(G.U. 23-8-1986, N.195 suppl.)
LINEE DI GUIDA PER LA FORMULAZIONE DEL RAPPORTO DI SICUREZZA AI FINI DELLA PREVENZIONE INCENDI DI CUI AL DECRETO MINISTERIALE 2 AGOSTO 1984 E SUCCESSIVE MODIFICAZIONI CONTENUTE NEL DECRETO MINISTERIALE 11 GIUGNO 1986.
Per l'uniforme applicazione delle norme e specificazioni
concernenti la formulazione del rapporto di sicurezza
citato in oggetto, sono state predisposte, da parte
del Comitato centrale tecnico-scientifico per la prevenzione
incendi di cui all'art.10 del D.P.R. 29-7-1982, n.577,
le linee di guida riportate negli allegati A, B, C,
D ed E alla presente circolare.
Le specificazioni contenute nell'allegato A devono essere
seguite anche ai fini dell'esame e della valutazione
del rapporto di sicurezza da parte degli Ispettori
regionali o interregionali del Corpo nazionale dei
vigili del fuoco ai sensi dell'insieme delle vigenti
disposizioni nel settore delle attività a rischio
di incidenti rilevanti.
Il contenuto degli allegati B, C, D ed E costituisce
esemplificazione di riferimento per la formulazione
e la valutazione di alcuni aspetti del rapporto di
sicurezza.
In ogni caso i metodi ed i dati di valutazione nonché
ogni altro elemento utilizzato per la formulazione
del rapporto di sicurezza debbono corrispondere allo
stato delle conoscenze più aggiornate e sufficientemente
acclarate in relazione alla situazione in esame.
A breve termine sarà inoltre provveduto alla
messa a punto dei modelli semplificati per il calcolo
delle conseguenze a seguito di incendio, esplosione
e rilasci tossici dovuti ad incendio.
Tali modelli sono già stati elaborati e verranno
quanto prima definiti in tutti i loro dettagli dopo
una ulteriore e opportuna verifica di alcuni aspetti
concernenti la loro validazione nei riguardi di incidenti
realmente verificatisi.
Nelle more di tale verifica e della pubblicazione dei
suddetti modelli potranno comunque essere utilizzate
da parte dei signori Ispettori regionali ed interregionali,
per quanto applicabili e comunque nelle stime di prima
approssimazione, gli strumenti del sistema informativo
SIGEM di cui alla circolare di questo Ministero n.6
MI.SA. (86)3 del 10-3-1986.
Si evidenzia, infine, che nelle linee di guida sono
state inserite precisazioni connesse ad interpretazioni
fornite dalla CEE a seguito di quesiti rivolti da questa
Amministrazione.
Allegato A
LINEA DI GUIDA PER LA FORMULAZIONE DEL RAPPORTO DI SICUREZZA
AI FINI DELLA PREVENZIONE INCENDI
DI CUI AL DECRETO MINISTERIALE 2-8-1984 E SUCCESSIVE
MODIFICAZIONI CONTENUTE
NEL DECRETO MINISTERIALE 11-6-1986
Le presenti linee di guida, per la compilazione e la
valutazione del rapporto di sicurezza, ai fini della
prevenzione incendi, di cui ai decreti ministeriali
2-8-1984 e 11-6-1986, hanno lo scopo di fornire alcuni
elementi di chiarimento e d'interpretazione dei più
significativi punti che costituiscono il contenuto
del rapporto di sicurezza medesimo.
Con il D.M. 16-11-1983 è stato determinato l'elenco
delle attività, rientranti nel campo dei rischi
di incidenti rilevanti, demandate per l'esame agli
Ispettori regionali o interregionali del Corpo nazionale
dei vigili del fuoco, dal punto di vista della prevenzione
incendi.
Ai sensi dell'art.15, comma 2, del D.P.R. 29-7-1982,
n.577, valido per l'intera materia di prevenzione incendi
in generale, le richieste di approvazione dei progetti
e quelle delle visite di controllo debbono essere corredate
dalla idonea documentazione tecnico-illustrativa necessaria.
Nel campo specifico di applicazione del D.M. 16-11-1983,
il rapporto di sicurezza costituisce la documentazione
tecnico-illustrativa, di cui all'art.15 del D.P.R.
29-7-1982, n.577, comprendente gli studi analitici
di sicurezza e di affidabilità degli impianti
e/o dei depositi nonché dei relativi sistemi
di protezione; tale rapporto deve essere prodotto,
da parte del fabbricante, unitamente alle domande di
esame dei progetti di realizzazione, ampliamento o
modifica di installazioni o di impianti che presentino
rischi di incidenti rilevanti.
L'obbligo di presentazione del rapporto di sicurezza
sussiste per tutte le nuove attività, mentre
per le attività esistenti ricorre solo in quei
casi di ampliamento o di modifica sostanziale elencati
al punto 3 del decreto ministeriale in oggetto indicato
tenuto conto delle modifiche di cui al D.M. 11-6-1986.
Per il disposto dell'art.3 del precitato decreto 16-11-1983,
gli Ispettori regionali o interregionali del Corpo
nazionale dei vigili del fuoco procedono all'esame
dei progetti previsti all'art.19, comma 1 lettera d)
del D.P.R. 29-7-1982, n.577, relativamente alle categorie
di attività così come definite all'art.4
e nelle ipotesi di cui all'art.5 del decreto ministeriale
stesso, limitatamente alle nuove attività, ovvero
alle attività equiparabili alle nuove ai sensi
dell'art.2 del D.M. 16-11-1983, con le gradualità
temporali di cui all'art.6 del decreto ministeriale
stesso.
Si evidenzia che di regola le attività esistenti,
allo stato attuale, non sono soggette all'esame da
parte degli Ispettori regionali o interregionali del
Corpo nazionale dei vigili del fuoco e vanno trattate
secondo le normali procedure di prevenzione incendi
espletate dai Comandi provinciali dei vigili del fuoco,
sempre che le attività stesse risultino comprese
tra quelle citate all'art.22, comma 2, del D.P.R. 29-7-1982,
n.577. Fanno eccezione quelle attività esistenti
che, in virtù dell'art.2 del D.M. 16-11-1983,
rientrano nelle competenze degli Ispettori regionali
o interregionali del Corpo nazionale dei vigili del
fuoco, in quanto ricadenti nei casi di modifica o ampliamento
contemplati ai punti 3.3.1.3 e 3.3.2.1. del D.M. 2-8-1984
o che possano derivare dall'applicazione dei punti
3.3.1.1., 3.3.1.2., 3.3.2.2., 3.3.3. e 3.3.4. del decreto
ministeriale stesso e successive modificazioni.
Con il D.M. 2-8-1984 sono state emanate le <<specificazioni
per la formulazione del rapporto di sicurezza>>,
ai fini della prevenzione incendi, per le attività
rientranti nel campo dei rischi di incidenti rilevanti,
demandate per l'esame agli Ispettori regionali od interregionali
del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Per le attività di cui trattasi, il modello da
utilizzare per il rilascio del relativo certificato
di prevenzione incendi è quello allegato alla
lettera circolare del Ministero dell'interno - Direzione
generale della protezione civile e dei servizi antincendi
- Servizio Tecnico Centrale n.18695/4101 del 17-9-1984.
I titoli e i numeri dei paragrafi e sottoparagrafi di
seguito riportati corrispondono a quelli del D.M. 2-8-1984
e successive modificazioni.
Il rapporto deve essere redatto ordinando gli argomenti
secondo la numerazione progressiva del D.M. 2-8-1984.
In caso di diversa stesura dovrà essere contenuto
nel rapporto di sicurezza un indice di lettura per
l'individuazione delle corrispondenze tra i paragrafi
del D.M. 2-8-1984 e i diversi punti del rapporto stesso.
GENERALITA'
1.2. Il rapporto di sicurezza deve contenere l'elenco
delle leggi, dei regolamenti e delle disposizioni vigenti
osservate nell'ambito dell'attività industriale,
concernenti la prevenzione incendi.
DEFINIZIONI - MODIFICHE E AMPLIAMENTI DI ATTIVITA' ESISTENTI
3.2. La fase di realizzazione in sito è individuata
con i criteri indicati nel D.M. 2-8-1984 indipendentemente
dallo stato di avanzamento delle pratiche eventualmente
esistenti relative al rilascio delle autorizzazioni
attinenti la prevenzione incendi.
3.3. Il punto 3.3. del D.M. 2-8-1984 e successive modificazioni,
individua i casi nei quali ricorre o meno l'obbligo
di presentazione del rapporto di sicurezza ove, nell'ambito
delle attività industriali esistenti, vengano
attuate modifiche o ampliamenti.
I casi contemplati ai punti 3.3.2.2. e 3.3.3. riguardano
modifiche o ampliamenti di attività industriali
esistenti e quindi, per definizione stessa (punto 3.2),
rispondenti alla condizione di soddisfare alle ipotesi
di cui all'art.5 del D.M. 16-11-1983 per almeno una
sostanza pericolosa immagazzinata (all. II) o presente
in attività di processo (all. I e III).
Pertanto il superamento o il non superamento di soglia,
conseguente alla modifica o ampliamento contemplati
nei singoli casi dei precitati punti, deve intendersi
riferito solamente alle singole sostanze pericolose,
che formano oggetto delle modifiche o ampliamenti,
distinte da quelle che avevano già determinato
l'inclusione dell'attività nel campo di applicazione
del D.M. 16-11-1983 e conferito alla stessa la qualità
di attività esistente.
3.3.3. Nel caso in cui nell'ambito di almeno m.500 dall'attività
industriale in esame, si trovino impianti e/o depositi
appartenenti allo stesso fabbricante e costituenti
già di per sé un rischio di incidenti
rilevante, si applica quanto previsto al punto 3.3.3.
del D.M. 2-8-1984 e successive modificazioni ed il
fabbricante non è tenuto a presentare il rapporto
di sicurezza purché fornisca <<documentata
dichiarazione>> atta a dimostrare che l'impianto
in esame non costituisce aggravio del preesistente
livello di rischio.
3.4. In osservanza a quanto riportato nella premessa
agli allegati II e III del D.M. 16-11-1983, ai fini
della verifica del raggiungimento della soglia specifica,
quantitativi di sostanze elencate negli allegati medesimi,
comunque presenti entro la distanza di almeno m.500,
misurata dal perimetro del singolo impianto in esame,
contenuti in impianti dello stesso fabbricante, debbono
essere sommati tra loro solo se riferibili ad ogni
stessa singola voce degli elenchi riportati negli allegati
suddetti.
Per perimetro di impianto il fabbricante può
far riferimento alla recinzione o al limite di batteria
dell'impianto, ovvero alla linea di inviluppo delle
apparecchiature contenenti le sostanze pericolose.
Le particolari sostanze infiammabili elencate isolatamente
negli allegati sopra citati con propria soglia specifica,
in relazione al maggior rischio di incidenti rilevanti
che di per se stesse costituiscono, ove rientrino anche
nelle voci più generali per le quali è
fissata una soglia più elevata (punto 1 e 2
dell'allegato II e/o punti 124, 125 e 150 dell'allegato
III) devono essere prese in considerazione per la verifica
di entrambe le suddette soglie.
Per quanto riguarda le sostanze indicate al numero 150
dell'allegato III e cioè <<liquidi infiammabili
di cui al punto c) iii dell'allegato IV>>, si
precisa che sono da intendersi quelle sostanze liquide
in condizioni normali le quali trovandosi in particolari
condizioni di processo, quali elevata pressione ed
elevata temperatura, possono dar luogo, in caso di
mancato contenimento, a rilasci di vapori infiammabili
e/o tossici con rischio di incidenti rilevanti.
Tali particolari condizioni, indipendentemente dal punto
di infiammabilità, hanno determinato il valore
piuttosto limitato della relativa soglia (200 t) rispetto,
ad esempio, alla voce del punto 125 (50.000 t).
A maggior chiarimento si precisa che:
- una sostanza isolatamente elencata se presente nell'ambito
di una attività industriale in quantità
pari o superiore alla relativa soglia fa ricadere l'attività
stessa nel campo di applicazione del D.M. 16-11-1983;
- un quantitativo della medesima sostanza, presente
nell'attività industriale in valore inferiore
a quello di soglia, ove la sostanza stessa sia ascrivibile
ad una delle già citate voci più generali
di cui all'allegato II punti 1 e 2 e/o all'allegato
III punti 124-125 e 150, deve essere sommato ai quantitativi
di eventuali ulteriori sostanze ricadenti, per le proprie
caratteristiche (v. allegato IV) nella voce più
generale medesima, ai fini di verificare se, con l'apporto
di tale addendo, si raggiunga o meno il valore di soglia
prefissato per l'intero gruppo di sostanze da comprendersi
nella voce in esame.
Per quanto concerne le possibilità di <<deposito
separato>> esse sono quelle contemplate nell'allegato
II al D.M. 16-11-1983 e cioè depositi in impianti
"diversi" da quelli di cui all'allegato I.
Ne discende che nell'ambito di impianti di cui all'allegato
I depositi, qualunque essi siano, non sono di norma
definibili come <<depositi separati>>.
Sono peraltro assimilabili a depositi separati quelli
contenenti sostanze dell'allegato II che siano connessi
ad impianti di cui all'allegato I purché distino
dagli stessi più di m.500.
ADEMPIMENTI PROCEDURALI
4.2. comma 1, 2, 3 e 4.
Gli Ispettori regionali o interregionali del Corpo nazionale
dei vigili del fuoco, verificato il contenuto del rapporto
di sicurezza o delle dichiarazioni di cui ai punti
3.3.1.2., 3.3.2.2., 3.3.3., 3.3.4 e della documentazione
prodotta a corredo di queste ultime possono, se necessario
e su conforme parere del Comitato tecnico regionale,
richiedere motivate informazioni complementari.
Copie della dichiarazione sopracitata e della relativa
documentazione saranno restituite, dall'Ispettorato,
al Comando provinciale competente corredate di assenso
dell'Ispettore in merito alla loro piena sufficienza.
Il Comando svolgerà la pratica di prevenzione
incendi relativa alla modifica o all'ampliamento dell'attività
esistente cui si riferiscono gli atti restituiti dall'Ispettorato
e provvederà, nel rilasciare il certificato,
a riportare, a tergo del medesimo, gli estremi della
nota di assenso dell'Ispettore in merito alla dichiarazione.
4.2. comma 5.
Nel corso dei lavori istruttori per l'esame del rapporto
di sicurezza, il Comitato tecnico regionale può
utilmente sentire il responsabile dell'estensione del
rapporto di sicurezza per le necessarie delucidazioni
del caso.
SPECIFICAZIONI PER LA FORMULAZIONE DEL RAPPORTO DI SICUREZZA
PER LA FASE <<NULLA-OSTA DI FATTIBILITÀ'>>
5.1.4. L'informazione richiesta riflette la conoscenza
dell'utilizzo dell'area circostante l'attività
produttiva e l'indicazione dell'esistenza, in tale
area, di zone ad alta densità di popolazione
quali ad esempio quelle di tipo abitativo (complessi
residenziali), di tipo ricreativo (stadi, ippodromi,
teatri, ecc.), di culto (chiese, santuari, monasteri,
ecc.), di istruzione (scuole, accademie, ecc.), di
tipo industriale (opifici, manifatture, ecc.), ecc.
L'informazione dovrà essere corredata da una
attestazione, rilasciata dalla autorità competente,
circa la destinazione della zona in cui ricade l'area
sulla quale è previsto l'insediamento della
nuova attività industriale.
5.1.5. In caso di indisponibilità di dati relativi
alla zona interessata dall'impianto la documentazione
dovrà essere riferita a quella di aree limitrofe
con particolare riguardo ai dati concernenti zone aeroportuali
e portuali.
Come periodo caratteristico di tempo deve intendersi
un intervallo di tempo statisticamente significativo
per i valori medi relativi alla zona considerata, possibilmente
non inferiore a 5 anni.
5.2. Produrre una planimetria di base dell'impianto
sulla quale siano riportati gli impianti, le strutture,
i depositi, le apparecchiature rilevanti ai fini della
sicurezza con indicazione delle distanze di sicurezza
(interne, esterne e di protezione) ove prescritte da
specifiche norme vigenti.
iNi + ... + 4N4 + 3N3 + 2N2 + 1N1
Da tale planimetria e da eventuali tabelle riassuntive
dovranno altresì risultare le principali caratteristiche
dei predetti elementi rilevanti (ad esempio, per i
serbatoi: orizzontali, verticali, fuori terra, interrati,
diametri, altezze, capacità geometriche, tetto
fisso o galleggiante, ecc.).
5.2.1. Un esempio dello schema di processo a blocchi
per le materie prime in ingresso ed i prodotti finiti
in uscita nell'impianto è riportato nell'allegato
B, che rappresenta lo schema a blocchi di un impianto
di separazione benzolo-toluolo.
Per capacità produttiva dell'impianto si intende
il valore della potenzialità nominale.
5.2.2.1. A) Identificazione della sostanza
Per sostanze si intendono <<gli elementi chimici
ed i loro composti allo stato naturale od ottenuti
mediante lavorazioni industriali, eventualmente concernenti
gli additivi necessari alla loro immissione sul mercato>>
(Direttiva 79/831/CEE).
A.1) Nome chimico
E il nome di una sostanza caratterizzata da una composizione
molecolare definita.
Numero CAS (Chemical Abstract Service - Registry Number).
Il numero CAS è un codice numerico assegnato
alle sostanze registrate nel Chemical Abstract Service
Registry System.
Tale codice numerico è formato da una sequenza
di al massimo 9 cifre, divise in tre gruppi o parti.
La prima parte della sequenza, partendo dalla sinistra
è costituita da 6 cifre al massimo, la seconda
parte da 2 cifre.
La parte finale consiste in una singola cifra che viene
chiamata check-digit (numero di controllo).
Quest'ultima cifra serve a verificare che i valori numerici
costituenti la sequenza, siano esatti.
Il numero di controllo deriva dalla seguente formula:
10
i = numero di cifre costituenti la sequenza (eccettuata
la cifra di controllo)
Ni= cifra in posizione iesima.
Dal valore della sopraindicata frazione si prende la
parte decimale, scartando la parte intera.
(6x7)+(5x8)+(4x0)+(3x3)+(2x5)+(1x1)
Esempio per l'idrogeno fosforato (fosfina):
N.CAS 7803-51-2
Il numero di controllo 2 risulta dal seguente calcolo:
10
Scartando il numero intero si ottiene 2, che corrisponde
alla cifra di controllo. Norme secondo la nomenclatura
I.U.P.A.C.
1xA + 2xB + 3xC + 4xR + 5xS + 6xT + 7xV + 8xW
Lo I.U.P.A.C. (Internatiol Union of Pure and Applied
Chemistry), che già dal 1892 ha operato in vari
comitati e congressi, ha definito delle regole per
la nomenclatura delle sostanze in base ai gruppi funzionali,
alla struttura ed alla stereochimica delle molecole.
Numero CEE
La Direttiva CEE 67/548 e successive modifiche, ai fini
della classificazione ed etichettatura delle sostanze
pericolose, ha attribuito un numero a ciascuna delle
sostanze che mano a mano ha considerato e classificato.
La numerazione delle sostanze (n.CEE) è stata
concepita per consentire aggiornamenti periodici della
classificazione.
Essa è basata sull'impiego di una sequenza cifrata
del tipo: ABC-RST-VW-Y in cui:
ABC rappresenta sia il numero atomico dell'elemento
chimico più caratteristico preceduto da uno
o due zeri per completare la sottosequenza, sia il
numero convenzionale della classificazione scelta per
le sostanze organiche;
RST rappresenta il numero progressivo delle sostanze
considerate nella sottosequenza ABC;
VW rappresenta, per la sostanza così definita,
una delle forme in cui essa viene prodotta e/o immessa
sul mercato, per cui essa è univocamente definita;
Y rappresenta la cifra di controllo (check-digit) di
tutta la precedente sequenza calcolata secondo il metodo
utilizzato da ISBN (International Standard Book Number).
La cifra di controllo deriva dalla seguente formula:
11
Dal risultato si scarta la parte intera e si prende la prima cifra decimale arrotondata per eccesso; quando la prima cifra decimale risulta zero o l'arrotondamento risulta 10, si pone una X come cifra di controllo.
Esempi:
. Ammoniaca Anidra (NH3)
1x0 + 2x0 + 3x7 + 4x0 + 5x0 + 6x1 + 7x0 + 8x0 = 2,454
11
n.007 - 001 - 00 - 5
. Ammoniaca soluzione (Conc. maggiore del 35%)
n.007 - 001 - 01 - 2
. Ammoniaca soluzione (conc. dal 10 al 35%)
n.007 - 001 - 02 - X
Altri nomi
Si tratta di altri tipi di nomenclatura o nomi commerciali:
Polietilene=Fertene.
A.2) Formula Empirica
Esprime la relazione numerica più semplice tra
gli atomi di un composto.
Esempio Acrilonitrile: C3H3N (formula bruta).
A maggior dettaglio, a questa formula si può
far seguire la formula di questo tipo: CH2 = CH-CN
(formula di struttura).
A.3) Composizione della sostanza.
Grado di purezza.
Esprime il contenuto percentuale della sostanza pura.
Principali impurità e relative percentuali
Saranno indicate percentualmente le impurità
significative ai fini della pericolosità nei
confronti dell'uomo e dell'ambiente. Esempio: contenuto
di acetilene nel butadiene.
Per quanto riguarda gli argomenti relativi ai punti
A.4, A.5, A.6, A.7 e B.1, B.2, del punto 5.2.2.1. del
D.M. 2-8-1984 si fa riferimento, di regola, ai paragrafi
specifici contenuti nella scheda di sicurezza dei prodotti
prevista dal fabbricante, di cui si allega un esempio,
integrata, ove necessario, dalle opportune indicazioni
tecnico-scientifiche disponibili (v. all. C).
5.2.2.2. Si richiede l'indicazione di quella operazione
del processo produttivo nella quale la sostanza è
utilizzata o prodotta; ad esempio: la sostanza è
immessa nell'impianto come carica; oppure la sostanza
si forma nella sezione reazione e viene rettificata
nel resto dell'impianto; oppure la sostanza è
utilizzata nella sezione lavaggio, assorbimento, ecc.
5.2.2.3. Per ordine di grandezza si intende che nella
quantificazione delle sostanze pericolose si tiene
conto dei valori approssimati delle masse assunti nella
progettazione di base.
La quantità massima dichiarata dal fabbricante
per ciascuna sostanza di cui agli allegati II e III
del D.M. 16-11-1983 è computata come valore
massimo della somma delle masse contemporaneamente
presenti nei serbatoi, nelle apparecchiature, nelle
tubazioni e nei recipienti mobili.
Tale computo è riferito ai limiti di batteria
dell'attività industriale considerata fermi
rimanendo i criteri di cumulo di cui alle premesse
agli allegati II e III del suddetto D.M. 16-11-1983.
Ad esempio, nel caso dei recipienti mobili, la massa
di sostanze in essi presente verrà computata
nella somma quando:
- il recipiente mobile viene utilizzato come serbatoio
di alimentazione o scarico dell'impianto di produzione;
- la permanenza del recipiente mobile oltre il tempo
necessario per la movimentazione (carico, scarico)
avviene con modalità tali da costituire di fatto
un deposito diverso da quello di alimentazione.
I computi devono includere tutte le quantità
di ogni sostanza pericolosa presente allo strato puro
o di miscela o di sottoprodotto, nonché quelle
quantità di sostanze che possano significativamente
prodursi a causa di una condizione anomala del processo
tecnicamente prevedibile.
Ai fini del computo, ogni sostanza deve comunque trovarsi
nello stato chimico-fisico specificato negli allegati
II e/o III del D.M. 16-11-1983 ovvero in uno stato
suscettibile di provocare un rischio di incidente rilevante
laddove specificato negli allegati stessi.
Ad esempio:
- l'acido cloridrico andrà computato solo se
presente nello stato di gas liquefatto (n.149, all.
III);
- l'acido peracetico (n.165, all. III) verrà
considerato solo se la concentrazione è maggiore
o uguale al 60%;
- per il clorato sodico (voce n.8 all. II e voce n.151
all. III) presente sopra il valore di soglia dovrà
dichiararsi se lo stato della sostanza, a giudizio
del fabbricante, le conferisce proprietà tali
da poter creare rischio di incidenti rilevanti;
- alcuni metalli, quali il Nichel o Cobalto, se opportunamente
conservati, possono non costituire rischio di incidenti
rilevanti;
- analogamente, in base allo stato fisico, altrettanto
può dirsi per soluzioni di clorato di potassio
e nitrato ammonico.
Nei casi suddetti o analoghi, cioè quando lo
stato chimico-fisico "non" conferisce alla
sostanza proprietà in grado di provocare rischi
di incidenti rilevanti, il rapporto di sicurezza conterrà
le informazioni strettamente necessarie a dimostrare
l'idoneità delle misure di sicurezza adottate
e pertanto potrà non contenere tutte le informazioni
richieste dal D.M. 2-8-1984.
Di converso, l'eventuale presenza di sostanze combustibili
infiammabili e/o esplosive che non costituiscono di
per sé rischio di incidente rilevante ma che,
a giudizio del fabbricante, possono determinare un
aggravio delle condizioni di rischio rilevante dovuto
alla presenza di sostanze elencate negli allegati II
e III del D.M. 16-11-1983, in quantità superiore
alle soglie ivi indicate, andrà adeguatamente
valutata nel rapporto di sicurezza.
Ad esempio la presenza di uno stoccaggio di sostanze
combustibili, non configuranti di per sé ipotesi
di rischio di incidenti rilevanti, in prossimità
di uno stoccaggio o lavorazione di 150 kg. di fosfina
(soglia 100 kg) può, in caso di incendio, costituire
una causa iniziatrice di un rischio di incidente rilevante.
A tal proposito è da considerare che incendi
od esplosioni in impianti petrolchimici normalmente
influenzano zone limitrofe per un raggio di circa 100
m, per cui almeno tale distanza deve essere considerata
nella valutazione della pericolosità.
Ciò significa che il coinvolgimento di una sostanza
tossica per effetto di esplosione o incendio è
normalmente da considerarsi almeno entro circa 100
metri.
5.2.2.4. Per quanto concerne il comportamento chimico
e/o fisico della sostanza nelle condizioni normali
di utilizzazione durante il processo ci si riferisce
allo stato fisico ed alle caratteristiche chimiche
della sostanza considerata nella sua fase di produzione
e/o trasformazione o impiego nel ciclo produttivo e
quindi alla suscettibilità della stessa a dare
origine a fenomeni di instabilità nelle condizioni
normali di processo, in particolare temperatura e pressione.
La stabilità o l'instabilità può
essere desunta da conoscenze storiche e/o di letteratura
o in base a risultati di ricerca A.R.C. (Accelerating
Rate Calorimeter).
Esempio: Trasformazione di SO2 in SO3 per la produzione
di oleum e acido solforico.
L'anidride solforosa allo stato gassoso addizionata
con aria viene introdotta in un reattore di ossidazione
contenente catalizzatore a base di pentossido di vanadio.
Nella fase di reazione che avviene nel campo di temperatura
tra 400 e 600oC ed a pressione dell'ordine dei 10 K
Pa (0,1 bar) la anidride solforosa si trova allo stato
gassoso e progressivamente si trasforma in anidride
solforica anche allo stato gassoso nello stesso campo
di temperature. La reazione, come ampiamente riportato
in letteratura, è stabile.
Pur potendosi formare nella reazione modesti quantitativi
di acido nitrisol-solforico questo non si ritiene utile
evidenziarlo in quanto non presenta rischi per l'ambiente
sia per la modesta quantità (ordine di qualche
litro/giorno, in impianti con target di migliaia di
tonnellate di H2SO4 giorno) sia perché la pericolosità
è insita solamente nella SO2 o SO3.
5.2.2.5. Con ciò si intende individuare quali
sostanze possono originarsi per modificazione o trasformazione
della sostanza considerata a causa di anomalie prevedibili
nell'esercizio dell'impianto, quali ad esempio variazioni
di condizioni di processo (temperatura, pressione,
portata, rapporto stechiometrico dei reagenti, imperfetto
dosaggio del catalizzatore, ecc.).
Esempio: Un aumento anomalo di temperatura in impianti
in cui vi sia etilene in pressione può dare
origine a reazioni di decomposizione anche esplosive
con formazione di H2, CH4, C2H2 e nerofumo; a loro
volta CH4 e C2H2 possono dare origine ad altre reazioni
di decomposizione con ulteriore incremento di pressione
e temperature.
5.2.2.6. Con ciò si intende che siano evidenziate
quelle situazioni di contemporanea presenza di sostanze
che prese singolarmente possono essere anche di per
se innocue ma che invece risultano incompatibili fra
loro in quanto possono dare origine o a violente reazioni
o a prodotti di reazione pericolosi oppure, se coinvolte
in una emergenza, possono influire sul rischio potenziale
dell'attività industriale.
5.3.1. Lo scopo dell'informazione richiesta è
l'individuazione degli eventi da porsi a base dell'analisi
di sicurezza.
L'esperienza storica relativa all'impianto oggetto del
rapporto può provenire dalla letteratura specializzata,
da banche di dati sugli incidenti o dall'esperienza
documentata in possesso del fabbricante. Esempi di
dati statistici relativi ad incidenti in impianti o
depositi che hanno coinvolto idrocarburi si trovano
nell'allegato E.
Le serie storiche dovranno in generale riportare per
ciascun caso almeno le seguenti informazioni: data,
località, tipo di impianto, sostanza responsabile
dell'incidente, numero di morti o feriti, origine più
attendibile dell'incidente.
I casi dovranno essere significativi per l'impianto
in oggetto.
Qualora non esistano sufficienti elementi statistici
il progettista utilizzerà altri metodi deduttivi
per l'individuazione degli eventi (come ad esempio
per nuovi processi ed apparecchiature singolari, quali
reattori, mescolatori, scambiatori che presentano particolari
rischi specifici o comunque quando ritenuto opportuno).
5.3.2. Eventuali reazioni fortemente esotermiche e/o
difficili da controllare a causa dell'elevata velocità
di reazione devono essere evidenziate specificando
inoltre le condizioni per le quali esse si verificano,
nonché i sistemi predisposti per il controllo
della reazione.
Un esempio di reazione fortemente esotermica è
quella che avviene tra acetilene ed acido acetico per
la produzione di acetato di vinile:
CH3 - COOH + CH S CH > CH3 - COOCH = CH2
Il mancato controllo della temperatura può condurre
alla scissione termica dell'acetilene in carbonio ed
idrogeno:
CH S CH > 2C=H2
La reazione è condotta in uno scambiatore a fascio
tubiero.
I reagenti in fase gas attraversano i tubi dello scambiatore
che contengono carbone attivo e catalizzatore; all'esterno
dei tubi circola olio diatermico che asporta il calore
di reazione.
Qualora tale sottrazione di calore non fosse sufficiente
o, per cause varie, non avvenisse, un dispositivo di
controllo temperatura con allarme comanda l'immissione
di azoto che blocca la reazione, impedendo in tal modo
la scissione dell'acetilene.
5.3.3. Per i terremotati si fa riferimento alla classificazione
del territorio nazionale secondo il D.M. 3-3-1975 del
Ministero dei Lavori Pubblici e successivi aggiornamenti.
I valori del numero di fulminazioni a terra per anno
e per chilometro quadrato, possono fare riferimento
alla classificazione del territorio nazionale secondo
le norme C.E.I. 81-1 (All. D).
Per quanto riguarda le perturbazioni geofisiche e meteomarine
potranno utilizzarsi le informazioni disponibili presso
gli enti pubblici a tal fine competenti in materia.
5.3.4. Le informazioni e le limitazioni contemplate
da eventuali normative specifiche sono assunte presso
le competenti autorità aeroportuali.
5.3.5. La conoscenza generale tecnico-scientifica e
l'esperienza maturata in impianti dello stesso tipo
o simili, sono determinanti per l'individuazione dei
principali eventi che possono dar luogo ad un rilascio.
Quanto sopra porta a considerare eventi che traggono
la loro origine da inconvenienti su parti di impianto
o da errori di condizione dello stesso.
Circa le strutture di impianto si possono verificare
eventi dovuti a corrosioni di apparecchiature, perdite
da tenuta di pompe, guasto meccanico di macchinari
(pompe, compressori, ventilatori, ecc.), guasti di
dispositivi di misure e regolazione (pressione, temperatura,
livello, concentrazione, ecc.), rotture accidentali
di tubazioni, apertura di dispositivi di scarico all'atmosfera.
Per quanto concerne la conduzione relativamente alle
parti dell'impianto a maggior rischio, sono da considerarsi
anche gli eventi conseguenti alla mancata osservanza
delle norme di esercizio, di controllo, di manutenzione
nonché ad errori operativi.
Tra le ipotesi di incidente che normalmente vengono
considerate nel rapporto di sicurezza si citano le
rotture relative ai seguenti casi:
- rottura delle tenute di pompe e di valvole di regolazione;
- rottura delle guarnizioni in accoppiamenti flangiati;
- rotture di connessioni (fitting) e di apparecchiature
di accessori di recipienti e tubazioni;
- rotture di tubazioni.
Gli effetti delle rotture consistono nella maggior parte
dei casi nell'emissione di sostanze tossiche e/o infiammabili.
In funzione delle sezioni di rottura è possibile
stimare le portate di efflusso.
Tenendo conto delle intercettazioni esistenti è
possibile stimare il tempo di efflusso, e quindi i
quantitativi massimi emessi.
In generale il rapporto di sicurezza deve essere formulato
sulla base delle ipotesi di incidente associabili alle
situazioni di rischio più gravi.
5.3.6. Per l'individuazione dei punti critici dell'impianto
si fa riferimento alla planimetria disponibile nella
progettazione di base.
5.3.7. La stima delle aree interessate dai rilasci ipotizzati
deve essere fatta considerando i fattori e le condizioni
che possono rendere massime le conseguenze quali ad
esempio:
- nel caso di prodotti liquidi le condutture e le fognature
esistenti nell'impianto;
- nel caso di prodotti gassosi l'evoluzione del rilascio,
istantaneo o continuo, in funzione della velocità
del vento;
- nel caso di prodotti stoccati liquidi in pressione
o surriscaldati la vaporizzazione adiabatica iniziale
e, successivamente, la evaporazione della pozza liquida
formatasi, eventualmente drenata dal sistema fognario
esistente.
5.3.8. Sulla base degli eventi ipotizzati al punto 5.3.5.
e sui presupposti per i quali questi eventi potrebbero
verificarsi, si dovranno indicare quelle precauzioni
ritenute sufficienti ad evitare l'evento, o quanto
meno a limitarlo; dal punto di vista impiantistico:
dispositivi di blocco ed allarme, strumentazione di
sicurezza, valvole di sezionamento telecomandate, ecc.;
dal punto di vista operativo: controlli sistematici
delle zone critiche, programmi di manutenzione ed ispezione
periodica, verifica di sistemi di sicurezza e blocchi,
ecc.
5.3.9. Occorre specificare i coefficienti di sicurezza
adottati nella progettazione delle strutture con riferimento
alla ventosità ed eventuale sismicità,
nonché i criteri di progettazione assunti per
i componenti critici dell'impianto e delle sale controllo
per far fronte ad eventi naturali, quali allagamenti,
cadute di fulmini, ecc. e ad eventi quali esplosioni
ed irraggiamenti termici che, verosimilmente, possono
originarsi nell'impianto in esame o ad esso limitrofi.
Le precauzioni ed i coefficienti di sicurezza devono
essere quelli previsti in leggi, regolamenti o norme
di buona tecnica riguardanti ad esempio:
- edilizia antisismica per le zone classificate;
- impianti di protezione dalle scariche atmosferiche;
- rivestimenti di protezione delle strutture ed apparecchiature
ai fini dei requisiti di resistenza al fuoco;
- sale controllo a prova di esplosione esterna.
5.3.12. Necessita specificare le norme ed i criteri
utilizzati nella progettazione (ISPESL, API, ASME,
C.E.I., DIN, UNI, ASTM, ecc.).
5.3.13. Si segnalino quelle procedure di controllo qualità
e collaudo adottate nella costruzione ed installazione
delle apparecchiature critiche dell'impianto (qualificazione
materiali e procedimento di saldatura, controlli distruttivi
e non, collaudi particolari, ecc.).
5.3.14. E' da precisare il sistema che si intende adottare
per l'accertamento della presenza di gas infiammabili
e/o la rivelazione di incendi e/o la rivelazione di
prodotti tossici, (tipologia dei rivelatori, loro posizionamento,
frequenza di controllo della efficienza, ecc.).
5.3.15. Sono da specificare i prodotti di combustione
derivanti dall'incendio delle sostanze considerate
nell'ipotesi di evento e gli effetti della loro possibile
azione nell'area interessata dall'evento stesso.
5.3.16. Per le ipotesi di evento da considerarsi in
base al punto 5.3.5., le conseguenze sono essenzialmente
del tipo:
a) incendi di spandimenti e di pozze di liquidi;
b) esplosioni di nubi di vapore non confinate o semi-confinate;
c) prodotti di combustione tossici derivanti da incendi.
5.3.17. E' richiesta la specificazione dei metodi e
dei sistemi previsti per il contenimento della fuoriuscita
di sostanze infiammabili al fine di contenere in caso
di spandimento e di successivo incendio, l'estensione
della superficie incendiata.
5.3.18. Viene richiesta assicurazione sull'esistenza
di un manuale operativo che consideri tutte le fasi
di attività dell'impianto, quali avviamento,
esercizio normale, esercizio anomalo, fermate programmate,
fermate di emergenza.
5.3.19. Ci si riferisce in particolare ai parchi serbatoi
e relative pensiline di carico e scarico ove possono
permanere oltre il tempo necessario alle operazioni
di carico e scarico mezzi di trasporto (autobotti,
ferrocisterne, containers, ecc.).
I serbatoi mobili sono quelli che vengono periodicamente
usati nell'impianto con frequenza e permanenza tale
da costituire parte integrante dello stesso. Nel caso
di pontili occorre considerare anche le norme previste
per il carico e lo scarico dei prodotti pericolosi.
5.3.20. Sulla base delle ipotesi di incidente considerate
e della stima delle relative conseguenze (irraggiamento
e/o sovrappressione) occorre verificare che le strutture
interessate (contenitori metallici, edifici, box, ecc.)
resistano di per sé o necessitino di provvedimenti
aggiuntivi (rivestimenti per la resistenza al fuoco,
raffreddamento ad acqua, muri antiscoppio, ecc.) qualora
il loro collasso o la loro distruzione possa notevolmente
aggravare le conseguenze dell'incidente.
5.3.21. Per l'impianto di processo o deposito considerato,
saranno indicati, anche mediante diagrammi a blocchi,
i sistemi di prevenzione ed estensione incendi sia
tecnici che procedurali, nonché la metodologia
di intervento e le misure di evacuazione parziale o
totale.
SPECIFICAZIONI PER LA FORMULAZIONE DEL RAPPORTO DI SICUREZZA
PER LA FASE DI PROGETTO PARTICOLAREGGIATO.
6.4.1. Gli scarichi funzionali sono normalmente quelli
dei dispositivi di sicurezza (valvole di sicurezza,
dischi di rottura, sistemi di scarico rapido).
6.4.2. I criteri seguiti nella determinazione delle
frequenze di prova dei sistemi di blocco possono derivare
o dalla esperienza di impianti similari che ha permesso
di stabilire l'importanza e l'affidabilità dei
singoli sistemi di blocco o con altri metodi deduttivi
di stima della relativa affidabilità.
6.4.16. Il piano di emergenza interno si può
riferire o al singolo impianto o a tutto lo stabilimento.
In quello relativo al singolo impianto vengono designate
le singole funzioni necessarie ad effettuare le operazioni
di messa in sicurezza dell'impianto. In quello generale
relativo a tutto lo stabilimento vengono descritte
le azioni che le varie funzioni previste debbono attuare
per la messa in sicurezza di tutto lo stabilimento
fornendo alle Autorità competenti le informazioni
necessarie per l'approntamento dei piani di emergenza
esterni ove necessario.
Si omettono gli allegati B-C-D-E per i quali si rimanda alla G.U. 23-8-1986, n.195 suppl.
(c) 1996 Note's