[Note's] CIRCOLARE MINISTERO DELL'INTERNO 20 GIUGNO 1986, N.16

(G.U. 23-8-1986, N.195 suppl.)

LINEE DI GUIDA PER LA FORMULAZIONE DEL RAPPORTO DI SICUREZZA AI FINI DELLA PREVENZIONE INCENDI DI CUI AL DECRETO MINISTERIALE 2 AGOSTO 1984 E SUCCESSIVE MODIFICAZIONI CONTENUTE NEL DECRETO MINISTERIALE 11 GIUGNO 1986.

Per l'uniforme applicazione delle norme e specificazioni concernenti la formulazione del rapporto di sicurezza citato in oggetto, sono state predisposte, da parte del Comitato centrale tecnico-scientifico per la prevenzione incendi di cui all'art.10 del D.P.R. 29-7-1982, n.577, le linee di guida riportate negli allegati A, B, C, D ed E alla presente circolare.
Le specificazioni contenute nell'allegato A devono essere seguite anche ai fini dell'esame e della valutazione del rapporto di sicurezza da parte degli Ispettori regionali o interregionali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco ai sensi dell'insieme delle vigenti disposizioni nel settore delle attività a rischio di incidenti rilevanti.
Il contenuto degli allegati B, C, D ed E costituisce esemplificazione di riferimento per la formulazione e la valutazione di alcuni aspetti del rapporto di sicurezza.
In ogni caso i metodi ed i dati di valutazione nonché ogni altro elemento utilizzato per la formulazione del rapporto di sicurezza debbono corrispondere allo stato delle conoscenze più aggiornate e sufficientemente acclarate in relazione alla situazione in esame.
A breve termine sarà inoltre provveduto alla messa a punto dei modelli semplificati per il calcolo delle conseguenze a seguito di incendio, esplosione e rilasci tossici dovuti ad incendio.
Tali modelli sono già stati elaborati e verranno quanto prima definiti in tutti i loro dettagli dopo una ulteriore e opportuna verifica di alcuni aspetti concernenti la loro validazione nei riguardi di incidenti realmente verificatisi.
Nelle more di tale verifica e della pubblicazione dei suddetti modelli potranno comunque essere utilizzate da parte dei signori Ispettori regionali ed interregionali, per quanto applicabili e comunque nelle stime di prima approssimazione, gli strumenti del sistema informativo SIGEM di cui alla circolare di questo Ministero n.6 MI.SA. (86)3 del 10-3-1986.
Si evidenzia, infine, che nelle linee di guida sono state inserite precisazioni connesse ad interpretazioni fornite dalla CEE a seguito di quesiti rivolti da questa Amministrazione.

Allegato A

LINEA DI GUIDA PER LA FORMULAZIONE DEL RAPPORTO DI SICUREZZA AI FINI DELLA PREVENZIONE INCENDI
DI CUI AL DECRETO MINISTERIALE 2-8-1984 E SUCCESSIVE MODIFICAZIONI CONTENUTE
NEL DECRETO MINISTERIALE 11-6-1986

Le presenti linee di guida, per la compilazione e la valutazione del rapporto di sicurezza, ai fini della prevenzione incendi, di cui ai decreti ministeriali 2-8-1984 e 11-6-1986, hanno lo scopo di fornire alcuni elementi di chiarimento e d'interpretazione dei più significativi punti che costituiscono il contenuto del rapporto di sicurezza medesimo.
Con il D.M. 16-11-1983 è stato determinato l'elenco delle attività, rientranti nel campo dei rischi di incidenti rilevanti, demandate per l'esame agli Ispettori regionali o interregionali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, dal punto di vista della prevenzione incendi.
Ai sensi dell'art.15, comma 2, del D.P.R. 29-7-1982, n.577, valido per l'intera materia di prevenzione incendi in generale, le richieste di approvazione dei progetti e quelle delle visite di controllo debbono essere corredate dalla idonea documentazione tecnico-illustrativa necessaria.
Nel campo specifico di applicazione del D.M. 16-11-1983, il rapporto di sicurezza costituisce la documentazione tecnico-illustrativa, di cui all'art.15 del D.P.R. 29-7-1982, n.577, comprendente gli studi analitici di sicurezza e di affidabilità degli impianti e/o dei depositi nonché dei relativi sistemi di protezione; tale rapporto deve essere prodotto, da parte del fabbricante, unitamente alle domande di esame dei progetti di realizzazione, ampliamento o modifica di installazioni o di impianti che presentino rischi di incidenti rilevanti.
L'obbligo di presentazione del rapporto di sicurezza sussiste per tutte le nuove attività, mentre per le attività esistenti ricorre solo in quei casi di ampliamento o di modifica sostanziale elencati al punto 3 del decreto ministeriale in oggetto indicato tenuto conto delle modifiche di cui al D.M. 11-6-1986.
Per il disposto dell'art.3 del precitato decreto 16-11-1983, gli Ispettori regionali o interregionali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco procedono all'esame dei progetti previsti all'art.19, comma 1 lettera d) del D.P.R. 29-7-1982, n.577, relativamente alle categorie di attività così come definite all'art.4 e nelle ipotesi di cui all'art.5 del decreto ministeriale stesso, limitatamente alle nuove attività, ovvero alle attività equiparabili alle nuove ai sensi dell'art.2 del D.M. 16-11-1983, con le gradualità temporali di cui all'art.6 del decreto ministeriale stesso.
Si evidenzia che di regola le attività esistenti, allo stato attuale, non sono soggette all'esame da parte degli Ispettori regionali o interregionali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e vanno trattate secondo le normali procedure di prevenzione incendi espletate dai Comandi provinciali dei vigili del fuoco, sempre che le attività stesse risultino comprese tra quelle citate all'art.22, comma 2, del D.P.R. 29-7-1982, n.577. Fanno eccezione quelle attività esistenti che, in virtù dell'art.2 del D.M. 16-11-1983, rientrano nelle competenze degli Ispettori regionali o interregionali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, in quanto ricadenti nei casi di modifica o ampliamento contemplati ai punti 3.3.1.3 e 3.3.2.1. del D.M. 2-8-1984 o che possano derivare dall'applicazione dei punti 3.3.1.1., 3.3.1.2., 3.3.2.2., 3.3.3. e 3.3.4. del decreto ministeriale stesso e successive modificazioni.
Con il D.M. 2-8-1984 sono state emanate le <<specificazioni per la formulazione del rapporto di sicurezza>>, ai fini della prevenzione incendi, per le attività rientranti nel campo dei rischi di incidenti rilevanti, demandate per l'esame agli Ispettori regionali od interregionali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Per le attività di cui trattasi, il modello da utilizzare per il rilascio del relativo certificato di prevenzione incendi è quello allegato alla lettera circolare del Ministero dell'interno - Direzione generale della protezione civile e dei servizi antincendi - Servizio Tecnico Centrale n.18695/4101 del 17-9-1984.
I titoli e i numeri dei paragrafi e sottoparagrafi di seguito riportati corrispondono a quelli del D.M. 2-8-1984 e successive modificazioni.
Il rapporto deve essere redatto ordinando gli argomenti secondo la numerazione progressiva del D.M. 2-8-1984.
In caso di diversa stesura dovrà essere contenuto nel rapporto di sicurezza un indice di lettura per l'individuazione delle corrispondenze tra i paragrafi del D.M. 2-8-1984 e i diversi punti del rapporto stesso.

GENERALITA'
1.2. Il rapporto di sicurezza deve contenere l'elenco delle leggi, dei regolamenti e delle disposizioni vigenti osservate nell'ambito dell'attività industriale, concernenti la prevenzione incendi.

DEFINIZIONI - MODIFICHE E AMPLIAMENTI DI ATTIVITA' ESISTENTI
3.2. La fase di realizzazione in sito è individuata con i criteri indicati nel D.M. 2-8-1984 indipendentemente dallo stato di avanzamento delle pratiche eventualmente esistenti relative al rilascio delle autorizzazioni attinenti la prevenzione incendi.

3.3. Il punto 3.3. del D.M. 2-8-1984 e successive modificazioni, individua i casi nei quali ricorre o meno l'obbligo di presentazione del rapporto di sicurezza ove, nell'ambito delle attività industriali esistenti, vengano attuate modifiche o ampliamenti.
I casi contemplati ai punti 3.3.2.2. e 3.3.3. riguardano modifiche o ampliamenti di attività industriali esistenti e quindi, per definizione stessa (punto 3.2), rispondenti alla condizione di soddisfare alle ipotesi di cui all'art.5 del D.M. 16-11-1983 per almeno una sostanza pericolosa immagazzinata (all. II) o presente in attività di processo (all. I e III).
Pertanto il superamento o il non superamento di soglia, conseguente alla modifica o ampliamento contemplati nei singoli casi dei precitati punti, deve intendersi riferito solamente alle singole sostanze pericolose, che formano oggetto delle modifiche o ampliamenti, distinte da quelle che avevano già determinato l'inclusione dell'attività nel campo di applicazione del D.M. 16-11-1983 e conferito alla stessa la qualità di attività esistente.
3.3.3. Nel caso in cui nell'ambito di almeno m.500 dall'attività industriale in esame, si trovino impianti e/o depositi appartenenti allo stesso fabbricante e costituenti già di per sé un rischio di incidenti rilevante, si applica quanto previsto al punto 3.3.3. del D.M. 2-8-1984 e successive modificazioni ed il fabbricante non è tenuto a presentare il rapporto di sicurezza purché fornisca <<documentata dichiarazione>> atta a dimostrare che l'impianto in esame non costituisce aggravio del preesistente livello di rischio.

3.4. In osservanza a quanto riportato nella premessa agli allegati II e III del D.M. 16-11-1983, ai fini della verifica del raggiungimento della soglia specifica, quantitativi di sostanze elencate negli allegati medesimi, comunque presenti entro la distanza di almeno m.500, misurata dal perimetro del singolo impianto in esame, contenuti in impianti dello stesso fabbricante, debbono essere sommati tra loro solo se riferibili ad ogni stessa singola voce degli elenchi riportati negli allegati suddetti.
Per perimetro di impianto il fabbricante può far riferimento alla recinzione o al limite di batteria dell'impianto, ovvero alla linea di inviluppo delle apparecchiature contenenti le sostanze pericolose.
Le particolari sostanze infiammabili elencate isolatamente negli allegati sopra citati con propria soglia specifica, in relazione al maggior rischio di incidenti rilevanti che di per se stesse costituiscono, ove rientrino anche nelle voci più generali per le quali è fissata una soglia più elevata (punto 1 e 2 dell'allegato II e/o punti 124, 125 e 150 dell'allegato III) devono essere prese in considerazione per la verifica di entrambe le suddette soglie.
Per quanto riguarda le sostanze indicate al numero 150 dell'allegato III e cioè <<liquidi infiammabili di cui al punto c) iii dell'allegato IV>>, si precisa che sono da intendersi quelle sostanze liquide in condizioni normali le quali trovandosi in particolari condizioni di processo, quali elevata pressione ed elevata temperatura, possono dar luogo, in caso di mancato contenimento, a rilasci di vapori infiammabili e/o tossici con rischio di incidenti rilevanti.
Tali particolari condizioni, indipendentemente dal punto di infiammabilità, hanno determinato il valore piuttosto limitato della relativa soglia (200 t) rispetto, ad esempio, alla voce del punto 125 (50.000 t).
A maggior chiarimento si precisa che:
- una sostanza isolatamente elencata se presente nell'ambito di una attività industriale in quantità pari o superiore alla relativa soglia fa ricadere l'attività stessa nel campo di applicazione del D.M. 16-11-1983;
- un quantitativo della medesima sostanza, presente nell'attività industriale in valore inferiore a quello di soglia, ove la sostanza stessa sia ascrivibile ad una delle già citate voci più generali di cui all'allegato II punti 1 e 2 e/o all'allegato III punti 124-125 e 150, deve essere sommato ai quantitativi di eventuali ulteriori sostanze ricadenti, per le proprie caratteristiche (v. allegato IV) nella voce più generale medesima, ai fini di verificare se, con l'apporto di tale addendo, si raggiunga o meno il valore di soglia prefissato per l'intero gruppo di sostanze da comprendersi nella voce in esame.
Per quanto concerne le possibilità di <<deposito separato>> esse sono quelle contemplate nell'allegato II al D.M. 16-11-1983 e cioè depositi in impianti "diversi" da quelli di cui all'allegato I.
Ne discende che nell'ambito di impianti di cui all'allegato I depositi, qualunque essi siano, non sono di norma definibili come <<depositi separati>>.
Sono peraltro assimilabili a depositi separati quelli contenenti sostanze dell'allegato II che siano connessi ad impianti di cui all'allegato I purché distino dagli stessi più di m.500.

ADEMPIMENTI PROCEDURALI
4.2. comma 1, 2, 3 e 4.
Gli Ispettori regionali o interregionali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, verificato il contenuto del rapporto di sicurezza o delle dichiarazioni di cui ai punti 3.3.1.2., 3.3.2.2., 3.3.3., 3.3.4 e della documentazione prodotta a corredo di queste ultime possono, se necessario e su conforme parere del Comitato tecnico regionale, richiedere motivate informazioni complementari.
Copie della dichiarazione sopracitata e della relativa documentazione saranno restituite, dall'Ispettorato, al Comando provinciale competente corredate di assenso dell'Ispettore in merito alla loro piena sufficienza.
Il Comando svolgerà la pratica di prevenzione incendi relativa alla modifica o all'ampliamento dell'attività esistente cui si riferiscono gli atti restituiti dall'Ispettorato e provvederà, nel rilasciare il certificato, a riportare, a tergo del medesimo, gli estremi della nota di assenso dell'Ispettore in merito alla dichiarazione.
4.2. comma 5.
Nel corso dei lavori istruttori per l'esame del rapporto di sicurezza, il Comitato tecnico regionale può utilmente sentire il responsabile dell'estensione del rapporto di sicurezza per le necessarie delucidazioni del caso.

SPECIFICAZIONI PER LA FORMULAZIONE DEL RAPPORTO DI SICUREZZA PER LA FASE <<NULLA-OSTA DI FATTIBILITÀ'>>
5.1.4. L'informazione richiesta riflette la conoscenza dell'utilizzo dell'area circostante l'attività produttiva e l'indicazione dell'esistenza, in tale area, di zone ad alta densità di popolazione quali ad esempio quelle di tipo abitativo (complessi residenziali), di tipo ricreativo (stadi, ippodromi, teatri, ecc.), di culto (chiese, santuari, monasteri, ecc.), di istruzione (scuole, accademie, ecc.), di tipo industriale (opifici, manifatture, ecc.), ecc.
L'informazione dovrà essere corredata da una attestazione, rilasciata dalla autorità competente, circa la destinazione della zona in cui ricade l'area sulla quale è previsto l'insediamento della nuova attività industriale.
5.1.5. In caso di indisponibilità di dati relativi alla zona interessata dall'impianto la documentazione dovrà essere riferita a quella di aree limitrofe con particolare riguardo ai dati concernenti zone aeroportuali e portuali.
Come periodo caratteristico di tempo deve intendersi un intervallo di tempo statisticamente significativo per i valori medi relativi alla zona considerata, possibilmente non inferiore a 5 anni.

5.2. Produrre una planimetria di base dell'impianto sulla quale siano riportati gli impianti, le strutture, i depositi, le apparecchiature rilevanti ai fini della sicurezza con indicazione delle distanze di sicurezza (interne, esterne e di protezione) ove prescritte da specifiche norme vigenti.
Da tale planimetria e da eventuali tabelle riassuntive dovranno altresì risultare le principali caratteristiche dei predetti elementi rilevanti (ad esempio, per i serbatoi: orizzontali, verticali, fuori terra, interrati, diametri, altezze, capacità geometriche, tetto fisso o galleggiante, ecc.).
5.2.1. Un esempio dello schema di processo a blocchi per le materie prime in ingresso ed i prodotti finiti in uscita nell'impianto è riportato nell'allegato B, che rappresenta lo schema a blocchi di un impianto di separazione benzolo-toluolo.
Per capacità produttiva dell'impianto si intende il valore della potenzialità nominale.
5.2.2.1. A) Identificazione della sostanza
Per sostanze si intendono <<gli elementi chimici ed i loro composti allo stato naturale od ottenuti mediante lavorazioni industriali, eventualmente concernenti gli additivi necessari alla loro immissione sul mercato>> (Direttiva 79/831/CEE).
A.1) Nome chimico
E il nome di una sostanza caratterizzata da una composizione molecolare definita.
Numero CAS (Chemical Abstract Service - Registry Number).
Il numero CAS è un codice numerico assegnato alle sostanze registrate nel Chemical Abstract Service Registry System.
Tale codice numerico è formato da una sequenza di al massimo 9 cifre, divise in tre gruppi o parti.
La prima parte della sequenza, partendo dalla sinistra è costituita da 6 cifre al massimo, la seconda parte da 2 cifre.
La parte finale consiste in una singola cifra che viene chiamata check-digit (numero di controllo).
Quest'ultima cifra serve a verificare che i valori numerici costituenti la sequenza, siano esatti.
Il numero di controllo deriva dalla seguente formula:

iNi + ... + 4N4 + 3N3 + 2N2 + 1N1
10
i = numero di cifre costituenti la sequenza (eccettuata la cifra di controllo)
Ni= cifra in posizione iesima.

Dal valore della sopraindicata frazione si prende la parte decimale, scartando la parte intera.
Esempio per l'idrogeno fosforato (fosfina):
N.CAS 7803-51-2
Il numero di controllo 2 risulta dal seguente calcolo:

(6x7)+(5x8)+(4x0)+(3x3)+(2x5)+(1x1) = 10,2
10

Scartando il numero intero si ottiene 2, che corrisponde alla cifra di controllo. Norme secondo la nomenclatura I.U.P.A.C.
Lo I.U.P.A.C. (Internatiol Union of Pure and Applied Chemistry), che già dal 1892 ha operato in vari comitati e congressi, ha definito delle regole per la nomenclatura delle sostanze in base ai gruppi funzionali, alla struttura ed alla stereochimica delle molecole.
Numero CEE
La Direttiva CEE 67/548 e successive modifiche, ai fini della classificazione ed etichettatura delle sostanze pericolose, ha attribuito un numero a ciascuna delle sostanze che mano a mano ha considerato e classificato.
La numerazione delle sostanze (n.CEE) è stata concepita per consentire aggiornamenti periodici della classificazione.
Essa è basata sull'impiego di una sequenza cifrata del tipo: ABC-RST-VW-Y in cui:
ABC rappresenta sia il numero atomico dell'elemento chimico più caratteristico preceduto da uno o due zeri per completare la sottosequenza, sia il numero convenzionale della classificazione scelta per le sostanze organiche;
RST rappresenta il numero progressivo delle sostanze considerate nella sottosequenza ABC;
VW rappresenta, per la sostanza così definita, una delle forme in cui essa viene prodotta e/o immessa sul mercato, per cui essa è univocamente definita;
Y rappresenta la cifra di controllo (check-digit) di tutta la precedente sequenza calcolata secondo il metodo utilizzato da ISBN (International Standard Book Number).
La cifra di controllo deriva dalla seguente formula:

1xA + 2xB + 3xC + 4xR + 5xS + 6xT + 7xV + 8xW
11

Dal risultato si scarta la parte intera e si prende la prima cifra decimale arrotondata per eccesso; quando la prima cifra decimale risulta zero o l'arrotondamento risulta 10, si pone una X come cifra di controllo.

Esempi:
. Ammoniaca Anidra (NH3)
1x0 + 2x0 + 3x7 + 4x0 + 5x0 + 6x1 + 7x0 + 8x0
= 2,454
11

n.007 - 001 - 00 - 5
. Ammoniaca soluzione (Conc. maggiore del 35%)
n.007 - 001 - 01 - 2
. Ammoniaca soluzione (conc. dal 10 al 35%)
n.007 - 001 - 02 - X
Altri nomi
Si tratta di altri tipi di nomenclatura o nomi commerciali: Polietilene=Fertene.
A.2) Formula Empirica
Esprime la relazione numerica più semplice tra gli atomi di un composto.
Esempio Acrilonitrile: C3H3N (formula bruta).
A maggior dettaglio, a questa formula si può far seguire la formula di questo tipo: CH2 = CH-CN (formula di struttura).
A.3) Composizione della sostanza.
Grado di purezza.
Esprime il contenuto percentuale della sostanza pura.

Principali impurità e relative percentuali
Saranno indicate percentualmente le impurità significative ai fini della pericolosità nei confronti dell'uomo e dell'ambiente. Esempio: contenuto di acetilene nel butadiene.
Per quanto riguarda gli argomenti relativi ai punti A.4, A.5, A.6, A.7 e B.1, B.2, del punto 5.2.2.1. del D.M. 2-8-1984 si fa riferimento, di regola, ai paragrafi specifici contenuti nella scheda di sicurezza dei prodotti prevista dal fabbricante, di cui si allega un esempio, integrata, ove necessario, dalle opportune indicazioni tecnico-scientifiche disponibili (v. all. C).
5.2.2.2. Si richiede l'indicazione di quella operazione del processo produttivo nella quale la sostanza è utilizzata o prodotta; ad esempio: la sostanza è immessa nell'impianto come carica; oppure la sostanza si forma nella sezione reazione e viene rettificata nel resto dell'impianto; oppure la sostanza è utilizzata nella sezione lavaggio, assorbimento, ecc.
5.2.2.3. Per ordine di grandezza si intende che nella quantificazione delle sostanze pericolose si tiene conto dei valori approssimati delle masse assunti nella progettazione di base.
La quantità massima dichiarata dal fabbricante per ciascuna sostanza di cui agli allegati II e III del D.M. 16-11-1983 è computata come valore massimo della somma delle masse contemporaneamente presenti nei serbatoi, nelle apparecchiature, nelle tubazioni e nei recipienti mobili.
Tale computo è riferito ai limiti di batteria dell'attività industriale considerata fermi rimanendo i criteri di cumulo di cui alle premesse agli allegati II e III del suddetto D.M. 16-11-1983.
Ad esempio, nel caso dei recipienti mobili, la massa di sostanze in essi presente verrà computata nella somma quando:
- il recipiente mobile viene utilizzato come serbatoio di alimentazione o scarico dell'impianto di produzione;
- la permanenza del recipiente mobile oltre il tempo necessario per la movimentazione (carico, scarico) avviene con modalità tali da costituire di fatto un deposito diverso da quello di alimentazione.
I computi devono includere tutte le quantità di ogni sostanza pericolosa presente allo strato puro o di miscela o di sottoprodotto, nonché quelle quantità di sostanze che possano significativamente prodursi a causa di una condizione anomala del processo tecnicamente prevedibile.
Ai fini del computo, ogni sostanza deve comunque trovarsi nello stato chimico-fisico specificato negli allegati II e/o III del D.M. 16-11-1983 ovvero in uno stato suscettibile di provocare un rischio di incidente rilevante laddove specificato negli allegati stessi.
Ad esempio:
- l'acido cloridrico andrà computato solo se presente nello stato di gas liquefatto (n.149, all. III);
- l'acido peracetico (n.165, all. III) verrà considerato solo se la concentrazione è maggiore o uguale al 60%;
- per il clorato sodico (voce n.8 all. II e voce n.151 all. III) presente sopra il valore di soglia dovrà dichiararsi se lo stato della sostanza, a giudizio del fabbricante, le conferisce proprietà tali da poter creare rischio di incidenti rilevanti;
- alcuni metalli, quali il Nichel o Cobalto, se opportunamente conservati, possono non costituire rischio di incidenti rilevanti;
- analogamente, in base allo stato fisico, altrettanto può dirsi per soluzioni di clorato di potassio e nitrato ammonico.
Nei casi suddetti o analoghi, cioè quando lo stato chimico-fisico "non" conferisce alla sostanza proprietà in grado di provocare rischi di incidenti rilevanti, il rapporto di sicurezza conterrà le informazioni strettamente necessarie a dimostrare l'idoneità delle misure di sicurezza adottate e pertanto potrà non contenere tutte le informazioni richieste dal D.M. 2-8-1984.
Di converso, l'eventuale presenza di sostanze combustibili infiammabili e/o esplosive che non costituiscono di per sé rischio di incidente rilevante ma che, a giudizio del fabbricante, possono determinare un aggravio delle condizioni di rischio rilevante dovuto alla presenza di sostanze elencate negli allegati II e III del D.M. 16-11-1983, in quantità superiore alle soglie ivi indicate, andrà adeguatamente valutata nel rapporto di sicurezza.
Ad esempio la presenza di uno stoccaggio di sostanze combustibili, non configuranti di per sé ipotesi di rischio di incidenti rilevanti, in prossimità di uno stoccaggio o lavorazione di 150 kg. di fosfina (soglia 100 kg) può, in caso di incendio, costituire una causa iniziatrice di un rischio di incidente rilevante.
A tal proposito è da considerare che incendi od esplosioni in impianti petrolchimici normalmente influenzano zone limitrofe per un raggio di circa 100 m, per cui almeno tale distanza deve essere considerata nella valutazione della pericolosità.
Ciò significa che il coinvolgimento di una sostanza tossica per effetto di esplosione o incendio è normalmente da considerarsi almeno entro circa 100 metri.
5.2.2.4. Per quanto concerne il comportamento chimico e/o fisico della sostanza nelle condizioni normali di utilizzazione durante il processo ci si riferisce allo stato fisico ed alle caratteristiche chimiche della sostanza considerata nella sua fase di produzione e/o trasformazione o impiego nel ciclo produttivo e quindi alla suscettibilità della stessa a dare origine a fenomeni di instabilità nelle condizioni normali di processo, in particolare temperatura e pressione.
La stabilità o l'instabilità può essere desunta da conoscenze storiche e/o di letteratura o in base a risultati di ricerca A.R.C. (Accelerating Rate Calorimeter).
Esempio: Trasformazione di SO2 in SO3 per la produzione di oleum e acido solforico.
L'anidride solforosa allo stato gassoso addizionata con aria viene introdotta in un reattore di ossidazione contenente catalizzatore a base di pentossido di vanadio.
Nella fase di reazione che avviene nel campo di temperatura tra 400 e 600oC ed a pressione dell'ordine dei 10 K Pa (0,1 bar) la anidride solforosa si trova allo stato gassoso e progressivamente si trasforma in anidride solforica anche allo stato gassoso nello stesso campo di temperature. La reazione, come ampiamente riportato in letteratura, è stabile.
Pur potendosi formare nella reazione modesti quantitativi di acido nitrisol-solforico questo non si ritiene utile evidenziarlo in quanto non presenta rischi per l'ambiente sia per la modesta quantità (ordine di qualche litro/giorno, in impianti con target di migliaia di tonnellate di H2SO4 giorno) sia perché la pericolosità è insita solamente nella SO2 o SO3.
5.2.2.5. Con ciò si intende individuare quali sostanze possono originarsi per modificazione o trasformazione della sostanza considerata a causa di anomalie prevedibili nell'esercizio dell'impianto, quali ad esempio variazioni di condizioni di processo (temperatura, pressione, portata, rapporto stechiometrico dei reagenti, imperfetto dosaggio del catalizzatore, ecc.).
Esempio: Un aumento anomalo di temperatura in impianti in cui vi sia etilene in pressione può dare origine a reazioni di decomposizione anche esplosive con formazione di H2, CH4, C2H2 e nerofumo; a loro volta CH4 e C2H2 possono dare origine ad altre reazioni di decomposizione con ulteriore incremento di pressione e temperature.
5.2.2.6. Con ciò si intende che siano evidenziate quelle situazioni di contemporanea presenza di sostanze che prese singolarmente possono essere anche di per se innocue ma che invece risultano incompatibili fra loro in quanto possono dare origine o a violente reazioni o a prodotti di reazione pericolosi oppure, se coinvolte in una emergenza, possono influire sul rischio potenziale dell'attività industriale.
5.3.1. Lo scopo dell'informazione richiesta è l'individuazione degli eventi da porsi a base dell'analisi di sicurezza.
L'esperienza storica relativa all'impianto oggetto del rapporto può provenire dalla letteratura specializzata, da banche di dati sugli incidenti o dall'esperienza documentata in possesso del fabbricante. Esempi di dati statistici relativi ad incidenti in impianti o depositi che hanno coinvolto idrocarburi si trovano nell'allegato E.
Le serie storiche dovranno in generale riportare per ciascun caso almeno le seguenti informazioni: data, località, tipo di impianto, sostanza responsabile dell'incidente, numero di morti o feriti, origine più attendibile dell'incidente.
I casi dovranno essere significativi per l'impianto in oggetto.
Qualora non esistano sufficienti elementi statistici il progettista utilizzerà altri metodi deduttivi per l'individuazione degli eventi (come ad esempio per nuovi processi ed apparecchiature singolari, quali reattori, mescolatori, scambiatori che presentano particolari rischi specifici o comunque quando ritenuto opportuno).
5.3.2. Eventuali reazioni fortemente esotermiche e/o difficili da controllare a causa dell'elevata velocità di reazione devono essere evidenziate specificando inoltre le condizioni per le quali esse si verificano, nonché i sistemi predisposti per il controllo della reazione.
Un esempio di reazione fortemente esotermica è quella che avviene tra acetilene ed acido acetico per la produzione di acetato di vinile:

CH3 - COOH + CH S CH > CH3 - COOCH = CH2

Il mancato controllo della temperatura può condurre alla scissione termica dell'acetilene in carbonio ed idrogeno:

CH S CH > 2C=H2

La reazione è condotta in uno scambiatore a fascio tubiero.
I reagenti in fase gas attraversano i tubi dello scambiatore che contengono carbone attivo e catalizzatore; all'esterno dei tubi circola olio diatermico che asporta il calore di reazione.
Qualora tale sottrazione di calore non fosse sufficiente o, per cause varie, non avvenisse, un dispositivo di controllo temperatura con allarme comanda l'immissione di azoto che blocca la reazione, impedendo in tal modo la scissione dell'acetilene.
5.3.3. Per i terremotati si fa riferimento alla classificazione del territorio nazionale secondo il D.M. 3-3-1975 del Ministero dei Lavori Pubblici e successivi aggiornamenti.
I valori del numero di fulminazioni a terra per anno e per chilometro quadrato, possono fare riferimento alla classificazione del territorio nazionale secondo le norme C.E.I. 81-1 (All. D).
Per quanto riguarda le perturbazioni geofisiche e meteomarine potranno utilizzarsi le informazioni disponibili presso gli enti pubblici a tal fine competenti in materia.
5.3.4. Le informazioni e le limitazioni contemplate da eventuali normative specifiche sono assunte presso le competenti autorità aeroportuali.
5.3.5. La conoscenza generale tecnico-scientifica e l'esperienza maturata in impianti dello stesso tipo o simili, sono determinanti per l'individuazione dei principali eventi che possono dar luogo ad un rilascio.
Quanto sopra porta a considerare eventi che traggono la loro origine da inconvenienti su parti di impianto o da errori di condizione dello stesso.
Circa le strutture di impianto si possono verificare eventi dovuti a corrosioni di apparecchiature, perdite da tenuta di pompe, guasto meccanico di macchinari (pompe, compressori, ventilatori, ecc.), guasti di dispositivi di misure e regolazione (pressione, temperatura, livello, concentrazione, ecc.), rotture accidentali di tubazioni, apertura di dispositivi di scarico all'atmosfera.
Per quanto concerne la conduzione relativamente alle parti dell'impianto a maggior rischio, sono da considerarsi anche gli eventi conseguenti alla mancata osservanza delle norme di esercizio, di controllo, di manutenzione nonché ad errori operativi.
Tra le ipotesi di incidente che normalmente vengono considerate nel rapporto di sicurezza si citano le rotture relative ai seguenti casi:
- rottura delle tenute di pompe e di valvole di regolazione;
- rottura delle guarnizioni in accoppiamenti flangiati;
- rotture di connessioni (fitting) e di apparecchiature di accessori di recipienti e tubazioni;
- rotture di tubazioni.
Gli effetti delle rotture consistono nella maggior parte dei casi nell'emissione di sostanze tossiche e/o infiammabili.
In funzione delle sezioni di rottura è possibile stimare le portate di efflusso.
Tenendo conto delle intercettazioni esistenti è possibile stimare il tempo di efflusso, e quindi i quantitativi massimi emessi.
In generale il rapporto di sicurezza deve essere formulato sulla base delle ipotesi di incidente associabili alle situazioni di rischio più gravi.
5.3.6. Per l'individuazione dei punti critici dell'impianto si fa riferimento alla planimetria disponibile nella progettazione di base.
5.3.7. La stima delle aree interessate dai rilasci ipotizzati deve essere fatta considerando i fattori e le condizioni che possono rendere massime le conseguenze quali ad esempio:
- nel caso di prodotti liquidi le condutture e le fognature esistenti nell'impianto;
- nel caso di prodotti gassosi l'evoluzione del rilascio, istantaneo o continuo, in funzione della velocità del vento;
- nel caso di prodotti stoccati liquidi in pressione o surriscaldati la vaporizzazione adiabatica iniziale e, successivamente, la evaporazione della pozza liquida formatasi, eventualmente drenata dal sistema fognario esistente.
5.3.8. Sulla base degli eventi ipotizzati al punto 5.3.5. e sui presupposti per i quali questi eventi potrebbero verificarsi, si dovranno indicare quelle precauzioni ritenute sufficienti ad evitare l'evento, o quanto meno a limitarlo; dal punto di vista impiantistico: dispositivi di blocco ed allarme, strumentazione di sicurezza, valvole di sezionamento telecomandate, ecc.; dal punto di vista operativo: controlli sistematici delle zone critiche, programmi di manutenzione ed ispezione periodica, verifica di sistemi di sicurezza e blocchi, ecc.
5.3.9. Occorre specificare i coefficienti di sicurezza adottati nella progettazione delle strutture con riferimento alla ventosità ed eventuale sismicità, nonché i criteri di progettazione assunti per i componenti critici dell'impianto e delle sale controllo per far fronte ad eventi naturali, quali allagamenti, cadute di fulmini, ecc. e ad eventi quali esplosioni ed irraggiamenti termici che, verosimilmente, possono originarsi nell'impianto in esame o ad esso limitrofi.
Le precauzioni ed i coefficienti di sicurezza devono essere quelli previsti in leggi, regolamenti o norme di buona tecnica riguardanti ad esempio:
- edilizia antisismica per le zone classificate;
- impianti di protezione dalle scariche atmosferiche;
- rivestimenti di protezione delle strutture ed apparecchiature ai fini dei requisiti di resistenza al fuoco;
- sale controllo a prova di esplosione esterna.
5.3.12. Necessita specificare le norme ed i criteri utilizzati nella progettazione (ISPESL, API, ASME, C.E.I., DIN, UNI, ASTM, ecc.).
5.3.13. Si segnalino quelle procedure di controllo qualità e collaudo adottate nella costruzione ed installazione delle apparecchiature critiche dell'impianto (qualificazione materiali e procedimento di saldatura, controlli distruttivi e non, collaudi particolari, ecc.).
5.3.14. E' da precisare il sistema che si intende adottare per l'accertamento della presenza di gas infiammabili e/o la rivelazione di incendi e/o la rivelazione di prodotti tossici, (tipologia dei rivelatori, loro posizionamento, frequenza di controllo della efficienza, ecc.).
5.3.15. Sono da specificare i prodotti di combustione derivanti dall'incendio delle sostanze considerate nell'ipotesi di evento e gli effetti della loro possibile azione nell'area interessata dall'evento stesso.
5.3.16. Per le ipotesi di evento da considerarsi in base al punto 5.3.5., le conseguenze sono essenzialmente del tipo:
a) incendi di spandimenti e di pozze di liquidi;
b) esplosioni di nubi di vapore non confinate o semi-confinate;
c) prodotti di combustione tossici derivanti da incendi.
5.3.17. E' richiesta la specificazione dei metodi e dei sistemi previsti per il contenimento della fuoriuscita di sostanze infiammabili al fine di contenere in caso di spandimento e di successivo incendio, l'estensione della superficie incendiata.
5.3.18. Viene richiesta assicurazione sull'esistenza di un manuale operativo che consideri tutte le fasi di attività dell'impianto, quali avviamento, esercizio normale, esercizio anomalo, fermate programmate, fermate di emergenza.
5.3.19. Ci si riferisce in particolare ai parchi serbatoi e relative pensiline di carico e scarico ove possono permanere oltre il tempo necessario alle operazioni di carico e scarico mezzi di trasporto (autobotti, ferrocisterne, containers, ecc.).
I serbatoi mobili sono quelli che vengono periodicamente usati nell'impianto con frequenza e permanenza tale da costituire parte integrante dello stesso. Nel caso di pontili occorre considerare anche le norme previste per il carico e lo scarico dei prodotti pericolosi.
5.3.20. Sulla base delle ipotesi di incidente considerate e della stima delle relative conseguenze (irraggiamento e/o sovrappressione) occorre verificare che le strutture interessate (contenitori metallici, edifici, box, ecc.) resistano di per sé o necessitino di provvedimenti aggiuntivi (rivestimenti per la resistenza al fuoco, raffreddamento ad acqua, muri antiscoppio, ecc.) qualora il loro collasso o la loro distruzione possa notevolmente aggravare le conseguenze dell'incidente.
5.3.21. Per l'impianto di processo o deposito considerato, saranno indicati, anche mediante diagrammi a blocchi, i sistemi di prevenzione ed estensione incendi sia tecnici che procedurali, nonché la metodologia di intervento e le misure di evacuazione parziale o totale.

SPECIFICAZIONI PER LA FORMULAZIONE DEL RAPPORTO DI SICUREZZA PER LA FASE DI PROGETTO PARTICOLAREGGIATO.
6.4.1. Gli scarichi funzionali sono normalmente quelli dei dispositivi di sicurezza (valvole di sicurezza, dischi di rottura, sistemi di scarico rapido).
6.4.2. I criteri seguiti nella determinazione delle frequenze di prova dei sistemi di blocco possono derivare o dalla esperienza di impianti similari che ha permesso di stabilire l'importanza e l'affidabilità dei singoli sistemi di blocco o con altri metodi deduttivi di stima della relativa affidabilità.
6.4.16. Il piano di emergenza interno si può riferire o al singolo impianto o a tutto lo stabilimento. In quello relativo al singolo impianto vengono designate le singole funzioni necessarie ad effettuare le operazioni di messa in sicurezza dell'impianto. In quello generale relativo a tutto lo stabilimento vengono descritte le azioni che le varie funzioni previste debbono attuare per la messa in sicurezza di tutto lo stabilimento fornendo alle Autorità competenti le informazioni necessarie per l'approntamento dei piani di emergenza esterni ove necessario.

Si omettono gli allegati B-C-D-E per i quali si rimanda alla G.U. 23-8-1986, n.195 suppl.




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