(G.U. 23-10-1992, n.250)
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 24 LUGLIO 1977, N.616, ART.81. FUNZIONI DI INDIRIZZO E DI COORDINAMENTO IN MATERIA URBANISTICA. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI SULL'AMBITO DI APPLICABILITA' DELLA NORMA
Sono stati recentemente resi noti due interventi giurisprudenziali
- la sentenza della Corte costituzionale n.150 depositata
l'1-4-1992 ed il parere del Consiglio di Stato - sezione
II, in data 20-11-1991, n.177/91, pervenuto a questo
Ministero il 17 marzo scorso - che riguardano l'applicazione
dell'art.81 del decreto del Presidente della Repubblica
24-7-1977, n.616, il quale, come è noto, disciplina
il controllo urbanistico-edilizio delle opere delle
amministrazioni statali o di interesse statale da realizzare
dagli enti istituzionalmente competenti.
Per la rilevanza degli argomenti trattati, che riguardano
o possono riguardare la competenza delle amministrazioni,
degli organi e degli istituti periferici, questo Ministero
- che, secondo l'ordinamento vigente e sulla scorta
di consolidati orientamenti giurisprudenziali (vedi
ad esempio parere Consiglio di Stato n.1649/79 del
25-1-1980), è l'organo che ha la competenza
sostanziale ad esercitare le funzioni di cui al richiamato
art.81 nei modi e nelle forme in esso previste - ritiene
di rendere noto il contenuto dei due interventi ai
fini della più corretta applicazione della normativa
in oggetto indicata.
1) La Corte costituzionale, con la sentenza n.150/92,
ha affrontato il problema delle "opere destinate
alla difesa militare", le quali, come è
noto, sono sottratte al controllo ex art.81 del decreto
del Presidente della Repubblica n.616/1977 e, di conseguenza,
ad alcuna verifica per quanto attiene gli aspetti urbanistici.
La Corte si è pronunciata in occasione del giudizio
di legittimità costituzionale dell'art.3 della
legge 6-2-1985, n.16, il quale stabilisce che, ai fini
dell'accertamento di conformità alle prescrizioni
urbanistiche ed edilizie, le opere indicate dalla stessa
legge sono equiparate alle opere destinate alla difesa
militare e, di conseguenza, sottratte a quel controllo.
La Corte ha dichiarato non fondata la questione di legittimità
costituzionale. Essa, tuttavia, non si è fermata
a questo accertamento; poiché oltre ad indicare
i motivi in relazione ai quali la norma contestata
deve ritenersi legittima, ha voluto precisare i limiti
entro i quali la sottrazione delle opere di cui trattasi
al controllo ex art.81 del decreto del Presidente della
Repubblica n.616/1977 può ritenersi ammissibile.
La sentenza, infatti, afferma - a prescindere dal caso
di specie - l'esigenza che comunque, sia in sede legislativa
che amministrativa, risultino rigorosamente precisati
i criteri suscettibili di qualificare l'opera come
"destinata alla difesa militare". In particolare,
tali criteri non potranno fare riferimento al solo
profilo soggettivo, cioè alla natura "militare"
dell'amministrazione interessata, ma dovranno, "in
ogni caso, investire sia le caratteristiche oggettive
che le finalità dell'opera".
L'indicazione che scaturisce dalla sentenza della Corte
è estremamente chiara e precisa il comportamento
che l'Amministrazione militare deve tenere quando intenda
svolgere un'attività costruttiva. In sintesi:
a) nei casi in cui le opere abbiano le caratteristiche
indicate nella sentenza della Corte costituzionale,
l'Amministrazione militare non dovrà chiedere
alcun "accertamento" da parte di altre amministrazioni;
b) quando le opere siano da considerare opere pubbliche,
comunque rientranti nella sfera di competenza dell'Amministrazione
militare, dovranno sottostare all'<<accertamento>>
ex art.81;
c) nella eventualità che l'Amministrazione militare
agisca <<iure privatorum>> è tenuto
a presentare al sindaco la richiesta della concessione
di edificare.
2) Questo Ministero aveva rivolto al Consiglio di Stato
un quesito circa la legittimità del ricorso
all'art.81 del decreto del Presidente della Repubblica
n.616/1977, nei casi in cui si tratti di opere - o
di interventi su opere - ancora non entrate nel patrimonio
della pubblica amministrazione, ma che questa intende
acquistare o locare, formulando nel contempo alcune
considerazioni di carattere generale sulla "ratio"
e sulla valenza della norma richiamata.
Detto consesso, con il menzionato parere del 20-11-1991,
n.177/91, argomentando dal raffronto tra l'art.29 della
legge urbanistica 17-8-1942, n.1150 (che prevedeva
soltanto l'accertamento del "non contrasto",
senza considerare l'ipotesi di opere non conformi alle
prescrizioni urbanistiche) e il menzionato art.81 (che
prevede l'accertamento di "conformità"
introducendo anche, per le opere "in variante"
un apposito procedimento), ha rilevato, preliminarmente,
che <<nel sistema introdotto nel 1977 non vi
sono più ragioni di ordine pratico che consiglino
di intendere l'accertamento di conformità come
qualche cosa di diverso da un semplice, oggettivo riscontro
della corrispondenza fra il progetto e le previsioni
del piano>>.
Partendo da questa premessa il Consiglio di Stato ha
esaminato i problemi che si pongono all'amministrazione,
in rapporto al ricorso al citato art.81, quando si
tratti:
a) di fabbricato costruito da un privato su suolo privato,
con obbligo di acquisto da parte della pubblica amministrazione;
b) di fabbricato costruito da un privato su suolo privato,
destinato ad essere locato alla pubblica amministrazione
per il perseguimento dei suoi fini istituzionali;
c) di fabbricato privato esistente, che per un limitato
periodo di tempo viene locato alla pubblica amministrazione
per i suoi fini istituzionali e che, perciò,
subisce un mutamento di destinazione, anche attraverso
opere di adeguamento;
d) di fabbricato realizzato da una pubblica amministrazione
su terreno del patrimonio disponibile, per essere utilizzato
per i fini istituzionali della stessa o di altra amministrazione;
e) di fabbricato esistente, appartenente al patrimonio
disponibile della pubblica amministrazione, da modificare
per essere utilizzato secondo i fini istituzionali
della stessa o di altra amministrazione;
f) di fabbricato, in corso di costruzione da parte di
un privato, promesso in vendita alla pubblica amministrazione
che, per essere utilizzato secondo i fini istituzionali
di questa, necessiti della concessione di una variante
in corso d'opera;
g) come al punto f) ma con la previsione del passaggio
alla pubblica amministrazione non in proprietà
ma in locazione.
Al riguardo il Consiglio di Stato fa presente che la
norma dell'art.81 va interpretata in modo aderente
alla sua "ratio", che è quella di
privilegiare la funzione svolta dall'opera nell'interesse
pubblico, piuttosto che l'amministrazione come soggetto.
Pertanto, ad avviso di quel consesso, appare secondario
il fatto che l'intervento costruttivo venga eseguito
su un immobile attualmente non di proprietà
dello Stato e ad iniziativa di un altro soggetto, quando
l'opera risulti destinata, in modo duraturo ed esclusivo,
a soddisfare le esigenze della Amministrazione statale:
come nei casi sub a) e sub f), ai quali possono ricondursi
le situazioni in cui sia previsto il passaggio dell'immobile
all'amministrazione al termine del rapporto.
Si tratta, in realtà, avverte il Consiglio di
Stato, di ipotesi che non differiscono sostanzialmente
da quella in cui i lavori siano dati in appalto o in
concessione, perché l'Amministrazione è
sempre obbligata contrattualmente a diventare proprietario
dell'opera, una volta che sia ultimata. Anche i casi
sub d) ed e) possono ricondursi all'ipotesi sub a),
in quanto si tratta di opere eseguite dallo Stato,
destinate ad uso pubblicistico, pure se l'amministrazione
che utilizzerà l'opera sarà diversa da
quella proprietaria o assegnataria.
In tutti i casi cui ora si è accennato, ovviamente,
qualora non si verificasse il passaggio di proprietà
alla pubblica amministrazione e venisse meno la destinazione
ai fini istituzionali di questa, l'edificio dovrebbe
essere reso conforme agli strumenti urbanistici vigenti.
Quando, invece, il futuro godimento dell'immobile da
parte dell'amministrazione fosse previsto solo a titolo
di locazione - e perciò limitato nel tempo -
secondo le ipotesi sub b), c) e g) e, conseguentemente,
la modificazione del territorio e dell'assetto urbanistico
(ovvero la deroga alla normativa generale) si presentasse
come duratura, mentre la destinazione pubblicistica
fosse temporanea, non sarebbe ragionevole - secondo
il Consiglio di Stato - consentire una deroga alle
ordinarie competenze urbanistiche (quelle che fanno
capo al sindaco) per introdurre una modifica permanente
dell'assetto territoriale, a tutto vantaggio del privato.
In conclusione, ad avviso del Consiglio di Stato, nelle
ipotesi sopra indicate "il criterio discretivo"
ai fini del decidere circa l'ammissibilità del
ricorso all'art.81 del decreto del Presidente della
Repubblica n.616/1977 <<è dato dal carattere
permanente, o meno, della destinazione del bene all'uso
dell'Amministrazione statale; permanenza che inerisce,
di regola, solo al regime di proprietà>>.
Questo Ministero concorda con il criterio indicato dal
Consiglio di Stato e ad esso intende attenersi; anche
se in passato, per agevolare l'espletamento dei compiti
istituzionali di alcune pubbliche amministrazioni,
ha applicato l'art.81 in casi in cui tali compiti dovevano
essere espletati in immobili ottenuti in locazione.
Tuttavia, ritiene questo Ministero che, anche quando
l'immobile interessato non sia di proprietà
dell'amministrazione che si appresta ad utilizzarlo
a fini pubblici, potrebbe farsi ricorso all'art.81
per autorizzare interventi non conformi alla normativa
vigente a condizione che - cessato l'uso pubblico -
l'amministrazione o il proprietario, all'atto del rilascio,
rendano l'edificio conforme alle previsioni della disciplina
urbanistico- edilizia secondo le indicazioni comunali.
E ciò nei casi - ovviamente eccezionali - in
cui solo attraverso il ricorso all'art.81 dovessero
crearsi le condizioni per rendere possibile l'espletamento
di importanti servizi pubblici.
3) I due interventi giurisprudenziali, illustrati nei
punti che precedono, rivestono particolare rilievo
non solo perché chiariscono alcune questioni
intorno alle quali si erano manifestate contrastanti
opinioni, ma in quanto vengono a precisare il fondamento
e le finalità dell'art.81 del decreto del Presidente
della Repubblica n.616/1977 e della funzione di indirizzo
e di coordinamento dello Stato, in materia di urbanistica,
cui il comma 1 della stessa disposizione fa riferimento.
La Corte costituzionale, infatti, nella menzionata sentenza
per ribadire la legittimità della scelta fatta
dal legislatore con l'art.81, fa presente - con una
affermazione applicabile non solo al caso di specie
- che il regime previsto dalla norma è <<suscettibile
di escludere.... gli ordinari poteri di controllo spettanti
in materia alle regioni e agli enti locali>>,
ma ciò in quanto <<tale regime può
trovare.... la sua giustificazione tanto sul piano
più generale del bilanciamento degli interessi
costituzionalmente protetti, stante il carattere primario
(e, in certo senso, pregiudiziale) dell'interesse dello
Stato a conservare la propria indipendenza e l'integrità
del proprio territorio, quanto sul piano più
particolare delle valutazioni afferenti alla sfera
amministrativa, dal momento che la distribuzione territoriale
delle opere di difesa e la loro progettazione.... trascendono
le possibilità di apprezzamento delle autorità
urbanistiche>>.
L'affermazione del carattere di <<trascendenza>>
delle scelte statali - che può ben riferirsi
non solo alle opere destinate alla difesa, ma a qualsiasi
opera dello Stato intesa a soddisfare esigenze più
rilevanti di quelle esclusivamente locali - insieme
con quella del carattere primario e pregiudiziale dell'interesse
dello Stato, costituiscono evidentemente, secondo la
Corte, il fondamento e la giustificazione della sottrazione
delle opere dello Stato - totale per alcune specificamente
indicate dalla legge, oppure parziale per tutte le
altre - ai normali controlli urbanistico-edilizi, secondo
la disciplina dettata dall'art.81 citato.
Il Consiglio di Stato, nel parere n.177/91, precisa
la funzione dell'art.81. La sua "ratio" (comune
anche all'art.29 della legge urbanistica n.1150/42)
è quella di <<svincolare (sia pure in
senso solo relativo) la progettazione delle opere pubbliche
di competenza statale della potestà pianificatoria
dell'autorità urbanistica locale. Ciò
non solo e non tanto per il rispetto di una vera o
presunta gerarchia di autorità o d'interessi,
quanto perché si suppone che le esigenze al
cui soddisfacimento sono preposte le autorità
statali non sempre e non interamente possono essere
apprezzate dalle autorità locali, la cui visuale
è istituzionalmente e per definizione ristretta
ad un ambito territoriale limitato>>.
Ma, tiene ad evidenziare il Consiglio di Stato, non
si tratta di consentire alle autorità dell'Amministrazione
statale di ignorare puramente e semplicemente la pianificazione
urbanistica locale o di stravolgerla. L'obiettivo di
fondo dell'ordinamento amministrativo, desumibile più
dallo spirito dell'intera legislazione che da questa
o quella norma individuata, è quello di raggiungere
un contemperamento armonico, razionale ed equilibrato
di tutti gli interessi pubblici.. nonché tra
questi e quelli privati..
Ma poiché è ragionevole immaginarsi che
non sempre sia possibile realizzare il consenso, si
pone il problema di stabilire se in caso di dissenso
debba prevalere conclusivamente la valutazione delle
autorità statali o di quelle locali. Questa
è, dunque, la funzione dell'art.29 della legge
urbanistica e dell'art.81 del decreto del Presidente
della Repubblica n.616/1977.
Il Consiglio di Stato, nell'ipotesi che l'interpretazione
data alla normativa possa offrire ambiti di applicazione
più estensivi rispetto al senso letterale della
legge, precisa che <<non sembra che da tale apparente
estensione derivi un pregiudizio alle competenze degli
enti locali, perché in ogni caso si ha la partecipazione
della regione e, per quanto di ragione, del comune
al procedimento. Inoltre conviene avere presente le
funzioni generali di indirizzo e coordinamento in materia
urbanistica proprie del Ministero dei lavori pubblici;
non si può dire, dunque, che detto Ministero
sia estraneo alla cura di quegli interessi di cui sono
titolari primari le autorità urbanistiche regionali
e comunali.
Sarà cura del Ministero, comunque, esercitare
le proprie attribuzioni ex art.81 in vista del raggiungimento
di quell'equilibrato contemperamento di interessi che,
come si è detto sopra, ispira la normativa esaminata>>.
4) Questo Ministero, nella consapevolezza della responsabilità che gli è propria - in relazione alla sua competenza istituzionale ed agli orientamenti emergenti dagli organismi internazionali e comunitari sulle tematiche territoriali - di assicurare la corretta ed omogenea applicazione del disposto dell'art.81 del decreto del Presidente della Repubblica n.616/1977 nella sua intera portata, è da tempo impegnato ad approfondire tutti gli aspetti della complessa materia sia sotto il profilo meramente amministrativo- procedurale, che sotto quello più specificamente attinente al proprio ambito organizzativo ed operativo, al fine di corrispondere in modo più consono alla molteplicità delle richieste provenienti dalle proprie strutture decentrate e periferiche, dalle varie amministrazioni statali e dagli enti istituzionalmente interessati in ordine al conseguimento della prescritta intesa Stato-regioni sulle implicazioni territoriali che i vari progetti di opere pubbliche comportano. Ciò nella prospettiva di una riconsiderazione organica e di un puntuale aggiornamento della materia anche a livello di proposte normative intese a porre in essere un più idoneo coordinamento nel settore tra esigenze dello Stato e quelle delle regioni e degli enti locali.
(c) 1996 Note's