostituiscono, e
spesso migliorano, le qualità originarie delle
acque immesse nel processo irriguo.
1.2 Caratteristiche e raccomandazioni per i prelievi.
I prelievi per i vari usi vengono effettuati generalmente:
a) da sorgenti;
b) da falde sotterranee, freatiche ed artesiane, attraverso
pozzi o gallerie filtranti;
c) da acque superficiali, quali laghi o fiumi, in questo
ultimo caso con il ricorso o meno a serbatoi artificiali.
Per quanto riguarda il prelievo da sorgenti va notato
che si tratta di una sottrazione attuata all'origine
del corpo idrico, il quale può quindi risultare
privo di acqua o con scarsa portata per qualche periodo
dell'anno, con conseguente riduzione delle capacità
di diluire scarichi eventualmente ubicati più
a valle. Occorre infatti ricordare la necessità,
in tutti i corsi d'acqua interessati da attività
produttive in genere, particolarmente dell'uso irriguo,
di mantenere una conveniente portata per assicurare
una efficace autodepurazione.
E' pertanto, necessario che l'entità della portata
captata sia valutata in base all'andamento temporale
delle portate naturali della sorgente; è raccomandabile
che essa non superi il valore medio delle portate naturali
misurate in un lungo periodo di osservazione. Qualora
però, nei tratti di torrente immediatamente
a valle della sorgente, sussistano opere di scarico
che (per le finalità della diluizione e dell'autodepurazione)
abbisognino di maggiori portate, la portata, da captare
dovrà essere determinata in base ad un'opportuna
valutazione di tutti gli aspetti del problema.
Il prelievo da falde deve essere attuato in maniera
da assicurare un equilibrio con la ricarica naturale
dello acquifero, tenendo presente che detto prelievo
va considerato in base alla dinamica del comportamento
delle falde stesse le quali costituiscono un vero e
proprio serbatoio.
L'equilibrio è valutabile in seguito alla stabilità
dei livelli piezometrici, da controllarsi opportunamente
in tutta la zona interessata dall'attingimento per
un lungo intervallo di tempo.
Nella determinazione della portata da prelevare deve
essere attentamente prevista l'entità dell'abbassamento
dei livelli freatici od artesiani, evitando che esso
favorisca il richiamo (ed il conseguente ingresso in
falda) di acque aventi caratteristiche qualitative
non accettabili non solo ai fini potabili, ma anche
ai fini di altre utilizzazioni. Nel caso di falde acquifere
situate in zone costiere è necessario che tale
abbassamento sia contenuto, in modo da non provocare
eccessivi squilibri idrostatici sulla disposizione
delle falde a vario contenuto salino e ciò per
evitare il rimescolamento e prevenire l'intrusione
di acqua salata nell'acqua dolce.
Per quanto concerne infine il prelievo da acque superficiali,
si dovrà innanzitutto accertare la presenza
di scarichi a monte dell'opera di presa e stabilirne
le modalità di funzionamento. In genere il prelievo
diretto da fiumi non regolati dovrebbe realizzarsi
con portate modeste a quelle naturali negli alvei,
e così pure i volumi attinti dai laghi naturali
dovrebbero essere modesta cosa rispetto a quelli propri
del corpo idrico; ciò non dovrebbe quindi destare
alcuna preoccupazione per eventuali effetti nocivi
dovuti ad un depauperamento delle condizioni originali
del corpo idrico stesso.
Qualche effetto è da aspettarsi invece nel caso
di cospicue portate captate, allorché l'opera
di presa determina correnti indotte nella massa d'acqua
(sia superficiali che di profondità) con conseguente
disturbo delle condizioni naturali del moto idrico
o del rimescolamento. In siffatti casi è da
tenere in debito conto la possibilità che le
caratteristiche qualitative originali del corpo idrico
subiscano un cambiamento e quindi l'esistenza di un
eventuale scarico si faccia maggiormente sentire. Sarà,
perciò, raccomandabile che l'ubicazione e la
tecnica del prelievo favoriscano al massimo il miglioramento
delle condizioni autodepurative proprie del corpo idrico
originale.
Diverso è il caso di un prelievo attuato in un
serbatoio artificiale, costruito espressamente per
l'uso in questione o per più usi congiunti.
La costruzione del serbatoio determina un notevole
cambiamento degli aspetti qualitativi originali del
corso d'acqua, che, unito alle modifiche sulle portate
naturali, può essere determinante ai fini dello
sversamento di scarichi in tutto l'alveo, a monte ed
a valle della sezione di sbarramento. Tra le conseguenze
più salienti occorre tener presente soprattutto
l'immobilizzazione di cospicue masse d'acqua, che comporta:
a) la decantazione di materia inorganica ed organica
trasportata dalla corrente;
b) la formazione di estese superfici che esaltano l'evaporazione,
e quindi un progressivo arricchimento nella concentrazione
di sostanze disciolte ed in sospensione;
c) l'esposizione ai raggi solari, talvolta in maniera
non uniforme per la presenza di zone d'ombra dovute
all'orografia circostante. Ciò comporta il riscaldamento
differenziato dell'acqua invasata (secondo strati a
diversa profondità o secondo zone a diversa
localizzazione) e quindi provoca correnti di densità
che producono un rimescolamento variabile nel tempo
pur se talvolta benefico. Cambiano, inoltre, le condizioni
vitali per i tipi di flora e di fauna inizialmente
contenuti nelle acque fluenti;
d) l'esposizione alle variazioni climatiche, specie
di temperatura.
Alcuni di questi aspetti, seppure in misura meno appariscente,
possono presentarsi anche nel prelievo mediante traversa.
Gli aspetti sopra indicati vanno tenuti in debito conto
sia durante la progettazione di nuove opere di prelievo,
che durante la stesura dei programmi di funzionamento
di opere già esistenti. Onde evitare che l'esercizio
degli impianti determini situazioni dannose allo stato
di salute dei corpi idrici e di pregiudizio per l'utilizzo
ulteriore delle acque, specifiche indagini dovranno
essere condotte caso per caso, ricorrendo, se necessario,
a studi su modello ed all'impiego delle più
avanzate tecniche di analisi dell'informazione, da
eseguirsi presso laboratori ed istituti di ricerca
specializzati.
Prima di realizzare opere di prelievo simultaneo da
corpi idrici diversi, che comportino il rimescolamento
di acque aventi caratteristiche differenti soprattutto
per il contenuto di materia biologica, dovranno eseguirsi
gli opportuni controlli per accertare che le alterazioni
dell'ambiente acquatico siano contenute entro limiti
accettabili per il mantenimento delle originali specie
animali e vegetali.
2. USI CIVILI.
2.1 Definizione di uso civile.
La normativa si rivolgerà soprattutto agli utilizzatori
<<intermedi>> (gestori dei sistemi distributivi),
con particolare riguardo a quelle aree nelle quali
si accentrano, o si accentreranno, i maggiori consumi.
Possono comprendersi nella presente normativa tutti
i seguenti usi, purché derivati da <<sistemi
pubblici>> di distribuzione dell'acqua: domestico
(residenziale), innaffiamento privato, speciale (refrigerazione
di edifici), commerciale, comunitario, industriale
(per industrie minori e per uso potabile degli addetti).
Alcune norme potranno riguardare anche gli usi domestici
serviti da impianti autonomi.
2.2 Uso delle risorse.
Essendo l'uso civile, in generale, prioritario, non
si pongono problemi di alternativa quando le risorse
sono insufficienti per il soddisfacimento dei rimanenti
bisogni.
Nei casi in cui le risorse coprono o superano i fabbisogni,
si possono porre problemi di scelta fra le varie fonti.
Si propone il criterio generale di preferire per gli
usi che richiedono carattere di potabilità quelle
risorse, sotterranee o superficiali, i cui bacini di
raccolta si possono più facilmente proteggere
con opportune destinazioni d'uso del territorio. Ad
esempio molti territori montani (di raccolta delle
acque sorgive o contenenti i bacini imbriferi delle
acque delle aste superiori dei fiumi) potrebbero essere
razionalmente destinati a parchi naturalistici o ad
attività silvo-pastorali; le relative acque
si dovrebbero di preferenza destinare all'uso potabile.
2.3 Considerazioni sugli standard di consumo.
L'uso civile non soltanto non è sopprimibile,
ma non è neppure riducibile entro limiti rigidi;
esso è anche un indice di civiltà; taluni
usi, anche se possono presentare aspetti accessori
o ornamentali non possono essere del tutto soppressi.
Pertanto si ritiene di indicare provvedimenti di <<contenimento>>
dei consumi, piuttosto che <<standard>>
intesi nel senso di <<limiti di assegnazione>>.
Si può ammettere solo l'indicazione di <<numeri
indici>> per la progettazione dei sistemi distributivi;
essi dovranno essere proporzionati a previsioni cautelative,
atteso che le assegnazioni per uso civile, considerate
nel piano regolatore generale acquedotti, rappresentano
solo dei minimi compatibili con le esigenze urbane
e rivestono soprattutto il carattere di assegnazione
tutelata da un vincolo; la capacità di prevedere
ed indirizzare lo sviluppo dei consumi è un
elemento insopprimibile di una saggia gestione, e deve
tener conto di innumerevoli parametri locali.
E' necessario raccomandare che ogni azienda distributrice
formi degli specialisti in questo campo e metta in
atto le strumentazioni e le statistiche di seguito
descritte.
E' tuttavia opportuno confermare il limite inferiore
di 90 mc/anno per una famiglia tipo, indicato nel provvedimento
C.I.P. n. 45/74 come necessità primaria insopprimibile,
che va comunque soddisfatta per tutti i cittadini e
a prezzo ragionevole.
2.4 Soddisfacimento della richiesta di punta.
Il progressivo esaurimento delle risorse impone che
ogni sistema di rifornimento idrico prelevi dalle fonti
le sole acque necessarie in ciascun periodo dell'anno,
adeguando cioè il diagramma di prelievo a quello
di richiesta ed abbandonando l'uso di alimentare costantemente
gli acquedotti con la massima portata occorrente nel
giorno di maggior consumo, con il conseguente sfioro
dei superi stagionali dai serbatoi cittadini.
Ciò è tanto più necessario nelle
aree caratterizzate da imponenti aumenti della richiesta
limitati a periodi particolari (insediamenti turistici,
ecc.).
Tra i provvedimenti che possono contribuire a questo
fine si segnalano:
a) il progressivo abbandono (raccomandato anche dal
provvedimento C.I.P. n.26/75) dei sistemi distributivi
a luce tarata;
b) l'uso dei sistemi distributivi interconnessi, estesi
ad aree molto vaste, con diagrammi di consumo complementari.
In particolare si potrà raccomandare d'inviluppare
in un solo sistema le aree connesse da linee di movimenti
pendolari o stagionali della popolazione;
c) l'inserimento, tra le fonti di approvvigionamento,
di serbatoi di compenso stagionale;
d) l'uso di sistemi di adduzione ad usi multipli (specie
se complementari nel tempo).
2.5 Contenimento dei consumi - Aspetti tecnici.
I punti su cui gli enti gestori dovranno porre la massima
attenzione sono:
- riduzione della pressione, come mezzo di contenimento
delle perdite;
- idem, come mezzo di contenimento dei consumi;
- controllo delle perdite, con particolare riferimento
a quelle degli allacciamenti; - rinnovo degli impianti
distributivi;
- regolamentazione tecnica degli impianti interni, finalizzata
al risparmio dell'acqua.
2.6 Contenimento dei consumi - Aspetti regolamentari
e tariffari.
E' universalmente riconosciuto che gli strumenti regolamentari
e tariffari, non separabili l'uno dall'altro, sono
di gran lunga i più efficaci per il controllo
dei consumi. E' noto peraltro che questa materia è
stata finora di esclusiva competenza dei C.P.P., coordinati
dal C.I.P.
Quest'ultimo ha già avviato una riforma tariffaria
per gli acquedotti, che ha avuto le prime importanti
applicazioni con i provvedimenti C.I.P. 45/74, 46/74,
26/75, i quali hanno introdotto differenziazioni tariffarie
per classi di consumo con "protezione" delle
necessità domestiche fondamentali.
2.7 Contenimento dei consumi - aspetti dell'informazione
dell'opinione pubblica.
Occorre raccomandare ai vari operatori pubblici che
agiscono nel settore di promuovere opportune campagne
di formazione dell'opinione pubblica, tese a questo
fine.
2.8 Controllo dei sistemi distributivi.
Gli enti gestori dovranno particolarmente curare l'efficienza
continuativa dei seguenti servizi:
- sistemi di misura nelle varie sezioni degli impianti;
- raccolta, elaborazione, pubblicazione dei dati;
- statistiche sui consumi.
2.9 Sistemi distributivi binari.
Nelle aree metropolitane si va affermando il criterio
di realizzare due sistemi distributivi paralleli, il
primo relativo ad acque con ottime caratteristiche
di potabilità, il secondo ad acque di minor
pregio. Anche se i costi complessivi aumentano sensibilmente,
questo criterio - adeguatamente vagliato caso per caso
- potrebbe corrispondere ad un corretto e razionale
uso delle risorse, almeno nelle zone dove le acque
di maggior pregio sono scarse o di difficile protezione
e, soprattutto, per i grandi centri.
2.10 Riuso delle acque.
Nei programmi relativi ad importanti sistemi di approvvigionamento
ad uso civile o multiplo, anche in relazione al punto
precedente, saranno da esaminare due aspetti:
- possibile destinazione ad uso civile di acque provenienti
da altri usi, in via diretta (reti non potabili) o
indiretta (attraverso la ricarica delle falde, ecc.);
è comunque escluso l'uso di queste acque per
scopi potabili;
- possibile destinazione ad altri usi di acque provenienti
dall'uso potabile (e quindi dalle fognature).
3. USI IRRIGUI.
In linea generale l'utilizzazione irrigua delle acque
presenta caratteri e condizioni che configurano un
insieme di problemi propri, non assimilabili cioè
a quelli degli altri settori di utilizzazione.
I predetti problemi si riconducono a tre momenti che
vanno considerati coordinatamente per trarne indicazioni
valide (dirette e indirette) ai fini della formulazione
dei criteri generali e che riguardano:
a) la pianificazione territoriale;
b) la pianificazione delle risorse idriche;
c) la gestione dell'irrigazione.
3.1 Con riferimento alla pianificazione territoriale,
va richiamata l'attenzione sulla circostanza che nelle
particolari condizioni geoclimatiche del territorio
italiano, l'efficienza degli ordinamenti agricoli (in
termini di produttività e di vitalità
dell'insediamento umano) è legata alla irrigazione:
via via che dalle regioni settentrionali si passa a
quelle meridionali e insulari, l'irrigazione si manifesta
come fattore di stabilizzazione e di aumento della
produzione fino a svolgere il ruolo di fattore condizionante
la stessa vitalità biologica delle colture economicamente
rilevanti.
Pertanto in relazione alla disponibilità d'aree
irrigate o parzialmente irrigabili, che costituiscono
una quota modesta (15-18%) dell'intera superficie nazionale,
ed alla possibile coincidenza fisica delle potenzialità
insediative per le diverse attività, si dovranno
tenere presenti le seguenti esigenze:
a) una chiara regolamentazione degli equilibri distributivi
tra i vari settori di utilizzazione del suolo;
b) la salvaguardia dell'agricoltura irrigua nelle aree
più idonee, data la maggiore rigidità
di adattamento di questo settore a condizionamenti
fisici e territoriali e la sua funzione di filtro e
di risanamento ecologico dell'ambiente;
c) evitare l'assoggettamento a pressioni espansive di
attività extra-agricole verso le aree irrigate.
3.2 Con riferimento alla pianificazione delle risorse
idriche, va riconosciuto che la destinazione ad uso
irriguo dei corpi idrici offre vantaggi generali per
l'intero insediamento e per l'equilibrio del sistema
produttivo.
Ciò comporta:
a) nei piani di riparto delle disponibilità idriche
di un determinato bacino, la quota da destinare all'irrigazione
va considerata riservata subito dopo le quote per usi
potabili e civili, nei limiti delle portate necessarie
all'irrigazione di una congrua aliquota della superficie
del comprensorio potenzialmente irrigabile. Ulteriori
quote di acque irrigue possono essere devolute in misura
da determinarsi con procedimenti di ottimizzazione;
b) l'utilizzazione di acque sotterranee di buona qualità,
specie se profonde, di norma va riservata ad usi potabili
ed irrigui; questi sono da ritenere utili ed opportuni
anche per la loro capacità di ravvenare le falde
e la possibilità di risparmi nel tempo procurati
dal processo tecnologico e agronomico;
c) fermo restando che l'irrigazione svolge anche un
ruolo di conservazione e di ripresa di acque fluenti
altrimenti versanti a recapito marino, i punti di prelievo
e di scarico di altre utilizzazioni vanno definiti,
tenendosi conto dei maggiori condizionamenti - fisici
ed economici - propri agli usi irrigui;
d) che, ad evitare impropri orientamenti nell'uso di
sostanze tossiche irreversibilmente inquinanti, tali
da condurre a danneggiamenti della circolazione sotterranea,
si sottolinea da un lato l'opportunità di periodici
controlli delle caratteristiche delle falde (contestualmente
a monte ed a valle dell'utilizzazione irrigua) e dall'altro
lato la necessità di disciplinare il commercio
di sostanze il cui uso non sia opportuno.
3.3 Con riferimento infine alla gestione dell'irrigazione,
si deve considerare che:
- l'utilizzazione irrigua si inserisce in un ciclo produttivo
regolato da leggi biologiche e climatiche, per cui
la sua gestione non è agevolmente riconducibile
a schemi rigidamente predeterminati nelle caratteristiche,
nelle funzioni e negli effetti;
- i fabbisogni idrici per uso irriguo, in linea generale,
non sono soggetti nel tempo ad incrementi specifici
per date colture; essi possono aumentare (ferma restando
l'ampiezza dell'area di utilizzazione) solo in rapporto:
a) all'intensificazione dell'uso (da irrigazione parzializzata
a quella tendenzialmente generalizzata);
b) all'ampliamento (Mezzogiorno) della stagione irrigatoria;
- il progredire delle tecniche e delle tecnologie delle
strutture e attrezzature, unitamente a quello delle
scienze pedologiche ed agronomiche, consente nel tempo
graduali ridimensionamenti dei fabbisogni fino ai limiti
dei consumi effettivi;
- l'individuazione di standard di consumo è,
in via orientativa, possibile solo con riferimento
agli specifici ambienti di utilizzazione, in relazione
alle condizioni pedoclimatiche ed alle variazioni degli
ordinamenti produttivi;
- gli impianti per la raccolta, l'adduzione e la distribuzione
dell'acqua irrigua sono esposti allo scarico di liquidi
e di liquami inquinanti, specie se collegati a sistemi
di canalizzazione di acque reflue o di controllo bonificatorio
delle falde sottosuperficiali; gli impianti irrigui
possono, perciò, assumere il ruolo di vettore
per la diffusione di carichi inquinanti sul territorio.
Il corretto e razionale uso delle acque irrigue è
quindi in ogni caso, essenzialmente condizionato dalla
progettazione delle opere e dalla gestione delle stesse,
soprattutto a livello consortile.
Per le predette ragioni e avuto riguardo alle diverse
condizioni che concorrono a definire i migliori rendimenti
nella realizzazione e nell'esercizio degli impianti,
si indicano le seguenti proposizioni:
a) primaria esigenza è quella di secondare la
ricerca teorica, tecnologica ed agronomica per avvicinare
le dotazioni agli effettivi fabbisogni, agendo anche
sulla possibilità di adattamento dei sistemi
a più elevata efficienza irrigua nelle specifiche
condizioni climatiche e agronomiche; ciò soccorre
anche alla esigenza di pervenire agli standard richiesti;
b) la concezione degli impianti deve ispirarsi al criterio
della massima efficienza funzionale con l'impiego di
sistemi ed attrezzature atti a contenere, ai più
bassi livelli possibili, le spese di esercizio; a questa
condizione è legato, per lo più, anche
il migliore rendimento in termini di economia idrica;
c) sono da preferire gli impianti tubati con distribuzione
dell'acqua con pressioni di esercizio anche minime;
d) sono da utilizzare al massimo le vasche di compensazione
anche giornaliera;
e) per gli impianti di adduzione e distribuzione a cadente
naturale, è auspicabile il sempre maggiore impiego
di sistemi di regolazione delle portate e dei livelli,
mediante l'impiego di organi sensori (asserviti alle
variazioni di essi negli adduttori e nelle vasche e
alle variazioni delle velocità dei livelli);
il sistema sensoriale va collegato con teletrasmettitori
ad apposite cabine centralizzate oppure agli organi
di intercettazione e di sezionamento;
f) nella programmazione di impianti irrigui a servizio
di aree già ad ordinamenti asciutti, l'ampiezza
dell'area irrigabile deve far premio su quella effettivamente
irrigata in proporzioni da valutare caso per caso;
l'irrigazione parzializzata allarga l'arco dei vantaggi
economici e ambientali di carattere generale rispetto
a quelli aziendalistici e, nell'ambito delle stesse
aziende, consente di utilizzare disponibilità
idriche di tipo frazionale.
4. USI INDUSTRIALI.
Nella considerazione del più ampio contesto della corretta e razionale gestione delle risorse idriche in cui, nella realtà della complessa materia, vanno ad inserirsi gli effetti della legge n.319 del 1976, si elencano appresso i criteri per un corretto e razionale uso dell'acqua nelle utilizzazioni industriali.
4.1 Per complessi produttivi futuri:
a) attuare scelte razionali dell'approvvigionamento
idrico in relazione ai differenti impieghi, eventualmente
diversificandone le fonti (ove caso per caso tecnicamente
ed economicamente possibile) per garantire a ciascun
uso la risorsa più idonea, soprattutto dal punto
di vista della qualità, nel quadro di una razionale
programmazione e gestione delle risorse idriche;
b) limitare progressivamente l'impiego di acqua di falda
o di sorgente, purché si rendano disponibili
(dal punto di vista tecnico-economico) approvvigionamenti
alternativi ugualmente validi;
c) considerare la possibilità di limitare il
prelievo dell'acqua di falda (o comunque di qualità)
specie ai fini del raffreddamento, tramite riciclo
della medesima o suo riutilizzo in altri impieghi successivi,
tenendo conto delle possibilità tecnico-economiche;
d) considerare la possibilità di limitare i prelievi
di acqua dolce mediante sistemi di utilizzazione successiva
della stessa acqua, sia nell'ambito dello stesso complesso
produttivo, sia integrandone l'impiego fra settori
diversi (civile, industriale ed agricolo). Ciò,
sulla base delle convenienze tecnico-economiche riscontrabili
caso per caso;
e) tener conto della possibilità sul piano tecnico-economico
dell'uso dell'acqua di mare per determinati usi industriali;
f) controllare la funzionalità delle reti di
scarico. Le reti fognarie interne agli stabilimenti
dovranno rispondere ad una razionale strutturazione
in relazione al tipo diverso dei liquidi addotti allo
scarico; nelle progettazioni dovrà anche esser
tenuta presente la possibilità di consentire
agevolmente il recupero o il riutilizzo anche parziale
delle acque usate; dovrà di preferenza prevedersi
una rete di raccolta e convogliamento separata per
le sostanze particolarmente pericolose; dovrà
essere evitato l'inquinamento, anche accidentale, delle
acque del ciclo naturale, sia meteoriche che della
rete idrografica; dovranno anche predisporsi adeguati
sistemi di sicurezza, sulle reti, atti ad ovviare tempestivamente
all'inconveniente di una accidentale messa fuori servizio
dell'impianto di depurazione.
4.2 Per il potenziamento e la trasformazione di complessi esistenti mediante interventi che comportino trasformazioni sostanziali ai fini del prelievo, si terranno presenti criteri analoghi a quelli precedentemente esposti, salve restando le esigenze tecnico-economiche di fattibilità.
4.3 Nei complessi produttivi esistenti, compresi loro potenziamenti o trasformazioni non sostanziali ai fini del prelievo, l'adeguamento dei servizi idrici ai criteri prima esposti andrà attuato progressivamente nel tempo, qualora ricorra un motivato e comprovato interesse pubblico generale e tenendo conto delle possibilità tecnico-economiche.
4.4 Standard di consumo.
Si deve ammettere l'impossibilità, all'atto,
di individuare per l'impiego dell'acqua a scopo industriale
standard di consumo attendibili e validi, che possano
essere utilizzati anche solamente come indirizzo generalizzato,
nemmeno come fasce di valori.
Ciò per i molteplici fattori - fra loro diversificati
e non sempre coesistenti - che influiscono sulla quantità
dell'acqua impiegata.
4.5 Recupero di sostanze inquinanti disperse.
Il recupero delle sostanze disperse può essere
considerato come alternativa agli usuali metodi di
depurazione; la possibilità di attuarlo è
subordinata alla convenienza tecnico-economica da riscontrarsi,
sia nel processo, che nella creazione di un adatto
mercato; la relativa forma di organizzazione potrebbe
essere promossa in sede pubblica, sì da rendere
convenienti operazioni di tal tipo.
L'argomento dovrà essere sviluppato, sia in sede
tecnico-scientifica che nella sede organizzativa sopra
accennata.
4.6 Funzionalità intesa al risparmio dell'acqua.
A norma della legge n.319 del 1976 ogni consumatore
è tenuto a denunziare sia l'entità del
prelievo che dello scarico dell'acqua usata.
E' auspicabile che, allo scopo di evidenziare più
compiutamente le caratteristiche dell'uso, vengano
definite nelle opportune sedi quegli elementi quantitativi
che sono utili alla formulazione di un bilancio dell'impiego
dell'acqua, quali ad esempio:
- acqua prelevata (da un acquedotto o direttamente da
una risorsa idrica);
- acqua impiegata nel processo;
- acqua impiegata nei servizi;
- acqua riciclata;
- acqua scaricata.
ALLEGATO 3
NORME TECNICHE GENERALI PER LA REGOLAMENTAZIONE DELL'INSTALLAZIONE DEGLI IMPIANTI DI ACQUEDOTTO
1. GENERALITA'.
1.1 Campo di applicazione.
Le presenti norme si applicano alla installazione ed
all'esercizio degli impianti di approvvigionamento
idrico per uso potabile, o per scopi multipli comprendenti
detto uso. Esse definiscono i requisiti tecnici cui
debbono corrispondere gli impianti medesimi nella loro
installazione, le modalità per il relativo esercizio,
i provvedimenti amministrativi, necessari, nel loro
insieme, per tutelare dall'inquinamento le acque utilizzate
negli acquedotti ed i corpi idrici ricettori delle
acque da essi scaricate.
Tali norme devono essere rispettate nella installazione
e nell'esercizio dei nuovi acquedotti e nell'ammodernamento
ed ampliamento di quelli esistenti nonché, per
quanto possibile, nell'esercizio di questi ultimi.
Gli impianti esistenti saranno adeguati ad esse gradualmente.
Le norme stesse presuppongono il rispetto delle normative
e regolamentazioni tecniche vigenti, relative alla
progettazione ed alla esecuzione di tutte le parti
che costituiscono gli impianti.
1.2 Definizioni.
Per acquedotto si intende il complesso degli impianti
di attingimento, di trattamento, di trasporto e di
distribuzione.
Per impianto di attingimento si intende il complesso
delle opere occorrenti per la raccolta, la regolazione
e la derivazione di acque sotterranee o superficiali.
Nell'impianto di attingimento si intendono comprese
tutte le opere occorrenti per proteggere e conservare
la disponibilità e la qualità delle acque
medesime.
Per impianto di trattamento si intende il complesso
delle opere occorrenti per conferire alle acque attinte
le particolari caratteristiche fisiche, chimiche e
biologiche, richieste dalla loro destinazione. L'impianto
di trattamento può essere costituito dalle sole
apparecchiature destinate alla disinfezione delle acque.
Per impianto di trasporto si intende il complesso delle
opere occorrenti per convogliare le acque dagli impianti
di attingimento agli impianti di distribuzione.
Per impianto di distribuzione si intende il complesso
dei serbatoi, della rete di distribuzione e delle relative
diramazioni fino al punto di consegna agli utenti.
1.3 Qualità delle acque e dei materiali.
La qualità delle acque destinate all'uso potabile,
la natura dei materiali a contatto con le acque medesime,
e in particolare quella dei materiali dei condotti,
nonché le caratteristiche degli additivi, devono
essere conformi a quanto previsto da norme e disposizioni
vigenti. In ogni caso i materiali suddetti devono essere
tali da non alterare apprezzabilmente le caratteristiche
chimiche, fisiche, biologiche ed organolettiche delle
acque convogliate.
2. INSTALLAZIONE.
2.1 Impianti di attingimento.
2.1.1. - Acque sotterranee. - In questo paragrafo si
considerano quelle acque circolanti in acquiferi profondi,
limitati superiormente da una formazione impermeabile,
di spessore ed estensione tali da garantire una adeguata
protezione da eventuale inquinamento. Tali acque possono
anche affiorare spontaneamente in superficie, dando
origine a sorgenti.
Fra le predette acque si comprendono quelle contenute
in acquiferi sprovvisti di formazione impermeabile
superiore, le quali abbiano la loro superficie libera
a notevole profondità rispetto alla superficie
del suolo e quest'ultimo possa essere adeguatamente
protetto mediante i provvedimenti di cui appresso.
Le acque di cui sopra potranno essere utilizzate per
scopi potabili senza trattamento, a condizione che
le loro caratteristiche rispondano costantemente ai
requisiti di cui al punto 1.3.
La costanza nel tempo di tali caratteristiche dovrà
essere garantita mediante l'adozione di provvedimenti
amministrativi e l'esecuzione di opere di protezione,
essa dovrà essere continuamente controllata
mediante accertamenti in punti dell'acquifero opportunamente
predisposti.
Tali interventi saranno definiti in base ai risultati
di accurate indagini intese ad individuare il bacino
idrogeologico, le caratteristiche delle formazioni
interessate dall'acquifero e di quelle dei terreni
sovrastanti, il regime della falda e la direzione generale
del moto nonché fonti di inquinamento attuali
o potenziali.
I provvedimenti amministrativi, destinati alla protezione
dell'acquifero da ogni possibile inquinamento, saranno
definiti in base all'importanza dell'acquifero medesimo
e alla sua protezione naturale. Essi riguarderanno,
più specificamente: la destinazione del territorio
interessato e la eventuale limitazione generale di
insediamenti ed attività nonché gli eventuali
interventi restrittivi o integrativi sugli scarichi,
così come previsto dall'art.26 della legge n.319;
e ciò, in particolare, per quanto concerne il
disperdimento nel sottosuolo.
Da parte delle autorità competenti si provvederà
ad assoggettare alla tutela della pubblica amministrazione
(ai sensi dell'art.94 del testo unico 11-12-1933, n.1775),
i territori in cui hanno sede gli acquiferi utilizzati
e, di conseguenza, tutti gli eventuali attingimenti
saranno eseguiti e gestiti con appropriate cautele
igienico-sanitarie, ivi comprese quelle di cui al successivo
paragrafo b).
Nelle zone nelle quali è indispensabile una particolare
protezione, si procederà all'esproprio o all'imposizione
di servitù dando alle aree destinazioni da stabilire
di volta in volta in relazione alle situazioni locali.
In ogni caso saranno assoggettate ad esproprio e recinzione
le zone circostanti le opere di attingimento, per una
estensione da stabilire soprattutto in relazione alla
situazione geologica locale.
Le opere di protezione dovranno eliminare ogni possibile
inquinamento localizzato, attraverso nuovi interventi
o modifiche di installazioni preesistenti. Saranno
comprese fra tali opere le sistemazioni idrogeologiche
locali, più direttamente interessanti le opere
di attingimento, ivi comprese le opere di allontanamento
delle acque esterne, nonché quelle opere necessarie
per l'eliminazione di qualsiasi fonte di inquinamento
determinata da insediamenti, corsi d'acqua, depositi
di materiali inquinanti.
I controlli delle caratteristiche fisiche, chimiche
e biologiche dovranno effettuarsi mediante prelievi
(alcuni continui, altri periodici) in corrispondenza
delle opere di attingimento e degli eventuali pozzi
destinati al controllo del regime idrologico della
falda, in dipendenza delle diverse condizioni.
Dispositivi torbidimetrici e conduttometrici segnaleranno
situazioni anormali.
A) Opere di captazione delle sorgenti.
Alla luce di studi idrogeologici e di indagini di dettaglio,
intese a definire le caratteristiche di affioramento
della falda, si procederà alla definizione delle
opere di captazione. Queste, per quanto possibile,
penetreranno nella formazione costituente l'acquifero
principale, mediante gallerie o pozzi.
Nella esecuzione dei lavori si dovrà tenere conto
in particolare che alcune opere potranno divenire inaccessibili
dopo il completamento dei lavori stessi.
La zona transitabile sarà adeguatamente isolata
dalla rimanente.
Le acque intercettate, ma non destinate alla utilizzazione,
nonché quelle provenienti dall'esterno, dovranno
essere accuratamente separate ed allontanate.
I tratti di galleria ispezionabile, con alimentazione
laterale, saranno provvisti di canale collettore destinato
alla raccolta ed al convogliamento dell'acqua captata.
Di norma allo sbocco delle opere di presa sarà
disposta una vasca di raccolta contenuta in un manufatto
chiuso, di dimensioni tali da consentire la decantazione
di eventuali sostanze solide trasportate dall'acqua,
facilmente ispezionabile anche per eventuali interventi
di manutenzione. A tale fine la vasca sarà divisa
in due o più parti, ciascuna munita di scarichi
di fondo e di troppo pieno. Le sue pareti saranno accuratamente
impermeabilizzate. Le zone accessibili nelle quali
l'acqua è a superficie libera (vasche di raccolta,
serbatoi) saranno adeguatamente separate da quelle
zone nelle quali l'acqua è entro tubazioni in
pressione (camere di manovra, cunicoli transitabili
per alloggiarvi tubazioni). Appositi locali consentiranno
la preparazione igienica del personale addetto alle
ispezioni.
Per quanto riguarda altri requisiti di carattere igienico
delle opere di completamento (chiusure, ventilazione,
scarichi) si rimanda al paragrafo 2.4.1.
Le opere di presa saranno munite di apparecchiature
per il prelievo di campioni, nonché di strumentazioni
per la misura di talune caratteristiche delle acque
derivate.
B) Opere di captazione da falde.
Sulla base delle caratteristiche delle formazioni interessate
e di quelle dell'acquifero si definirà il complesso
delle opere di attingimento e, in particolare, i tipi
dei pozzi più idonei ad emungere la portata
richiesta. La depressione della superficie piezometrica
della falda indisturbata dovrà essere contenuta
entro valori tali da evitare richiami da altre falde
o di acque esterne.
I prelievi dovranno essere opportunamente limitati o
anche vietati in quelle zone in cui è da temere
un abbassamento del terreno che possa danneggiare ,
direttamente o indirettamente, il territorio interessato
e in particolare gli edifici e le opere sovrastanti.
Le perforazioni saranno eseguite in modo da evitare
la comunicazione tra falde diverse, provvedendo tra
l'altro alla cementazione delle falde non interessate
alla utilizzazione.
La testata dei pozzi sarà a quota superiore a
quella del piano di calpesto, sarà chiusa ed
alloggiata in apposita cabina, nella quale avrà
sede l'eventuale impianto di sollevamento. La chiusura
della testata sarà provvista di organo di aerazione.
Nella cabina potrà essere alloggiata anche l'eventuale
autoclave occorrente per la immissione diretta in rete.
Le eventuali vasche di raccolta alimentate da uno o
più pozzi sono assoggettate alle norme di cui
al paragrafo 2.4.1.
Gli impianti elevatori saranno provvisti di valvole
di non ritorno, nonché di dispositivi di allarme
per avaria o disservizio.
Ciascun manufatto di testata sarà completo di
dispositivi per il prelievo di campioni ed eventualmente
di strumentazioni per la misura in sito di talune caratteristiche
delle acque derivate. Strumentazioni di controllo saranno
predisposte altresì in corrispondenza dei pozzi
previsti per l'accertamento del regime della falda.
2.1.2. - Acque superficiali. - Le acque superficiali,
che si considerano nelle presenti norme, sono quelle
dei laghi naturali o artificiali, nonché quelle
dei corsi d'acqua naturali e artificiali. Le norme
di cui al presente articolo si applicano altresì
alle acque di falde freatiche.
A) Laghi.
Le acque dei laghi, rispetto a quelle dei corsi d'acqua,
sono di norma più idonee all'uso potabile per
la minore variabilità delle loro caratteristiche
e per la torbidità generalmente minore. Tuttavia
i laghi sono suscettibili di inquinamento progressivamente
crescente, a causa di possibili fenomeni di accumulo.
In via preliminare si definiranno i parametri geometrici
del lago e le caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche
delle acque in corrispondenza della presa, di quelle
immesse da corsi d'acqua naturali o artificiali nonché
da scarichi di ogni tipo, determinando l'entità
e la natura dell'inquinamento provocato, con particolare
riguardo alle direzioni scarichi-presa.
In relazione all'importanza della derivazione (rapportata
alla disponibilità di acqua e all'estensione
della superficie del lago) saranno sviluppate indagini
sul regime idrologico e limnologico, con particolare
riferimento all'andamento nel tempo - alle varie profondità
e nelle diverse zone del lago - della temperatura,
della torbidità, dei parametri chimici, della
flora e della fauna, nonché della vegetazione
di fondo, delle correnti e del moto ondoso. Si terrà
conto altresì degli scambi idrologici profondi.
Per derivazioni di modesta entità le suddette
indagini potranno essere limitate ad uno specchio di
lago circostante la presa, di estensione da determinare
di volta in volta in relazione alle situazioni locali.
Sulla base di tali indagini saranno definiti l'ubicazione
e le caratteristiche dell'opera di presa, nonché
i provvedimenti amministrativi e le opere di protezioni.
Essi saranno in rapporto sia all'importanza degli attingimenti,
commisurati alla capacità dell'invaso, sia alle
caratteristiche ed all'affidabilità dell'impianto
di trattamento.
L'opera di presa sarà disposta a distanza dal
fondo tale da evitare apprezzabili azioni di richiamo
di torbidità o vegetazione e a distanza dalla
superficie tale che - anche nelle condizioni di massimo
svaso - si abbiano limitate escursioni delle caratteristiche
termiche e biologiche. Essa sarà ubicata in
modo da risentire il meno possibile dell'influenza
degli scarichi, tenuto conto del gioco delle correnti.
L'opera di presa sarà di norma provvista di luci
regolabili a quota diversa, specie quando si prevedono
notevoli escursioni del livello d'acqua.
I provvedimenti amministrativi riguarderanno in particolare
la eventuale definizione della destinazione del territorio
direttamente influente sul lago, la limitazione dell'esercizio
della navigazione, della pesca e della balneazione,
nonché nell'uso di fertilizzanti e di pesticidi
sulle aree agricole delle sponde. Essi, inoltre, considereranno
eventuali interventi restrittivi o integrativi sulle
caratteristiche degli scarichi nel lago e nei suoi
affluenti, nonché nel sottosuolo ricadente nel
bacino idrogeologico del lago, secondo quanto previsto
dall'art.26 della legge n.319. La zona nella quale
è ubicata l'opera di presa sarà opportunamente
delimitata con galleggianti o altre apparecchiature
di segnalazione.
Le opere di protezione comprenderanno la sistemazione
delle pendici del lago e di quelle degli affluenti
particolarmente dissestate, nonché l'eventuale
deviazione delle acque meteoriche e di quelle provenienti
dagli scarichi verso zone lontane dalla presa o addirittura
a valle del lago.
La progettazione dei serbatoi artificiali sarà
sviluppata nel rispetto delle precedenti norme e prevederà,
inoltre, la presenza di un volume e di un tirante di
acqua - anche in condizioni di massimo svaso - necessaria
ad assicurare la salvaguardia degli equilibri biologici.
B) Corsi d'acqua.
Si dovranno definire, in via preliminare, il regime
idrologico del corso d'acqua nel tratto interessato
alla presa (con particolare riguardo alle magre), la
quantità e la natura del trasporto solido in
sospensione correlato al regime idrologico, le caratteristiche
fisiche, chimiche e biologiche delle acque nei vari
periodi.
Dovrà essere accertata altresì la presenza
di insediamenti, la ubicazione e la qualità
degli scarichi. In stretto riferimento a tali accertamenti
saranno definiti la ubicazione dell'opera di presa,
i provvedimenti amministrativi e le opere di protezione;
questi saranno in relazione alla portata derivata rapportata
a quella del corso d'acqua.
L'opera di presa sarà ubicata preferibilmente
a monte di insediamenti e scarichi importanti; se a
valle, sarà ubicata alla maggiore distanza possibile
da essi.
I provvedimenti amministrativi saranno riferiti a quella
parte di bacino, a monte della presa, che più
direttamente può concorrere all'inquinamento
nella zona interessata. Essi concerneranno in particolare
la eventuale definizione della destinazione del territorio,
la limitazione dell'uso del corpo d'acqua (navigazione,
balneazione, pesca) e di fertilizzanti e pesticidi
in agricoltura, nonché gli interventi restrittivi
e integrativi sulle caratteristiche degli scarichi,
secondo quanto previsto dall'art.26, della legge n.319.
In relazione alle situazioni locali, nella zona dell'opera
di presa, si potrà procedere all'imposizione
di servitù o all'esproprio.
Le opere di protezione riguarderanno opere in alveo,
sistemazione delle sponde, eventuali spostamenti di
manufatti e di scarichi preesistenti.
2.2 Impianti di trattamento.
Gli impianti di trattamento dovranno tener conto delle
caratteristiche delle acque all'ingresso e di quelle
richieste dall'uso cui sono destinate.
Dovranno essere ubicati in zone che non siano interessate
dalle acque di piena di corsi d'acqua o di laghi naturali
o artificiali e dovranno essere protetti altresì
dalle acque di falda e da quelle superficiali di qualsiasi
provenienza.
Le zone in cui sono ubicati gli impianti dovranno essere
recintate e l'accesso ad esse dovrà essere rigorosamente
precluso ad estranei.
Gli impianti funzionanti in continuità dovranno
essere realizzati in due o più unità
operatrici gemelle. Quelli di minore importanza, per
i quali sia previsto un limitato numero di ore di funzionamento
al giorno, potranno essere realizzati in una unica
unità operativa.
In ogni caso dovrà essere prevista una capacità
di compenso e di riserva dell'acqua trattata, in modo
da far fronte alle interruzioni o alle riduzioni di
funzionamento dell'impianto.
Gli impianti dovranno essere realizzati in modo che
sia sempre assicurata l'energia necessaria per il loro
funzionamento, anche in caso di interruzione dell'energia
di rete.
Le unità operatrici destinate al trattamento
di disinfezione di sicurezza dell'acqua dovranno, in
ogni caso, assicurare sempre una capacità di
erogazione di agente disinfettante adeguatamente superiore
al massimo previsto, per poter far fronte ad esigenze
eccezionali non prevedibili.
Gli impianti dovranno comprendere adeguate opere di
raccolta e smaltimento dei prodotti di rifiuto del
trattamento (fanghi di sedimentazione, acque di lavaggio
dei filtri, altre acque di lavaggio e pulizia, salamoia
ed altre soluzioni rigeneratrici).
Tale smaltimento dovrà essere effettuato nel
rispetto delle norme emanate in base all'art.2, punto
3, della legge n.319.
Per gli impianti di grande dimensione si dovrà
valutare la opportunità di prevedere il recupero,
almeno parziale, delle sostanze chimiche.
Gli impianti dovranno essere dotati di strumenti di
misura e di controllo, possibilmente registratori,
del funzionamento delle singole unità operatrici
in tutte le fasi del trattamento.
Le unità operatrici dovranno essere munite di
dispositivi di sicurezza e di allarme di fuori esercizio,
avaria o funzionamento anomalo, con segnalazione al
quadro centrale di controllo degli impianti, onde consentire
l'immediato intervento del personale di controllo.
Gli impianti dovranno essere muniti di un laboratorio
di analisi, di dimensioni adeguate all'importanza dell'impianto,
per il controllo (in continuo e con registrazione)
dei dati della qualità dell'acqua da trattare
e dell'acqua trattata.
2.3 Impianti di trasporto.
Salvo il caso in cui le acque derivate siano potabili
allo stato naturale, gli impianti di trasporto sono
preceduti da opere che convogliano l'acqua grezza dalla
presa all'impianto di trattamento.
Le caratteristiche progettuali di tali opere (strettamente
connesse alla natura e alla morfologia dei terreni
attraversati, al loro sviluppo e alla portata da trasportare)
devono raggiungere lo scopo precipuo di preservare
la qualità delle acque da possibili deterioramenti.
A tale fine saranno rivolti anche i provvedimenti amministrativi
e tecnici che di volta in volta si dovranno adottare.
Il trasporto di acqua potabile sarà effettuato
sempre mediante condotti chiusi (nei quali l'acqua
può defluire in pressione o a pelo libero) tali
da garantire stabilmente la protezione igienica e termica
dell'acqua stessa.
A questo scopo le opere di trasporto avranno sede in
terreni la cui stabilità sia accertata mediante
indagini di dettaglio.
La scelta del tracciato, del tipo di condotto e dei
materiali che lo costituiscono, delle caratteristiche
dei dispositivi e dei mezzi di giunzione, sarà
fatta sulla base della natura e della morfologia dei
terreni attraversati, nonché delle pressioni
interne e delle caratteristiche delle acque convogliate.
La profondità di posa sarà fissata anche
in rapporto alle caratteristiche climatiche della zona.
Il tracciato dei condotti si dovrà sviluppare
il più possibile all'esterno di zone interessate
da insediamenti civili o produttivi e, in particolare,
dalle relative reti di scarico, e dovrà ricadere
il più possibile lontano da aree soggette a
deposito o scarichi che possano costituire fonte di
inquinamento.
In relazione all'importanza dell'opera di trasporto
e sulla base del tracciato e del tipo di condotto prescelti,
nonché delle caratteristiche geomorfologiche
dei terreni attraversati e dello stato di insediamenti
in atto negli stessi, saranno definiti i provvedimenti
amministrativi e le opere e gli accorgimenti di protezione.
I provvedimenti amministrativi riguarderanno la definizione
di una opportuna fascia di protezione del condotto,
da assoggettare a limitazioni di uso quali: divieti
di edificazioni, di piantagioni arboree, di deposito
o spandimento (sul suolo e nel sottosuolo) di materie
che possono essere fonti di inquinamento.
Le opere e gli accorgimenti di protezione hanno lo scopo
di difendere il condotto da quelle fonti di possibile
inquinamento non evitate dal tracciato e non ovviabili
mediante i provvedimenti amministrativi.
In particolare, quando non sia possibile mantenere le
distanze desiderate da fognature urbane e industriali,
è necessario che la generatrice inferiore della
condotta di acqua potabile sia sufficientemente al
di sopra di quella superiore della condotta di acque
reflue. Se però la distanza fra di esse non
consente un sufficiente grado di sicurezza contro il
pericolo di possibile inquinamento dell'acqua convogliata,
o allorquando una condotta di acqua potabile ne attraversi
una di acque di scarico, almeno uno delle due condotte
- preferibilmente quella dell'acquedotto - dovrà
essere protetta con apposito manufatto che impedisca
alle eventuali perdite dalla tubazione fognante di
raggiungere il condotto potabile e che consenta di
evidenziare l'esistenza delle perdite stesse.
Nel caso di attraversamento di terreni interessati da
falde acquifere si adotteranno opportune opere di accorgimento,
per evitare infiltrazioni di acqua dall'esterno. In
particolare, per le tubazioni in pressione, il carico
dovrà essere superiore a quello della falda.
Adeguati provvedimenti tecnici dovranno essere adottati
per la realizzazione di attraversamenti di corsi d'acqua,
di tratti di lago o di mare, tenendo anche conto delle
difficoltà di controlli durante l'esercizio.
Tra i normali accorgimenti di protezione rientra la
sistemazione in appositi pozzetti dei dispositivi:
di regolazione, di intercettazione, di sfiato, di scarico
e di misura, disposti in asse o in deviazione rispetto
al condotto.
L'immissione delle acque di scarico nel ricettore avverrà
tramite apposita intercettazione idraulica a sifone.
Per la difesa del condotto dall'aggressività
dei terreni attraversati (anche per quanto riguarda
le correnti vaganti) e delle acque convogliate, si
provvederà mediante idonea protezione attiva
o passiva del materiale che lo costituisce.
Il controllo del regolare funzionamento degli impianti
sarà attuato mediante idonee apparecchiature
di misura, di segnalazione e di allarme, che segnaleranno
quelle variazioni delle caratteristiche delle acque
e dei fattori idraulici alle quali si connettono inquinamenti
attuali o situazioni di pericolosità.
2.4 Impianti di distribuzione.
2.4.1. - Serbatoi. - I serbatoi interrati dovranno essere
ubicati preferibilmente in zone lontane da insediamenti
e da fonti di inquinamento, e che offrano inoltre sufficienti
garanzie di stabilità.
All'intorno di essi dovrà essere stabilita un'area
di rispetto, sulla quale siano imposte opportune limitazioni
dell'uso del territorio. L'estensione di tale area
sarà definita sulla base delle caratteristiche
idrogeologiche e geotecniche del terreno interessato,
delle eventuali fonti di inquinamento, nonché
delle caratteristiche costruttive dei serbatoi medesimi.
Dovranno essere previste opportune opere, intese ad
intercettare o allontanare le acque di falda, di pioggia
e quelle di piena di eventuali corsi d'acqua.
I serbatoi, specie se di grandi dimensioni, dovranno
essere frazionati in più unità parallele.
L'arrivo delle acque dovrà essere ubicato in
posizione opposta a quella di partenza, ovvero si dovranno
inserire opportuni setti che favoriscano la circolazione
e quindi il ricambio dell'acqua immagazzinata.
Le tecniche costruttive e i materiali impiegati dovranno
assicurare la perfetta tenuta idraulica delle pareti
e del fondo.
Le pareti, inoltre, dovranno essere protette dall'esterno
mediante idonea intercapedine ispezionabile, munita
di apposita cunetta di raccolta e di allontanamento
delle acque. In mancanza di tale intercapedine le pareti
dovranno essere impermeabilizzate verso le venute dall'esterno
e fornite di un adeguato sistema verticale di drenaggio,
che consenta anche di rilevare eventuali perdite.
Ogni vasca sarà dotata di scarico di fondo e
di scarico di superficie.
Il fondo della vasca avrà una pendenza verso
il punto di scarico per consentire un agevole smaltimento
delle acque di lavaggio.
Le acque di sfioro e di scarico dovranno confluire in
appositi pozzetti, i cui scarichi siano muniti di chiusura
idraulica.
L'accesso alle vasche deve avvenire attraverso la camera
di manovra o l'intercapedine. Le porte di accesso devono
essere a tenuta e non aprirsi verso le vasche.
La presa sarà situata ad una conveniente altezza
sul fondo della vasca o della eventuale zona ribassata
predisposta per l'alloggiamento della presa stessa,
e sarà munita di apposita succhieruola.
I dispositivi di aerazione dovranno preferibilmente
aprirsi verso le camere di manovra ed essere idonei
ad impedire il passaggio di organismi viventi o polveri.
Le vasche non dovranno essere fornite di luci aperte
direttamente all'esterno e, al di sopra di esse, non
dovranno essere praticate aperture di accesso.
La copertura dei serbatoi sarà impermeabilizzata
e dotata di sistema di smaltimento delle acque di pioggia.
Essa, inoltre, sarà coibentata termicamente
mediante rivestimento di materiali idonei, ovvero con
uno strato di terreno di adeguato spessore. Quest'ultimo
potrà essere coltivato esclusivamente a prato.
Opportune recinzioni impediranno l'accesso alla zona
di copertura da parte di persone non autorizzate.
Le apparecchiature per la misurazione della portata,
della pressione e delle caratteristiche della qualità
delle acque, in arrivo o in uscita dal serbatoio, dovranno
essere alloggiate nella camera di manovra.
I serbatoi sopraelevati saranno protetti termicamente
mediante intercapedine di aria o apposito materiale
coibente.
2.4.2. - Reti di distribuzione. - Sotto l'aspetto igienico
le reti di distribuzione costituiscono la parte più
vulnerabile dell'acquedotto, sia per la presenza di
numerose apparecchiature (di sezionamento, derivazione,
sfiato, scarico, misura) che costituiscono punti di
possibile inquinamento, sia per le caratteristiche
dell'ambiente nel quale di norma si ha coesistenza
fra le reti medesime e quelle fognanti. La situazione
è aggravata dalle sollecitazioni dovute al traffico
e dalla presenza di correnti vaganti, che possono essere
causa di rottura delle tubazioni.
Pertanto particolare attenzione dovrà porsi nella
scelta del tipo di tubazione e dei relativi giunti,
al fine di assicurare la tenuta anche in occasione
dello svuotamento delle condotte, e nelle opere di
protezione delle suddette apparecchiature.
Le reti stesse sono soggette alle norme generali di
cui al punto 2.3, ma sono costituite sempre da tubazioni
in pressione. In ciascun punto della rete la quota
piezometrica dovrà essere adeguatamente superiore
alla quota del terreno, anche nelle situazioni di esercizio
più gravose.
Di norma i tronchi principali delle reti di distribuzione
saranno a maglie chiuse, mentre i tronchi secondari
potranno essere a ramificazione.
Dovranno essere predisposte apposite apparecchiature
di scarico e di sezionamento, che consentano il completo
svuotamento per tronchi della rete.
Gli scarichi delle condotte non devono essere messi
in comunicazione diretta con la fognatura; essi devono
avvenire attraverso apposito pozzetto provvisto di
intercettatore idraulico. Lo sbocco della condotta
di scarico dall'acquedotto nel pozzetto dovrà
essere convenientemente al disopra del livello massimo
nel pozzetto medesimo.
E' opportuno che le diramazioni agli utenti siano munite
di apparecchiatura automatica atta ad impedire il ritorno
dell'acqua già consegnata agli utenti stessi,
dovuto ad eventuale abbassamento della pressione in
rete.
Nel caso in cui è impiegata una doppia rete di
distribuzione (una per acqua potabile e l'altra per
uso non potabile), dovrà essere impedita la
loro connessione e le tubazioni delle due reti dovranno
essere ben distinte fra loro e facilmente individuabili.
3. ESERCIZIO.
3.1 Premesse.
L'esercizio degli impianti di acquedotto deve essere
affidato a personale specializzato. Le strutture organizzative
e i mezzi tecnici devono essere idonei a dare attuazione
alle presenti norme.
Prima che venga posto in esercizio un impianto di acquedotto,
dovrà procedersi alla sua disinfezione. Altrettanto
dovrà farsi per quelle parti in cui siano stati
effettuati interventi di manutenzione.
E' indispensabile che venga esercitato un attento e
continuo controllo della qualità delle acque
in tutte le fasi (dall'attingimento alla distribuzione)
e del buon funzionamento di tutti gli impianti che
compongono l'acquedotto, tenendo presente che - qualunque
siano le precauzioni adottate nella loro realizzazione
- possono insorgere cause di contaminazione non previste
o non prevedibili.
Il prelievo dei campioni di acqua deve essere effettuato
in corrispondenza di punti dell'impianto di acquedotto
opportunamente scelti, nei quali siano state predisposte
apposite apparecchiature di presa.
La frequenza dei controlli verrà stabilita in
conformità delle norme vigenti, nonché
in relazione alla estensione e alle condizioni di tutte
le opere costituenti l'impianto, alla provenienza dell'acqua
distribuita, alla uniformità dei risultati dei
controlli stessi, all'affidabilità dell'eventuale
impianto di trattamento e al numero di abitanti servito.
Si dovranno programmare in via preventiva i provvedimenti
occorrenti per fronteggiare eventuali situazioni di
emergenza conseguenti all'inquinamento delle acque.
Qualora le acque di lavaggio delle varie parti dell'acquedotto,
nonché quelle di sfioro o di scarico, abbiano
un contenuto in cloro libero superiore al limite previsto
dalle tabelle per lo scarico in acque superficiali,
è necessario prevedere lo scarico di esse, con
le idonee cautele, in fognatura.
Se il cloro libero supera di molto il limite predetto
si dovranno adottare opportuni accorgimenti tecnici
intesi a diminuire la concentrazione di cloro.
Analoghi accorgimenti dovranno essere adottati quando
lo scarico avviene direttamente in corsi d'acqua superficiali.
3.2 Impianti di attingimento.
Le parti dei bacini di alimentazione, per le quali sia
stata ravvisata la necessità di adottare provvedimenti
amministrativi di protezione, dovranno essere oggetto
di ispezioni periodiche intese a rilevare le eventuali
violazioni di tali provvedimenti.
Particolare tempestiva attenzione dovrà essere
rivolta alle violazioni che possano conferire alle
acque utilizzate caratteristiche tossiche. Nei casi
in cui possa essere temuto il verificarsi di situazioni
di questo tipo, è necessario predisporre idonee
apparecchiature di rilevamento continuo e di allarme,
con sorveglianza permanente.
3.3 Impianti di trattamento.
Gli impianti di trattamento dovranno essere soggetti
ad un continuo controllo. Questo dovrà essere
tanto più attento quanto più numerose
e complesse sono le correzioni realizzate, e dovrà
essere tale da garantire che alla distribuzione non
arrivino acque non idonee al consumo.
In relazione alle caratteristiche dell'impianto verranno
stabilite le analisi occorrenti.
Le caratteristiche qualitative delle acque dovranno
essere costantemente controllate in tutte le fasi del
trattamento.
Il controllo delle acque all'uscita dell'impianto avrà
anche lo scopo di assicurare che le acque da immettere
nelle condotte siano tali da non ingenerare fenomeni
corrosivi nelle condotte stesse.
3.4 Impianti di distribuzione.
Allegato 4
Le strutture murarie dei serbatoi (specie delle pareti
perimetrali e della platea) dovranno essere periodicamente
controllate, per accertare la presenza di eventuali
fessurazioni, attraverso le quali potrebbe inquinarsi
l'acqua immagazzinata.
Si dovrà procedere periodicamente alla pulizia
delle vasche, per rimuovere i depositi e la vegetazione
che potrebbero formarsi.
Le caratteristiche dell'acqua distribuita dovranno essere
controllate frequentemente. I campioni dovranno essere
prelevati in corrispondenza dell'arrivo e della partenza
dai serbatoi, nonché in punti caratteristici
della rete di distribuzione.
NORME TECNICHE GENERALI PER LA
REGOLAMENTAZIONE DELL'INSTALLAZIONE E DELL'ESERCIZIO
DEGLI IMPIANTI
DI FOGNATURA E DEPURAZIONE
PREMESSA.
Le norme si riferiscono agli impianti di fognatura e
depurazione che verranno costruiti dopo la data di
entrata in vigore delle norme stesse. Per gli impianti
esistenti dovranno essere gradualmente adottate misure
correttive, tendenti ad allinearli alla normativa richiesta
per i nuovi impianti.
Tale gradualità verrà definita dalle regioni
nel quadro dei compiti ad esse attribuiti dall'art.4
della legge n.319.
Le norme si applicano anche all'ampliamento di impianti
esistenti e nell'esercizio di questi ultimi.
IMPIANTI DI FOGNATURA.
DEFINIZIONI.
Per impianto di fognatura si intende il complesso di
canalizzazioni, generalmente sotterranee, atte a raccogliere
ed allontanare da insediamenti civili e/o produttivi
le acque superficiali (meteoriche, di lavaggio, ecc.)
e quelle reflue provenienti dalle attività umane
in generale. Le canalizzazioni funzionano a pelo libero;
in tratti particolari il loro funzionamento può
essere in pressione (condotte di mandata da stazioni
di sollevamento, attraversamenti in sifoni, ecc.).
Una rete di fognatura può essere a sistema misto
quando raccoglie nella stessa canalizzazione sia le
acque di tempo asciutto, che quelle di pioggia, ed
a sistema separato se le acque reflue vengono raccolte
in una apposita rete distinta da quella che raccoglie
le acque superficiali.
Le canalizzazioni, in funzione del ruolo che svolgono
nella rete fognaria, sono distinte secondo la seguente
terminologia:
fogne: canalizzazioni elementari che raccolgono le
acque provenienti da fognoli di allacciamento e/o da
caditoie, convogliandole ai collettori;
collettori: canalizzazioni costituenti l'ossatura principale
della rete che raccolgono le acque provenienti dalle
fogne e, allorché conveniente, quelle ad essi
direttamente addotte da fognoli e/o caditoie. I collettori
a loro volta confluiscono in un emissario;
emissario: canale che, partendo dal termine della rete,
adduce le acque raccolte al recapito finale.
1. - Le canalizzazioni fognarie e le opere d'arte connesse
devono essere impermeabili alla penetrazione di acque
dall'esterno e alla fuoriuscita di liquami dal loro
interno nelle previste condizioni di esercizio.
Le sezioni prefabbricate devono assicurare l'impermeabilità
dei giunti di collegamento e la linearità del
piano di scorrimento.
La impermeabilità del sistema fognario deve essere
attestata da appositi certificati di collaudo.
2. - Le canalizzazioni e le opere d'arte connesse devono
resistere alle azioni di tipo fisico, chimico e biologico
eventualmente provocate dalle acque reflue e/o superficiali
correnti in esse. Tale resistenza potrà essere
assicurata sia dal materiale costituente le canalizzazioni
che da idonei rivestimenti.
L'impiego del materiale di rivestimento e delle sezioni
prefabbricate è ammesso solo su presentazione
di apposita dichiarazione di garanzia, debitamente
documentata, della ditta di fabbricazione.
Le canalizzazioni costituite da materiali metallici
devono, inoltre, risultare idoneamente protette da
eventuali azioni aggressive provenienti sia dall'esterno,
che dall'interno delle canalizzazioni stesse. Il regime
delle velocità delle acque nelle canalizzazioni
deve essere tale da evitare sia la formazione di depositi
di materiali, che l'abrasione delle superfici interne.
I tempi di permanenza delle acque nelle canalizzazioni
non devono dar luogo a fenomeni di settizzazioni delle
acque stesse.
3. - Manufatti di ispezione devono di norma essere previsti
ad ogni confluenza di canalizzazione in un'altra, ad
ogni variazione planimetrica tra due tronchi rettilinei,
ad ogni variazione di livelletta ed in corrispondenza
di ogni opera d'arte particolare.
Il piano di scorrimento nei manufatti deve rispettare
la linearità della livelletta della canalizzazione
in uscita dai manufatti stessi.
I manufatti di cui sopra devono avere dimensioni tali
da consentire l'agevole accesso al personale addetto
alle operazioni di manutenzione e controllo.
Lungo le canalizzazioni, al fine di assicurare la possibilità
di ispezione e manutenzione, devono disporsi manufatti
a distanza mutua tale da permettere l'agevole intervento
del personale addetto.
4. - Le caditoie devono essere munite di dispositivi
idonei ad impedire l'uscita dalle canalizzazioni di
animali vettori e/o di esalazioni moleste.
Esse devono essere disposte a distanza mutua, tale da
consentire la veloce evacuazione nella rete di fognatura
delle acque di pioggia e comunque in maniera da evitare
ristagni di acque sulle sedi stradali o sul piano di
campagna.
5. - Tutti gli allacciamenti previsti alle reti pubbliche devono essere muniti di idonei manufatti, le cui dimensioni ed ubicazione devono permettere una agevole ispezionabilità al personale addetto alle operazioni di manutenzione e controllo.
6. - Gli scaricatori di piena da reti di tipo misto
devono essere dimensionati in modo tale da assicurare
che le acque scaricate presentino una diluizione compatibile
con le caratteristiche e con l'uso del ricettore.
I rapporti di diluizione e le modalità di scarico
verranno stabiliti dagli enti competenti alla autorizzazione
allo scarico.
7. - Le stazioni di sollevamento devono essere sempre
munite di un numero di macchine tale da assicurare
una adeguata riserva.
I tempi di attacco e stacco delle macchine devono consentire
la loro utilizzazione al meglio delle curve di rendimento
ed al minimo di usura, tenendo conto che i periodi
di permanenza delle acque nelle vasche di adescamento
non determinino fenomeni di setticizzazione delle acque
stesse.
Le stazioni di sollevamento devono essere munite o collegate
ad idonei scaricatori di emergenza, tali da entrare
autonomamente in funzione in caso di interruzione di
fornitura di energia.
Qualora per ragioni plano-altimetriche non risulti possibile
la installazione di scaricatori di emergenza, le stazioni
di sollevamento devono, in aggiunta alla normale alimentazione
di energia, essere munite di autonomi gruppi energetici,
il cui stato di manutenzione deve essere attestato
dalle annotazioni riportate su apposito registro.
Autonomi gruppi energetici devono, inoltre, essere previsti
in tutti quei casi in cui il ricettore - dove potrebbe
sversare lo scarico di emergenza - è sottoposto
a particolari vincoli.
8. - La giacitura del sottosuolo delle reti fognarie
deve essere realizzata in modo tale da evitare interferenze
con quella di altri sottoservizi.
In particolare le canalizzazioni fognarie devono sempre
essere tenute debitamente distanti ed al di sotto delle
condotte di acqua potabile.
Quando per ragioni plano-altimetriche ciò non
fosse possibile, devono essere adottati particolari
accorgimenti al fine di evitare la possibilità
di interferenze reciproche.
9. - Lo studio di una rete di fognatura deve sempre riferirsi per gli elementi di base (previsioni demografiche ed urbanistiche, dotazioni idriche, dati pluviometrici, tipologia portata e qualità dei liquami, ecc.) a dati ufficiali o comunque resi tali da apposita dichiarazione delle competenti autorità.
10. - La scelta del tipo di materiale delle canalizzazioni
deve essere effettuata sulla base delle caratteristiche
idrauliche, della resistenza statica delle sezioni,
nonché in relazione alla tipologia ed alla qualità
dei liquami da convogliare.
Le canalizzazioni devono essere sempre staticamente
verificate ai carichi esterni permanenti ed accidentali,
tenendo conto anche della profondità di posa
e delle principali caratteristiche geotecniche dei
terreni di posa e di ricoprimento.
11. - L'ente gestore della fognatura deve predisporre
un idoneo programma di interventi di manutenzione ordinaria
e straordinaria della rete di fognatura gestita.
Tale programma deve, in particolare, definire gli intervalli
di tempo entro i quali effettuare le normali operazioni
di spurgo della rete nonché le verifiche concernenti
sia le condizioni statiche dei manufatti che lo stato
di usura dei rivestimenti. L'attuazione di detto programma
deve risultare da specifiche annotazioni da riportarsi
su apposito registro.
L'ente gestore deve, inoltre, disporre di una planimetria
quotata sviluppata in una scala adeguata che permetta
la chiara individuazione della rete fognante gestita.
La stessa planimetria deve riportare lo schema della
rete di distribuzione dell'acqua potabile.
La planimetria di cui sopra deve risultare costantemente
aggiornata.
IMPIANTI DI DEPURAZIONE.
1. SCELTA DEL SITO.
1.1 Riferimento al regime urbanistico.
La scelta della località di installazione dell'impianto
di depurazione deve essere effettuata tenendo conto
delle eventuali implicazioni di carattere edilizio
urbanistico, e comunque nel rispetto di vincoli preesistenti.
In particolare deve essere fatto riferimento, ove esista,
allo strumento urbanistico vigente nel comune, rispetto
al quale nella scelta dell'area potranno verificarsi
i seguenti casi:
a) il comune è dotato di piano particolareggiato
di attuazione del piano regolatore generale: l'area
destinata a sede dell'impianto risulta designata nella
planimetria del piano particolareggiato;
b) il comune è dotato di programma di fabbricazione
o del piano regolatore generale, approvato o adottato;
l'area su cui realizzare l'impianto di depurazione
deve ricadere tra quelle destinate ad attrezzature
ed impianti di interesse generale;
c) il comune è dotato soltanto della perimetrazione
del centro urbano: l'area destinata a sede dell'impianto
di depurazione deve essere prescelta in modo che non
pregiudichi il prevedibile ampliamento dell'abitato;
d) il comune anche se dotato di programma di fabbricazione
o piano regolatore generale - può essere interessato
(successivamente all'approvazione dello strumento urbanistico)
da vincoli paesaggistici o di altra natura, può
essere compreso all'interno di piani comprensoriali
intercomunali o di comunità montane, può
essere investito da insediamenti produttivi facenti
parte di nuclei industriali o aree di sviluppo industriale,
può infine essere sede di infrastrutture a rete,
in costruzione o comunque programmate: in tutti questi
casi la scelta dell'area dove si intende ubicare l'impianto
deve tener conto di tali vincoli, in modo da non comprometterne
l'attuazione.
1.2 Condizioni ambientali e zone di rispetto.
In ogni caso l'ubicazione dell'impianto di depurazione
deve rispondere ai seguenti requisiti:
a) necessità di isolamento o comunque di una
fascia di rispetto o di protezione;
b) inserimento dell'impianto nell'ambiente in modo da
non dar luogo a inconvenienti di tipo ecologico, urbanistico
o igienico-sanitario;
c) compatibilità con i venti dominanti.
In particolare, onde evitare che microrganismi patogeni
o sostanze particolarmente pericolose raggiungano (per
trasporto di aerosol) zone abitate, residenziali o
commerciali, o di traffico notevole, è necessario
che gli impianti che trattano liquami di provenienza
domestica o che comunque possano contenere microrganismi
patogeni o sostanze pericolose siano costruiti ad una
distanza dagli insediamenti tale che sia evitata la
possibilità di diffusione su tali zone.
Tale prescrizione deve essere in particolare osservata
nel caso che le zone abitate si trovino o sottovento
rispetto ai venti dominanti, o che l'impianto si trovi
ad una quota più alta rispetto alle zone abitate.
La diffusione di microrganismi patogeni o sostanze
pericolose può essere evitata anche progettando
l'impianto con accorgimenti tecnici particolari e/o
creando barriere per esempio per mezzo di alberi a
fogliame persistente e a grande sviluppo.
La distanza tra gli alberi, in dipendenza del tipo impiegato,
deve essere tale da assicurare l'efficacia della barriera.
L'inserimento di alberi e piante nella zona di installazione
dell'impianto va fatto anche in funzione di un corretto
inserimento dell'impianto nell'ambiente circostante.
La scelta della localizzazione dell'impianto deve essere
effettuata in modo tale da proteggere i centri abitati
da rumori ed odori molesti.
Per gli impianti di depurazione che trattino scarichi
contenenti microrganismi patogeni e/o sostanze pericolose
alla salute dell'uomo, è prescritta una fascia
di rispetto assoluto con vincolo di inedificabilità
circostante l'area destinata all'impianto. La larghezza
della fascia è stabilita dall'autorità
competente in sede di definizione degli strumenti urbanistici
e/o in sede di rilascio della licenza di costruzione.
In ogni caso tale larghezza non potrà essere
inferiore ai 100 metri.
Per gli impianti di depurazione esistenti, per i quali
la larghezza minima suddetta non possa essere rispettata,
devono essere adottati idonei accorgimenti sostitutivi
quali barriere di alberi, pannelli di sbarramento o,
al limite, ricovero degli impianti in spazi chiusi.
1.3 Aspetti tecnici connessi con la localizzazione dell'impianto.
La zona scelta per la costruzione dell'impianto deve
essere situata, compatibilmente con le altre esigenze,
ad un livello tale che la maggior parte possibile delle
acque da depurare raggiunga l'impianto per gravità;
inoltre deve essere tale da rendere minimo lo sviluppo
delle condotte di adduzione delle acque inquinate.
In particolare si deve tener conto di:
a) presenza di falda freatica e del relativo livello
in relazione a eventuali necessità di impermeabilizzazione,
alla costruzione delle opere di drenaggio, ad eventuali
effetti sul processo dal punto di vista delle temperature
di esercizio e a quanto altro connesso con la situazione
locale;
b) livelli di magra e di piena del corpo idrico nel
quale si intende scaricare l'effluente depurato: in
caso di necessità bisogna predisporre pompe
di sollevamento per lo scarico.
Nel caso che le opere di depurazione siano localizzate
in vicinanza di un corpo idrico e ci sia possibilità
di inondazioni, l'impianto deve essere protetto con
strutture adeguate.
La scelta del sito deve essere effettuata anche in relazione
alla facilità di smaltimento dei prodotti finali
(sabbie, fanghi e ceneri).
1.4 Aspetti connessi con lo smaltimento dell'effluente
depurato.
Nel caso di soluzioni alternative, la scelta deve essere
effettuata anche sulla base di possibili danni provocati
a valle nel corpo idrico recipiente. A tal proposito
è necessario tener conto delle utilizzazioni
del medesimo in atto o previste.
1.5 Definizione dell'area per la sistemazione dell'impianto.
L'area destinata all'impianto deve essere sufficiente
per tutte le necessità connesse con il funzionamento
ottimale dell'impianto stesso: deposito per materiali
di consumo e di risulta, edifici ausiliari, parcheggi
e quanto altro occorra per il corretto funzionamento
dell'impianto.
Inoltre, nella delimitazione dell'area destinata all'impianto,
occorre tenere presenti futuri possibili ampliamenti
dell'impianto medesimo sia in funzione di un incremento
della portata da trattare, sia in vista di trattamenti
aggiuntivi anche al fine di un eventuale riutilizzo
dell'acqua depurata.
Infine sono da considerare i vantaggi tecnico-economici
che possono derivare dal trattamento degli scarichi
in una grande stazione di depurazione, in confronto
al trattamento degli scarichi in più impianti
di piccole dimensioni.
1.6 Costruzione o ampliamento di impianti di depurazione
per insediamenti esistenti.
Nel caso di impossibilità di rispettare integralmente
le norme riguardanti la scelta del sito, la realizzazione
o l'ampliamento degli impianti deve essere effettuata
con tutti gli accorgimenti tecnici necessari a garantire
il rispetto delle norme di carattere igienico-sanitario
riportate nella presente normativa e delle finalità
che le norme stesse si prefiggono.
Tale impossibilità deve essere documentata e
la documentazione stessa deve essere messa a disposizione
dell'autorità competente che deve accertarla.
2. PROGETTAZIONE E COSTRUZIONE.
2.1 Aspetti tecnici.
La progettazione e la costruzione dell'impianto devono
essere effettuate nel rispetto di tutte le norme vigenti.
A monte della progettazione deve essere effettuato un
idoneo studio delle caratteristiche idrauliche, fisico-chimiche
e biologiche dello scarico da trattare.
I dati tecnici relativi alle costruzioni ed alle apparecchiature
ed i costi di esercizio devono essere chiaramente indicati,
anche allo scopo di rendere più agevole un confronto
tra impianti diversi.
I criteri utilizzati per la progettazione devono (in
particolare per impianti di un certo rilievo o nei
casi nei quali una insufficiente depurazione dell'effluente
possa recare danno all'ambiente) essere basati anche
sulla sicurezza dell'efficienza del trattamento e sulla
facilità di manutenzione: è preferibile,
ad esempio, che l'impianto sia costituito da più
linee in parallelo, che le apparecchiature principali
abbiano una unità di riserva eventualmente già
installata, che sia previsto un by-pass per tutte le
unità di trattamento più importanti,
ecc.
Nello studio tecnico economico di ottimazione connesso
con la progettazione dell'impianto - specie nel caso
di installazione di notevole grandezza - deve essere
tenuto particolare conto di possibili riduzioni nei
consumi energetici e di eventuali utilizzazioni di
sottoprodotti (acqua depurata, fanghi, gas, olice,
ecc.) nonché dei piani di valorizzazione irrigua
di comprensori contigui.
All'atto della progettazione debbono essere tenuti in
conto anche i problemi connessi con un efficiente controllo
dell'impianto: deve essere prevista l'eventuale installazione
di sistemi di misura, pozzetti e derivazioni per campionamento.
Nel caso sia ritenuto conveniente, bisogna prevedere
negli impianti di dimensioni maggiori la possibilità
di ricevimento di fanghi provenienti dallo svuotamento
di pozzi neri, fosse settiche e piccoli impianti di
depurazione.
La normativa di cui al presente comma 2.1 si riferisce
ai soli impianti pubblici di depurazione.
2.2 Aspetti igienici ed urbanistici.
La progettazione e la costruzione dell'impianto devono
rispettare norme igieniche e vincoli urbanistici e
di qualunque altra natura, curando anche gli aspetti
paesaggistici con particolare riguardo alla sistemazione
a verde.
Nel caso che gli impianti di depurazione trattino scarichi
che possano contenere microrganismi patogeni deve essere
considerata l'eventualità di un trattamento
di disinfezione dell'effluente depurato in relazione
all'impiego attuale o potenziale del corpo ricettore.
Nel caso che si tratti di scarichi provenienti da complessi
ospedalieri, case di cura, ambulatori, laboratori di
analisi mediche e simili - con particolare riferimento
ad ospedali specializzati per malattie infettive ed
ai reparti infettivi degli ospedali generali la disinfezione
è obbligatoria.
2.3 Aspetti relativi alla sicurezza.
Debbono essere rispettate tutte le norme di sicurezza:
E.N.P.I., vigili del fuoco, o di altro tipo (scale,
recinzioni, materiali esplosivi, prodotti chimici,
impianti elettrici, ventilazione, segnaletica, reti
antincendio, manipolazione gas, movimento materiali
pesanti, ecc.)
Scrupolosa cura deve essere posta nella progettazione
per ridurre al minimo la possibilità di infezioni,
nel caso di impianti di depurazione che trattino scarichi
che possano contenere microrganismi patogeni. In particolare
specie nei grandi impianti di depurazione, devono essere
previsti locali adatti per docce, spogliatoi ed eventuali
refettori.
Altro aspetto di notevole importanza dal punto di vista
della sicurezza è che sia realizzata una efficiente
ventilazione in tutte le zone dove è possibile
deficienza di ossigeno o formazione di gas tossici.
Nel caso che venga utilizzato cloro gassoso, deve essere
previsto un impianto a pioggia nelle zone dove può
verificarsi una fuoriuscita di gas.
Deve, inoltre, essere curata l'ispezionabilità
delle unità costituenti l'impianto dei collegamenti
e dei circuiti
3. ESERCIZIO
3.1 Controlli periodici.
Devono essere controllate periodicamente tutte le caratteristiche
idrauliche, chimico-fisiche e biologiche del liquame
da depurare, che influiscono sul funzionamento dell'impianto.
Analogo controllo deve essere effettuato per l'effluente
depurato.
Si ritiene anche utile che vengano compiuti controlli,
almeno per i parametri più importanti, in punti
intermedi del processo ove ciò sia tecnicamente
possibile.
Si riporta, nella tabella allegata, una elencazione
dei più comuni controlli da eseguire; a titolo
esemplificativo vengono anche fornite le relative frequenze
per impianti di depurazione di scarichi di notevoli
dimensioni.
La frequenza delle analisi può variare in dipendenza
della grandezza e della complessità dell'impianto,
della natura dello scarico, del grado di depurazione
richiesto e dell'uso previsto per il ricettore.
Restano ferme le competenze dell'autorità sanitaria
che può imporre che vengano effettuati controlli
più spinti essenzialmente sull'effluente dell'impianto
e prodotti di risulta, per alcuni dei parametri riportati.
3.2 Quaderni di registrazione dei dati.
Le autorità addette al controllo possono richiedere,
in relazione alla quantità e qualità
del liquame trattato ed alle caratteristiche del corpo
ricettore, che i dati rilevati nei controlli periodici
di cui al punto 3.1 siano riportati su appositi quaderni
di registrazione.
Nei quaderni suddetti devono essere chiaramente indicate
l'ora e la data alla quale la misura si riferisce,
il punto di prelievo (se si tratta di analisi), il
parametro cui la misura si riferisce e il valore relativo.
Tali quaderni devono essere accuratamente conservati
e tenuti a disposizione dell'autorità di controllo
nel caso di ispezione all'impianto.
3.3 Personale.
Il personale addetto alla conduzione degli impianti
urbani deve essere adeguatamente qualificato.
3.4 Manutenzione.
Per tutte le apparecchiature, sia in esercizio che di
riserva, costituenti l'impianto devono essere effettuate
operazioni di manutenzione periodica; tutti i dati
relativi alla manutenzione devono essere appositamente
registrati.
Devono essere predisposte misure per eventuali interventi
di manutenzione straordinaria.
Processo Corrente interessata Parametri da rilevare
(sulle correnti uscenti) Unita' di misura Frequenza
PRETATTAMENTO
Dissabbiatura liquido solidi sedimentabili ml/l giornaliera
TRATTAMENTO PRIMARIO
Sedimentazione primaria liquido solidi sedimentabili ml/l giornaliera
pH - giornaliera
BOD5 ml/l giornaliera
solidi sospesi totali mg/l settimanale
COD mg/l giornaliera
Grassi mg/l settimanale
TRATTAMENTO SECONDARIO
Fanghi attivi
miscuglio in aerazione
solidi sospesi totali (SST)
mg/l
giornaliera
(105o) solidi sospesi volatili
(600o)
(%SST) giornaliera
DO mg/l giornaliera
Filtri o letti percolatori liquido solidi sedimentabili mg/l giornaliera
Sedimentazione finale liquido BOD mg/l giornaliera
solidi sospesi totali mg/l giornaliera
COD mg/l giornaliera
DO mg/l giornaliera
Torbidità mg/l SiO2 giornaliera
MBAS mg/l giornaliera
coliformi MPN/100ml settimanale
fango concentrazione solidi totali % in peso settimanale
indice di volume del fango ml/g settimanale
DISINFEZIONE
Clorazione
liquido
cloro residuo
mg/l
giornaliera
coliformi MPN/100ml settimanale
LINEA FANGHI
Ispessimento
liquido
solidi sospesi totali
mg/l
giornaliera
fango concentrazione solidi totali % in peso settimanale
concentrazione solidi volatili % in peso settimanale
Digestione anaerobica liquido solidi sospesi totali
(SST) mg/l settimanale
solidi sospesi volatili (%SST) settimanale
fanghi in digestione pH _ giornaliera
temperatura oC giornaliera
gas composizione del gas (% volume) settimanale
fango alcalinità mg/l come CaCO2 settimanale
concentrazione solidi totali % in peso settimanale
concentrazione solidi volatili % in peso settimanale
Centrifugazione liquido solidi sospesi totali (mg/l) settimanale
fango concentrazione solidi totali % in peso settimanale
Filtrazione fango in ingresso filtrabilità dei
fanghi (CST) (sec--1 1) settimanale
fango in uscita concentrazione solidi totali % in
peso settimanale
liquido solidi sospesi totali (mg/l) settimanale
Incenerimento ceneri composizione delle ceneri % in
peso settimanale
metalli e non metalli tossici totali % in peso settimanale
fango in ingresso potere calorifico inferiore Kcal/Kg settimanale
TRATTAMENTO TERZIARIO
Coagulazione e flocculazione
liquido
torbidità
(mg/lSiO2)
giornaliera
fosforo totale Ptot(mg/l) giornaliera
Carbone attivo liquido COD mg/l giornaliera
Ricarbonatazione liquido pH _ giornaliera
Stripping ammoniaca liquido azoto ammoniacale mg/l giornaliera
pH giornaliera
Filtrazione liquido COD mg/l giornaliera
torbidità (mg/l SiO2) giornaliera
Microstracciature solidi sospesi totali mg/l giornaliera
COD mg/l giornaliera
3.5 Aspetti igienici e sanitari.
Allegato 5
Nel caso di fuori servizio dell'impianto occorre darne
immediata comunicazione all'autorità di controllo.
In particolare, per gli impianti di depurazione che
trattino scarichi contenenti le sostanze di cui all'elenco
1 allegato alla direttiva del consiglio delle comunità
europee del 4 maggio 1976 (76/464/CEE) l'autorità
competente potrà prescrivere l'interruzione
immediata dello scarico, nel caso di fuori servizio
dell'impianto di depurazione.
Nel caso che gli scarichi possano contenere microrganismi
patogeni, il personale addetto alla conduzione dell'impianto
deve essere sottoposto a vaccinazioni periodiche antitifiche
ed antitetaniche ed essere immunizzato contro la poliomielite.
NORME TECNICHE GENERALI:
PER LA REGOLAMENTAZIONE DELLO SMALTIMENTO DEL LIQUAMI
SUL SUOLO E NEL SOTTOSUOLO;
PER LA REGOLAMENTAZIONE DELLO SMALTIMENTO DEI FANGHI
RESIDUATI DAI CICLI DI LAVORAZIONE E DAI PROCESSI DI
DEPURAZIONE;
SULLA NATURA E CONSISTENZA DEGLI IMPIANTI DI SMALTIMENTO
SUL SUOLO O IN SOTTOSUOLO DI INSEDIAMENTI CIVILI DI
CONSISTENZA INFERIORE A 50 VANI, O A 5.000 METRI CUBI
NORME TECNICHE GENERALI PER LA REGOLAMENTAZIONE DELLO SMALTIMENTO DEI LIQUAMI SUL SUOLO, ANCHE ADIBITO AD USI AGRICOLI, PURCHE' LE IMMISSIONI SIANO DIRETTAMENTE UTILI ALLA PRODUZIONE, E NEL SOTTOSUOLO, ESCLUSI I CASI NEI QUALI POSSONO ESSERE DANNEGGIATE FALDE ACQUIFERE
1. GENERALITA'.
La presente normativa, relativa allo smaltimento dei
liquami sul suolo e nel sottosuolo, riguarda gli scarichi
degli insediamenti civili e degli insediamenti produttivi,
siano essi effettuati mediante propria fognatura o
fognatura pubblica.
Lo smaltimento di liquami provenienti da insediamenti
di qualsiasi natura che non recapitano in acque superficiali
è ammesso solo nei seguenti recapiti:
sul suolo e negli strati superficiali del suolo;
nel sottosuolo, limitatamente ad immissioni in unità
geologiche profonde.
Per gli scarichi provenienti da insediamenti civili
inferiori a 50 vani o a 5.000 metri cubi valgono le
disposizioni previste al capo corrispondente delle
presenti norme.
Con il primo sistema si tende ad operare la depurazione
degli effluenti sfruttando i naturali processi biologici,
chimici e fisici che accompagnano i moti di filtrazione
e percolazione dei liquami scaricati e le conseguenti
ridistribuzioni di umidità nel suolo. Gli liquidi
restano a contatto con la biosfera, la loro dannosità
viene progressivamente a ridursi e deve essere in ogni
caso inferiore a quella ammissibile sotto il profilo
ecologico generale.
Con il secondo sistema, consistente nella immissione
in unità geologiche profonde, si tende a conferire
agli scarichi il massimo possibile confinamento, bloccandoli
entro strutture porose, di adeguata capacità,
isolate dalla circolazione idrica sotterranea mediante
appropriate barriere geologiche impermeabili. Gli scarichi
vengono accuratamente isolati dalla biosfera così
che la probabilità di rientro naturale nel ciclo
biologico delle sostanze pericolose in esse contenute
sia prossima allo zero.
L'applicazione di questo sistema è subordinata
al rispetto assoluto di evitare qualsiasi danneggiamento
alla circolazione idrica sotterranea.
Lo scarico sul suolo e negli strati superficiali del
suolo deve essere limitato a quegli scarichi che per
le loro caratteristiche sono suscettibili di depurazione
naturale, mentre la immissione in unità geologiche
profonde può essere ammessa per quegli scarichi
che contengono inquinanti pericolosi particolarmente
difficili da trattare.
Il lagunaggio, inteso come accumulo o trattamento di
liquami su suolo impermeabile o reso tale, non rientra
nelle presenti norme che regolano lo smaltimento dei
liquami sul suolo.
Per i liquami contenenti sostanze radioattive naturali
o artificiali devono essere osservate le disposizioni
di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13-2-1964,
n.185 e successive integrazioni e modificazioni.
2. SCARICHI SUL SUOLO.
Lo smaltimento dei liquami sul suolo è ammesso
non come semplice mezzo di scarico di acque usate,
ma come mezzo di trattamento che assicuri, nel caso
di suolo ad uso agricolo un utile alla produzione ed
in ogni caso una idonea dispersione ed innocuizzazione
degli scarichi liquidi stessi, in modo che le acque
sotterranee, le acque superficiali, il suolo, la vegetazione
non subiscano degradazione o danno.
Lo smaltimento inoltre non deve produrre inconvenienti
ambientali, come rischi per la salute pubblica, sviluppo
di odori, diffusione di aerosoli.
Per suolo adibito ad uso agricolo deve intendersi qualsiasi
superficie la cui produzione vegetale, direttamente
o indirettamente, è utilizzata per l'alimentazione
animale o umana, ovvero per processi di trasformazione
industriale o comunque è oggetto di commercio.
Per suolo non adibito ad uso agricolo deve intendersi
qualsiasi superficie esclusa dalla definizione precedente,
fatte salve le destinazioni che potranno essere stabilite
dalla programmazione agricola del territorio.
2.1 Caratteristiche del sito.
Le località prescelte saranno definite in relazione
alle caratteristiche topografiche, morfologiche, geologiche,
climatiche, pedologiche, idrologiche ed idrografiche.
Elementi di valutazione saranno in particolare l'andamento
delle temperature e delle precipitazioni, l'umidità,
la velocità e la direzione dei venti, il tipo
di vegetazione presente e la relativa evapotraspirazione.
Nelle zone di smaltimento indagini pedologiche saranno
sviluppate con dettaglio adeguato in relazione alla
eterogeneità ed alla ampiezza della zona.
Dovranno altresì esserne note natura e strutture
delle unità geologiche sottostanti con particolare
riguardo alle eventuali condizioni di permeabilità
per fratturazione.
Per quanto concerne il suolo dovrà essere valutata
la profondità, il profilo, la struttura, la
tessitura, la conducibilità idrica.
La profondità del suolo, intesa come spessore
dello strato superficiale, affinché possa completarsi
la maggior parte dei necessari fenomeni di depurazione,
di norma, non dovrà essere inferiore a m 1,50.
Inoltre dovranno essere valutati i dati relativi ai
parametri pH, conducibilità elettrica, salinità
indice SAR sull'estratto acquoso, capacità di
scambio cationico.
La salinità del suolo non deve essere tale da
influire nelle condizioni di applicazione dello scarico
sulla salinità del recapito finale.
Il rigonfiamento del terreno a seguito delle applicazioni
dello scarico non deve portare a degradamento della
sua struttura.
Il sito deve essere tale da consentire l'impiego dei
sistemi di smaltimento e relativi macchinari prescelti.
Nelle zone adibite ad uso agricolo adeguate sistemazioni
idraulico-agrarie dovranno evitare ogni fenomeno di
ruscellamento all'atto della somministrazione del liquame.
Allo stesso scopo, nelle zone non interessate da interventi
sistematori la massima pendenza del suolo ammissibile
sarà riferita alle caratteristiche fisicomeccaniche
dello strato superficiale, alla tecnica agronomica
ed alle modalità di smaltimento del liquame;
in ogni caso la pendenza non dovrà essere superiore
al 15%.
Per le zone adibite ad uso agricolo alla stregua dei
risultati delle varie indagini, saranno sinteticamente
precisati gli interventi ordinari e speciali che si
ritengono necessari, i gruppi di colture ritenute più
idonee e più valide tecnicamente ed economicamente,
le limitazioni agronomiche che potranno derivare in
relazione ai tipi di suolo e per caratteristiche particolari
dei liquami da smaltire.
Relativamente ai suoli non adibiti ad uso agricolo verranno
indicate le zone in cui esigenze di conservazione del
suolo rendano necessarie la salvaguardia o la diffusione
di particolari essenze, anche appartenenti alla vegetazione
spontanea.
Indipendentemente dall'uso del suolo, sarà istituito
apposito catasto di tutti gli scarichi autorizzati,
con indicazione dei terreni impegnati e del tipo di
scarico praticato.
La conoscenza del sito andrà infine completata
con lo studio delle falde acquifere presenti e la precisazione
delle loro interferenze con le altre acque sotterranee,
le quali, per gli apporti dovuti a somministrazione
di liquame e quelli conseguenti a precipitazioni meteoriche,
possono costituire vettore di trasporto e di dispersione
di inquinamento nello spazio e nel tempo nei successivi
momenti del circuito sotterraneo: moto negli acquiferi
e riaffioramento alla superficie.
Nella necessità di evitare il danneggiamento
delle caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche
delle acque di falda, nonché delle caratteristiche
fisiche delle rocce interessate, ogni delimitazione
di zona utilizzabile per lo smaltimento dei liquami
dovrà basarsi sulla conoscenza dettagliata,
ottenuta con studi adeguati e coordinati, delle circolazioni
idriche sotterranee della zona, estesa ai relativi
bacini idrogeologici.
In particolare, per le circolazioni interessate dallo
smaltimento sul suolo, il relativo studio idrologico
si riferirà ad un periodo di adeguata durata,
alla stregua dei dati disponibili presso il servizio
idrografico e gli enti che operano nei bacini interessati,
integrati per quanto necessario. Resteranno così
definiti i regimi delle varie circolazioni, in particolare
le effluenze e i livelli piezometrici nelle zone di
smaltimento, nonché individuati gli attingimenti
nelle zone limitrofe.
Peraltro saranno acquisiti tutti gli elementi disponibili,
specie per quanto attiene alle caratteristiche delle
acque, per una migliore conoscenza della circolazione
di insieme delle falde considerate.
Attraverso i precedenti studi sarà altresì
precisata la localizzazione dei punti in cui è
indispensabile sviluppare osservazioni e rilievi sistematici
dei livelli e delle caratteristiche delle acque ai
fini di un controllo della efficacia delle iniziative
di tutela intraprese.
Il controllo delle falde sarà effettuato dall'amministrazione
competente anche al di fuori della zona di smaltimento,
tenendo conto della distribuzione sul territorio di
insediamenti o impianti particolarmente importanti
in relazione alla tutela delle circolazioni considerate:
urbani, industriali, agricoli, discariche controllate.
Per le circolazioni interessate dovranno essere altresì
noti gli impieghi che derivano dagli strumenti di pianificazione
regionale e statale relativi all'uso del territorio
come alla gestione integrata delle risorse idriche.
Nella definizione del sito l'approfondimento delle indagini
locali sarà riferito alla natura ed all'entità
dell'apporto.
La zona di applicazione degli scarichi deve essere sufficientemente
distante dai corpi idrici in modo che le caratteristiche
degli effluenti che ad essi possono pervenire siano
conformi alle norme vigenti.
D'altra parte, opportune sistemazioni dovranno proteggere
il sito da eventuali apporti dalle aree adiacenti.
Attorno a tale zona dovrà essere prevista una
fascia di rispetto di almeno 80 metri nella quale non
è ammessa la presenza di abitazioni e di strade
statali e provinciali; nel caso di aziende agricole
con smaltimento di soli liquami zootecnici tale distanza
potrà essere variata in più o in meno
in relazione al tipo di allevamento, alla sua consistenza
numerica, tenendo conto delle modalità di spandimento
degli scarichi liquidi, delle condizioni meteorologiche
e delle situazioni locali.
L'accessibilità al sito dovrà essere controllata
in relazione al tipo di liquame smaltito.
La zona sarà segnalata mediante appositi cartelli
che evidenziano eventuale rischio igienico.
2.2 Caratteristiche delle acque di scarico.
Le caratteristiche qualitative e quantitative degli
scarichi devono essere adeguatamente conosciute; in
particolare, dovranno essere noti i valori massimi
e medi mensili delle portate, dei parametri più
significativi, delle concentrazioni e degli apporti
delle sostanze scaricate sul suolo.
I parametri più significativi saranno scelti
tra quelli indicati nella Tabella A della legge che
di volta in volta possono essere presi in considerazione
per una idonea caratterizzazione dello scarico. A tali
parametri ne dovranno essere aggiunti o sostituiti
altri che siano in grado di completare la caratterizzazione
degli scarichi come la conducibilità, l'indice
o rapporto
SAR = Na //`(Ca + Mg) / 2
(concentrazioni espresse in milliequivalenti per litro)
L'indice SAR di norma non dovrà superare il valore
10 ed in ogni caso dovrà essere inferiore a
15.
Lo scarico non dovrà contenere sostanze che possano
causare modificazioni irreversibili alla struttura
del suolo, particolarmente per quanto concerne le caratteristiche
di conducibilità idrica e di aerazione; non
dovrà contenere materiali in sospensione in
quantità tali da produrre, alla portata di applicazione,
intasamento del suolo.
Lo scarico dovrà essere sottoposto ai pretrattamenti
necessari per ottenere il positivo risultato del metodo
di applicazione prescelto.
Si dovrà evitare che i materiali in sospensione
dello scarico od eventuali combinazioni fra le sostanze
contenute nello scarico ed il terreno diminuiscano
la aerabilità e degradino la tessitura del suolo;
la quantità di sostanza organica applicata non
deve superare la capacità depuratrice del suolo.
I pretrattamenti cui sottoporre gli scarichi sono in
funzione sia del tipo di liquame che del tipo di terreno
cui sono applicati e dei metodi di applicazione prescelti;
in ogni caso non deve essere degradato l'ecosistema
interessato.
2.3 Smaltimento sul suolo adibito ad uso agricolo.
Fermo restando che gli scarichi liquidi possono essere
applicati sul suolo adibito ad uso agricolo soltanto
se apportano sostanze direttamente utili alla produzione,
essi devono essere privi di sostanza organica di difficile
biodegradabilità. Sostanze biologicamente attive
capaci di influenzare in maniera specifica o negativa
le diverse funzioni degli organismi viventi devono
essere assenti o in concentrazione tollerabile.
Delle sostanze tossiche e/o persistenti e/o bioaccumulabili
devono essere attentamente valutate la concentrazione
di applicazione, la quantità annua applicabile
e la quantità totale massima compatibile con
il suolo e le colture agrarie e forestali esistenti
e previste.
Si precisa che per As, B, Cd, Cr totale, Hg, Pb, Se,
Ni, Cu, Zn, le concentrazioni ammissibili, isolatamente
e nella loro somma, indicate nella Tabella A della
legge, non essendovi diluizione, non sono sempre cautelative.
I volumi di liquame che potranno essere applicati non
dovranno essere superiori a quelli normalmente adottati
nella corretta pratica irrigua.
Per gli altri elementi pericolosi le quantità
massime assolute ammissibili saranno definite anche
con riferimento alla capacità di scambio. In
questa valutazione sarà considerato impegnato
dal fenomeno di accumulo il suolo direttamente interessato
dal processo di infiltrazione, con riferimento ad uno
strato superficiale il cui spessore sarà funzione
della profondità raggiungibile dall'apparato
radicale della vegetazione presente o prevista. Maggiori
spessori potranno essere riferiti alla profondità
delle lavorazioni annuali.
2.3.1. - Scarichi urbani o comunque contenenti microrganismi
patogeni.
Nel caso siano interessati raccolti destinati ad essere
consumati crudi dall'uomo occorre sottoporre gli scarichi
ad un trattamento primario e secondario o equivalente
e se ritenuto opportuno anche alla filtrazione o ad
altro metodo di trattamento spinto; inoltre gli scarichi
devono essere sottoposti ad un trattamento adeguato
di disinfezione, in modo che il MPN di colibatteri
sia inferiore a 2 per 100 ml (il valore dell'MPN è
la media delle misurazioni eseguite per sette giorni
consecutivi); negli scarichi poi non deve esservi presenza
di prodotti chimici che possono lasciare residui indesiderabili
nei raccolti.
Quando si tratta di raccolti consumati dopo trattamento
fisico o chimico e nel caso di irrigazione di pascoli
per bestiame da latte o di prati recintati o non, comunque
accessibili al pubblico, sono necessari un trattamento
primario e secondario o equivalente in efficienza epurativa,
in eventuale combinazione con altri trattamenti come
filtrazione e disinfezione, in modo che il MPN di colibatteri
sia inferiore a 20 per 100 ml (il valore dell'MPN è
la media delle misurazioni eseguite per sette giorni
consecutivi); nel caso di irrigazione in superficie
di raccolti che non vengono a contatto con l'acqua
di scarico o con il terreno può essere sufficiente
il solo trattamento primario o equivalente; in ogni
caso non devono essere presenti prodotti chimici che
possono lasciare residui indesiderabili nei raccolti.
Negli altri casi può essere sufficiente un trattamento
primario dello scarico; qualora si tratti di raccolti
destinati ad alimentazione animale devono essere assenti
prodotti chimici che possono lasciare residui indesiderabili
nei raccolti stessi.
2.3.2. - Scarichi da allevamenti zootecnici.
Nel caso di smaltimento di liquami zootecnici sui suoli
adibiti ad uso agricolo si deve tener conto della normale
pratica agronomica che utilizza il suolo agricolo quale
recapito ottimale anche per la utilizzazione di tali
liquami.
In relazione a ciò la quantità di liquami
ammissibile per l'utilizzazione agronomica è
quella corrispondente ad un carico non superiore a
40 q/ha di peso vivo di bestiame da allevamento.
Le aziende agricole che rispondono a tale caratteristica
possono effettuare lo smaltimento anche senza pretrattamento
purché siano assicurate la salvaguardia delle
falde e la tutela igienica delle colture e degli addetti;
quando il suddetto carico di 40 q/ha viene superato
il liquame andrà immediatamente interrato, inoltre
occorre accertare che lo smaltimento sia compatibile
con le capacità di mineralizzazione del terreno.
2.4 Smaltimento sul suolo non adibito ad uso agricolo.
Nei suoli non adibiti ad uso agricolo le condizioni
di accettabilità relative alle acque di scarico
di cui al paragrafo 2.2 nonché l'entità
degli smaltimenti saranno definite in modo da salvaguardare
il preminente interesse paesaggistico, naturalistico
e le eventuali esigenze di conservazione del suolo;
in ogni caso dovranno essere evitate degradazioni accentuate
nella struttura fisico-chimica del suolo e della vegetazione
e dell'equilibrio biologico in genere.
Per i prodotti tossici ed in particolare per i metalli
pesanti i fenomeni di accumulo saranno riferiti anche
alla capacità di scambio. Permangono gli adempimenti
di salvaguardia delle caratteristiche delle falde.
Lo smaltimento degli scarichi liquidi è vietato
nei terreni soggetti a vincolo idrogeologico.
2.5 Protezione delle falde.
Per le falde superficiali, definite come quelle falde
che hanno contatti diretti con le acque di superficie,
occorre prevenire il peggioramento della loro qualità
assicurandone nel contempo l'utilizzazione per gli
impieghi, attuali o previsti, che derivano dagli strumenti
di pianificazione regionale o nazionale relativa all'uso
del territorio come alla gestione integrata delle risorse
idriche.
Le falde profonde, definite come quelle falde separate
dalle acque superficiali da strati impermeabili, vanno
protette in quanto tali, evitandone la degradazione
della qualità, in maniera da tutelare, tra l'altro,
la possibile utilizzazione di carattere più
esigente.
Eguali limitazioni varranno per tutti gli altri parametri
ed elementi che completano le caratterizzazioni di
ciascuna circolazione sotterranea.
2.6 Metodi e portate di applicazione dello scarico.
L'applicazione dello scarico va caratterizzata sulla
base della portata volumetrica e dell'impatto dello
scarico con la vegetazione ed il suolo.
La distribuzione controllata del liquame sul suolo potrà
aver luogo mediante aspersione, infiltrazione laterale,
sommersione, deflusso superficiale, ecc., in relazione,
caso per caso, alle caratteristiche del sito e del
liquame, alla natura e stato della vegetazione, alla
destinazione degli eventuali prodotti.
Su suoli ad adeguata drenabilità la somministrazione
potrà aver luogo attraverso idonei canali.
Nello smaltimento a scopo irriguo le modalità
di somministrazione dovranno risultare idonee in relazione
alla tecnica agronomica.
Indipendentemente dall'uso del suolo le modalità
di somministrazione dovranno risultare compatibili
con la esigenza di assicurare la stabilità e
l'efficacia dei processi naturali di depurazione richiesti.
Nelle zone di applicazione dei liquami i deflussi superficiali
non dovranno in nessun caso avere carattere di ruscellamento;
ove si ricorra a somministrazione per scorrimento la
pendenza non dovrà essere inferiore al 50%.
Il sistema di applicazione dovrà evitare che
le acque di scarico pervengano su aree non autorizzate
o, se non debitamente depurate, nei corpi idrici circostanti.
Nel periodo in cui è consentito lo smaltimento,
le modalità, la portata di somministrazione,
l'intervallo tra successivi adacquamenti saranno opportunamente
riferiti alle caratteristiche idrauliche del suolo,
al valore minimo del contenuto d'acqua tollerato, alla
quota raggiunta dalla superficie libera della falda,
ai consumi per evapotraspirazione.
In particolare, con specifico riferimento all'apporto
di sostanza organica, negli strati superficiali essenzialmente
interessati dall'attività microbica il contenuto
d'acqua dovrà risultare minore di un valore
assegnato, corrispondente all'incirca alla capacità
di campo, per intervalli di tempo adeguatamente distribuiti,
per durata complessiva opportuna.
In relazione a quanto sopra potranno risultare utili
eventuali volumi di accumulo dei liquami da prevedere
per i periodi di interruzione dell'applicazione dello
scarico.
Inoltre, anche attraverso eventuali osservazioni in
sito, saranno precisati i rapporti con le circolazioni
sottostanti e sarà controllato il rispetto dei
franchi di coltivazione.
L'entità del carico organico sarà opportunamente
limitato affinché la sostanza organica sia demolita,
l'azoto ed il fosforo siano adeguatamente trasformati
ed assorbiti dalla vegetazione e gli ioni siano assorbiti
e scambiati dal terreno in misura tale che gli scarichi
liquidi subiscano il grado di depurazione necessario
ad impedire la degradazione della qualità dell'acqua
dei corpi ricettori finali.
Nell'ambito delle zone ove è ammesso lo smaltimento
sul suolo l'adduzione e la distribuzione del liquame
avrà luogo attraverso canalizzazioni chiuse.
Nelle zone adibite ad uso agricolo, subordinatamente
alla disponibilità di liquame ed alla efficacia
dell'intervento, potranno realizzarsi impianti di distribuzione
del liquame a carattere collettivo. Detti impianti,
possibilmente provvisti di alimentazione idrica alternativa
di emergenza, non dovranno presentare alcuna connessione
con gli eventuali altri sistemi distributivi.
2.7 Conduzione dell'impianto di scarico sul suolo e
controlli analitici.
Nella conduzione dell'impianto va tenuto conto delle
variazioni climatiche e di domanda di acqua e nutrienti
da parte della vegetazione.
Le operazioni vanno condotte in maniera da evitare intasamento
da prodotti solidi, accumulo di tossici e sostanze
nocive, nel suolo e nel sottosuolo, superiore al livello
consentito, eccessi di contenuto d'acqua nel suolo,
stagnazione.
Occorre provvedere ad idoneo e tempestivo contenimento
o collocazione degli scarichi liquidi nei periodi di
pioggia ed in quelli in cui non possono essere applicati
al suolo.
Durante l'esercizio dell'impianto devono essere effettuati
sulla superficie del suolo ed in profondità
tutte le determinazioni analitiche necessarie a verificare
il buon funzionamento del sistema. Devono essere verificate,
con frequenze adeguate, la qualità dei ricettori
finali, le caratteristiche fisiche e chimiche del suolo,
le caratteristiche della vegetazione, le portate di
applicazione e le caratteristiche qualitative delle
acque di scarico, l'intensità e la durata delle
precipitazioni.
2.8 Verifiche dell'impatto ambientale e previsioni sulla
evoluzione del sistema.
Occorre provvedere a tutte le verifiche necessarie a
rilevare l'impatto del sistema di scarico sull'ambiente.
In particolare si dovrà controllare:
nel suolo: il pH, la fertilità, l'indice SAR,
l'accumulo di elementi chimici ed in particolare di
metalli pesanti, lo sviluppo di insetti e roditori,
le modificazioni delle proprietà del suolo,
della struttura, della conducibilità idrica;
sulla vegetazione: l'azione fitotossica e gli elementi
tossici, gli organismi patogeni;
utili indicazioni potranno essere desunte da prove
sulla germinazione e sul primo sviluppo;
nelle acque superficiali: i nutrienti, gli elementi
tossici, la salinità, la sostanza organica;
nelle acque sotterranee: la sostanza organica degradabile
e persistente, i nitrati, gli elementi tossici, la
salinità, il livello, i coliformi ed eventualmente
gli organismi patogeni;
nell'aria: la presenza di aerosoli e di odori.
3. SCARICO NEL SOTTOSUOLO LIMITATAMENTE ALLA IMMISSIONE IN UNITA' GEOLOGICHE PROFONDE.
3.1 Requisiti generali.
Lo scarico nel sottosuolo può essere adottato
come mezzo di smaltimento di effluenti industriali
solo nei casi in cui sia dimostrato che non esistono
soluzioni alternative tecnicamente ed economicamente
valide; inoltre deve essere accertata e debitamente
documentata l'esistenza delle seguenti condizioni:
- che trattasi di formazioni geologiche atte a ricevere
gli effluenti, sicuramente isolate dalla superficie
e dai serbatoi contenenti acqua dolce e/o altre risorse
utili;
- che dette formazioni siano situate in zone tettonicamente
e sismicamente favorevoli;
- che siano stati eseguiti tutti gli studi e le ricerche
necessarie a garantire la sicurezza ecologica nel senso
più lato;
- che in fase di esecuzione gli impianti vengano costruiti
con le migliori tecniche disponibili;
- che in fase di gestione si garantisca un adeguato
e continuo controllo delle operazioni di iniezione
e dei loro effetti.
3.2 Autorizzazione allo scarico.
L'autorizzazione allo scarico è concessa dal
comitato dei ministri di cui all'art.3 della legge
10-5-1976, n.319, sentite le regioni interessate.
3.3 Scopo dello scarico.
Lo scopo dello smaltimento nel sottosuolo di effluenti
industriali liquidi è quello di immagazzinare
a tempo indeterminato le sostanze nocive in essi contenute,
in strati porosi, in condizioni di profondità
e di struttura geologica tali da escluderne definitivamente
il contatto con la biosfera.
3.4 Caratteristiche generali dell'ambiente di smaltimento.
L'ambiente di smaltimento deve essere costituito da
rocce permeabili, ma non contenenti fluidi (acqua salmastra
o salata, idrocarburi, anidride carbonica, idrogeno
solforato, ecc.) a caratteristiche tali da impedire
o rendere difficoltoso l'assorbimento degli effluenti
industriali.
L'ambiente di smaltimento deve essere situato in profondità,
entro unità geologiche tali da escludere, a
tempo indeterminato, il ritorno a giorno degli effluenti
oppure la loro migrazione verso falde acquifere, e
in genere verso beni minerali di cui sia anche solo
prevedibile lo sfruttamento.
Ogni scarico deve essere quindi preceduto da uno specifico
studio geologico corredato da idonei rilevamenti diretti
sia alla ricerca ed alla individuazione di una roccia
serbatoio di capacità sufficiente per contenere
volumi di scarico previsti, sia alla valutazione della
natura e consistenza delle barriere impermeabili esistenti
attorno ad essa, tali da escludere la fuoriuscita del
liquido iniettato nella roccia serbatoio.
3.5 Caratteristiche delle rocce serbatoio.
Rocce porose e permeabili sono sempre saturate da fluidi
che, al di sotto delle falde acquifere ad acqua dolce
dei livelli meno profondi, corrispondono generalmente
ad acqua più o meno salata; quando non siano
invece - o assieme - presenti idrocarburi liquidi o
gassosi. L'immissione degli effluenti industriali in
profonde rocce serbatoio è pertanto possibile
soltanto mediante spostamento di questi fluidi di strato
che verranno progressivamente compressi con conseguente
aumento della pressione totale dei fluidi contenuti.
Se il fluido di strato è acqua, data la scarsa
comprimibilità dei liquidi, è necessario
disporre di grandi cubature.
3.6 Caratteristiche delle rocce di copertura.
I requisiti principali della copertura sono: la continuità
laterale, ossia l'assenza di soluzioni di continuità
che lascino passare i fluidi; la chiusura, ossia l'altezza
minima della vòlta di concavità della
copertura verso il basso; lo spessore.
In generale si considera la sola chiusura verso l'alto
in quanto i fluidi di strato vengono generalmente spinti
verso l'alto dalla pressione idrostatica e dalla addizionale
pressione litostatica. Nel caso degli effluenti industriali
può presentarsi il caso di un liquido più
pesante del fluido di strato ed allora occorrerà
prevederne la chiusura anche verso il basso.
Va ricordato che nessuna roccia è impermeabile
in modo assoluto, nemmeno le argille più elastiche
e quindi si avrà sempre, in una certa misura,
una filtrazione dei fluidi sotto pressione attraverso
di esse.
Il tempo di filtrazione è peraltro funzione della
permeabilità della copertura e del suo spessore,
nonché della pressione e viscosità dei
fluidi immagazzinati.
Particolare attenzione dovrà essere posta nella
valutazione di possibili reazioni tra effluente scaricato
e rocce di chiusura che alterino le caratteristiche
di chiusura medesime.
Nell'esame delle condizioni di isolamento deve essere
tenuto debito conto delle possibilità di modifiche
di assetto strutturale future dovute a fenomeni tettonici
e sismici.
3.7 Caratteristiche idrogeologiche dell'ambiente di
smaltimento sotterraneo.
Le acque di strato possono mostrare carichi di pressione
differenti nei diversi punti del serbatoio; esse possono
dar luogo ad un gradiente idrodinamico che si traduce
nel movimento delle acque stesse.
Il movimento delle falde idriche profonde è lentissimo,
difficilmente superiore ad 1 m/anno; ma tuttavia sufficiente
a permettere, in certi casi, la fuoriuscita dei liquidi
industriali immagazzinati anche al disotto di coperture
che in condizioni idrostatiche mostrerebbero sufficiente
chiusura.
Nello studio geologico preliminare dovrà pertanto
essere compresa la indagine sulle condizioni idrodinamiche
delle acque di strato, in modo da individuarne l'eventuale
gradiente e da basare su di esso i calcoli sulla capacità
della struttura.
Anche l'eventuale sovrappressione dei fluidi nelle rocce
serbatoio dovrà essere conosciuta perché
essa può comportare pericoli di riflusso dei
liquidi industriali verso gli strati più elevati
e verso la superficie, nonché l'aumento dei
moti di filtrazione.
3.8 Caratteristiche dell'effluente.
Le caratteristiche qualitative dell'effluente da iniettare
nel sottosuolo devono essere adeguatamente conosciute
sia per motivi d'inventario dei rifiuti collocati in
una data formazione e sia per essere certi della compatibilità
tra effluente e serbatoio.
Per quanto riguarda, in particolare, quest'ultimo punto
è da osservare che la incompatibilità
dell'effluente con l'ambiente di smaltimento si traduce
generalmente in un intasamento del mezzo poroso ricevente.
L'intasamento può essere dovuto principalmente
alla presenza di solidi sospesi nell'effluente; ma
anche alla formazione di precipitati solidi conseguente
a possibili reazioni chimiche tra l'effluente e la
roccia serbatoio o l'acqua di strato.
E' anche possibile, e deve essere ugualmente valutato
in sede di progetto, che le reazioni chimiche sopramenzionate
diano luogo alla produzione di gas ad elevata pressione
con superamento delle previste resistenze alla filtrazione.
L'intasamento dello strato ricevente può essere
altresì dovuto all'azione di taluni microrganismi
contenuti nell'effluente, in particolar modo solfo-batteri.
3.9 Pretrattamento dello scarico.
Prima della iniezione nella formazione profonda lo scarico
dovrà essere sottoposto ai trattamenti necessari
ad assicurare il risultato positivo del metodo di applicazione
prescelto.
In particolare dovrà essere garantito che i materiali
in sospensione dello scarico applicato non diminuiscano
la permeabilità del mezzo ricevente, che le
caratteristiche chimiche e microbiologiche (pH, sostanze
disciolte, microrganismi) non siano tali che i prodotti
derivanti da reazioni con il materiale di strato producano
l'intasamento di quest'ultimo; che la viscosità
dell'effluente non sia tale da renderne difficile la
penetrazione nell'ambiente di scarico.
A tal fine occorrerà eseguire delle prove in
laboratorio su campioni indisturbati del materiale
di strato e, subordinatamente, prevedere quei trattamenti
fisici, chimici o biologici, singolarmente o in combinazione,
che sono necessari per correggere adeguatamente le
caratteristiche dell'effluente.
3.10 Conduzione dell'impianto di scarico.
I pozzi di iniezione dovranno essere realizzati in modo
da garantirne la perfetta tenuta nell'attraversamento
degli strati soprastanti e della roccia di copertura,
escludendo ogni discontinuità che possa permettere
il riflusso degli effluenti iniettati verso gli orizzonti
più elevati e verso la superficie.
Per controllare poi l'evoluzione dell'intasamento occorrerà
procedere:
- alla misura continua della pressione di iniezione;
- a misure periodiche di ricadute di pressione (fall-off
tests) che permettano di calcolare la trasmissibilità
della roccia serbatoio ed il coefficiente di effetto
parietale.
Altri controlli dovranno riguardare:
- l'eventuale corrosione del tubo di iniezione;
- l'eventuale presenza dei batteri solfato-riduttori;
- gli eventuali effetti idraulici e tettonici di iniezioni
a lunga durata;
- l'eventuale insorgere di fughe.
Particolare importanza dovrà annettersi all'ultimo
punto onde essere garantiti che l'effluente raggiunga
effettivamente il recapito previsto e che ci resti
a tempo indeterminato.
NORME TECNICHE GENERALI PER LA REGOLAMENTAZIONE DELLO SMALTIMENTO DEI FANGHI RESIDUATI DAI CICLI DI LAVORAZIONE E DAI PROCESSI DI DEPURAZIONE
1. GENERALITA'.
Si definisce fango il residuo derivante dalla separazione
dalla fase liquida, costituito da una componente solida
umidificata o mescolata con una componente liquida.
Ai fini di classificare i fanghi da sottoporre alla
presente normativa occorre distinguere tra:
1) fanghi residuati dai processi di depurazione delle
acque di scarico, sia urbane che industriali, nonché
dai processi di potabilizzazione;
2) fanghi residuati dai cicli di lavorazione; in questo
caso si può distinguere tra fanghi residuati
a base acquosa, assimilabili a quelli derivanti dagli
impianti di depurazione di scarichi urbani o industriali,
e fanghi residuati a base non acquosa.
Le presenti norme si applicano ai fanghi residuati dai
processi di depurazione ed a quelli residuati dai cicli
di lavorazione ad essi assimilabili (cioè a
base acquosa).
Per i fanghi residuati dai cicli di lavorazione a base
non acquosa, le presenti norme si applicano per quanto
possibile, con le opportune disposizioni integrative
impartite caso per caso dall'autorità competente
al rilascio dell'autorizzazione.
I fanghi debbono essere sottoposti a diversi tipi di
trattamento in modo che essi possano acquisire le caratteristiche
necessarie per renderli adatti al ricettore prescelto.
Ogni qualvolta sussistano le necessarie condizioni tecnico-economiche,
il trattamento e lo smaltimento dei fanghi deve essere
studiato ponendo in primo piano la possibilità
di recupero delle sostanze utilizzabili in essi contenute.
Pertanto, dovrà essere preferito:
per i fanghi di natura prevalentemente organica, e
nel caso che questi contengano sostanze utili e non
dannose per l'agricoltura, lo smaltimento su suolo
agricolo;
per i fanghi di origine industriale il recupero, mediante
opportuni pretrattamenti, delle sostanze riutilizzabili
e dei metalli pesanti tossici.
L'autorità competente dovrà favorire la
formazione di iniziative volte a costituire centri
consortili per il trattamento dei fanghi, il recupero
e il riciclo delle sostanze o del valore energetico
ed economico in essi contenuti.
In accordo allo spirito della legge, deve essere evitato
che i fanghi scaricati possano avere effetti dannosi
o comunque indesiderabili per l'ambiente circostante.
Per i fanghi contenenti sostanze radioattive naturali
o artificiali devono essere osservate le disposizioni
di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13-2-1964,
n.185 e successive integrazioni e modificazioni.
2. RICETTORI.
I ricettori che è possibile utilizzare in osservanza
alle presenti norme come recapito finale dei fanghi
sono:
il suolo adibito ad uso agricolo;
il suolo non adibito ad uso agricolo;
il sottosuolo;
il mare.
E' escluso qualsiasi altro recapito.
Per suolo adibito ad uso agricolo deve intendersi qualsiasi
superficie la cui produzione vegetale, direttamente
o indirettamente, è utilizzata per l'alimentazione
animale o umana, ovvero per processi di trasformazione
industriale o comunque è oggetto di commercio.
Per il suolo non adibito ad uso agricolo deve intendersi
qualsiasi superficie, esclusa dalla definizione precedente,
fatte salve le destinazioni che potranno essere stabilite
dalla programmazione agricola del territorio.
Per recapito nel sottosuolo deve intendersi qualsiasi
cavità artificiale direttamente accessibile
nonché le unità geologiche profonde.
Per il recapito in mare, occorre fare distinzione fra
mare territoriale e mare libero. Le presenti norme
si riferiscono allo smaltimento dei fanghi nel mare
territoriale.
Per il mare libero valgono le disposizioni del terzo
comma dell'art.11 della legge 10-5-1976, n.319.
Lo scarico dei fanghi sul suolo deve essere effettuato
nella salvaguardia del preminente interesse paesaggistico
e naturalistico; esso è comunque vietato su
suoli soggetti a vincolo idrogeologico.
E' vincolante inoltre il non danneggiamento delle falde
acquifere sotterranee eventualmente presenti.
L'autorità competente dovrà approvare
la scelta del sito di scarico; nei casi di indisponibilità
di recapiti, in assenza di servizi pubblici per lo
smaltimento dei fanghi, essa dovrà individuare
zone di discarica ove lo smaltimento sia ammesso nel
rispetto delle presenti norme.
3. CENSIMENTO E CATASTO DEGLI SCARICHI.
Le regioni provvederanno, avvalendosi anche della collaborazione
degli altri enti locali (province, comuni o consorzi
intercomunali) e dei compartimenti marittimi, ad effettuare
il censimento dei fanghi (umidi, disidratati, essiccati
o inceneriti) residuati dai cicli di lavorazione, dagli
impianti di depurazione delle acque di scarico e dagli
impianti di trattamento delle acque di alimentazione,
mediante scheda appositamente predisposta.
I risultati dovranno essere utilizzati in sede di preparazione
dei piani regionali di risanamento allo scopo di:
1) verificare l'idoneità dei trattamenti previsti,
delle modalità di smaltimento e dei siti di
scarico prescelti;
2) istituire un catasto che contenga informazioni sui
luoghi utilizzati per lo scarico e sul fango che vi
viene scaricato;
3) predisporre gli strumenti necessari all'attuazione
di un piano organico dei diversi sistemi di smaltimento
di fanghi, anche di quelli di cui è prevista
in futuro la produzione.
4. SMALTIMENTO SUL SUOLO.
I fanghi non debbono contenere sostanze che possano
causare alterazioni o danno della struttura chimico-fisica
del suolo, della vegetazione o dell'equilibrio biologico
generale. La quantità di sostanza organica applicata
non deve superare la capacità di depurazione
propria del suolo.
Per i fanghi prevalentemente organici deve essere previsto
almeno un trattamento di stabilizzazione che riduca
la presenza di germi patogeni e l'emanazione di odori
molesti. Il grado al quale dovrà essere spinto
tale trattamento sarà stabilito in funzione
del ricettore finale e del tipo di coltura in atto
se suolo agricolo.
Per le sostanze tossiche e/o persistenti e/o bioaccumulabili
contenute nei fanghi, dovrà esserne valutata
la concentrazione massima ammissibile e la quantità
massima ammissibile in funzione dello stato in cui
dette sostanze si trovano e delle caratteristiche del
terreno.
Nel caso in cui sia impossibile raggiungere una totale
innocuizzazione delle sostanze tossiche, i fanghi dovranno
essere sottoposti ad uno stoccaggio controllato.
Lo smaltimento su suolo agricolo è ammesso esclusivamente
nei casi in cui il fango esplichi un effetto fertilizzante
e/o ammendante e/o correttivo del suolo stesso e sia
contemporaneamente esente da sostanze tossiche in concentrazione
dannosa per le colture e per i loro utilizzatori.
Inoltre:
devono essere valutati gli effetti sulle colture esistenti
o previste sul suolo prescelto;
i fanghi devono essere privi di sostanze organiche
di difficile biodegradabilità o di sostanze
biologicamente attive capaci di influenzare in maniera
specifica o negativa le diverse funzioni degli organismi
viventi;
per i fanghi contenenti sostanze tossiche e/o persistenti
e/o bioaccumulabili, sia in fase liquida che in fase
solida in forma solubilizzabile da apporti idrici,
irrigui o meteorici, dovrà essere applicata
la corrispondente normativa relativa allo smaltimento
dei liquami.
La medesima normativa verrà applicata per lo
smaltimento dei fanghi su suolo non adibito ad uso
agricolo nei casi di riconosciute esigenze di conservazione
del suolo e/o di salvaguardia di interessi paesaggistici
o naturalistici.
4.1 Scelta del sito.
La scelta del sito deve essere effettuata in funzione
del clima, delle caratteristiche del suolo, della topografia,
delle condizioni geologiche e idrogeologiche.
Ove applicabili, dovranno essere presi in considerazione
i seguenti fattori:
per il clima:
- le precipitazioni, con particolare riguardo a quelle
di elevata intensità;
- la temperatura e l'umidità dell'aria;
- la velocità e la direzione dei venti dominanti;
- il soleggiamento e la radiazione solare;
per il suolo:
- la profondità;
- la porosità e la conducibilità idrica;
- le caratteristiche tessiturali;
- la capacità di scambio per i cationi;
- la composizione chimica;
per la topografia:
- la possibilità di usare i sistemi di irrigazione
prescelti;
- la pendenza del terreno;
- il drenaggio superficiale e le relazioni con i corpi
idrici superficiali e sotterranei;
- per le condizioni geologiche ed idrogeologiche:
- la natura e la geometria delle unità geologiche
sottostanti con particolare riguardo alle condizioni
di permeabilità;
- le caratteristiche delle falde interessate.
La distanza del sito di scarico da agglomerati urbani
e da zona di traffico dovrà essere determinata
in funzione del tipo di fango scaricato e della direzione
dei venti dominanti.
Intorno alla zona di applicazione dei fanghi dovrà
essere prevista una fascia di rispetto nella quale
non dovranno esistere abitazioni; l'ampiezza di tale
fascia sarà stabilita in relazione al tipo di
fango scaricato.
4.2 Accessibilità.
L'accessibilità del sito deve essere controllata
in relazione al tipo di fango scaricato ed alla distanza
da luoghi frequentati.
Le zone di discarica dovranno essere segnalate mediante
appositi cartelli che evidenziano l'eventuale rischio
igienico.
4.3 Controllo delle acque superficiali.
Deve essere evitato che le acque superficiali decadenti
dal sito prescelto raggiungano aree circostanti nelle
quali non è previsto lo smaltimento o corpi
idrici superficiali, a meno che tali acque non rispettino
i limiti imposti dalla legge.
4.4 Protezione delle falde idriche.
Per le falde superficiali, definite come quelle falde
che hanno diretti contatti con le acque di superficie,
occorre prevenire il peggioramento della loro qualità
assicurandone nel contempo l'utilizzazione per gli
impieghi attuali o previsti, ai quali sono destinate
dagli strumenti di pianificazione regionali o nazionali.
Le falde profonde, definite come quelle falde separate
dalle acque superficiali da strati impermeabili, vanno
protette in quanto tali, evitando la degradazione della
qualità in maniera da tutelare la possibile
utilizzazione di carattere più esigente.
Qualora dovessero sussistere interferenze con le circolazioni
sotterranee dovranno essere osservate le corrispondenti
norme relative allo smaltimento di liquami sul suolo.
4.5 Metodi di applicazione.
I fanghi possono essere applicati o allo stato liquido
o dopo essere stati sottoposti a disidratazione.
La dispersione dei fanghi può essere realizzata
mediante spruzzamento, spandimento o immissione nello
strato superficiale - la scelta del metodo è
in funzione delle caratteristiche del sito prescelto
e del ciclo agronomico, se suolo agricolo -. E' comunque
da evitare il contatto diretto del fango con l'apparato
fogliare delle piantagioni.
Nel caso di dispersione per spruzzamento deve essere
rivolta particolare attenzione ad evitare formazione
di aerosoli ed il loro trasporto al di fuori dell'area
di smaltimento.
L'applicazione dei fanghi liquidi deve essere sospesa
se l'assorbimento da parte del terreno non è
sufficiente ad evitare l'ingorgamento; è pertanto
necessario prevedere una adatta capacità di
accumulo.
La deposizione di fanghi disidratati può avvenire
per semplice accumulo o spargimento sul terreno o con
modalità che minimizzino gli eventuali inconvenienti
che potrebbero insorgere (stratificazione alternata
di fanghi e terra accumulo dei fanghi in trincee profonde
poi rinterrate).
Nei primi due casi dovranno essere presi provvedimenti
(fasce frangivento, inerbimenti, ecc.) per evitare
l'azione dispersiva provocata dagli agenti atmosferici
su terreni esterni alle zone autorizzate.
4.6 Portate di applicazione.
La portata di applicazione deve essere fissata in funzione
delle caratteristiche del fango e del terreno in modo
che la sostanza organica sia demolita, l'azoto ed il
fosforo siano trasformati ed assimilati, la portata
liquida (per i fanghi liquidi) sia adeguatamente drenata
attraverso il suolo.
L'applicazione dello scarico dovrà essere intervallata
da periodi di interruzione di durata e frequenza tali
da assicurare, in relazione anche alle modalità
di somministrazione, l'aerazione del suolo necessaria
per i processi aerobici di trasformazione.
Nel caso di suolo agricolo l'applicazione deve essere
effettuata nella quantità e nei periodi in cui
essa è compatibile con la pratica agronomica;
è necessario pertanto prevedere recapiti alternativi
o accumuli di capacità sufficiente per smaltire
o contenere i fanghi prodotti nei periodi in cui la
utilizzazione fosse limitata o impedita.
5. SOTTOSUOLO.
I recapiti nel sottosuolo possono essere unità
geologiche profonde o cavità artificiali accessibili.
E' ammesso lo scarico in unità geologiche profonde
per i fanghi e residui industriali di particolare natura
per i quali non esistono soluzioni alternative tecnicamente
ed economicamente valide; in questi casi dovrà
essere osservata la normativa relativa allo scarico
dei liquami nel sottosuolo.
Le cavità artificiali potranno essere usate per
lo smaltimento se non usate per altro genere di attività
o di sfruttamento. A causa del limitato volume disponibile
trattandosi di spazi confinati, è consigliabile
che il fango sia stato preventivamente disidratato.
Deve essere previsto un adeguato sistema che precluda
ogni immissione di acqua dall'esterno.
L'accessibilità dovrà essere strettamente
controllata e permessa ai soli addetti ai lavori.
Se esiste la possibilità di formazione di miscele
di gas esplosivo, dovrà essere prevista una
adeguata ventilazione.
6. MARE TERRITORIALE.
Per lo scarico dei fanghi in mare territoriale devono
essere rispettate le tabelle dei limiti di accettabilità,
allegate alla legge 10-5-1976, n.319, salvo che nei
confronti del contenuto - nei fanghi medesimi - dei
materiali solidi.
Per tale contenuto di materiali solidi si applicano
le limitazioni e prescrizioni che spetta al capo del
compartimento marittimo competente di stabilire, in
adempimento dei compiti connessi all'esercizio dei
poteri autorizzativi di cui al primo e secondo comma
dell'art.11 della legge sopracitata.
In ogni caso deve essere accertato che le sostanze tossiche
eventualmente presenti nel fango da scaricare - considerato
quest'ultimo appunto nel suo insieme delle componenti
liquide e solide (vedi definizione al punto 1 del presente
capo) - non superino sia nel totale che per i singoli
parametri i limiti stabiliti dalla Tabella A ai numeri
10, 12, 15, 17, 20, 21, 22, 23, 24 e 26 e i limiti
corrispondenti della Tabella C.
Lo scarico non può comunque essere effettuato
nelle seguenti zone:
a) alla foce dei fiumi e nelle acque costiere limitrofe;
b) negli ambienti lagunari;
c) nelle baie e nelle zone parzialmente circoscritte,
a bassa dinamica di ricambio e di circolazione dell'acqua;
d) nelle aree di sfruttamento o di allevamento di organismi
filtratori eduli.
Dovranno comunque essere tenute in considerazione:
le caratteristiche oceanografiche del sito destinato
allo smaltimento sotto il profilo fisico, chimico e
biologico, nonché delle diverse utenze praticate
nell'area di ubicazione del sito stesso o in esso previste;
le modalità di attuazione della discarica segnatamente
in relazione alla individuazione delle tecniche più
adatte ad annullare o minimizzare possibili effetti
negativi dovuti all'impatto del rifiuto con l'ambiente
marino.
In ogni caso la discarica non deve dare luogo ad alterazioni
di natura chimica, fisica o biologica dell'ambiente
marino tali da modificarne le strutture ecologiche
fondamentali, alterarne la qualità e/o la quantità
della produzione biologica, comprometterne l'uso sotto
il profilo dell'esercizio della pesca e/o dei relativi
rendimenti quali, quantitativi, provocare la diffusione
di microrganismi patogeni, danneggiarne l'aspetto estetico
e le possibilità di uso turistico, arrecare
inconvenienti al traffico marittimo.
La domanda di autorizzazione allo scarico, oltre che
contenere le necessarie informazioni sulla qualità
e sulle caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche
dei rifiuti, dovrà indicare le previste modalità
di scarico e le caratteristiche della zona proposta
per la discarica, quali:
a) situazione geografica, profondità e distanza
dalla costa;
b) venti e correnti;
c) caratteristiche chimico-fisiche delle acque;
d) caratteristiche biologiche delle acque (composizione
delle comunità planctoniche, nectoniche, ecc.);
e) caratteristiche chimico-fisiche dei fondali;
f) caratteristiche biologiche dei fondali (composizione
delle comunità bentoniche, ecc.).
La concessione dell'autorizzazione allo scarico dovrà
comportare contestualmente da parte dell'autorità
competente l'indicazione delle modalità di esecuzione
di tutti i controlli tecnici e scientifici necessari
affinché possa essere accertato il rispetto
delle norme, delle condizioni e dei vincoli imposti
dall'autorità medesima per l'attuazione dello
smaltimento.
I suddetti controlli dovranno essere coordinati e/o
svolti dagli organi tecnico-scientifici della pubblica
amministrazione aventi competenza specifica nel settore
igienico-sanitario e dell'inquinamento marino.
7. PARAMETRI CARATTERISTICI DEI FANGHI.
Le caratteristiche del fango dovranno essere definite
in relazione ai seguenti parametri elencati in forma
esemplificativa e non limitativa, ove applicabili e
ove necessario, in rapporto alla diversa tipologia
dei corpi ricettori:
- pH;
- BOD5;
- COD;
- carbonio organico;
- azoto ammoniacale, nitroso, nitrico e totale;
- cloruri;
- fluoruri;
- fosfati totali e solubili;
Silicati solubili:
- potassio;
- As, Cu, Cr, Cd, Hg, Ni, Pb, Se, Zn e B;
- olii e grassi;
- idrocarburi;
- tensioattivi;
- caratteristiche tossicologiche;
- biocidi;
- sostanze organiche clorurate;
- coliformi totali e patogeni;
- peso specifico del tal quale e del solido;
- granulometria del solido;
- conducibilità dell'estratto acquoso;
- indice SAR dell'estratto acquoso;
- residuo secco a 105oC e a 600oC.
8. CONTROLLI ANALITICI.
Durante l'esercizio devono essere effettuate in superficie
ed in profondità tutte le determinazioni analitiche
necessarie a verificare il buon funzionamento del sistema
per quanto riguarda sia la sua efficienza che l'assenza
di nocività ambientali.
Per lo smaltimento sul suolo e nel sottosuolo:
a) devono essere verificate con frequenza adeguata le
caratteristiche del suolo e della vegetazione con particolare
riguardo ai metalli pesanti, le sostanze organiche
persistenti, i patogeni;
b) se sono interessate falde sotterranee dovranno essere
prelevati campioni d'acqua significativi dalla falda
interessata: la qualità della falda dovrà
essere esaminata prima che inizi lo scarico e dovrà
rimanere costante nel tempo.
Per lo smaltimento a mare dovranno essere effettuati,
con la frequenza che sarà stabilita dall'autorità
concedente l'autorizzazione allo scarico, controlli
di natura chimico fisica sulle acque e sui sedimenti
ed indagini biologiche sugli organismi esistenti nella
zona.
9. VERIFICHE DELL'IMPATTO AMBIENTALE.
Durante l'esercizio dovranno essere effettuate le determinazioni
necessarie a verificare l'impatto del sistema di scarico
sull'ambiente. In particolare dovrà essere determinato:
sul suolo, la fertilità, l'accumulo di metalli
pesanti, l'indice SAR, lo sviluppo di insetti e roditori,
la presenza di olii e grassi;
nelle acque sotterranee, i nitrati, le sostanze organiche
persistenti, gli elementi tossici, la salinità
totale;
nelle acque superficiali, i nutrienti, gli elementi
tossici, le sostanze organiche e la salinità
totale;
nell'aria, la presenza di aerosoli e di odori;
sulla vegetazione, l'azione fito-tossica e gli elementi
tossici, gli organismi patogeni; utili indicazioni
potranno desumersi da prove sulla germinazione e sul
primo sviluppo.
10. DIVIETI E PRESCRIZIONI.
E' fatto divieto di scaricare fanghi contenenti microrganismi
patogeni su colture di prodotti che possono essere
ingeriti crudi.
Se impiegati su erbai stagionali è necessario
che la somministrazione cessi prima della crescita
delle piantine; in avanzata fase di crescita la somministrazione
potrà essere ripresa, ma dovrà comunque
essere sospesa almeno 10 giorni prima del raccolto.
Se impiegati su prati o prato-pascoli permanenti è
necessario che la somministrazione cessi almeno 10
giorni prima del turno di pascolamento o degli sfalci.
Se impiegati su prati accessibili al pubblico è
necessario che il fango abbia subito un preventivo
trattamento per la riduzione della carica batterica.
NORME TECNICHE GENERALI SULLA NATURA E CONSISTENZA DEGLI IMPIANTI DI SMALTIMENTO SUL SUOLO O IN SOTTOSUOLO DI INSEDIAMENTI CIVILI DI CONSISTENZA INFERIORE A 50 VANI O A 5000 METRI CUBI.
1. GENERALITA'.
Le norme che seguono si applicano ai sistemi di smaltimento
di nuova realizzazione; quelli esistenti dovranno adeguarsi
ad esse, per quanto possibile, secondo le disposizioni
che saranno impartite dalle autorità locali.
I liquami trattati devono essere esclusivamente quelli
provenienti dall'interno delle abitazioni, quindi solo
liquami domestici, con esclusione di immissione di
acque meteoriche.
Lo smaltimento dei liquami provenienti dagli insediamenti
civili sul suolo o in sottosuolo può avvenire
in particolare mediante:
a) accumulo e fermentazione (pozzi neri) con estrazione
periodica del materiale, suo interrimento o immissione
in concimaia, od altro idoneo smaltimento;
b) chiarificazione ed ossidazione: con chiarificazione
in vasca settica tradizionale o vasca settica di tipo
Imhoff, seguita da ossidazione per dispersione nel
terreno mediante sub-irrigazione o per dispersione
nel terreno mediante pozzi assorbenti o per percolazione
nel terreno mediante sub-irrigazione con drenaggio
(per terreni impermeabili).
2. POZZI NERI.
I pozzi neri possono essere utilizzati solo per abitazioni
o locali in cui non vi sia distribuzione idrica interna,
con dotazione in genere non superiore a 30P40 litri
giornalieri pro capite, e quindi con esclusione degli
scarichi di lavabi e bagni, di cucina e lavanderia.
Dovranno essere costruiti con caratteristiche tali da
assicurare una perfetta tenuta delle pareti e del fondo,
in modo da proteggere il terreno circostante e l'eventuale
falda da infiltrazioni, da rendere agevole l'immissione
degli scarichi e lo svuotamento periodico per aspirazione
dell'intero contenuto; saranno interrati e posti all'esterno
dei fabbricati a distanza di almeno cm 50 da muri di
fondazione ed almeno m 10 da condotte, pozzi o serbatoi
per acqua potabile.
Il proporzionamento sarà stabilito tenendo presente
una capacità di 300P400 litri per utente per
un numero di utenti in genere non superiore a 18P20
persone.
E' opportuno l'abbinamento di due pozzi con funzionamento
alternato; lo svuotamento periodico, mediante aspirazione
con pompa mobile consentirà il trasferimento
in carro botte in zone idonee all'interrimento o in
concimaia, in quei casi ove le condizioni locali e
le colture lo consentano, o consentirà altro
idoneo smaltimento, secondo quanto ammesso dalla normativa
sullo smaltimento dei fanghi.
3. VASCHE SETTICHE DI TIPO TRADIZIONALE.
(Questo paragrafo si omette in quanto dette vasche non sono più accettabili per nuove installazioni).
4. VASCHE SETTICHE DI TIPO IMHOFF.
Le vasche settiche di tipo Imhoff, caratterizzate dal
fatto di avere compartimenti distinti per il liquame
e il fango, devono essere costruite a regola d'arte,
sia per proteggere il terreno circostante e l'eventuale
falda, in quanto sono anch'esse completamente interrate,
sia per permettere un idoneo attraversamento del liquame
nel primo scomparto, permettere un'idonea raccolta
del fango nel secondo scomparto sottostante e l'uscita
continua, come l'entrata, del liquame chiarificato.
Devono avere accesso dall'alto a mezzo di apposito vano
ed essere munite di idoneo tubo di ventilazione.
Per l'ubicazione valgono le stesse prescrizioni delle
vasche settiche tradizionali.
Nel proporzionamento occorre tenere presente che il
comparto di sedimentazione deve permettere circa 4P6
ore di detenzione per le portate di punta; se le vasche
sono piccole si consigliano valori più elevati;
occorre aggiungere una certa capacità per persona
per le sostanze galleggianti.
Come valori medi del comparto di sedimentazione si hanno
circa 40P50 litri per utente; in ogni caso, anche per
le vasche più piccole, la capacità non
dovrebbe essere inferiore a 250P300 litri complessivi.
Per il compartimento del fango si hanno 100P120 litri
pro capite, in caso di almeno due estrazioni all'anno;
per le vasche più piccole è consigliabile
adottare 180P200 litri pro capite, con una estrazione
all'anno.
Per scuole, uffici o officine, il compartimento di sedimentazione
va riferito alle ore di punta con minimo di tre ore
di detenzione; anche il fango si ridurrà di
conseguenza.
Il liquame grezzo entra con continuità, mentre
quello chiarificato esce; l'estrazione del fango e
della crosta avviene periodicamente da una a quattro
volte l'anno; buona parte del fango viene asportato,
essiccato all'aria e usato come concime, od interrato,
mentre l'altra parte resta come innesto per il fango
(all'avvio dell'impianto si mette calce); la crosta
superiore del comparto fango ed il materiale galleggiante
sono, come detto,
asportati ed interrati o portati ad altro idoneo smaltimento.
5. DISPERSIONE NEL TERRENO MEDIANTE SUB - IRRIGAZIONE.
Il liquame proveniente dalla chiarificazione, mediante
condotta a tenuta, perviene in vaschetta in muratura
o in calcestruzzo a tenuta con sifone di cacciata,
per l'immissione nella condotta o rete disperdente,
di tipo adatto al liquame di fogna. La condotta disperdente
è in genere costituita da elementi tubolati
di cotto, grès, calcestruzzo o cemento amianto,
di cm 10P12 di diametro e lunghezza di cm 30P50, con
estremità tagliate dritte e distanziate di cm
1P2, coperta superiormente con tegole o elementi di
pietrame e con pendenza fra lo 0,2 e 0,5%.
La condotta viene posta in trincea profonda circa 2/3
di metro, dentro lo strato di pietrisco collocato nella
metà inferiore della trincea stessa; l'altra
parte della trincea viene riempita con il terreno proveniente
dallo scavo adottando accorgimenti acciocché
il terreno di rinterro non penetri, prima dell'assestamento,
nei vuoti del sottostante pietrisco; un idoneo sovrassetto
eviterà qualsiasi avvallamento sopra la trincea.
La trincea può avere la condotta disperdente
su di una fila o su di una fila con ramificazioni o
su più file; la trincea deve seguire l'andamento
delle curve di livello per mantenere la condotta disperdente
in idonea pendenza.
Le trincee con condotte disperdenti sono poste lontane
da fabbricati, aie, aree pavimentate o altre sistemazioni
che ostacolano il passaggio dell'aria nel terreno;
la distanza fra il fondo della trincea ed il massimo
livello della falda non dovrà essere inferiore
al metro; la falda non potrà essere utilizzata
a valle per uso potabile o domestico o per irrigazione
di prodotti mangiati crudi a meno di accertamenti chimici
e microbiologici caso per caso da parte dell'autorità
sanitaria. Fra la trincea e una qualunque condotta,
serbatoio od altra opera destinata al servizio di acqua
potabile ci deve essere una distanza minima di 30 metri.
Lo sviluppo della condotta disperdente, da definirsi
preferibilmente con prove di percolazione, deve essere
in funzione della natura del terreno; di seguito si
riportano comunque altri elementi di riferimento:
sabbia sottile, materiale leggero di riporto: m 2 per
abitante;
sabbia grossa e pietrisco: m 3 per abitante;
sabbia sottile con argilla: m 5 per abitante;
argilla con un po' di sabbia: m 10 per abitante;
argilla compatta: non adatta.
La fascia di terreno impegnata o la distanza tra due
condotte disperdenti deve essere di circa 30 metri.
Per l'esercizio si controllerà, di tanto in tanto,
che non vi sia intasamento del pietrisco o del terreno
sottostante, che non si manifestino impaludamenti superficiali,
che il sifone funzioni regolarmente, che non aumenti
il numero delle persone servite ed il volume di liquame
giornaliero disperso; occorre effettuare nel tempo
il controllo del livello della falda.
6. DISPERSIONE NEL TERRENO MEDIANTE POZZI ASSORBENTI.
Il liquame proveniente dalla chiarificazione, tramite
condotta a tenuta, perviene al pozzo di forma cilindrica,
con diametro interno di almeno un metro, in muratura
di pietrame, mattoni, o di calcestruzzo, privo di platea.
Nella parte inferiore che attraversa il terreno permeabile
si praticano feritoie nelle pareti o si costruisce
la parete in muratura a secco; al fondo, in sostituzione
della platea, si pone uno strato di pietrame e pietrisco
per uno spessore di circa mezzo metro; uno strato di
pietrisco è sistemato ad anello esternamente
intorno alla parte di parete con feritoie per uno spessore
orizzontale di circa mezzo metro; in prossimità
delle feritoie ed alla base dello strato di pietrisco
il pietrame è in genere di dimensioni più
grandi del rimanente pietrisco sovrastante.
La copertura del pozzo viene effettuata a profondità
non inferiore a 2/3 di metro e sulla copertura si applica
un pozzetto di accesso con chiusini, al disopra della
copertura del pozzo e del pietrisco che lo circonda
si pone uno strato di terreno ordinario con soprassesto
per evitare ogni avvallamento e si adottano accorgimenti
per non avere penetrazioni di terreno (prima dell'assestamento)
nei vuoti del pietrisco sottostante. Si pongono dei
tubi di aerazione in cemento-amianto di opportuno diametro,
penetranti dal piano di campagna almeno un metro nello
strato di pietrisco.
I pozzi assorbenti debbono essere lontani dai fabbricati,
aie, aree pavimentate e sistemazioni che ostacolino
il passaggio dell'aria nel terreno.
La differenza di quota tra il fondo del pozzo ed il
massimo livello della falda non dovrà essere
inferiore a 2 metri; la falda a valle non potrà
essere utilizzata per usi potabili e domestici, o per
irrigazione di prodotti da mangiare crudi a meno di
accertamenti microbiologici e chimici caso per caso
da parte dell'autorità sanitaria; occorre evitare
pozzi perdenti in presenza di roccia fratturata o fessurata;
la distanza da qualunque condotta, serbatoio, od altra
opera destinata al servizio potabile deve essere almeno
di 50 metri.
Lo sviluppo della parete perimetrale del pozzo, da definirsi
preferibilmente con prove di percolazione, deve essere
dimensionato in funzione della natura del terreno;
di seguito si riportano comunque altri elementi di
riferimento:
sabbia grossa o pietrisco: mq 1 per abitante;
sabbia fina: mq 1,5 per abitante;
argilla sabbiosa o riporto: mq 2,5 per abitante;
argilla con molta sabbia o pietrisco: mq 4 per abitante;
argilla con poca sabbia o pietrisco: mq 8 per abitante;
argilla compatta impermeabile: non adatta.
La capacità del pozzo non deve essere inferiore
a quella della vasca di chiarificazione che precede
il pozzo stesso; è consigliabile disporre di
almeno due pozzi con funzionamento alterno; in tal
caso occorre un pozzetto di deviazione con paratoie
per inviare il liquame all'uno o all'altro pozzo.
La distanza fra gli assi dei pozzi non deve essere inferiore
a quattro volte il diametro dei pozzi.
Per l'esercizio si controllerà di tanto in tanto
che non vi sia accumulo di sedimenti o di fanghiglia
nel pozzo, od intasamento del pietrisco e terreno circostante
e che non si verifichino impantanamenti nel terreno
circostante: occorre controllare nel tempo il livello
massimo della falda; se i pozzi sono due si alterna
il funzionamento in genere ogni quattro-sei mesi.
7. PERCOLAZIONE NEL TERRENO MEDIANTE SUB-IRRIGAZIONE CON DRENAGGIO (per terreni impermeabili).
Il liquame, proveniente dalla chiarificazione mediante
condotte a tenuta, perviene nella condotta disperdente.
Il sistema consiste in una trincea, profonda in genere
1P1,5 metri avente al fondo uno strato di argilla,
sul quale si posa la condotta drenante sovrastata in
senso verticale da strati di pietrisco grosso, minuto
e grosso; dentro l'ultimo strato si colloca la condotta
disperdente.
Le due condotte, aventi in genere pendenza tra lo 0,2%
e 0,5%, sono costituite da elementi tubolari di cotto,
grès, calcestruzzo o cemento-amianto del diametro
di circa cm 10P12, aventi lunghezza di circa cm 30P50
con estremità tagliate dritte e distanziate
di cm 1 o 2, coperte superiormente da tegole o da elementi
di pietrame per impedire l'entrata del pietrisco e
del terreno dello scavo, che ricoprirà la trincea
con idoneo sovrassesto per evitare avvallamenti; si
dovranno usare precauzioni affinché il terreno
di rinterro non vada a riempire i vuoti prima dell'assestamento.
Tubi di aerazione di conveniente diametro vengono collocati
verticalmente, dal piano di campagna fino allo strato
di pietrisco grosso inferiore, disposti alternativamente
a destra e a sinistra delle condotte e distanziati
m 2P4 l'uno dall'altro.
La condotta drenante sbocca in un idoneo ricettore (rivolo,
alveo, impluvio, ecc.), mentre la condotta disperdente
termina chiusa 5 metri prima dello sbocco della condotta
drenante.
La trincea può essere con condotte su di una
fila, con fila ramificata, con più file. Per
quanto riguarda le distanze di rispetto da aree pavimentate,
da falde o da manufatti relativi ad acqua potabile,
vale quanto detto per la sub-irrigazione normale.
Lo sviluppo delle condotte si calcola in genere in m
2P4 per utente. Occorre verificare che tutto funzioni
regolarmente: dal sifone della vaschetta di alimentazione,
allo sbocco del liquame, ai tubi di aerazione.
Il numero delle persone servite ed il volume giornaliero
di liquame da trattare non deve aumentare; il livello
massimo della falda va controllato nel tempo.
(c) 1996 Note's