(G.U. 18-8-1995, n.192, supplemento)
APPLICAZIONE DELLA NORMATIVA IN MATERIA DI DEFINIZIONE AGEVOLATA DELLE VIOLAZIONI EDILIZIE.
Capitolo I
ELEMENTI DI RACCORDO TRA L'ART. 39 DELLA LEGGE N.724/1994,
LA LEGGE 28-2-1985, N.47, I DECRETI LEGGE NN.468/1994,
551/1994, 601/1994, 649/1994, 694/1994, 24/1995, 88/1995,
193/1995
1.1. GENERALITÀ
L'art.39 della legge 23-12-1994, n.724, che disciplina
la "definizione agevolata delle violazioni edilizie",
deve raccordarsi necessariamente con le disposizioni
della legge 47/1985 a cui direttamente si richiama,
con quelle dei decreti legge nn.468, 551, 649 del 1994,
che hanno anticipato la possibilità di definire
le violazioni urbanistico-edilizie, con i decreti legge,
emanati nel 1995 (n.24 e 88), che hanno apportato modifiche
ed integrazioni allo stesso art.39, nonché con
il differimento dei termini introdotto con l'approvazione
dell'art.14 comma 1-bis della legge 85/1995.
Tale raccordo è esplicitamente previsto nelle
disposizioni contenute nei commi primo e diciottesimo
del suddetto art.39.
Il primo comma richiama in vigore le norme contenute
nei capi IV e V della legge 47/1985, come ulteriormente
modificate dallo stesso art.39; il diciottesimo comma
stabilisce che sono sostituite dalla legge n.724/1994
le norme in materia incompatibili, tranne quelle che
riguardano i termini di versamento dell'oblazione e
degli oneri concessori nonché della presentazione
della domanda di sanatoria.
1.2. VERSAMENTO DELL'OBLAZIONE EFFETTUATO PRIMA DELL'ENTRATA
IN VIGORE DELLA LEGGE 724/1994
La determinazione dell'oblazione, secondo il decreto
legge 468/1994 era basata sugli importi indicati nella
tabella allegata alla legge 47/1985 moltiplicati per
quattro se l'abuso risultava anteriore al 15 marzo
1985 e per sei se commesso dal 16 marzo 1985 al 31
dicembre 1993. Con i successivi decreti (551/1994,
649/1994) e con la legge 724/1994 i predetti coefficienti
moltiplicatori sono stati ridotti rispettivamente a
2 e 3. Il decreto legge 468/1994, inoltre, non contiene
disposizioni in materia di abusivismo caratterizzato
dal disagio abitativo introdotte per la prima volta
con il decreto legge 551/1994, con il quale sono state
stabilite ulteriori riduzioni per la determinazione
dell'oblazione. Ne consegue che il versamento entro
il 31 ottobre 1994 dell'acconto dell'oblazione nella
misura del 30 per cento, come previsto dal sesto comma
dell'art.1 del decreto 468/1994, avrebbe potuto comportare
la corresponsione di un importo fisso minore di quanto
previsto dalla tabella B alla legge 724/1994, per la
parte eccedente era possibile scomputare quanto versato
entro il 15 dicembre 1995.
Essendo venuto meno, nei decreti legge successivi al
primo e nell'attuale art.39 il riferimento all'aumento
o alla riduzione dell'oblazione in relazione alla localizzazione
dell'opera abusiva (comune turistico e comune con popolazione
inferiore ai tremila abitanti), se il calcolo dell'oblazione
è stato operato in misura doppia, in quanto
riferito ad una sanatoria di un abuso in comune turistico,
si può seguire il criterio precedente per la
detrazione degli importi maggiori già versati
in acconto entro la data del 31 ottobre 1994. Se, invece,
è stato effettuato un conteggio dell'oblazione
con la riduzione pari alla metà ricadendo l'abuso
in un comune con popolazione inferiore ai tremila abitanti,
occorre procedere all'integrazione tra quanto già
versato entro il 31 ottobre 1994 e quanto previsto
dalla tabella B allegata alla legge 724/1994 a titolo
di acconto entro il 31 marzo 1994. Qualora l'importo
versato in acconto dell'oblazione ai sensi del decreto
legge 468/1994 risulti comunque superiore alla predetta
tabella B si applica il criterio precedentemente indicato.
Resta inteso che le modalità di versamento rateali
previste dall'art.39, quinto comma legge 724/1994,
come modificato dalla legge 85/1995, si applicano anche
ai soggetti che hanno versato l'acconto entro il 31
ottobre 1994 in base al decreto legge 468/1994. Se
quindi risultasse un credito, rispetto alla restante
parte da rateizzare, si potrà richiedere il
rimborso della quota eccedente secondo le modalità
previste dal decreto interministeriale da emanare ai
sensi dell'art.2, secondo comma del decreto legge 88/1995.
E' opportuno evidenziare che le riduzioni dell'oblazione
previste dal terzo comma dell'art.34 della legge 47/1985
non si applicano al caso di ampliamento dell'abitazione
e per gli altri interventi indicati nei commi quinto
e sesto dello stesso articolo, in quanto non richiamati
dal sedicesimo comma dell'art.39 della legge 724/1994
, i cui riferimenti sono da ritenere prescrittivi.
In relazione alle tipologie di abuso di cui ai numeri
4-5-6-7 della tabella allegata alla legge 47/1985,
per le quali è stata prevista la determinazione
forfettaria dell'oblazione, si precisa che i richiedenti
la sanatoria che avessero effettuato il versamento
dell'acconto secondo le modalità previste dal
sesto comma dell'art.1 del decreto legge 468/1994 erano
tenuti ad integrare l'oblazione, entro il 31 marzo
1995, fino alla concorrenza dell'importo dovuto.
La disciplina contenuta nell'art.35, dodicesimo comma
della legge 47/1985, così come quella dell'art.36
della stessa legge, in materia di rateizzazione dell'oblazione,
è incompatibile con quella dettata dall'art.39,
quinto comma, della legge 724/1994, come modificato
dalla legge 85/1995, che prevede una diversa scadenza
delle rate.
Il termine di centoventi giorni per l'eventuale integrazione
della documentazione prevista è da ritenere
in vigore, e decorre dalla data di presentazione della
domanda.
Parimenti è applicabile il disposto e la procedura
contenuta nell'art.35 quattordicesimo comma della legge
47/1985 che prevede la possibilità di completare
le opere, trascorsi centoventi giorni dalla presentazione
della domanda e comunque dopo il versamento della seconda
rata dell'oblazione.
1.3. VERSAMENTO DEGLI ONERI CONCESSORI EFFETTUATO PRIMA
DELL'ENTRATA IN VIGORE DELLA LEGGE 724/1994
Qualora l'anticipazione degli oneri concessori versati
ai sensi dell'art.2 dei decreti legge 468/1994 e 551/1994
risulti superiore a quelli determinati secondo gli
oneri applicati nel comune di ubicazione dell'immobile,
gli interessati possono - ai sensi dell'art.39, ultimo
periodo del nono comma della legge 724/1994 - chiedere
il rimborso della somma eccedente all'amministrazione
comunale che può provvedere anche senza aver
ultimato l'istruttoria della domanda di sanatoria,
dopo aver accertato la legittimità della richiesta.
Coloro che, in adempimento del nono comma, art.1 del
decreto legge 649/1994, hanno beneficiato della riduzione
degli oneri concessori per gli abusi commessi in relazione
a situazioni di estremo disagio abitativo, non prevista
nel testo dell'art.39 della legge 724/1994, e ivi erroneamente
mantenuta in tabella, sono tenuti all'integrazione
di quanto dovuto nel termine stabilito per la presentazione
della domanda di sanatoria in relazione all'importo
applicato nei singoli comuni, ovvero a quello indicato
nella tabella C. Qualora gli importi degli oneri da
corrispondere in base ai parametri comunali risultino
inferiori a quelli indicati nella tabella C, l'integrazione
deve essere effettuata in unica soluzione entro il
predetto termine. Nel caso in cui trovino applicazione
gli importi indicati nella tabella C, l'integrazione
deve essere effettuata entro il termine per la presentazione
della domanda; ma l'importo può essere rateizzato
nelle stesse scadenze previste per l'oblazione, così
come stabilisce il nono comma dell'art.39.
Qualora sia stato effettuato il versamento del 70 per
cento degli oneri concessori previsti dall'art.2 del
decreto legge 468/1994 e non si ricada nell'ipotesi
del mancato pagamento di rate dell'oblazione autoliquidata
ai sensi della legge 47/1985, come precisato dall'art.39,
decimo comma della legge 724/1994, il rimborso va richiesto
all'amministrazione comunale.
1.4. OBBLIGHI DELLE AZIENDE EROGATRICI DI SERVIZI PUBBLICI
Il disposto dell'art.45, primo comma della legge 47/1985,
che prescrive il divieto per le aziende erogatrici
di servizi pubblici di somministrare le loro forniture
alle opere abusive realizzate senza concessione edilizia
e non oggetto di sanatoria edilizia, è norma
di carattere permanente e, pertanto, continua a trovare
applicazione.
I responsabili di abusi che abbiano presentato istanza
di concessione edilizia in sanatoria e chiedano la
fornitura di un servizio pubblico sono tenuti ad allegare
alla domanda la documentazione prevista dal secondo
comma del medesimo art.45. Per quanto concerne in particolare
la documentazione attinente al pagamento delle somme
dovute a titolo di oblazione si precisa che qualora
l'interessato abbia optato per il versamento rateale
vanno allegate le quietanze relative al versamento
dell'importo fisso di cui alla tabella B e della prima
rata. Quando invece si sia provveduto al versamento
della parte eccedente l'importo fisso in unica soluzione,
entro il termine di scadenza della prima rata, come
previsto dal quinto comma dell'art.39, oppure si sia
versata l'oblazione forfettaria, la documentazione
riguarderà l'intera somma versata.
1.5. SOSPENSIONE DEI PROCEDIMENTI
La sospensione dei procedimenti è prevista dall'art.44
primo comma della legge 47/1985, la data di inizio
della sospensione medesima è quella di entrata
in vigore del decreto legge 468/1994, e cioè
il 29 luglio 1994.
La sospensione di tali procedimenti è terminata
alla data di scadenza dei termini fissati per la presentazione
della domanda di concessione in sanatoria e perciò
il 31 marzo 1995.
1.6. VIGENZA DELL'ART.48 DELLA LEGGE 47/1985
Per quanto riguarda la disposizione transitoria contenuta
nell'art.48 della legge 47/1985 , relativa alle "opere
interne" di cui all'art.26 della medesima legge,
essa è da ritenere tuttora applicabile alle
opere interne realizzate o in corso di realizzazione
alla data del 1o gennaio 1995.
Il termine per la presentazione della comunicazione,
con le modalità che di seguito vengono specificate,
è quello del 31 marzo 1995.
Capitolo II
OGGETTO DELLA SANATORIA
2.1. GENERALITÀ
L'art.39 della legge 724/1994 - così come l'art.31
della legge 47/1985 - prevede una sanatoria ampia,
sotto il profilo oggettivo anche se pone alcuni limiti
quantitativi. E poiché il primo comma dell'art.39
si riferisce esplicitamente ai capi IV e V della citata
legge del 1985 e prevede l'applicabilità della
nuova normativa anche agli abusi che avrebbero potuto
essere sanati con quella legge, si può certamente
affermare che la "definizione agevolata delle
violazioni edilizie", prevista dall'art.39 è,
per ciò che concerne l'oggetto, di applicazione
generalizzata.
Restano ovviamente ferme alcune esclusioni o limitazioni,
legate alla violazione dei vincoli previsti dagli artt.
32 e 33 della legge 47/1985 - di cui si dirà
al capitolo 7 - e che sono connesse alla peculiarità
del territorio o dell'area su cui le opere abusive
sono state realizzate.
L'art.39 fa riferimento, senza alcuna specificazione,
alle opere abusive (primo comma), diversamente dall'art.31
della legge 47/1985 che riguarda le "costruzioni"
e le "altre opere". Per il richiamo alla
precedente legge deve ritenersi che anche l'espressione
usata dal primo comma dell'art.39 si riferisca non
solo agli edifici in senso proprio ma anche ai manufatti
di ogni tipo e alle opere di urbanizzazione: cioè
a tutte le opere che comportano trasformazione urbanistica
ed edilizia del territorio. Quanto agli abusi, sono
suscettibili di sanatoria le opere eseguite senza licenza
(prima del gennaio 1977) o concessione edilizia o autorizzazione
o in difformità dalle stesse oppure, in base
a titolo annullato, decaduto o divenuto inefficace
o nei cui confronti sia in corso procedimento di annullamento
o di declaratoria di decadenza in sede giudiziaria
o amministrativa.
L'art.39 consente anche la sanatoria di opere abusive
nei confronti delle quali il Comune abbia applicato
le sanzioni previste dall'art.7 della legge 47/1985,
con la conseguente acquisizione della stessa, unitamente
all'area di sedime, al patrimonio comunale (diciottesimo
comma).
Deve anche precisarsi che vale ancora, per i motivi
detti, quanto esposto nella circolare illustrativa
della legge 47/1985, in data 30-7-1985, n.3357; e cioè
che il riferimento alla licenza, concessione edilizia
o autorizzazione "prescritte da norme di legge
o di regolamento", come recita l'art.31 della
legge 47/1985, esclude dalla necessità della
sanatoria - poiché non si tratta di opere abusive
- le costruzioni realizzate prima dell'entrata in vigore
della legge urbanistica del 1942 nei comuni nei quali
il regolamento edilizio non prescriveva l'obbligo della
licenza edilizia. Nello stesso senso è anche
l'ultimo comma del citato art.31, dove si precisa al
contrario, che sono soggette alla sanatoria le opere
ultimate prima del 1o settembre 1967 quando, ai sensi
non soltanto della legge urbanistica del 1942, ma anche
dei regolamenti edilizi comunali, era richiesto il
rilascio della licenza di costruzione. Le costruzioni
realizzate prima dell'entrata in vigore della legge
urbanistica del 1942 - che introduce le sanzioni penali
in caso di costruzione in assenza di licenza edilizia
o in difformità da questa - non sono soggette
alla sanatoria, ove si consideri che nei loro confronti
viene meno l'oggetto fondamentale dell'istituto e cioè
l'illecito penale.
La sanatoria può essere chiesta anche quando
il titolo a costruire, ancora non annullato, sia sottoposto
a procedimento di annullamento o di declaratoria di
decadenza in sede giudiziaria o amministrativa. La
disposizione riguarda opere che potrebbero essere state
realizzate legittimamente e che tali potrebbero risultare
a conclusione del procedimento.
Tuttavia il legislatore ha ritenuto di dare all'interessato
la facoltà di uscire dall'incertezza connessa
con il procedimento, liberandosi, attraverso la sanatoria,
da ogni timore circa la sorte del bene contestato.
Secondo il disposto dell'art.43 della legge 47/1985,
la sanatoria è applicabile anche ai provvedimenti
sanzionatori ancora in corso: cioè a quelli
ancora in termini per l'impugnazione, a quelli nei
cui confronti essa sia pendente nonché a quelli
inoppugnabili ma non ancora eseguiti.
Motivazione simile può riconoscersi al disposto
dell'undicesimo comma dell'art.39 della legge 724/1994,
cui si farà specifico cenno.
Deve ulteriormente precisarsi che per le opere realizzate
da amministrazioni statali e da enti istituzionalmente
competenti la normativa dell'art.39 (come quella della
legge 47/1985) non trova applicazione.
Ma ciò non per una pregiudiziale sottrazione
di quelle opere alla normativa sanzionatoria che, invece
- come si ricava dall'art.5 della legge 47/1985 - trova
applicazione anche nei confronti delle opere statali:
nei limiti, ovviamente, in cui norme poste per l'attività
dei privati possono trovare applicazione nei confronti
di un soggetto pubblico quale è lo Stato.
Sta di fatto che le opere statali o di interesse statale
- per le loro caratteristiche peculiari ed in particolare
per essere destinate a soddisfare interessi generali
di grado più elevato rispetto a quelli soddisfatti
attraverso la pianificazione locale - sono sottoposte
ad uno speciale regime [quello previsto dall'art.81
del decreto del Presidente della Repubblica 616/1977
e dal decreto del Presidente della Repubblica 383/1994]
che considera anche l'autorizzabilità della
realizzazione di tali opere in contrasto con le prescrizioni
urbanistiche locali. Tale regime è basato sull'intesa
Stato-Regioni, che ha rilievo costituzionale, poiché
disciplina i rapporti tra i due Enti in materia (l'urbanistica)
trasferita alle Regioni dall'art.117 Costituzione,
e dalla quale deriva l'effetto di variante agli strumenti
urbanistici vigenti, che è proprio del provvedimento
autorizzativo di opere statali difformi dalla disciplina
urbanistico-edilizia.
Ciò premesso, è evidente che, nei confronti
delle opere statali non può trovare automatica
applicazione la normativa sanzionatoria stante, appunto,
la possibilità di autorizzare la realizzazione
sulla base di un controllo di compatibilità
inerenti gli aspetti localizzativi. Eventuali "sanzioni"
- quali ad esempio, la demolizione e la conseguente
riduzione in pristino - potrebbero essere irrogate
sulla base di una accertata incompatibilità
territoriale.
D'altra parte, la vigente normativa (art.5 legge 47/1985)
prescrive che il Sindaco, qualora accerti la realizzazione
di opere statali in contrasto con la disciplina urbanistica,
informa il Presidente della Giunta Regionale ed il
Ministro dei lavori pubblici "ai sensi dell'art.81
del decreto del Presidente della Repubblica 616/1977",
che prevede, appunto, il controllo urbanistico-edilizio
di quelle opere. Il provvedimento emesso per un'opera
già realizzata deve, pertanto, essere considerato
non tanto una sanatoria (in quanto non sana una situazione
di sostanziale illegittimità, eliminabile solo
con un provvedimento "condono"), quanto una
autorizzazione legittimamente rilasciata "ora
per allora".
Deve, anche, rilevarsi che, secondo la nuova normativa
ora introdotta nell'ordinamento dal decreto del Presidente
della Repubblica 383/1994, il provvedimento di autorizzazione
delle opere di interesse statale è, qualora
vi sia contrasto, rilasciato, sulla base di una conferenza
di servizi", che può considerarsi un modulo
procedimentale per l'effettuazione della relativa istruttoria.
La conferenza è indetta dal Ministero dei lavori
pubblici - cui le amministrazioni interessate devono
rivolgere apposita istanza - in quanto si tratta dell'organo
dello Stato cui compete l'esercizio della funzione
di indirizzo e di coordinamento nella materia, anche
al fine di assicurare una corretta articolazione degli
interventi statali sul territorio.
Ciò premesso, in via generale, è necessario
esaminare le disposizioni dell'art.39 che si discostano
da quelle dei capi IV e V della legge 47/1985 per ciò
che concerne l'oggetto, e che caratterizzano la nuova
normativa: fermo restando che le opere abusive ammesse
a beneficiare della "definizione agevolata"
sono solo quelle ultimate entro il 31 dicembre 1993.
2.2. LIMITI DIMENSIONALI E ULTIMAZIONE DELLE OPERE
Innanzi tutto l'art.39 della legge 724/1994 introduce
un elemento di grande rigore, rispetto alla precedente
normativa - al fine di penalizzare gli abusi di maggiore
gravità - in quanto la sanatoria trova un limite
quantitativo. La "definizione agevolata",
infatti, si applica - soltanto, però, per gli
abusi a carattere residenziale - qualora sussista una
delle seguenti condizioni:
- ampliamenti non superiori al 30 per cento della costruzione
originaria;
- ampliamenti comunque non superiori a 750 mc;
- nuove costruzioni non superiori a 750 mc.
Si può, quindi, affermare che il limite posto
segni un discrimine tra opere ammesse e non ammesse
alla sanatoria: nel senso che, per quanto attiene l'edilizia
residenziale, gli abusi superiori a 750 mc, ovvero
al 30 per cento della costruzione originaria anche
se superiore a detto limite, comportano l'impossibilità
di chiedere la "definizione agevolata" pur
limitatamente a quella misura.
Quello che viene in primo piano, quale condizione per
l'ammissibilità della sanatoria, è quindi
la misura dell'abuso e non l'abuso in sé: come
avverrebbe se tutti gli abusi fossero sanabili e variasse
l'oblazione in relazione alla "quantità"
degli abusi stessi.
Deve anche precisarsi che l'art.39 fa riferimento esplicito
(quinto comma) alla "unità immobiliare":
concetto, questo, sottinteso - specie in rapporto alla
- dalla legge 47/1985, ma non esplicitato, se non nella
circolare 3357/1985. Comunque la sanatoria precedente
è stata concessa, appunto, in rapporto alle
"unità immobiliari": a proposito delle
quali la menzionata circolare precisa - illustrando
le norme relative ai coefficienti correttivi - che
questi "si applicano alle singole opere abusive
aventi specifica rilevanza e autonomamente utilizzabili
e costituenti, di norma, una unità immobiliare
e non al complesso delle opere". Tale interpretazione
- in rapporto anche al quinto comma dell'art.39 - si
applica anche nei confronti degli abusi per i quali
si chiede la "definizione agevolata"; qualora
siano state realizzate due o più "unità
immobiliari", le domande di concessione in sanatoria
da presentare saranno in numero corrispondente a quello
delle unità stesse.
E' stato precisato che il limite volumetrico per l'ammissibilità
della sanatoria si applica alle costruzioni abusive
a carattere residenziale e non a quelle destinate ad
altri usi. Ciò si ricava dal sedicesimo comma
dell'art.39 nella parte in cui stabilisce che "anche
in deroga ai limiti di cubatura di cui al primo comma
del presente articolo", continuano ad applicarsi
le riduzioni di cui al settimo comma dell'art.34 della
legge 47/1985, relativo alle modalità di calcolo
dell'importo dell'oblazione per gli immobili non residenziale
in rapporto alla loro superficie o alla loro destinazione,
e cioè agli immobili:
- industriali e artigianali (ivi inclusi gli immobili
funzione direzionale);
- commerciali;
- a carattere sportivo, culturale o sanitario, religioso
o di culto (dove l'ulteriore riduzione è stata
portata al 50 per cento);
- turistico-ricettive, agrituristiche;
- realizzati in zone agricole per la conduzione del
fondo.
Il limite di cubatura non si applica neppure nei casi
di istanza di concessione in sanatoria presentata a
seguito di annullamento della concessione edilizia,
nonché - anche se l'art.39 non lo prevede esplicitamente
- della licenza edilizia, quando si tratti di opere
realizzate sotto il regime precedente a quello instaurato
dalla legge 10/1977. La disposizione più favorevole
tiene conto del fatto che si tratta di concessione
o licenza prima rilasciata e poi "ritirata"
dalla stessa autorità. Nell'ipotesi di annullamento
del titolo abilitante alla realizzazione dell'opera,
oggetto della domanda di sanatoria dovrà necessariamente
essere l'intera costruzione, la quale, per l'effetto
della misura caducatoria, va considerata totalmente
abusiva perchè priva del titolo fin dall'origine.
Nell'ipotesi di decadenza o di titolo successivamente
divenuto inefficace, considerata la irretroattività
dei relativi provvedimenti, la sanatoria dovrà
invece essere richiesta soltanto per la parte di opere
realizzata dopo che sia intervenuta la decadenza o
l'inefficacia.
Va rilevato che formano oggetto di sanatoria ai sensi
dell'art.39 della legge 724/1994 anche le tipologie
di opere abusive n.4, 5, 6, 7 di cui alla tabella allegata
alla legge 47/1985, che non implicano aumenti di volumetria.
Tali tipologie, ovviamente, non possono essere condizionate,
ai fini della sanatoria, ai limiti volumetrici previsti
al primo comma dell'art.39.
Occorre precisare, ad integrazione di quanto esplicitato
in altre circolari precedenti, che il manufatto realizzato
deve essere tale da definire la volumetria da sanare.
L'edificio deve essere completato nelle parti strutturali,
ivi inclusa la copertura, e può essere soggetto
ad interventi di completamento funzionale a prescindere
dalla tecnologia utilizzata.
2.3. DIRITTI DEI TERZI
Il secondo comma dell'art.39 pone un ulteriore limite
alla facoltà di chiedere la sanatoria: limite
questo a tutela dei diritti dei terzi, posto in relazione
alle , ovvero "che siano state realizzate su parti
comuni".
Quanto alle prime, si tratta di opere che, in violazione
di prescrizioni urbanistiche (piani regolatori, norme
di attuazione, ecc.), ma anche edilizie (regolamenti
edilizi) sono state realizzate senza tener conto della
normativa relativa alle distanze nelle costruzioni,
la cui violazione dà la facoltà a chi
ha subito il danno di chiedere la riduzione in pristino.
Tuttavia si può accedere al condono quando le
non siano conformi e compatibili sia con lo strumento
urbanistico approvato che con quello adottato. In sostanza
alla sanatoria non può farsi ricorso quando
l'opera abusiva crea una limitazione nei confronti
di una - che potrebbe non essere un edificio o un manufatto
ma un fondo - mentre, invece, non esistono preclusioni
alla facoltà di ricorrere alla sanatoria quando
il rapporto corre tra opere egualmente abusive.
L'altra categoria (le opere realizzate su parti comuni)
riguarda non tutte quelle indicate nell'art.1117 del
codice civile, ma solamente quelle che oltre ad essere
comuni, sono anche di uso comune: quali possono essere
il suolo di pertinenza dell'edificio, i cortili, i
terrazzi comuni, i locali per il riscaldamento centrale,
ecc. Non sono, invece, da considerare , ai fini del
secondo comma dell'art.39 , parti, quali le fondazioni,
quando sopportino una sopraelevazione; o il muro maestro,
nel quale sia stato infisso un balcone: fatti salvi,
in ogni caso, i rapporti condominiali.
2.4. ISTANZE PRESENTATE ENTRO IL 31 DICEMBRE 1993 AI
SENSI DELL'ART.13 DELLA LEGGE 47/1985.
L'undicesimo comma dell'art.39 consente ai soggetti
che hanno presentato istanza entro il 31 dicembre 1993
per ottenere l'accertamento di conformità ai
sensi dell'art.13 della legge 47/1985, di chiedere
che l'istanza stessa sia considerata domanda di concessione
in sanatoria. La disposizione stabilisce, poi, che
gli interessati possono avanzare istanza di "conversione"
dell'originaria domanda, ma "nel rispetto dei
termini e degli obblighi previsti" dall'art.39,
ivi compreso il termine stabilito al quarto comma dello
stesso articolo. Quanto agli obblighi, si tratta evidentemente
della presentazione della documentazione e del pagamento
delle somme a titolo di oblazione e di contributo di
concessione. Non trova applicazione invece, per le
opere residenziali, il limite relativo al volume sanabile
perché è da presupporre che l'oggetto
della sanatoria siano opere conformi agli strumenti
urbanistici sia al momento della costruzione sia a
quello della presentazione dell'istanza di accertamento
ai sensi dell'art.13 della legge 47/1985: opere che
il legislatore ha considerato con un certo favore,
trattandosi di abusi formali, consistenti solo nella
mancata richiesta della concessione. La conversione
in istanza di sanatoria potrebbe risultare più
onerosa per il responsabile dell'abuso, tenuto a corrispondere,
oltre al contributo di concessione anche l'oblazione,
ma, in realtà, "la ratio" risulta
evidente se si tiene conto che la domanda ex art.13
deve essere stata presentata entro il 31 dicembre 1993,
mentre la domanda di conversione può essere
presentata entro 60 giorni dall'entrata in vigore della
legge 724/1994 (che entra in vigore il 1o gennaio 1995),
come modificato dalla legge 85/1995. Se si considera
che, ai sensi del citato art.13, qualora il Sindaco
non si pronunci entro 60 giorni, la domanda diretta
all'accertamento di conformità si intende respinta,
è chiaro l'interesse a chiedere il condono da
parte dei soggetti che, altrimenti, sarebbero colpiti
dalle previste gravi sanzioni della legge 47/1985,
le quali, come è noto, non fanno distinzione
tra abusi formali e sostanziali.
In caso di provvedimento negativo del Sindaco ex art.13
sia implicitamente che esplicitamente adottato, si
ritiene che la facoltà di richiedere la "conversione"
di cui sopra sia limitata all'ipotesi in cui il predetto
provvedimento negativo non sia divenuto definitivo
al momento della presentazione della domanda di concessione
in sanatoria ex art.39 legge 724/1994, ferma restando
la facoltà di presentare una nuova domanda ai
sensi della predetta legge.
2.5. SANATORIA DI IMMOBILI GIÀ ACQUISITI
L'art.39 prevede, al diciannovesimo comma, che la sanatoria
possa essere applicata anche nei confronti delle opere
abusive in relazione alle quali il Comune sia intervenuto,
ai sensi dell'art.7 terzo comma della legge 47/1985,
ordinando la demolizione; e di fronte all'inottemperanza
del responsabile dell'abuso, abbia acquisito gratuitamente
il bene e l'area di sedime, provvedendo poi alla necessaria
trascrizione nei pubblici registri immobiliari. Quella
dell'art.39 è una norma eccezionale, stante
che la sanzione prevista è stata irrogata e
l'opera abusiva, con l'area di sedime, sono entrate
definitivamente nel patrimonio comunale: questa quindi
deve essere applicata con ogni cautela.
In primo luogo, per individuare l'oggetto della sanatoria
consentita dal diciannovesimo comma dell'art.39, deve
ritenersi confermato che il significato dell'espressione
"opere abusive divenute sanabili in forza della
presente legge" usato dalla disposizione ne consenta
l'applicazione, per le opere residenziali, soltanto
agli immobili non eccedenti i limiti indicati al primo
comma dell'art.39.
Deve ulteriormente precisarsi che la sanatoria delle
opere già acquisite può essere concessa
soltanto nel rispetto della normativa generale e di
quella specifica in materia. Così, ad esempio,
opere realizzate in violazione di un vincolo di inedificabilità
(quali quelli elencati dall'art.33 della legge 47/1985)
in nessun caso potrebbero essere restituite al responsabile
dell'abuso. Si tratta, pur sempre, di una concessione
in sanatoria da rilasciare sulla base del relativo
procedimento; l'avvenuta presentazione della domanda
di sanatoria, qualora risultino accettati i requisiti
di sanabilità, diventa pertanto condizione neccessaria
per ottenere la cancellazione della trascrizione nel
registro immobiliare del bene acquisito. In altri termini
la disposizione del diciannovesimo comma non significa
che il responsabile dell'abuso abbia un diritto "automatico"
all'annullamento dell'acquisizione del bene una volta
che abbia "adempiuto agli oneri previsti".
La norma attribuisce all'interessato la facoltà
di chiedere la concessione in sanatoria, nonostante
l'intervenuta acquisizione del bene al patrimonio comunale,
pur sempre nei limiti e alle condizioni previste dall'art.39
della legge 724/1994 e dei Capi IV e V della legge
47/1985.
Sono escluse da questa particolare ipotesi di sanatoria
le opere abusive che il Comune abbia destinato entro
il 1o dicembre 1994 ad attività di pubblica
utilità: attività non specificate e che
pertanto possono essere le più diverse. A questo
proposito può fornire un indirizzo il quinto
comma dell'art.7 della legge 47/1985, che esclude la
demolizione del bene acquisito quando esistano "prevalenti
interessi pubblici ...... e sempre che l'opera non
contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali".
Deve ritenersi che in ogni caso è applicabile
quanto previsto dal secondo comma dell'art.39.
Sono escluse altresì dalla ipotesi di sanatoria
in argomento anche le opere abusive che hanno già
subito gli effetti dell'ordinanza di demolizione. Da
quanto sopra ne deriva che per i casi in oggetto, prima
di poter effettuare il trasferimento del bene a favore
del richiedente, il comune dovrà rilasciare
la concessione in sanatoria avendo verificato preliminarmente
la sussistenza dei requisiti necessari.
Quando al trasferimento del bene dal patrimonio del
comune (proprietario a tutti gli effetti) a quello
dell'interessato, in assenza di specifiche indicazioni
al diciannovesimo comma dello art.39 è da ritenere
che debbano trovare applicazione le vigenti norme in
materia di trasferimento della proprietà a titolo
derivativo.
Capitolo III
PROCEDURA DELLA SANATORIA
3.1. SOGGETTI LEGITTIMATI
L'art.39 della legge 724/1994 non innova la disciplina
dettata dalla legge 47/1985 riguardante i soggetti
legittimati alla presentazione della domanda di concessione
o autorizzazione in sanatoria.
Secondo il disposto dell'art.31 della legge n.47/1985
legittimato a richiedere la sanatoria e in via generale
chi ha titolo a richiedere la concessione o autorizzazione
edilizia.
E' innanzitutto legittimato il proprietario dell'opera
abusiva: nel caso di comproprietà la domanda
può essere presentata dall'amministratore del
condominio oppure dai singoli condomini.
Del pari è legittimato il proprietario del suolo
sul quale è stato realizzato l'abuso oppure
il titolare di una posizione di diritto reale che comporta
la facoltà della trasformazione edilizia del
suolo stesso (usufrutto, uso, enfiteusi, abitazione,
superficie, concessione di un bene pubblico).
La titolarità del diritto deve essere posseduta
al momento della domanda.
Lo stesso terzo comma del predetto art.31 prevede che
la richiesta di sanatoria può essere proposta
da ogni altro interessato al conseguimento della sanatoria
medesima salvo rivalsa nei confronti del proprietario
(inquilino, creditore, il congiunto o il rappresentante
di soggetto impedito).
Anche se la formula risulta ampia è evidente
che tra i soggetti abilitati alla presentazione della
domanda non rientrano i portatori di interessi diffusi
ma deve trattarsi esclusivamente di un interesse diretto
e patrimonialmente rilevante alla sanatoria dell'immobile
abusivo; del pari non risulta rilevante un interesse
puramente morale.
Pertanto, potrà chiedere la sanatoria il conduttore
che, di fronte all'inerzia del proprietario e nel timore
dell'ingiunzione della sanzione demolitoria ritenga
di assumere l'iniziativa: potranno prendere l'iniziativa
i congiunti o i rappresentanti di assenti, di immigrati,
di malati, di minori; potrà presentare istanza
il creditore che abbia interesse a rendere pienamente
commerciale un bene del debitore, il socio di una cooperativa
che abbia avuto l'assegnazione provvisoria, il proprietario
dell'area sulla quale è stata realizzata la
costruzione abusiva, il detentore dell'immobile a titolo
precario.
Inoltre l'art.38 della legge 47/1985 prevede la possibilità
della presentazione di una domanda autonoma da parte
del committente, del costruttore e del direttore dei
lavori, al fine di beneficiare degli effetti favorevoli
della sanatoria in merito alla responsabilità
circa la conformità dell'opera alla normativa
urbanistica, alle previsioni del piano, nonché
alla concessione edilizia, che derivano dalle norme
dell'art.6 della legge 47/1985, come modificato dal
terzo comma dell'art.7 del decreto legge 193/1995.
E' opportuno ricordare che la responsabilità,
ai sensi del predetto art.6, si estende anche al pagamento
delle sanzioni pecuniarie, nonché alle spese
per l'esecuzione in danno in caso di demolizione delle
opere abusive eseguite.
Una particolare categoria di legittimati "sub condicione"
è quella dei soggetti indagati per il reato
di cui all'art.416-bis del codice penale o per reati
di riciclaggio di denaro o da terzi per loro conto,
la cui domanda, sebbene ammessa, resta sospesa fino
all'esito del procedimento penale per essere esclusa
in caso di condanna definitiva.
Con il decreto legge 193/1995 è previsto che,
con successivo decreto del Ministero delle finanze,
di concerto con i Ministri dei lavori pubblici e del
tesoro siano emanate norme circa le modalità
e i termini di versamento dell'oblazione per non residenti
in Italia. I termini di versamento non potranno comunque
essere superiori a 30 giorni dall'entrata in vigore
del predetto decreto: la rateizzazione dell'oblazione
e degli oneri concessori per questa categoria particolare
di richiedenti sono fissati al 15 giugno, 15 agosto,
15 ottobre e 15 dicembre del 1995.
3.2. PRESENTAZIONE DELLA DOMANDA
Il procedimento per ottenere la concessione o l'autorizzazione
in sanatoria inizia con la presentazione della domanda
in bollo al comune ove è ubicata l'opera abusiva
da inoltrare a pena di decadenza, entro il 31 marzo
1995. Nelle modalità di presentazione è
compreso anche l'invio per posta, attraverso plico
raccomandato con avviso di ricevimento. In tal caso
fa fede, ai fini della determinazione della data di
presentazione, il timbro dell'ufficio postale.
Presentando copia conforme della domanda di concessione
in sanatoria e, in duplice originale, la dichiarazione
resa ai sensi della legge 15/1968, il comune dovrà
restituire, apponendo il proprio timbro di protocollo,
la copia conforme della domanda nonché uno degli
originali della dichiarazione.
Il secondo comma dell'art.35 della legge 47/1985, prevede
la possibilità di presentare la domanda entro
un termine diverso da quello generale, qualora il titolo
a costruire relativamente ad opere ultimate entro il
31 dicembre 1993 venga annullato ovvero dichiarato
decaduto o inefficace, successivamente all'entrata
in vigore del decreto legge n.468/1994. In tal caso
è assegnato all'interessato un termine di centoventi
giorni a partire dalla data di notifica del provvedimento,
per presentare la domanda, anche in deroga ai limiti
volumetrici indicati dall'art.39, primo comma.
3.3. RIFERIMENTO ALL'UNITÀ IMMOBILIARE
La domanda in concessione di sanatoria deve essere presentata
in relazione ad ogni singola unità immobiliare,
così come accatastata ovvero suscettibile di
accatastamento indipendente dal numero degli abusi
commessi in relazione alla stessa.
Circa i limiti di "unità immobiliare",
ci si riferisce al concetto catastale, sicché
fanno parte dell'unità immobiliare gli accessori
(soppalchi, ripostigli, latrine, bagni, ingressi, cantine,
soffitte ...) ed alcune dipendenze (cortili, aie, giardini
...); non fanno parte dell'unità immobiliare
le botteghe ed i negozi (ancorché comunicanti
con appartamenti per abitazione e sempre che gli appartamenti
stessi siano forniti di ingresso indipendente), le
scuderie, le rimesse ed autorimesse non contigue all'abitazione,
le abitazioni dei portieri, ed in genere le porzioni
di fabbricati e gli altri immobili che possano produrre
un reddito separato.
A parziale modifica del concetto su esposto, formeranno
oggetto di specifica domanda di sanatoria le dipendenze
dell'unità immobiliare principale che necessitano
di regolare autorizzazione (serre, terrazze, chioschi,
piscine, campi da tennis ...).
Circa i fabbricati rurali deve essere presentata una
domanda per ogni singolo fabbricato in relazione al
quale è stato commesso un abuso edilizio.
Infine per quanto riguarda gli interventi volti ad incrementare
il numero delle unità immobiliari, poiché
l'art.39 della legge 724/1994 prevede per tali opere
abusive il pagamento forfettizzato dell'oblazione è
opportuno far presente che il numero delle domande
da presentare e, di conseguenza, il numero delle oblazioni
forfettarie da versare, dovrà essere coincidente
con la differenza tra il numero delle unità
immobiliari realizzate dopo il frazionamento e quelle
esistenti prima dell'intervento.
3.4. CONTENUTI DELLA DOMANDA
La domanda deve contenere in modo chiaro e completo
tutti i dati che sono necessari al comune per eseguire
la fase istruttoria.
Al riguardo è opportuno esaminare il contenuto
della stessa in cinque parti, indicando nella prima
i dati relativi al richiedente, nella seconda quelli
relativi all'abuso, nella terza l'individuazione della
tipologia di abuso con la relativa determinazione dell'oblazione,
nonché l'individuazione di eventuali riduzioni
oppure di incrementi, nella quarta il calcolo dell'oblazione
ed infine nella quinta gli elementi relativi agli oneri
concessori.
Sono oggetto di domanda di sanatoria edilizia le opere
ultimate il 31 dicembre 1993.
Solo qualora entro la stessa data sia intervenuto un
provvedimento amministrativo giurisdizionale di sospensione
dei lavori, le opere non ultimate potranno essere realizzate
nei limiti previsti dal quinto comma dell'art.43 della
legge 47/1985.
Qualora invece il provvedimento di sospensione dell'autorità
sia intervenuto, oltre il 31 dicembre 1993, si ritiene
che la richiesta di concessione in sanatoria sia ammissibile
esclusivamente nel caso di ultimazione delle opere
entro tale data.
Resa in tal caso a carico del richiedente l'onere di
dimostrare la ricorrenza del predetto limite temporale
mediante prove documentali certe o con specifica indicazione
nella dichiarazione resa ai sensi dell'art.4 della
legge 15/1968.
3.5. DICHIARAZIONE GIURATA
L'art.39 quarto comma della legge 724/1994, semplificando
la disciplina prevista dalla precedente legge 47/1985,
consente la sostituzione della documentazione di cui
all'art.35 terzo comma della legge n.47/1985 con un'apposita
dichiarazione resa ai sensi dell'art.4 della legge
15/1968 che prevede la possibilità di produrre,
in luogo degli atti notori, dichiarazioni sostitutive
dell'atto di notorietà concernenti fatti, stati
o qualità personali che siano di diretta conoscenza
degli interessati.
Al riguardo si segnalano le disposizioni che regolano
la materia da ultimo contenute nel decreto del Presidente
della Repubblica del 25-1-1994, n.130.
In base a tali norme le dichiarazioni possono essere
presentate anche contestualmente all'istanza e sottoscritte
dall'interessato in presenza del dipendente addetto
e autenticate da quest'ultimo con le modalità
di cui all'art.20 della medesima legge 15/1968. I dipendenti
competenti a ricevere la documentazione possono appartenere
a qualsiasi livello o qualifica superiore alla quinta.
L'interessato oltre a dichiarare le proprie generalità,
la residenza, l'eventuale qualifica di rappresentante,
dovrà descrivere le opere per le quali chiede
la concessione o l'autorizzazione in sanatoria, con
l'esatta localizzazione riportando il nome della via,
del numero civico, del comune e della provincia e,
nel caso l'opera risulti accatastata, indicando anche
i relativi dati catastali.
Inoltre deve riportare l'esatta descrizione delle opere
abusive con le relative dimensioni, espresse sia in
metri cubi che in metri quadrati, nonché l'eventuale
appartenenza allo Stato o ad altri enti pubblici dell'area
in cui insiste l'opera stessa.
E' inoltre necessario dichiarare se esistono vincoli,
di qualunque natura, gravanti sull'immobile ove sono
ubicate le opere oggetto di sanatoria.
Nel caso di applicazione delle riduzioni dell'oblazione
ai sensi del tredicesimo comma dell'art.39 della 5494
legge 724/1994 deve essere dichiarato se l'opera risulta
adibita ad abitazione principale del possessore dell'immobile
o di un parente entro il terzo grado o affine entro
il secondo e lo stato di convivenza da almeno un biennio.
Bisogna precisare se sono state presentate altre richieste
di concessione in sanatoria ed indicare il reddito
prevalente dichiarato ai fini IRPEF per l'anno 1993
dal nucleo familiare del possessore o la somma delle
quote proporzionali degli aventi titolo.
Per le altre tipologie di riduzione dell'oblazione previste
dall'art.34 terzo comma della legge 47/1985 occorre
dichiarare che l'opera abusiva è stata eseguita
ed acquistata al solo scopo di essere destinata ad
abitazione principale del richiedente la sanatoria.
La stessa dichiarazione deve essere resa per il caso
che l'opera, benché ultimata non sia ancora
abitabile per mancanza delle opere di finitura. In
quest'ultima eventualità non occorre il requisito
della residenza anagrafica presso l'immobile oggetto
della domanda di sanatoria.
Sempre per tale tipologia di riduzione dell'oblazione
occorre dichiarare che l'abitazione non sia qualificata
di lusso ai sensi del decreto ministeriale 2-8-1969
e che non sia catastalmente classificata nella categoria
A/1 ed infine che la predetta riduzione sia stata applicata
nel limite dei primi 150 metri quadrati di superficie
complessiva.
Per quanto riguarda invece le riduzioni di cui al settimo
comma
dell'art.34 della legge 47/1985, dev'essere dichiarata
la destinazione d'uso dell'immobile oppure nelle ipotesi
contemplate dalla lettera e) dello stesso art.34 che
sono posseduti i requisiti soggettivi di coltivatore
diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale
nonché quello oggettivo di strumentalità
delle opere abusive alla conduzione del fondo ed alle
esigenze della produzione agricola.
3.6. DOCUMENTAZIONE DA ALLEGARE
L'art.39 quarto comma della legge 724/1994 lascia comunque
fermo l'obbligo di allegare alla domanda alcuni documenti.
Il primo tra essi è costituito dalla prova dell'eseguito
versamento dell'acconto dell'oblazione, utilizzando
gli appositi moduli di conto corrente, e degli oneri
concessori, se dovuti.
Quanto alla documentazione tecnica, l'art.39 della legge
724/1994 non prescrive la presentazione del progetto,
ma solamente la descrizione delle opere, le dichiarazioni
sullo stato dei lavori e la documentazione fotografica.
Deve, tuttavia, rilevarsi che la documentazione prodotta
deve essere tale da consentire al comune di rilasciare
la concessione o l'autorizzazione in sanatoria richiesta.
D'altra parte essa deve dare all'interessato la certezza
del suo diritto: solo la chiara documentazione di ciò
che si intende sanare lo metterà al riparo da
futuri accertamenti di abusi presunti e gli darà
la possibilità di ottenere i provvedimenti eventualmente
necessari per modificare l'opera sanata. Inoltre, quando
l'opera è ultimata al rustico, ma non è
completata, è necessario rappresentare al comune,
che deve rilasciare la concessione, come l'opera sarà
completata nella distribuzione interna, nelle finiture,
ecc.
E' pertanto da ritenere che, quanto meno per le prime
tre tipologie di abuso sia opportuno presentare anche
il progetto delle opere.
La documentazione del quarto comma dell'art.39 riguarda
essenzialmente - anche se non unicamente - le opere
ultimate al rustico ai sensi del secondo comma dell'art.31
ma non ancora completate. La dichiarazione sullo stato
dei lavori, corredata dalla documentazione fotografica
e la perizia giurata sulle dimensioni e sullo stato
delle opere - quando l'opera abusiva supera i 450 mc
- sono necessarie per individuare con certezza la consistenza
delle opere da sanare, quando le opere medesime non
siano ancora completate.
Quanto alla certificazione attestante l'idoneità
statica delle opere, essa deve essere sempre presentata,
quando l'opera abusiva superi i 450 mc e deve riguardare
anche l'intero edificio nei casi in cui l'opera medesima
avente volume superiore alla detta misura, faccia parte
di un edificio di maggiori dimensioni, per l'evidente
ragione che un carico supplementare influisce sulla
statica dell'intero edificio.
Per quanto riguarda la certificazione di idoneità
statica, ferma restando la possibilità di eventuali
provvedimenti da adottare ai sensi del quarto comma
dell'art.35 della legge 47/1985 e successive modificazioni,
si applicano i decreti del Ministro dei lavori pubblici
15-5-1985 e 20-9-1985.
Quando un edificio abusivo superi il volume in questione,
ma sia formato da più unità immobiliari,
tutte inferiori a detta misura ed appartenenti a diversi
proprietari, la certificazione relativa allo stato
delle opere e all'idoneità statica deve essere
presentata dall'amministrazione condominiale, ove esista,
ovvero da uno dei proprietari anche per gli altri.
I responsabili di opere abusive destinate alla produzione
devono allegare alla domanda un certificato della competente
camera di commercio dal quale risulti che la sede dell'impresa
- nel senso di luogo nel quale si svolge in via principale
l'attività produttiva e non di sede legale -
è situata nei locali per i quali si chiede la
concessione in sanatoria .
Ciò ai fini dell'applicazione del disposto del
settimo comma dell'art.34, e, in particolare, per determinare
le riduzioni dell'oblazione previste in relazione alle
superfici coperte complessive, che appunto spettano
a chi utilizzi l'opera per attività produttive
e non al costruttore-venditore dell'opera o all'imprenditore
che non utilizza i locali abusivi per lo svolgimento
della sua attività.
Deve, solo, precisarsi che per le imprese agricole,
le quali non sono iscritte alla camera di commercio,
in sostituzione del certificato camerale, può
essere presentata altra arrestazione, quale, ad esempio,
dichiarazione delle organizzazioni professionali o
sindacali dell'agricoltura, oppure la suddetta circostanza
dovrà essere indicata nella dichiarazione resa
ai sensi della legge 15/1968.
Infine, tutti coloro i quali chiedono la concessione
in sanatoria, devono allegare entro i termini previsti
dal quarto comma dell'art.39 legge 724/1994, come modificato
dalla legge 85/1995, la prova dell'avvenuta presentazione
all'ufficio tecnico erariale della documentazione necessaria
per l'accatastamento, ovvero, quando l'accatastamento
sia già avvenuto, la relativa certificazione.
Quando il professionista incaricato di rilasciare la
certificazione statica non ritenga l'opera "collaudabile",
l'interessato deve presentare un progetto di adeguamento,
anch'esso redatto da un tecnico abilitato.
Tale progetto può essere presentato anche separatamente
dalla domanda: ma, comunque, entro centoventi giorni
da questa.
Il dodicesimo comma dell'art.35 precisa, infatti, che
entro tale termine "l'interessato integra, ove
necessario, la domanda a suo tempo presentata".
Pertanto, nell'ipotesi ora fatta l'interessato dovrà,
nel presentare la domanda, dichiarare la inidoneità
statica della costruzione, ed il proprio intendimento
di presentare nei centoventi giorni successivi il progetto
di adeguamento; al momento della ultimazione dell'intervento
di adeguamento presenterà la certificazione
di idoneità statica; il rilascio della concessione
seguirà la presentazione della detta certificazione.
Quanto al progetto in questione, deve precisarsi che
la sua qualificazione "di adeguamento" sta
a significare che esso deve prevedere interventi sulle
strutture, che non modifichino l'edificio nella sua
consistenza volumetrica e di superficie: e che, anzi,
conservi le strutture già realizzate, pur rendendole
staticamente idonee in relazione alla loro funzione.
Non è, quindi, ammissibile non solo un ampliamento
dell'esistente, ma neppure una demolizione e ricostruzione,
quando le strutture fossero talmente inidonee, da non
poter essere rese staticamente collaudabili mediante
opere di adeguamento.
Deve sottolinearsi - a proposito sia della certificazione
statica che del progetto di adeguamento - la rilevanza
e la delicatezza del compito affidato al professionista.
Detta certificazione sostituisce, infatti, a tutti gli
effetti, gli accertamenti, in ordine all'idoneità
statica, delle opere per quanto riguarda il rispetto
delle norme sismiche, altrimenti attribuiti agli uffici
statali e regionali.
Si tratta, in concreto, del trasferimento al professionista
di compiti spettanti normalmente ad uffici pubblici
che comunque sono autorizzati ad effettuare tutti gli
ulteriori accertamenti ritenuti necessari.
Come si è detto il dodicesimo comma dell'art.35
dà la facoltà all'interessato di integrare
nei centoventi giorni successivi alla presentazione
della domanda, la domanda medesima e quindi se la presentazione
della domanda è soggetta ad un termine perentorio
va comunque evidenziato che l'incompletezza della documentazione
non è motivo di invalidità.
Il tredicesimo comma dell'art.35 della predetta legge
47/1985 e sucessive modificazioni riguarda le costruzioni
abusive realizzate in comprensori lottizzati: in questa
ipotesi non è sufficiente il versamento dell'oblazione
per ottenere il rilascio della concessione in sanatoria,
ma è necessario anche assumere, mediante convenzione,
l'impegno a partecipare, per la quota di spettanza,
agli oneri di urbanizzazione dell'intero comprensorio.
3.7. TEMPI E PRESUPPOSTI DI FORMAZIONE DEL PROVVEDIMENTO
DI SANATORIA. SILENZIO-ASSENSO
Ricevuta la domanda l'amministrazione comunale è
tenuta ad esaminarla.
Al fine del consolidamento delle situazioni giuridiche
connesse alla sanatoria, la legge prevede l'istituto
del silenzio-assenso. Ne consegue che in presenza di
una domanda, completa della documentazione essenziale
e dei contenuti descritti dell'abuso, per la quale
vi sia stato il regolare versamento sia dell'oblazione
sia degli oneri concessori, nonché la denuncia
al catasto dell'immobile, il comportamento inerte dell'amministrazione
per uno o due anni dalla data di scadenza del termine
per la presentazione della domanda di sanatoria a seconda
che la popolazione del comune sia inferiore o superiore
a 500.000 abitanti, equivale a concessione o autorizzazione
tacita.
E' da ritenere che, venuto meno il potere di intervenire
nel merito da parte del Sindaco nei termini stabiliti,
l'eventuale provvedimento sopravvenuto di diniego è
da considerare illegittimo, mentre quello di accoglimento
espresso risulta meramente ricognitivo di quello tacito.
Tuttavia il comune nell'ambito del potere di autotutela,
può sempre annullare il provvedimento tacito
qualora ricorra l'interesse pubblico specifico ed attuale
alla sua rimozione.
La disciplina che regola la formazione del silenzio-assenso
è quella contenuta nel quarto comma dell'art.39
della legge 724/1994, come modificato dalla legge 85/1995
anche per le domande di concessione o di autorizzazione
in sanatoria presentate sotto la vigenza di uno dei
decreti legge emanati in materia.
Nel caso in cui l'opera abusiva sia stata realizzata
su aree sottoposte a vincolo, il rilascio della concessione
o autorizzazione in sanatoria sarà subordinato
all'emissione del parere favorevole dell'autorità
amministrativa preposta alla tutela del vincolo stesso.
In tal caso il termine per la formazione del silenzio-assenso
decorrerà dalla data in cui la predetta autorità
comunicherà il proprio parere.
3.8. FACOLTÀ ED OBBLIGHI DELLE AMMINISTRAZIONI
COMUNALI
Il nono comma dell'art.35 della legge 47/1985 disciplina
il procedimento in sede comunale.
Il Sindaco è tenuto a fare gli accertamenti che
ritenga opportuni e che la concessione in sanatoria
è - verificandosi le condizioni di legge - un
atto dovuto.
Il Sindaco è tenuto a verificare, tra l'altro,
l'esattezza della oblazione determinata dal richiedente:
sotto questo profilo egli è responsabile nei
confronti dell'erario del mancato controllo.
Eseguiti, così, i dovuti accertamenti, il sindaco
rilascia la concessione in sanatoria determinando anche
l'eventuale contributo di concessione a saldo, che
dovrà essere determinato entro i termini stabiliti
dall'undicesimo comma dell'art.39 della legge 724/1994.
La legge precisa che il Sindaco non può rilasciare
la concessione ove l'interessato non abbia versato
l'intero importo dell'oblazione e degli oneri concessori.
Da ciò deriva che la rateizzazione prevista dall'art.39,
quinto comma della legge 724/1994 come modificato dalla
legge 85/1995 comporta l'impossibilità di ottenere
la concessione prima di aver completato il versamento
dell'oblazione.
Il procedimento per il rilascio della concessione deve
considerarsi completamente definito dal quindicesimo
comma dell'art.35 della legge 47/1985 e successive
modificazioni nel senso che il sindaco non è
tenuto a sottoporre la domanda agli organi tecnico-consultivi,
ed in particolare alla commissione edilizia se non
quando lo ritenga opportuno.
3.9. RILASCIO DI ATTI CONSEGUENTI AL PROVVEDIMENTO IN
SANATORIA
Il ventesimo comma dell'art.35 della legge 47/1985 precisa
che, ultimata la procedura per la concessione in sanatoria,
deve essere rilasciato anche il certificato di abitabilità
o di agibilità, a speciali condizioni e comunque
in relazione all'uso dichiarato o presunto.
Esso, cioè può essere rilasciato anche
in deroga alla normativa regolamentare, purché
siano osservate le disposizioni vigenti in materia
di sicurezza statica, di prevenzione degli incendi
e degli infortuni. Per l'applicazione del disposto
si devono considerare inderogabili le norme di legge
o regolamentari in materia di sicurezza e di prevenzione
degli incendi e degli infortuni: la mancata osservanza
delle altre, infatti, non costituirà ostacolo
al rilascio del certificato in questione.
Conseguentemente tra le norme derogabili sono da considerare,
ad esempio, quelle relative alle altezze interne delle
abitazioni ivi comprese quelle dell'art.43 della legge
457/1978 - che "prevalgano sulle disposizioni
dei regolamenti edilizi vigenti" - le quali hanno
carattere regolamentare.
Capitolo IV
LE TIPOLOGIE DI ABUSO E LA NORMATIVA REGIONALE
4.1. Tipologie di abuso
Nel richiamare i capi IV e V della legge 47/1985 per
quanto riguarda le tipologie degli abusi sanabili,
si riprende essenzialmente la descrizione di ogni singola
tipologia, ordinata secondo la gravità dell'abuso
commesso, a suo tempo riportata nella tabella allegata
alla legge 47/1985.
Permane, quindi, in merito alle tipologie di abuso quanto
già esposto nella circolare Ministero dei lavori
pubblici n.3357/25 del 1985, che si sintetizza di seguito.
TIPOLOGIA 1:
"Opere realizzate in assenza o difformità
della licenza edilizia o concessione e non conformi
alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli
strumenti urbanistici".
Tale tipologia comprende le opere realizzate in assenza
di titolo o in difformità da questo, e, comunque,
non conformi alle norme urbanistiche sia al momento
in cui i lavori furono iniziati, sia al momento in
cui la domanda di concessione deve essere presentata.
TIPOLOGIA 2:
"Opere realizzate senza licenza edilizia o concessione
o in
difformità da questa, ma conformi alle norme
urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici
al momento di entrata in vigore della presente legge".
Tale tipologia riguarda opere abusive, realizzate in
assenza di titolo o in difformità da questo
al momento di inizio dei lavori, ma in seguito divenute
conformi alla normativa urbanistico-edilizia alla data
di entrata in vigore della legge 724/1994.
La verifica della conformità alla strumentazione
urbanistico- edilizia deve essere effettuata in base
alle normative approvate e vigenti alla data del 1o
gennaio 1995, ivi incluse le varianti di recupero approvate
ai sensi dell'art.29 della legge 47/1985.
TIPOLOGIA 3:
"Opere realizzate in difformità dalla licenza
edilizia o in
difformità da questa, ma conformi alle norme
urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici
al momento dell'inizio dei lavori".
Tale tipologia comprende i cosiddetti "abusi formali",
opere prive di titolo autorizzativo, ma che sarebbe
stato comunque possibile eseguire poiché conformi
alla normativa urbanistico- edilizia al momento dell'inizio
dei lavori, anche se, in seguito la normativa suddetta
è stata modificata, determinando, di conseguenza,
un contrasto sostanziale delle opere abusive alla data
di entrata in vigore della legge 724/1994.
A titolo esemplificativo, si riportano alcune opere
abusive rientranti nelle tipologie sopra elencate:
- nuove costruzioni e ampliamenti autonomamente utilizzabili
privi della licenza o concessione edilizia;
- nuove costruzioni e ampliamenti realizzati in difformità
dalla licenza o concessione edilizia rilasciata.
In entrambe le ipotesi, per l'inserimento dell'abuso
nella corretta tipologia, dovrà essere valutata
la conformità o meno alle norme e alla strumentazione
urbanistica vigente e adottata sia all'epoca della
realizzazione dell'abuso, sia alla data di entrata
in vigore della legge 724/1995.
TIPOLOGIA 4:
"Opere realizzate in difformità dalla licenza
edilizia o concessione, che non comportino aumenti
della superficie utile o del volume assentito; opere
di ristrutturazione edilizia come definite dall'art.31
lettera (d) della legge 457 del 1978, realizzate senza
licenza edilizia o in difformità da essa; opere
che abbiano determinato mutamento di destinazione d'uso".
Tale tipologia comprende opere realizzate su edifici
esistenti dotati di licenza o concessione edilizia,
che non abbiano comportato aumenti della superficie
e del volume assentito, nonché interventi di
ristrutturazione edilizia anche con incremento della
superficie utile ma non del volume, e infine, modifiche
della destinazione d'uso con e senza opere secondo
quanto si dirà in seguito.
A titolo esemplificativo, si riportano alcune opere
abusive rientranti nella suddetta tipologia:
- ampliamento della superficie all'interno della volumetria
assentita, qualora tale aumento non sia compreso nella
ipotesi della realizzazione di un organismo edilizio
autonomamente utilizzabile. I soppalchi praticabili
all'interno di unità immobiliari, rientrano
nella tipologia suddetta qualora tale aumento sia consentito
dalle norme tecniche comunali, in caso contrario dovranno
essere applicate le misure relative alla tipologia
1;
- difformità dell'edificio o dell'unità
immobiliare rispetto alla licenza o concessione edilizia,
senza aumento di volumetria;
- il mutamento di destinazione d'uso dell'edificio o
dell'unità immobiliare, come, ad esempio la
trasformazione di una abitazione in studio professionale;
si ribadisce, a proposito della tipologia di opere
in argomento, quanto già introdotto a suo tempo
nella circolare n.3357/25 del 1985.
Non rientrano nella tipologia 4, ma nella 1 - od eventualmente
nella 2 o nella 3 - le trasformazioni, con opere, di
superfici e volumi non computate ai fini del rilascio
del titolo originario, in superfici o volumi destinati
alla residenza o all'uso produttivo. Così, ad
esempio ricadrà nella tipologia 1 (o 2 o 3)
la trasformazione di soffitte, cantine, stenditoi e
lavatoi coperti (ove il regolamento edilizio non li
comprenda nei volumi considerati ai fini del computo
dell'indice di edificabilità), in abitazione;
nella stessa tipologia ricadrà la chiusura di
spazi aperti (ad esempio: balconi) anche con pareti
vetrate; o la chiusura di portici o di altri spazi
aperti individuati da pilastri.
Giova ricordare che, qualora non sia stato diversamente
disposto da specifiche normative regionali e dai regolamenti
edilizi comunali, la definizione di "volume tecnico"
è contenuta nella circolare di questo Ministero
31-1-1973, n.2474.
TIPOLOGIA 5:
"Opere di restauro e risanamento conservativo come
definite dall'art.31 lettera (c) della legge 457 del
1978, realizzate senza licenza edilizia o autorizzazione
o in difformità da esse nelle zone omogenee
A di cui all'art.2 del decreto ministeriale 8-4-1968,
n.1444, qualora non si tratti di interventi finalizzati
all'adeguamento igienico e funzionale".
TIPOLOGIA 6:
"Opere di restauro e risanamento conservativo come
definite dall'art.31 lettera (c) della legge 457 del
1978, realizzate senza licenza edilizia o autorizzazione
o in difformità da esse".
Le suddette tipologie riguardano gli interventi di restauro
e risanamento conservativo realizzate su edifici esistenti
dotati di licenza o concessione edilizia, in assenza
del titolo autorizzativo o in difformità da
questo e si differenziano unicamente per la localizzazione
territoriale.
L'art.39 della legge 724/1994 ha unificato l'oblazione
relativa alle suddette tipologie, anche se le opere
di cui alla lettera c) dell'art.31 della legge 457/1978,
siano state realizzate nelle zone territoriali omogenee
A del decreto ministeriale 1444/1968, come recepite
nelle destinazioni d'uso degli strumenti urbanistici
comunali.
TIPOLOGIA 7:
"Opere di manutenzione straordinaria come definite
dall'art.31
lettera (b) della legge 457 del 1978, realizzate senza
licenza edilizia o autorizzazione o in difformità
da esse. Opere o modalità di esecuzione non
valutabili in termini di superficie o di volume e varianti
di cui all'art.15 della legge 28-2-1985, n.47".
Tale tipologia comprende essenzialmente le opere di
manutenzione straordinaria realizzate su edifici esistenti
dotati di licenza o concessione edilizia, senza titolo
o in difformità da questo; opere o modalità
di esecuzione non computabili in termini di superficie
e di volume e, infine, varianti in corso d'opera nella
fattispecie definita all'art.15 della legge 47/1985.
Anche nel caso della tipologia 7, si ribadisce il contenuto
della circolare n.3357/25 del 1985.
Per le opere non valutabili in termini di superficie
e di volume (ad esempio, scale, apertura o chiusura
di vani per porte o finestre, piccole pensiline, ecc.)
l'oblazione deve essere pagata una sola volta, anche
se nell'ambito della stessa unità immobiliare
siano stati effettuati più abusi dello stesso
tipo: come, ad esempio, siano stati aperti due vani
finestra, ovvero sia stata chiusa una finestra ed aperta
un'altra. Quando, tuttavia, per la quantità
delle opere e per il loro collegamento funzionale,
anche con opere interne, l'intervento realizzato debba
considerarsi ricadente in altra tipologia di abuso
(ad esempio ristrutturazione edilizia) la richiesta
di concessione in sanatoria non potrà riguardare
le singole opere (non valutabili in termini di superficie
o di volume) ma l'intervento complessivo realizzato.
Così, in analogia con quanto detto sopra, le
opere non valutabili in termini di superficie e di
volume, ma realizzate contestualmente e nell'ambito
di una categoria di abuso rientrante nelle altre tipologie,
non sono soggette al pagamento di una autonoma oblazione,
ma devono unicamente essere descritte evidenziandone
il nesso del collegamento funzionale.
Infine, nella tipologia 7 ricadono anche abusi commessi
in corso d'opera qualora le opere abbiano le caratteristiche
indicate all'art.15 della legge 47/1985; per esse la
concessione in sanatoria è necessaria, in quanto
non è stata richiesta l'approvazione prima della
dichiarazione di ultimazione dei lavori.
Si riportano, per maggiore chiarezza, le caratteristiche
delle
opere rientranti nella variante ex art.15 della legge
47/1985:
- devono essere conformi agli strumenti urbanistici
e ai regolamenti edilizi vigenti e non in contrasto
con quelli adottati;
- non devono comportare modifiche alla sagoma e alle
superfici utili delle costruzioni e delle singole unità
immobiliari;
- non devono comportare l'aumento delle unità
immobiliari;
- non devono riguardare immobili vincolati ai sensi
delle leggi 1089/1939 e 1497/1939 e successive modificazioni
ed integrazioni, salvo che non sia stato ottenuto il
nulla-osta relativo. A tale proposito occorre esplicitare
la circostanza che è possibile applicare l'art.15
della legge 47/1985 anche agli immobili vincolati,
qualora per le opere in variante sia stato ottenuto
il prescritto nulla osta prima del loro inizio;
- non devono riguardare interventi di restauro, come
definiti all'art.31 della legge 457/1978.
Le tipologie di opere abusive 4, 5, 6 e 7 riguardano,
in linea generale, interventi eseguiti su edifici esistenti
dotati della legittimità urbanistica ed edilizia.
E' possibile presentare istanze di sanatoria per le
suddette opere, anche se realizzate su edifici già
oggetto della sanatoria ex legge 47/1985.
Nel caso in cui il procedimento di sanatoria ai sensi
della legge 47/1985 non sia definito - in particolare
per gli immobili soggetti a tutela - è necessario
che venga conclusa la precedente istruttoria.
4.2. MUTAMENTI DI DESTINAZIONE D'USO
La circolare del Ministero lavori pubblici n.3357/25
del 1985, alla luce di considerazioni legate alla situazione
giuridico- amministrativa rilevabile alla data di entrata
in vigore della legge 47/1985 ha escluso la necessità
di sanare il mutamento di destinazione d'uso non accompagnato
da opere. La tipologia 4 della tabella, doveva essere
riferita esclusivamente all'insieme sistematico di
opere finalizzate al mutamento di destinazione d'uso,
allora definito "strutturale".
Nella medesima legge 47/1985, era previsto, all'art.25
ultimo comma, che le regioni determinassero "i
criteri, le modalità cui dovranno attenersi
i comuni, all'atto della predisposizione di strumenti
urbanistici, per l'eventuale regolamentazione, in ambiti
determinati del proprio territorio, delle destinazioni
d'uso degli immobili nonché dei casi in cui
per la variazione di essa sia richiesta la preventiva
autorizzazione del sindaco".
Attualmente in relazione al primo comma, punto a) dell'art.8
e all'ultimo comma dell'art.25 della legge 47/1985
che, laddove esista una specifica previsione regionale,
vigente al 31 dicembre 1993 e recepita all'interno
degli strumenti urbanistici comunali, è ammissibile
la sanatoria della mancata richiesta dell'atto autorizzativo
per il cambiamento di destinazione d'uso senza opere
edilizie.
Si devono distinguere le seguenti categorie di mutamento
della destinazione d'uso, oggetto o meno di sanatoria
a seconda della situazione legislativa e normativa
vigente nel comune ove è ubicato l'abuso.
A. Con opere edilizie
A.1. conforme agli strumenti urbanistici vigenti, sanabile
e ove previsto, soggetta al contributo di concessione;
A.2. non conforme agli strumenti urbanistici vigenti,
sanabile e soggetta alla corresponsione del contributo
di concessione.
B. Senza opere edilizie (cambiamento di utilizzazione)
B.1. in presenza di legislazione regionale recepita
all'interno degli strumenti urbanistici vigenti, sanabile
e, ove previsto, soggetta al contributo di concessione;
B.2. in assenza di legislazione regionale e di norme
in materia all'interno degli strumenti urbanistici
vigenti, non oggetto di sanatoria edilizia e sottoposta,
eventualmente, ad altre discipline sanzionatorie, come
ad esempio quelle di cui all'art.221 del regio decreto
1265/1934.
4.3. OPERE INTERNE
La disciplina degli interventi edilizi interni alle
unità immobiliari introdotta dalla legge 47/1985
ha trovato, fino all'emanazione del decreto legge 88/1995,
una notevole applicazione, tanto da configurare una
vera e propria "categoria di interventi"
autonoma, sottratta al rilascio del titolo autorizzativo
da parte dell'amministrazione comunale, ma soggetta
invece all'attività di controllo urbanistico-edilizio,
tramite la comunicazione di inizio lavori.
L'omessa comunicazione di cui all'art.26 comportava
l'applicazione delle sanzioni previste al terzo comma
del medesimo articolo. Poiché si ritiene che
la norma transitoria relativa alle opere interne di
cui all'art.48 della legge 47/1985 trovi ancora oggi
applicazione, si riporta di seguito, unitamente alle
dovute annotazioni di coordinamento con l'art.39 della
legge 724/1994, quanto specificato a suo tempo circa
l'oggetto delle "opere interne" e le procedure
per la "sanatoria" di tali opere.
Occorre sottolineare che l'omessa comunicazione riguarda
opere realizzate fino alla data del 1o gennaio 1995,
termine di entrata in vigore della legge 724/1994 e
la relativa presentazione era possibile entro il 31
marzo 1995.
E' da rilevare preliminarmente che le opere in questione
possono interessare sia le singole unità immobiliari
(gli alloggi, in caso di edilizia residenziale, i manufatti
costituenti catastalmente una unità immobiliare
negli altri casi) sia l'intera costruzione.
Ciò premesso, si può affermare che esse,
dovendo rispettare la sagoma e i prospetti dell'intera
costruzione, non possono assolutamente riguardare l'aspetto
esterno del fabbricato, compresa la copertura; da ciò
ne deriva che non possono essere considerate "opere
interne" aperture, aggetti, chiusure di balconi,
ecc.: in definitiva non possono essere alterati o mutati
l'assetto architettonico e l'estetica dell'edificio,
sia pure mediante semplici fregi.
Il rispetto degli strumenti urbanistico-edilizi adottati
e approvati è una ovvia necessità.
Poiché si tratta di operare su edifici esistenti,
il mancato rispetto degli strumenti - soprattutto di
disciplina edilizia - potrebbe derivare, ad esempio
da modifiche, anche lievi, della distribuzione dello
spazio interno all'unità immobiliare tali da
comportare la realizzazione di vani di dimensioni insufficienti
ad assicurare le condizioni ottimali di aerazione o
di illuminazione.
La norma esclude, inoltre, dalla categoria delle opere
interne quelle che comportano aumento delle superfici
utili e del numero delle unità medesime.
Circa la superficie - stante che la norma si riferisce
alle costruzioni e non solo alle unità immobiliari
- deve ritenersi che siano consentiti ampliamenti di
tali unità immobiliari nell'ambito della costruzione,
mediante accorpamento totale o parziale di unità
contigue.
Non costituisce comunque aumento della superficie utile
l'eliminazione o lo spostamento di pareti interne o
di parti di esse.
L'aumento del numero delle unità immobiliari,
attraverso il frazionamento di quelle preesistenti,
invece è espressamente escluso dalle "opere
interne" poiché comporta un maggior "peso"
urbanistico: è di tutta evidenza, infatti, che
un maggior numero di unità immobiliari comporta
la presenza, nella costruzione e nella zona, di un
maggior numero di famiglie o di altri utenti, con conseguenze
di carattere urbanistico, più o meno sensibili.
Quanto all'esclusione, dalla categoria delle opere interne,
di quelle necessarie per attuare la modifica della
destinazione d'uso, della costruzione o di singole
unità immobiliari, deve farsi presente che l'esclusione
va letta e interpretata alla luce dell'ultimo comma
dell'art.25.
La suddetta esclusione va oggi riferita alle vigenti
disposizioni regionali alla data di emanazione del
decreto legge 193/1995, circa la regolamentazione dei
casi in cui è richiesta la preventiva autorizzazione
da parte del sindaco per la variazione delle destinazioni
d'uso delle unità immobiliari. Le variazioni
d'uso soggette ad atto autorizzativo, nel caso sia
disciplinata la fattispecie, non rientrano nella categoria
delle opere interne.
Le opere interne, realizzate in immobili inclusi nella
zona territoriale omogenea A del decreto ministeriale
1444/1968, come recepita all'interno degli strumenti
urbanistici, devono rispettare le caratteristiche originarie
sia strutturali, sia tipologiche, sia funzionali delle
costruzioni delle unità immobiliari.
Quanto alla prescrizione secondo la quale le opere interne
non devono recare pregiudizio alla statica dell'immobile,
essa non può significare il divieto di operare
sulle strutture poiché altrimenti non si comprenderebbe
la necessità dell'intervento del professionista
abilitato alla progettazione. La disposizione va correttamente
interpretata nel senso che gli interventi debbono essere
tali da evitare ogni pregiudizio, sotto il profilo
statico.
Si deve ribadire che la categoria delle "opere
interne" attraversa tutte le definizioni degli
interventi edilizi dell'art.31 della legge 457/1978,
con l'esclusione - per ovvi motivi - della "ristrutturazione
urbanistica" e permane, quindi la necessità
di un raccordo tra le suddette definizioni e la natura
degli interventi compresi nell'art.26 della legge 47/1985.
Va chiarito anzitutto che gli interventi di manutenzione
ordinaria che coincidono, quando sono interni, con
le opere in parola, sono sottratti ad ogni controllo
comunale, sia pure sotto forma della notizia.
Gli interventi di manutenzione straordinaria, invece
- sottoposti ad autorizzazione comunale - possono considerarsi
"opere interne" sempreché non riguardino
l'esterno dell'edificio, se è vero - come prima
si è detto - che anche il rinnovo delle parti
strutturali può essere realizzato con il procedimento
di cui all'art.26.
Gli interventi di restauro e risanamento conservativo,
per rientrare nella categoria delle "opere interne"
devono rispondere alle caratteristiche che connotano
dette opere, con la limitazione della modifica della
destinazione d'uso.
Infine la ristrutturazione edilizia ai fini della sanatoria
è soggetta a concessione edilizia. E' da ritenere
che nell'insieme sistematico di opere che costituiscono
tale intervento, alcune - quando non riguardino né
sagoma né prospetti - possono rientrare nella
categoria delineata dell'art.26, poi abrogato con l'art.8
del decreto legge n.193/1995.
Così, il ripristino o la sostituzione di alcuni
elementi costitutivi dell'edificio o l'inserimento
di impianti. Tuttavia, tali opere non possono essere
considerate "interne" quando hanno la finalità
tipica della ristrutturazione edilizia che è
quella di giungere ad un organismo edilizio in tutto
o in parte diverso dal precedente.
Deve comunque farsi presente che opere complesse, cioè
comportanti interventi di diverso tipo ed ampiezza,
realizzate in una unità immobiliare o in una
costruzione, non possono essere disarticolate e denunziate
separatamente, quando tra esse esista un rapporto di
funzionalità.
Così, non è ammissibile presentare la
relazione sulle opere interne e, separatamente, chiedere
la concessione per l'apertura di una o più finestre
o per la realizzazione di altri interventi esterni,
funzionali o comunque, contestuali a dette opere: è
necessario in questa ipotesi, chiedere, a seconda dei
casi, l'autorizzazione per la manutenzione straordinaria
o la concessione per la ristrutturazione edilizia.
Così pure, non possono essere denunciate come
opere interne, con successive relazioni, quelle intese
a realizzare un organismo in tutto o in parte diverso
dal precedente. Ancora, non può essere denunziato
come opera interna un intervento, in se "neutro"
ma che, di fatto, prelude ad un mutamento di destinazione
d'uso ed è da questo seguito.
La normativa relativa alle opere interne riguarda ogni
tipo di edilizia - residenziale e non - come risulta
chiaramente dall'espressione "costruzioni"
usata dall'art.26.
In particolare per ciò che concerne l'edilizia
industriale, deve farsi presente che sono da considerare
opere interne quelle eseguite entro il perimetro degli
impianti o degli stabilimenti, purché aventi
le caratteristiche indicate nella circolare del Ministero
dei lavori pubblici in data 16-11-1977, n.1918. Ciò
in quanto tale circolare, in relazione alla specificità
della tipologia edilizia e dell'attività svolta,
fornisce una interpretazione ampia dell'intervento
"manutenzione ordinaria" che appare corrispondente
alla nozione di opere interne secondo il disposto dell'art.26.
Come si è detto, la legge prevede che il proprietario
al momento dell'inizio dei lavori presenti una relazione
firmata da un professionista abilitato alla progettazione
che asseveri le opere da compiersi e il rispetto delle
norme di sicurezza e delle norme igienico-sanitarie
vigenti.
Il documento da presentare consiste, quindi, in una
semplice relazione, che potrebbe non essere accompagnata
da planimetrie, con la quale il professionista assevera
- cioè afferma in base ad un necessario accertamento
- quali sono le opere da compiersi. Con la sottoscrizione
della relazione egli dichiara responsabilmente, inoltre,
che le opere da realizzare hanno le caratteristiche
indicate all'art.26 ed in particolare che esse sono
state progettate in modo da rispettare le norme di
sicurezza e quelle igienico-sanitarie vigenti.
La relazione dovrà essere presentata in duplice
esemplare al comune il quale apporrà su quello
restituito al presentatore l'attestazione di copia
conforme; tale esemplare sarà esibito sul luogo
dei lavori e attesterà l'avvenuta denunzia delle
opere. La relazione potrà essere anche spedita
con raccomandata con avviso di ricevimento.
La facoltà di "regolarizzare" l'omessa
comunicazione ex art.26 per tutte le opere interne
è riproposta oggi, con la riapertura dei termini
introdotti dall'art.48, e quindi si devono intendere
applicabili le procedure a suo tempo individuate, con
alcune necessarie specificazioni. Entro il termine
perentorio del 31 marzo 1995, la domanda firmata dal
proprietario della costruzione o dell'unità
immobiliare o da altri aventi titolo, accompagnata
dalla relazione asseverata da parte di un professionista
abilitato che attesti la conformità delle opere
eseguite alla categoria delle dovrà essere presentata,
anche mediante raccomandata con avviso di ricevimento,
al Comune. Tale relazione si rende necessaria - diversamente
dalla previsione del 1985 - in quanto prevista "a
regime" e ha funzione ricognitiva circa i requisiti
tecnici delle opere realizzate, con particolare riguardo
alle norme di sicurezza antincendio, igienico-sanitarie
e alla statica della costruzione.
E' il caso di fare presente che non usufruendo della
possibilità di "regolarizzare" l'omessa
comunicazione ex art.26 entro il termine del 31 marzo
1995, si può incorrere nelle sanzioni contemplate
nel medesimo articolo.
Per meglio definire l'ambito di applicazione della speciale
forma di sanatoria in parola, come si è già
accennato illustrando l'art.26 in caso di interventi
complessi che comprendano anche "opere pubbliche"
queste ultime non possono essere scorporate dal complesso
dei lavori e denunciate separatamente quando tra le
opere esista un rapporto di funzionalità. Infatti,
quando il complesso delle opere configuri uno degli
interventi definiti all'art.31 della legge 457/1978,
sottoposti ad autorizzazione o concessione è
tale intervento che deve essere denunciato.
Quando le opere da sanare sono antecedenti al 31 dicembre
1993, la domanda di concessione in sanatoria deve essere
presentata congiuntamente alla domanda e alla relazione
di cui all'art.48 nel caso in cui esista un rapporto
di funzionalità tra le opere medesime.
Il rapporto in questione può mancare quando le
varie categorie di opere siano state eseguite in parti
nettamente distinte dalla costruzione; ovvero quando
esse siano state realizzate in tempi diversi e così
distanziati tra loro, da escludere ogni relazione di
continuità.
Anche in questi casi, comunque, dovrà essere
allegata alla domanda di concessione in sanatoria anche
la domanda e la relazione di cui all'art.48, per consentire
alla amministrazione comunale di verificare la presenza
del rapporto di funzionalità predetto, e disporre
gli atti conseguenti, tra cui - accertata una rilevanza
delle omissioni tali da configurare una domanda dolosamente
infedele - l'applicazione del Capo I della legge 47/1985.
Capitolo V
MISURA DELL'OBLAZIONE, MODALITA' DI CALCOLO E SCADENZE
PER IL PAGAMENTO
5.1. MISURA DELL'OBLAZIONE
La legge subordina il conseguimento della concessione
o dell'autorizzazione in sanatoria al pagamento di
una somma all'erario (oblazione) e nei casi previsti,
come si darà conto in seguito, di un'altra somma
al comune (contributo di concessione).
Per quanto attiene alla misura dell'oblazione, occorre
riferirsi alle tipologie di abuso descritte nella tabella
allegata alla legge 47/1985: l'ammontare, nei primi
tre casi, deve calcolarsi moltiplicando il valore più
alto (riferito quindi al periodo 30 gennaio 1977 -
1o ottobre 1983) per due, se l'abuso è stato
commesso fino al 15 marzo 1985, o per tre, se l'abuso
riguarda la fascia temporale compresa dal 16 marzo
1985 al 31 dicembre 1993.
Risulta perciò evidente la volontà del
legislatore di distinguere, attraverso un inasprimento
dell'ammontare dell'oblazione, la fase che, pur risultando
antecedente alla entrata in vigore della legge 47/1985,
non era stata inclusa nella sanatoria del 1985 in quanto
successiva al primo decreto legge, n.688 del 30-9-1983,
che ha introdotto nel nostro ordinamento il condono
edilizio, dalla successiva e più recente che,
comunque, viene limitata al 31 dicembre 1993.
Un ulteriore aggravio, pari alla metà dell'importo,
viene anche previsto nei comuni con popolazione superiore
ai centomila abitanti.
Con modalità del tutto differente, per quanto
riguarda l'entità dell'oblazione, sono state
considerate le restanti tipologie di abuso (4, 5, 6,
7 con riferimento, ancora una volta, alla descrizione
dell'oggetto di sanatoria della tabella della legge
47/1985). In questi casi, infatti, vengono fissati
valori dell'oblazione senza alcun riferimento a dati
dimensionali che selezionano l'abuso per il volume
realizzato o per la consistenza delle opere, con la
sola differenziazione dell'importo da corrispondere.
E' da escludere, pertanto, l'applicazione alle tipologie
suddette delle riduzioni di cui si dirà in seguito.
Da tale diversa impostazione discende il fatto che per
le prime tre tipologie il presupposto a base del calcolo
dell'oblazione è la misurazione dapprima del
volume, per il versamento dell'importo fisso di cui
alla tabella B , e quindi della superficie [secondo
i parametri indicati agli artt. 2 e 3 del decreto ministeriale
10-5-1977 in cui sono definite la superficie complessiva
e quella utile abitabile], per la restante parte da
corrispondere anche ratealmente. Con modalità
differenti si opera nei casi 4, 5 e 6: l'oblazione
assume un valore forfettizzato, pari a lire 5.000.000,
che va applicato una volta riconosciuta l'appartenenza
dell'abuso ad una di queste tipologie; analogamente
si procede per un abuso rientrante nella tipologia
7 - oblazione pari a lire 2.000.000 - la cui natura
ed il cui carattere residuale già secondo quanto
previsto dalla legge 47/1985 comportava un pagamento
disancorato a parametri dimensionali.
Per gli abusi di volumetria superiore a 750 mc, qualora
siano riferiti ad ampliamenti residenziali che superino
tale limite o ad abusi aventi le destinazioni d'uso
considerate all'art.34 della legge 47/1985, è
fatto obbligo di versare lire 7.000.000 per i primi
750 mc e, per la parte eccedente, lire 10.000 a mq
(modifica introdotta dal decreto legge 24/1995). Ciò
comporta la necessità di correlare la volumetria
stessa alla superficie complessiva in modo da detrarre
da quest'ultima - per la eventuale integrazione dell'importo
fisso se versato in misura inferiore alla data del
31 marzo 1994 - la quota parte corrispondente ai 750
mc.
Da segnalare, infine, che nel provvedimento in esame
non si riscontrano valori minimi per il pagamento dell'oblazione
in quanto la particolare condizione inserita nella
nota n.4 della tabella allegata alla legge 47/1985
non è estensibile all'attuale normativa che
della tabella stessa recupera unicamente la descrizione
delle tipologie di abuso ma non gli aspetti quantitativi
connessi al pagamento dell'oblazione.
5.2. MODALITÀ DI PAGAMENTO
Anche nel nuovo condono il pagamento dell'oblazione
può essere rateizzato, ma solo se l'abuso rientra
nelle prime tre tipologie.
Il quinto comma, come modificato dalla legge 85/1995,
prescrive infatti che, in tali casi, venga corrisposto,
entro il 31 marzo 1995 una somma fissa in funzione
della volumetria realizzata e consente di dilazionare
la restante parte in quattro rate, di pari importo,
da effetuarsi sulla base delle scadenze indicate nell'art.39.
Diversamente per gli abusi che comportano un pagamento
forfetizzato, occorre ottemperare in una unica soluzione,
il cui termine di pagamento è fissato, anche
in questo caso, al 31 marzo 1995.
In modo del tutto analogo si dovrà procedere
anche in presenza di oblazioni assoggettate a riduzione.
Quanto all'eventualità di una oblazione corrisposta
alla data del 31 dicembre 1994 in misura inferiore
a quella dovuta, per inesattezza di calcolo o per una
errata individuazione della tipologia di abuso, è
possibile operare la necessaria integrazione, entro
il termine di scadenza per la presentazione della domanda
senza applicazione di interesse. L'interesse di mora
è previsto soltanto per gli oneri concessori
nella legge 724. Successivamente alla predetta scadenza,
all'importo dovrà essere aggiunto detto interesse
di mora.
5.3. RIDUZIONI
L'art.39, al tredicesimo comma, prevede riduzioni nel
pagamento dell'oblazione qualora ricorrano "situazioni
di estremo disagio abitativo". I parametri che
misurano tale disagio sono il reddito del nucleo famigliare
relazionato all'ubicazione dell'immobile, ed il carattere
di abitazione principale del richiedente o di un componente
del nucleo famigliare conviventi da almeno due anni,
come specificato al quattordicesimo comma dell'art.39.
In funzione del primo parametro vengono individuate
tre fasce, con soglie differenti a secondo della composizione
del reddito prevalente (da lavoro dipendente o da altre
fonti), a cui corrispondono percentuali di riduzione
del 50 per cento, del 30 per cento e del 25 per cento.
Per l'ubicazione si è tenuto conto innanzitutto
della dimensione demografica del comune - superiore
a 20.000 abitanti, tra 20.000 e 5.000 abitanti, inferiore
a 5.000 abitanti - e quindi, con riferimento alle suddivisioni
operanti per il calcolo dell'equo canone, alle diverse
zone che compongono il territorio comunale. Per usufruire
della riduzione occorre possedere i requisiti fissati
al quattordicesimo comma, oltre all'ulteriore condizione
che prescrive la non trasferibilità a terzi,
a titolo oneroso, dell'immobile entro dieci anni a
decorrere dalla data di entrata in vigore della legge
(in caso contrario è dovuta la differenza tra
l'oblazione corrisposta e quella, maggiorata degli
interessi legali, determinata in assenza di riduzioni).
E' importante segnalare che ai benefici sovrarichiamati
possono assommarsi, qualora sussistano i presupposti,
quelli previsti dalla legge 47/1985.
Mantiene quindi piena efficacia la riduzione di un terzo
riservata alla prima abitazione purché si verifichino
due condizioni. La prima è che l'abitazione
sia stata "eseguita o acquistata" dal soggetto
che presenta l'istanza che quindi si identifica con
il proprietario dell'immobile da sanare. Non possono,
conseguentemente, chiedere il beneficio della riduzione
soggetti che usufruiscono dell'opera abusiva come "prima
abitazione" ma a titolo diverso dalla proprietà
(locazione, uso, abitazione, ecc.) anche se legati
al proprietario da vincoli di parentela: ne può
chiedere tale beneficio il proprietario di uno o più
alloggi che li abbia destinati a "prima abitazione"
di parenti, anche in primo grado.
La seconda condizione è che il richiedente la
sanatoria risieda nell'unità immobiliare per
la quale ha presentato la relativa domanda: a meno
che si tratti di opera ultimata, ma non completata
ai sensi dell'art.31 e, conseguentemente, non abitabile;
del pari si prescinde dalla residenza qualora questa
sia obbligatoriamente fissata da disposizioni di legge,
regolamento o statuto.
La riduzione si applica per unità immobiliari
di qualsiasi superficie - purché non si tratti
di abitazioni di lusso, ovvero classificate catastalmente
A1 - limitatamente ai primi 150 mq. Pertanto, il calcolo
dell'oblazione, quando l'abitazione superi la misura
ora indicata, dovrà essere effettuato distinguendo
le superfici in relazione al diverso regime cui sono
sottoposte.
Una ulteriore riduzione, pari al 50 per cento dell'importo
già ridotto, è concessa ai soggetti -
anche in questo caso non può trattarsi che dei
proprietari - che stipulano con il comune la convenzione
o l'atto di obbligo per determinare canoni di locazione
e prezzi di vendita delle unità immobiliari,
costituenti prima abitazione.
La riduzione di un terzo e quella connessa al convenzionamento
si applicano, ai fini della determinazione dell'oblazione,
per intere unità immobiliari costituenti prima
abitazione non per abusi consistenti in ampliamenti,
interventi sul patrimonio edilizio esistente, ecc.
pur realizzati in una prima abitazione.
Il normale convenzionamento, ai sensi degli artt. 7
e 8 della legge 10/1977, che consente di ottenere la
riduzione del contributo di concessione alla sola quota
commisurata alle opere di urbanizzazione, può,
invece, essere chiesto da qualsiasi soggetto che presenti
l'istanza di concessione in sanatoria ed abbia titolo
a stipulare, alle condizioni previste, la convenzione.
Deve, infine, farsi presente, quanto alle maggiorazioni
previste per le superfici, che esse si applicano alle
singole opere abusive aventi specifica rilevanza e
autonomamente utilizzabili e costituenti, di norma,
una unità immobiliare e non al complesso delle
opere eventualmente realizzate dal soggetto istante
nell'ambito del comune o dell'intero territorio nazionale.
5.4. INTEGRAZIONE DEI VERSAMENTI
In relazione ai termini del versamento dell'oblazione
si precisa che, per quanto riguarda gli errori materiali
commessi nella individuazione della tipologia di abuso,
nonché nelle determinazioni delle riduzioni
riguardanti il versamento dell'acconto, è possibile
l'integrazione del predetto acconto entro i termini
di scadenza previsti dalla legge 724/1994.
Oltre i termini suddetti sarà dovuto l'interesse
legale.
5.5. OBLAZIONE NON CORRISPOSTA INTEGRALMENTE RELATIVA
A DOMANDE PRESENTATE AI SENSI DELLA LEGGE 47/1985
Per quanto attiene all'ipotesi contemplata dal sesto
comma dell'art.39 legge 724/1994, relativa ai soggetti
che avevano presentato domanda di concessione o di
autorizzazione in sanatoria ai sensi della legge 47/1985
o i loro aventi causa (sia a titolo universale che
a titolo particolare) e che ai sensi della predetta
norma avrebbero dovuto versare, entro il 31 marzo 1995,
il triplo della differenza tra la somma dovuta e quella
versata, occorre far presente che l'eventuale mancato
versamento ha determinato la definitiva improcedibilità
della domanda di concessione in sanatoria a suo tempo
presentata.
Capitolo VI
LA MISURA DEI CONTRIBUTI DI CONCESSIONE, LE MODALITA'
DI CALCOLO E SCADENZE PER IL PAGAMENTO
6.1. GENERALITÀ
Una delle principali innovazioni dell'attuale provvedimento
di definizione delle violazioni edilizie riguarda l'obbligo
del versamento di una anticipazione dei contributi
di concessione, stabilita nella tabella C allegata
alla legge n.724/1994, in relazione alle categorie
generali di opere edilizie onerose e sulla base del
parametro della superficie. Si tratta di somme a disposizione
degli Enti Locali che possono consentire l'attivazione
di un processo di recupero urbanistico, ove l'amministrazione
comunale ritenga di dover intervenire con criteri di
priorità.
La suddetta anticipazione dovrà essere effettuata
sia per le istanze di definizione delle violazioni
edilizie presentate ai sensi del provvedimento attuale,
sia per le istanze a suo tempo presentate ai sensi
della legge 47/1985 e non definite per il mancato pagamento
delle rate dell'oblazione dovuta.
6.2. DOMANDE PRESENTATE AI SENSI DELL'ART.39 DELLA LEGGE
724/1994
In primo luogo, occorre richiamare le norme relative
al calcolo della superficie, stabilite nel decreto
del Ministro dei lavori pubblici del 10-5-1977, da
applicare nella determinazione di detta superficie.
Nella tabella C allegata alla legge 724/1994 dovrà
essere individuata la categoria di intervento - nuova
costruzione, ampliamento ovvero ristrutturazione edilizia
e modifiche di destinazione d'uso - nonché la
classe demografica di appartenenza del comune ove è
situato l'immobile oggetto della sanatoria, secondo
quanto riportato nel decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri 14-6-1993, pubblicato nel Supplemento
Ordinario alla Gazzetta Ufficiale n.146 del 24-6-1993,
fatti salvi i comuni di nuova istituzione dal 1991
in poi. Rispetto alle tipologie di abuso numeri 1,
2 o 3 dovrà essere applicato il valore individuato
nella tabella relativa alla "nuova costruzione,
ampliamento", mentre nel caso di tipologia di
abuso 4 dovrà essere utilizzato il valore individuato
nella tabella "ristrutturazione edilizie e modifiche
della destinazione d'uso".
Dalla semplice moltiplicazione dei due elementi viene
individuata la somma da corrispondere a titolo di anticipazione
del contributo di concessione. Occorre evidenziare
che la tabella C non distingue tra il contributo relativo
all'art.5 e quello di cui all'art.6 della legge 10/1977,
relativi rispettivamente al contributo in ragione degli
oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione.
Tale circostanza dovrà essere tenuta in considerazione
dagli Enti Locali nel determinare il conguaglio dovuto.
Ai fini della individuazione dell'obbligo di versamento
dell'anticipazione degli oneri concessori, si pone
la necessità di verificare preliminarmente se
sussistano le condizioni per la corresponsione o meno
del suddetto contributo. Si precisa che gli oneri di
concessione:
- non sono dovuti per le costruzioni realizzate prima
del 1o settembre 1967;
- sono dovuti, in presenza di disposizioni regionali,
nella sola misura relativa alle opere di urbanizzazione
per le costruzioni realizzate tra il 2 settembre 1967
e il 29 gennaio 1977;
- sono interamente dovuti nella misura prevista dagli
artt. 5 e 6 della legge 10/1977 per le costruzioni
realizzate dopo il 30 gennaio 1977.
E' inoltre necessario verificare se, in relazione alla
natura delle opere abusive nonché della destinazione
d'uso dell'immobile, ricorra o meno l'obbligo del pagamento
degli oneri di concessione, in base a quanto disposto
dalla citata legge 10/1977. A titolo esemplificativo
si richiamano le seguenti categorie di opere che non
sono incluse tra quelle onerose: - opere edili finalizzate
all'eliminazione delle barriere architettoniche (art.7
legge 13/1989);
- opere interne (art.26 legge 47/1985);
- opere costituenti pertinenze o impianti tecnologici
al servizio di edifici già esistenti, occupazioni
di suolo mediante deposito di materiali o esposizione
di merci a cielo libero, opere di demolizione, reinterri
e gli scavi che non riguardino la coltivazione di cave
e torbiere (art.7 legge 94/1982);
- parcheggi pertinenziali realizzati nel sottosuolo
o al piano terreno dei fabbricati, fino alla superficie
massima prevista all'art.41-sexies della Legge Urbanistica,
qualora tali parcheggi siano legati pertinenzialmente
all'unità immobiliare del richiedente tramite
atto d'obbligo unilaterale.
Il secondo capoverso del nono comma dell'art.39 prevede
che qualora siano state eseguite o si intendano eseguire
opere di urbanizzazione, in proprio oppure attraverso
forme consortili, è possibile scomputare dall'anticipazione
dovuta il valore delle opere pubbliche eseguite, purché
rispondenti ai requisiti tecnici e prestazionali richiesti
dall'amministrazione comunale.
E' necessario pertanto, secondo quanto previsto dal
nono comma, terzo capoverso dell'art.39, che le amministrazioni
comunali, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore
della legge 724/1994 (che entra in vigore il 1o gennaio
1995), - quindi entro il 1o marzo 1995 - abbiano determinato
le modalità di pagamento del conguaglio dovuto
a seguito della richiesta di scorporo del valore delle
opere suddette.
Le suddette modalità dovranno essere inserite
all'interno di una apposita convenzione per il rispetto
degli adempimenti a carico del richiedente e di quanto
altro richiesto dall'amministrazione comunale.
Per quanto attiene alla possibilità di determinare
la misura degli oneri concessori secondo la normativa
vigente deve rilevarsi che la legge non specifica su
chi debba ricadere tale compito.
Appare legittimo, pertanto, che sia lo stesso richiedente
ad effettuare tale determinazione e a corrispondere
- qualora l'importo da versare ai sensi della legge
10/1977 sia minore di quanto dovuto applicando la tabella
C - il minore importo.
Per quanto riguarda i dati metrici (superfici e volumi)
relativi al computo di detti oneri concessori, si richiama
il decreto ministeriale 10-5-1977 che deve essere considerato
prevalente sulle modalità di misurazione derivanti
dai regolamenti edilizi.
Qualora tuttavia non fosse possibile fare riferimento
ad alcuna normativa la volumetria verrà calcolata
dal piano di sistemazione post-operam alla linea di
gronda, oppure, in altri casi, come ad esempio le soffitte
sottotetto o i seminterrati resi abitabili la volumetria
deve essere calcolata secondo i dati geometrici.
E' necessario altresì che le amministrazioni
comunali, ove possibile, si attivino per l'adozione
e la pubblicità delle norme e dei parametri
vigenti nel proprio territorio comunale al fine di
rendere più semplice e diretto, da parte dei
richiedenti, la verifica del minore importo da corrispondere
tra l'anticipazione nella tabella allegata alla legge
724/1994 e gli oneri concessori effettivamente dovuti
ai sensi della legge 10/1977. Il versamento degli oneri
concessori è effettuato a favore del comune
ove è ubicato l'abuso da sanare e pertanto non
deve essere sommato all'importo da versare a titolo
di oblazione. Le amministrazioni comunali dovranno
determinare e rendere pubbliche le modalità
di corresponsione degli oneri concessori dovuti, nonché
gli elementi necessari per il collegamento tra la domanda
di sanatoria e il versamento effettuato.
Si precisa infatti, che l'attestazione del versamento
delle rate degli oneri concessori devono essere allegate
alla domanda di sanatoria entro un anno dalla data
di scadenza del termine per la presentazione della
domanda, ovvero entro il termine massimo del 31 marzo
1996, ai fini del formarsi del provvedimento implicito
di concessione o autorizzazione in sanatoria, ferme
restando le date di scadenza per i successivi pagamenti
degli oneri concessori.
L'anticipazione degli oneri concessori secondo la tabella
C, può essere corrisposta in quattro rate, di
pari importo, alle scadenze fissate dalla legge 85/1995
per la rateizzazione dell'oblazione dovuta, rispettivamente
15 aprile, 15 luglio, 15 settembre e 15 dicembre del
1995, con la maggiorazione dell'interesse del 10% annuo
sulle somme dovute. Si fa presente che la suddetta
rateizzazione è possibile anche nel caso in
cui sia stata già interamente corrisposta l'oblazione.
Ovviamente non sarà dovuto l'interesse sugli
oneri versati entro il 31 marzo 1995.
Qualora invece l'importo da corrispondere sia calcolato
secondo i parametri e le norme applicative della legge
10/1977, il pagamento deve essere effettuato, in unica
soluzione, entro il 31 marzo 1995, oppure ad una delle
scadenze previste per la rateizzazione sommando, in
tal caso, l'interesse di mora del 10 per cento annuo
a decorrere dalla data di scadenza del termine di presentazione
della domanda.
6.3. DOMANDE PRESENTATE AI SENSI DELLA LEGGE 47/1985
Il pagamento dell'anticipazione degli oneri concessori
deve essere effettuato esclusivamente da parte dei
soggetti che non hanno corrisposto l'intera oblazione
dovuta a seguito della presentazione della domanda
di concessione in sanatoria ai sensi della legge 47/1985
per il mancato pagamento di una o più rate dell'importo
a suo tempo determinato e che, quindi, sono soggetti
al versamento del triplo dell'importo di detta parte
residua dell'oblazione non corrisposta entro il 31
marzo 1995. Tali soggetti devono versare anche l'anticipo
degli oneri concessori pari al 70 per cento degli importi
al mq individuati nella tabella C. In caso di mancato
versamento dovrà essere applicato l'interesse
di mora pari al 10 per cento annuo.
Per tali soggetti, ove l'oblazione sia stata interamente
versata, secondo l'importo a suo tempo individuato
nel relativo modello 47/1985, l'anticipazione degli
oneri concessori non è dovuta e sarà
in tal caso l'amministrazione comunale a procedere
alla determinazione e alla riscossione degli oneri
concessori effettivamente dovuti.
La superficie da moltiplicare per gli importi unitari,
di seguito individuati, dovrà essere quella
esposta nei modelli 47/1985 a suo tempo presentati
all'amministrazione comunale, ovvero pari alla superficie
effettiva, calcolata secondo quanto già indicato
al precedente punto 6.2., qualora si fosse riscontrato
un errore di calcolo. Detta superficie deve essere
moltiplicata per il 70 per cento degli importi unitari
della tabella C.
L'importo complessivo così determinato costituisce
l'intera cifra da versare a titolo di anticipazione
degli oneri concessori, che sarà oggetto della
verifica da parte dell'amministrazione comunale per
la determinazione dell'eventuale conguaglio dovuto.
La suddetta anticipazione deve essere versata, con le
modalità stabilite da ciascuna amministrazione
comunale, entro il sessantesimo giorno dalla data di
entrata in vigore della legge 724/1994, cioè
entro il 1o marzo 1995.
Qualora alla scadenza prevista non fosse effettuato
il versamento, dovrà essere corrisposto anche
l'interesse di mora pari al 10 per cento annuo.
Si fa presente che la ricevuta della suddetta anticipazione
deve essere allegata, entro la data del 31 marzo 1996,
alla domanda di sanatoria a suo tempo presentata all'amministrazione
comunale ai sensi della legge 47/1985, per la decorrenza
del termine di formazione del provvedimento tacito
di concessione o autorizzazione in sanatoria. E' di
tutta evidenza, infatti, che qualora il comune procedesse
ad una verifica della istanza non definita e non integrata
da pagamento del triplo dell'oblazione residua - nonché
dell'anticipazione degli oneri concessori - dovrebbe
procedere all'applicazione del capo I della legge 47/1985.
Anche nel caso del completamento delle istanze di sanatoria
ai sensi della legge 47/1985 l'art.39 non specifica
a chi spetti il compito di verificare se l'importo
dell'anticipazione da corrispondere ai sensi della
tabella C sia inferiore a quanto effettivamente dovuto
in applicazione della normativa nazionale e regionale
vigente ai sensi della legge 10/1977. Si deve pertanto
ritenere che la suddetta verifica vada condotta dal
richiedente, con la precisazione che i parametri da
adottare devono essere quelli vigenti alla data del
30 giugno 1989, data di formazione del "silenzio-assenso"
previsto all'art.35, dodicesimo comma, della legge
47/1985.
6.4. CONGUAGLIO DEI VERSAMENTI EFFETTUATI
Entro un anno dalla data di scadenza della presentazione
della domanda, cioè entro il 31 marzo 1996,
le amministrazioni comunali sono tenute alla verifica
e alla definizione dell'importo dovuto a titolo di
conguaglio. Tale previsione riguarda sia le domande
presentate ai sensi dell'art.39 della legge 724/1994,
sia il completamento delle domande presentate ai sensi
della legge 47/1985.
In considerazione del termine introdotto dall'undicesimo
comma dell'art.39 si raccomanda quindi agli Enti Locali
una prioritaria e sollecita verifica delle istanze
di sanatoria su tale specifico aspetto. E' da ritenere,
inoltre che il trascorrere dei 60 giorni successivi
alla notifica della richiesta per gli adempimenti da
parte dell'interessato, determini, in caso di mancato
pagamento del conguaglio, l'applicazione dell'art.3
della legge 47/1985, circa il ritardato od omesso versamento
del contributo di concessione.
6.5. NORMATIVA REGIONALE IN MATERIA DI ONERI CONCESSORI
RELATIVA ALLA SANATORIA EDILIZIA
L'esplicita riapertura dei termini contenuti nei capi
IV e V della legge 47/1985 riportata nel primo comma,
terzo capoverso dell'art.39 della legge 724/1994, consente
alle regioni di legiferare, entro novanta giorni dal
1o gennaio 1995, in merito alla misura del contributo
di concessione da versare per le istanze di sanatoria.
Occorre fare presente, tuttavia, in considerazione
del divario tra gli oneri concessori e il costo effettivo
delle opere da realizzare l'opportunità che
le regioni, prima di adottare provvedimenti di riduzione
del contributo concessorio, verifichino attentamente,
sulla base dei suddetti costi effettivi, se gli oneri
da corrispondere siano sufficienti per la dotazione
di opere di urbanizzazione.
Al riguardo deve anche precisarsi che le disposizioni
a suo tempo adottate dalle regioni in base all'art.37
della legge 47/1985, trovano ancora applicazione relativamente
alle opere realizzate entro il 1o ottobre 1983, sempre
che sia stata presentata la domanda di concessione
in sanatoria ex legge 47/1985. Per gli abusi successivamente
commessi resta la facoltà delle regioni di legiferare
entro il termine di novanta giorni dall'entrata in
vigore della legge 724/1994 (che entra in vigore il
1o gennaio 1995).
Capitolo VII
OPERE COSTRUITE SU AREE SOTTOPOSTE A VINCOLO
7.1. GENERALITÀ
L'art.32 della legge 47/1985 pone, innanzitutto un principio
generale, e cioè che il rilascio della concessione
in sanatoria per opere eseguite su aree sottoposte
a vincolo è subordinato a parere favorevole
delle amministrazioni regionali e statali preposte
alla tutela del vincolo stesso. Si tratta di vincoli
la cui tutela è affidata alla discrezionale
valutazione dell'amministrazione che può consentire,
negare o sottoporre a condizioni l'edificazione o,
comunque, la trasformazione del territorio. La norma
non si riferisce, pertanto, alle destinazioni di piano
il cui rispetto è assicurato dal comune nell'esercizio
dei suoi poteri, ma ai vincoli posti da amministrazioni
diverse da quella comunale.
7.2. RIFERIMENTI ALL'EPOCA DI IMPOSIZIONE DEL VINCOLO
L'art.32 non precisa in quale momento il vincolo deve
essere stato imposto, perché sorga la necessità
di acquisire il parere favorevole dell'amministrazione
preposta alla tutela del vincolo medesimo. La norma,
anzi, usa una espressione ampia ma che non ne definisce
sicuramente l'ambito di applicazione ("opere eseguite
su aree sottoposte vincolo") che necessita di
interpretazione sulla base dei principi generali. Il
principio che trova applicazione quando si tratti di
concessioni di edificare è che esse (comprese
quelle in sanatoria) siano rilasciate sulla base della
vigente normativa urbanistica al momento del rilascio.
Pertanto, nessuna questione sorge quando il vincolo
preesisteva alla realizzazione dell'opera abusiva e
permane tuttora: alla violazione della normativa urbanistica
si aggiunge quella del vincolo e, conseguentemente,
è necessario acquisire il parere dell'amministrazione
preposta alla tutela del vincolo medesimo.
Quando l'opera abusiva è stata realizzata in
contrasto con un vincolo poi venuto meno, e pertanto
inesistente al momento della concessione in sanatoria
ovvero della formazione del silenzio- assenso, non
trova applicazione e nessun parere deve essere richiesto:
l'amministrazione, d'altra parte, non avrebbe la potestà
di negare un parere favorevole, quando il vincolo non
esistesse al momento dell'esame dell'opera abusiva.
Quando, invece, il vincolo è intervenuto dopo
la realizzazione dell'opera abusiva è necessario
chiedere il parere previsto dall'art.32, che sarà
rilasciato tenendo conto dell'esistenza del vincolo
in parola. Si tratta, infatti, di opere che, in precedenza
- mancando della concessione o essendo state realizzate
in difformità da questa - non avevano giuridica
esistenza e, quindi, in occasione della richiesta di
concessione in sanatoria, debbono essere valutate secondo
la normativa vigente al momento del relativo rilascio.
L'art.32, peraltro, lascia al discrezionale apprezzamento
dell'amministrazione preposta alla tutela del vincolo
la determinazione in ordine al parere. Tale amministrazione,
cioè, deve sempre valutare l'opera in relazione
agli interessi da tutelare: cosicché potrebbe
rilasciare parere favorevole alla concessione in sanatoria,
anche quando il vincolo sopravvenuto comportasse la
inedificabilità assoluta.
7.3. PARERE DELLE AMMINISTRAZIONI PREPOSTE ALLA TUTELA
DEL VINCOLO
Il parere delle amministrazioni competenti è,
per il Comune, obbligatorio - nel senso che esso non
può provvedere senza aver preso cognizione del
parere - e vincolante ai fini del rilascio della concessione
in sanatoria.
Trattandosi di un sub-procedimento, spetta di norma
al comune chiedere alla competente amministrazione
il parere: e ciò significa anche che ricade
sul comune la responsabilità del rilascio della
concessione in conformità a tutti i pareri necessari.
Tuttavia, ciò non esclude che l'interessato possa
assumersi il compito di chiedere direttamente all'amministrazione
competente il parere necessario. In tale caso, egli
deve allegare alla domanda di concessione il parere
già ottenuto, o in alternativa, allegare copia
conforme della istanza rivolta alla amministrazione
che tutela al vincolo, in modo che il comune possa
tenere conto dell'esito dell'istanza in parola: poiché,
a seconda del tipo di vincolo e della natura dell'abuso,
il mancato pronunciamento dell'amministrazione competente
alla tutela, equivale o a silenzio rifiuto o a silenzio-assenso.
In ogni caso, il privato deve inviare al comune tante
copie di domande (con relativa documentazione) quanti
sono i vincoli di cui gli risulti l'esistenza.
Nei casi in cui sia il comune a chiedere il parere,
deve farlo con modalità che permettano di individuare
una data certa, appunto perché tale data è
quella dalla quale decorrono i termini sopraddetti.
Il comune, inoltre, è tenuto a comunicare il
parere negativo - espresso o tacito - e la conseguente
reiezione della domanda di sanatoria, all'interessato,
il quale potrebbe esperire i rimedi giurisdizionali
avverso il provvedimento della amministrazione preposta
alla tutela del vincolo.
Il parere dell'amministrazione preposta alla tutela
del vincolo, è elemento importante nel procedimento
di sanatoria, perché condiziona sia la ripresa
dei lavori, sia la formazione del silenzio-assenso
sull'istanza di concessione in sanatoria: e, quindi,
sarà opportuno che le competenti amministrazioni
provvedano tempestivamente, anche perché il
silenzio-rifiuto immotivato originerebbe un contenzioso,
dagli esiti incerti per la pubblica amministrazione.
7.4. CATEGORIE DI VINCOLI
Il secondo comma dell'art.32 stabilisce che sono sanabili
le opere eseguite abusivamente su aree vincolate dopo
la loro realizzazione, purché si verifichino
alcune condizioni.
La prima categoria cui la norma fa riferimento è
quella delle opere realizzate (lettera a) in difformità
dalla normativa antisismica e la condizione è
che l'edificio sia staticamente idoneo o che lo divenga
a seguito di un intervento di adeguamento.
La lettera b) riguarda le costruzioni realizzate in
contrasto con le previsioni urbanistiche di destinazione
ad edifici o spazi pubblici: e la condizione di sanabilità
consiste in un evento futuro, poiché tali costruzioni
non dovranno risultare in contrasto con le varianti
di recupero urbanistico che i comuni formeranno nel
rispetto dei criteri stabiliti dalle regioni ai sensi
del Capo III della legge 47/1985. Nell'ipotesi della
lettera b), pertanto, il responsabile dell'abuso deve
presentare istanza di concessione in sanatoria nei
termini stabiliti dall'art.35 conseguendo gli effetti
collegati a tale presentazione e al versamento dell'oblazione;
ma potrà ottenere la concessione solo dopo l'approvazione
della variante di recupero.
Deve farsi presente - in relazione alla sentenza n.92/1982
della Corte costituzionale - che, trascorso il termine
quinquennale di efficacia delle norme urbanistiche
che prevedono la destinazione ad edifici o spazi pubblici,
cessa il relativo vincolo; e pertanto viene a mancare
il contrasto ipotizzato dall'art.32, lettera b) della
legge 47/1985. Il comune, tuttavia, potrebbe confermare
il vincolo con la variante di recupero.
Infine (lettera c) sono sanabili le costruzioni realizzate
nelle fasce poste a protezione del nastro stradale,
a condizione che non costituiscano minaccia alla sicurezza
del traffico. I criteri per stabilire se esista tale
minaccia e se, perciò, la concessione in sanatoria
debba essere negata, possono indicarsi come segue:
a) Abusi singoli su strada in rettilineo.
Quando l'abuso sia costituito da un fabbricato di piccole
dimensioni su strada diritta senza intersezioni, curve
o singolarità planovolumetrica prossime, la
concessione edilizia in sanatoria è ammissibile
ove il manufatto disti dalla strada almeno 5 m, ovvero
almeno metà della larghezza della strada, se
superiore tale frazione a 5 m.
b) Abusi "singoli" su intersezione stradale.
E' opportuno assumere una perimetrazione flessibile
con valori minimi e massimi, entro i quali l'amministrazione
comunale, sentito l'ente proprietario della strada,
possa adottare le sue determinazioni. Si può
ipotizzare il valore minimo quello di cui al punto
a); mentre per il valore massimo quello di cui al decreto
ministeriale 1-4-1968, n.1404), ma con distacchi limitati
ad una sola lunghezza. Al di fuori di tali valori,
è da ritenere che non sussistano le condizioni
per il rilascio della concessione in sanatoria.
c) Abusi plurimi o di dimensioni notevoli su strada
in rettilineo.
Non possono essere rilasciate concessioni quando manchi
un distacco pari almeno alla metà dei valori
di cui alla tabella dell'art.4 del decreto ministeriale
1-4-1968, n.1404.
d) Abusi plurimi su intersezione stradale.
E' opportuno considerare una fascia avente la dimensione
minima corrispondente a quella prevista all'art.5 del
decreto ministeriale 1-4-1968, n.1404 con distacchi
limitati ad una sola lunghezza e massima al valore
integrale dell'art.5 dello stesso decreto ministeriale.
Al di sotto di detti valori minimi non appare possibile
alcuna concessione in sanatoria.
e) Abusi singoli o plurimi in corrispondenza di curve,
dossi, disuniformità planovolumetriche.
L'amplia diversificazione dei casi in concreto riscontrabili
suggerisce di conferire l'accertamento della "minaccia"
alla valutazione documentata delle amministrazioni
comunali e degli enti proprietari delle strade, fermo
restando il minimo inderogabile di cui al terzo comma
dell'art.19 della legge 765/1967. Naturalmente, le
amministrazioni dovranno tenere massimo conto della
casistica degli incidenti verificatisi in dette zone.
Si ritiene, inoltre, essenziale prescrivere che nei
casi c), d) ed e), le amministrazioni comunali subordinino
il rilascio della concessione in sanatoria alla destinazione
a parcheggio, mediante atto d'obbligo in forma pubblica,
della intera fascia residua tra strada ed edificio;
a destinazione privata per quanto richiesto dal secondo
comma dell'art.2 della legge 122/1989 ed anche destinazione
pubblica ove nei fabbricati coesistano attività
commerciali, artigianali o produttive.
Comunque, il rilascio della concessione, per le costruzioni
nelle fasce di rispetto stradale, è subordinato
anche al parere favorevole dell'ente proprietario della
strada.
Quando le condizioni indicate non si verifichino, le
opere abusive sono da considerarsi non suscettibili
di sanatoria; e quindi, nei loro confronti, trovano
applicazione le disposizioni del Capo I della legge
47/1985.
Per le opere abusive realizzate da privati su aree di
proprietà dello Stato o di enti pubblici territoriali,
senza titolo che abiliti al godimento del suolo, il
rilascio della concessione o dell'autorizzazione in
sanatoria è subordinato anche alla disponibilità
dell'ente a concedere onerosamente l'uso del suolo
su cui insiste la costruzione.
Le opere in questione, tuttavia, ai sensi dell'art.33
della legge 47/1985, sono insuscettibili di sanatoria
anche dopo aver eventualmente ottenuto la concessione
del suolo in tutti i casi in cui ricadono in zone sottoposte
a vincolo di inedificabilità ovvero, ai sensi
dell'art.32, sono sanabili soltanto se si verifichino
le condizioni previste.
7.5. DISCIPLINA DEL RILASCIO DEI PARERI
Ai sensi del decreto legge 193/1995 il formarsi del
silenzio- rifiuto sulla domanda di parere è
ricollegato soltanto alle opere abusive eseguite su
aree soggette alle leggi 1089/1939, 1497/1939, 431/1985
(vincoli storici, paesistici e ambientali) nonché
a vincoli, sia di normativa che di piano, imposti a
tutela di interessi idrogeologici e delle falde acquifere.
Per gli altri vincoli non riconducibili alle leggi sopra
citate, l'inutile decorso del termine di centottanta
giorni per l'emissione del parere configura invece
il formarsi del silenzio assenso sulla domanda presentata,
con conseguente possibilità di rilasciare la
concessione od autorizzazione, ove siano rispettate
le condizioni urbanistico-edilizie per la sanatoria.
L'art.39 della legge 724/1994 ha, però, introdotto
un'ulteriore diversificazione in merito al regime da
applicarsi per il rilascio dei pareri relativo ad opere
eseguite su immobili vincolati ai sensi della legge
1497/1939 e 431/1985 (tutela paesaggistica ed ambientale).
Ove tali opere siano definibili come ampliamento ovvero
rientrino in tipologie di abusi che non abbiano comportato
aumento di superficie o volume, il termine per il rilascio
del parere è ridotto a centoventi giorni ed
all'inutile decorso del termine è ricollegato
il formarsi del silenzio-assenso sulla domanda di parere.
In questo caso il parere, anche se ottenuto "per
silentium" è vanificato dall'annullamento
ministeriale che potrà sempre conseguire, nei
termini di legge, alla trasmissione della documentazione
da parte della Regione o dell'ente locale sub-delegato
alla Sovrintendenza competente.
In proposito devesi altresì sottolineare che
ai sensi del terzo periodo, primo comma dell'art.32
della legge 47/1985 (introdotto dall'art.12 del decreto
legge 2/1988 convertito nella legge 68/1988) il parere
non è richiesto quando si tratta di violazioni
riguardanti l'altezza, i distacchi, la cubatura o la
superficie coperta che non eccedano il 2 per cento
della misura prescritta.
Tale disposizione deve però intendersi derogata
dal settimo comma dell'art.39 della legge 724/1994,
per gli aspetti concernenti la tutela ambientale, in
quanto incompatibile con la normativa sopravvenuta.
Analogamente, l'art.39 si sostituisce, solo ai fini
del condono, al disposto del penultimo comma dell'art.82
del decreto del Presidente della Repubblica 616/1977,
come integrato dall'art.1 della legge 431/1985, che
non richiede l'autorizzazione di cui all'art.7 della
legge 1497/1939 per "gli interventi di manutenzione
ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico
e di restauro conservativo che non alterino lo stato
dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici, nonché
per l'esercizio dell'attività agro-silvo-pastorale
che non comporti alterazione permanente dello stato
dei luoghi, per costruzioni edilizie o da altre opere
civili, e sempre che si tratti di attività ed
opere che non alterino l'assetto idrogeologico del
territorio".
Si deve infine ricordare che ai sensi dell'art.12 del
decreto legge 2/1988 convertito nella legge 68/1988,
il parere prescritto dall'art.32 della legge 47/1985,
ed ora dell'art.39 della legge 724/1994, è reso
in base alla procedura prevista dal nono comma dell'art.82
del decreto del Presidente della Repubblica 616/1977,
come integrato dall'art.1 della legge 431/1985, il
quale prevede l'intervento congiunto della Regione
e del Ministero dei beni culturali ed ambientali. Si
precisa che il termine di centoventi giorni previsto
dal settimo comma è riferito al parere della
regione, mentre il Ministro dei beni culturali esplica
il potere di annullamento successivo entro 60 giorni.
A tale proposito, si ritiene opportuno che il richiedente
dia notizia all'Amministrazione regionale di aver attivato,
alla scadenza dei centottanta giorni previsti per la
formazione del silenzio rifiuto, la procedura concorrente
presso il Ministero dei beni culturali. E' opportuno
infatti, per evitare duplicazioni di atti, che la Regione
sospenda l'emissione del parere per il periodo di tempo
occorrente all'Amministrazione centrale al rilascio
del nulla osta.
La procedura per il rilascio del nulla osta per le richieste
effettuate dopo il 1o gennaio 1995 sono quelle definite
dall'art.32 della legge 47/1985, come modificato dall'art.39
della legge 724/1994 e con le ulteriori integrazioni
previste dal decreto legge 193/1995. Ne consegue che
relativamente agli ampliamenti ed alle tipologie di
abuso che non comportano aumenti di superficie e volume,
in immobili soggetti a tutela ambientale e paesistica,
al trascorrere di centoventi giorni dalla richiesta
di sanatoria il parere si intende reso in senso favorevole.
7.6. OPERE NON SUSCETTIBILI DI SANATORIA
L'indicazione delle opere abusive non suscettibili di
sanatoria, contenuta nell'art.33 comprende il contrasto
con "ogni altro vincolo che comporti le inedificabilità
delle aree".
Quest'ultima dizione contenuta nella lettera d) deve
considerarsi di carattere residuale, con la conseguenza
che le precedenti lettere sono meramente esemplificative.
L'ampiezza dell'indicazione è evidente anche
in relazione alla inclusione, tra i vincoli tutelati,
di quelli imposti non solo dalle leggi, statali e regionali,
ma anche da strumenti urbanistici.
Le opere in questione, tuttavia, debbono essere state
realizzate dopo l'imposizione del vincolo per essere
insuscettibili di sanatoria.
Qualora l'opera sia stata realizzata prima dell'imposizione
del vincolo si è evidentemente al di fuori di
ogni fattispecie limitativa. Si ritiene infatti che
debba farsi applicazione della norma di carattere generale
contenuta nel primo comma dell'art.32, con la conseguenza
che i vincoli assumono un contenuto e una efficacia
analoghi a quelli parziali.
Le opere realizzate su immobili vincolati ai sensi della
legge 1089/1939 sono di sanabilità condizionata,
poiché la loro esclusione dalla sanatoria si
verifica solo nella ipotesi in cui siano incompatibili
con la tutela prevista dalla menzionata legge.
Tale valutazione non può che competere all'autorità,
come individuata ai sensi dell'art.32, il cui parere
negativo - sempre in analogia con quanto previsto in
quest'ultimo articolo - sarà vincolante ai fini
della sanatoria.
Pertanto, il giudizio di insanabilità non può
competere al comune ma, come per le opere di cui al
primo comma dell'art.32, è di spettanza dell'amministrazione
preposta alla tutela del vincolo: il comune (o l'interessato)
dovranno, quindi, chiedere il parere previsto dalla
disposizione ora menzionata.
Il recupero di opere abusive in contrasto con vincoli
di inedificabilità deve considerarsi inammissibile
tutte le volte che il vincolo medesimo è posto
da leggi statali o regionali; è invece, da ritenere
consentito quando esso è previsto dal piano
regolatore e venga rimosso con l'adozione di una variante
di recupero. Solo in questa ultima ipotesi il comune
può "disporre", modificandolo o eliminandolo,
del vincolo preesistente, emanazione della sua volontà.
Una ulteriore categoria di opere abusive non suscettibili
di sanatoria è stata introdotta nella nuova
disciplina del condono edilizio e da ultimo confermata
al sesto comma dell'art.2 del decreto legge 193/1995;
si tratta di costruzioni abusive, entro e fuori terra,
realizzate in aree già boschive danneggiate
o distrutte da eventi naturali o atti vandalici e che
rientrano pertanto nella previsione di cui all'art.33
della legge 47/1985.
Per le opere non suscettibili di sanatoria si applicano
le sanzioni del Capo I della legge 47/1985 ed in particolare
la demolizione, stante la preminente esigenza di assicurare
la salvaguardia dei valori tutelati del vincolo.
Capitolo VIII
SANZIONI PENALI E SOSPENSIONE DEI PROCEDIMENTI IN CORSO
8.1. Effetti dell'oblazione e della concessione in sanatoria
Il primo comma dell'art.38 della legge 47/1985 dispone
che "la presentazione entro il termine perentorio
della domanda ...., accompagnata dall'attestazione
del versamento della somma di cui al primo comma dell'art.35,
sospende il procedimento penale e quello per sanzioni
amministrative".
Pertanto, la sospensione dei procedimenti prevista ope
legis, dall'art.44, dalla data di entrata in vigore
della legge fino alla scadenza dei termini di presentazione
della domanda è destinata a protrarsi per effetto
della presentazione della medesima domanda corredata
dal pagamento dell'oblazione (almeno nei limiti della
quota di cui alla tabella B allegata alla presente
legge, ovvero nella misura forfettaria stabilita per
le tipologie di abuso nn.4, 5, 6, 7). Ciò in
quanto conseguenza degli effetti del disposto dell'art.38,
che assicura l'estinzione dei reati contravvenzioni
(secondo comma) e delle sanzioni amministrative (terzo
comma).
Quanto alla sospensione del procedimento penale - ma
non dell'attività di indagine e dell'esercizio
dell'azione penale - va richiamata la giurisprudenza
già formatasi in materia di condono, secondo
la quale l'effetto sospensivo non dipende dal provvedimento
(nella specie quindi dichiarativo) del giudice, ma
si ricollega direttamente alla legge stessa, in presenza
delle condizioni stabilite da questa, che il giudice
ha il potere di accertare.
La sospensione si protrae per tutta la durata del procedimento
di condono, salvo il diniego della concessione in sanatoria,
e comunque fino al versamento dell'intera oblazione,
che estingue i reati contravvenzionali previsti dalla
legge 1150/1942 e successive modificazioni ed in ultimo
dalla legge 47/1985, dall'art.221 del Testo Unico leggi
sanitarie di cui al regio decreto 27-7-1934 n.1265
, dalla legge 5-11-1971 n.1086, ed infine dalla legge
2-2-1974, n.64.
La sospensione del procedimento penale, per l'effetto
del termine di prescrizione dei reati, concerne esclusivamente
le violazioni alle normative sopra indicate, integrative
di illeciti penali oggetto di estinzione per oblazione.
E' previsto dall'art.38, terzo comma, della legge 47/1985,
la cui norma viene richiamata dalla presente legge,
che, qualora nei confronti dei richiedenti il condono
sia intervenuta sentenza definitiva di condanna per
i reati sopra indicati, dell'oblazione viene fatta
annotazione nel casellario giudiziale, non dovendosi
tenere conto di tale condanna esclusivamente agli effetti
dell'applicazione della recidiva e del beneficio della
sospensione condizionale della pena. Tale limitazione
degli effetti estintivi è stata ritenuta corretta
e coerente con la scelta di utilizzare una misura di
clemenza atipica e comunque diversa dall'amnistia,
e risulta pertanto non fondata la questione di legittimità
costituzionale della norma nella parte in cui non prevede
la sospensione dell'esecuzione della pena in favore
di coloro che, già condannati con sentenza definitiva
prima dell'entrata in vigore della legge del condono
(prima secondo la L.47/1985, oggi in base alla L.724/1994),
abbiano attivato la procedura della sanatoria nelle
forme e nei termini prescritti.
Pertanto, si deve ritenere che a seguito della fattispecie
estintiva in esame il giudice dell'esecuzione non possa
provvedere alla revoca della sentenza di condanna divenuta
definitiva anteriormente all'entrata in vigore dei
decreti legge reiterati che hanno portato all'approvazione
della presente legge, né disporre la sospensione
degli effetti della condanna predetta, contrariamente
a quanto previsto dall'art.673 c.p.p. (norma analoga
a quella corrispondente del codice di rito penale previgente,
in materia di esecuzione).
La presentazione della domanda di sanatoria con l'attestazione
del pagamento dell'oblazione ha effetti sospensivi
anche riguardo ai provvedimenti di applicazione delle
sanzioni amministrative, nonché relativamente
all'esecuzione delle stesse (sempre inerenti alle leggi
sopra indicate).
La sospensione riguarda soltanto i procedimenti aventi
ad oggetto l'applicazione di sanzioni, e non anche
quelli riguardanti la legittimità o meno della
concessione edilizia.
La normativa in esame è peraltro conforme alla
giurisprudenza amministrativa formatasi anteriormente
alla legge 47/1985, secondo la quale, in caso di presentazione
di una domanda in sanatoria, il sindaco, ovvero l'autorità
amministrativa competente, erano tenuti ad astenersi,
pena l'illegittimità del conseguente provvedimento,
dall'esercizio del potere sanzionatorio, prima di aver
accertato la sanabilità dell'opera eseguita.
A seguito del rilascio della concessione o dell'autorizzazione
in sanatoria, non si applicano le sanzioni amministrative,
ivi comprese le pene pecuniarie e le soprattasse previste
per le
violazioni delle disposizioni in materia di imposte
sui redditi relativamente ai fabbricati abusivamente
eseguiti, "sempreché le somme dovute a
titolo di oblazione siano state corrisposte per intero".
La norma del quinto comma dell'art.38 della legge 47/1985
stabilisce che possono beneficiare degli effetti estintivi
penali tutti i soggetti interessati al condono edilizio,
ancorché non siano proprietari dell'immobile
oggetto dell'abuso. In tale caso alla domanda di condono
va allegata la prova del versamento dell'oblazione
nella misura del 30 per cento rispetto a quella dovuta
dal proprietario, il tutto con il rispetto dei termini
prescritti.
Fra i suddetti soggetti vanno compresi i concorrenti
nei medesimi reati che, nell'indagine processuale,
risultino interessati al conseguimento della sanatoria
stessa, ivi compresi i pubblici ufficiali, sempreché
l'illecito edilizio o urbanistico non sia assorbito
dal più grave reato contro la pubblica amministrazione.
8.2. EFFETTI DEL DINIEGO DI SANATORIA
Il diniego della sanatoria, per motivi diversi dall'insanabilità
dell'opera abusiva, non è ostativo all'estinzione
dei reati contravvenzionali, a seguito dell'intero
versamento della oblazione.
Per effetto della norma in esame è stato ritenuto
che l'estinzione possa riferirsi - sussitendo le condizioni
di legge ed osservando i termini e le forme della legge
stessa previsti - anche alle ipotesi in cui la sanatoria
sia intervenuta prima dell'entrata in vigore della
legge sul condono, ad esempio nelle ipotesi di sanatoria
introdotte dalle leggi regionali.
In caso di diniego della sanatoria, sono disciplinati
gli effetti esclusivamente con riguardo alle sanzioni
amministrative punite in misura pecuniaria, nel senso
che la somma corrisposta a titolo di oblazione possa
essere imputata a quanto dovuto per le predette sanzioni.
Il che implica l'esclusione di qualsiasi effetto per
le sanzioni ripristinatorie, previste per gli abusi
più gravi.
8.3. SOSPENSIONE DEI PROCEDIMENTI
La norma dell'art.44 della legge 47/1985 prevede la
sospensione automatica - di natura provvisoria - dei
procedimenti amministrativi e giurisdizionali nonché
dell'esecuzione delle sanzioni amministrative, e la
sospensione dei procedimenti penali (con esclusione
dell'esecuzione delle sentenze definitive), ed infine
dell'applicazione dell'art.15 della legge 765/1967
dalla data di entrata in vigore dei decreti legge emanati
a partire dal 1994 e fino alla scadenza dei termini
di presentazione della domanda di sanatoria.
La sospensione non si applica ai procedimenti cautelari
innanzi al giudice amministrativo, che comunque possono
essere oggetto di rinuncia da parte dell'interessato.
La sospensione riguarda solo i procedimenti relativi
all'applicazione delle sanzioni e quindi, per quanto
attiene ai procedimenti innanzi al giudice amministrativo
o al giudice civile, essa non si estende ai giudizi
relativi alla legittimità della concessione
ovvero alle violazioni delle prescrizioni edilizie
ed urbanistiche a tutela dei diritti dei privati.
Capitolo IX
ATTI DI TRASFERIMENTO DEGLI IMMOBILI OGGETTO DI SANATORIA
9.1. GENERALITÀ
Occorre innanzitutto ribadire che l'eventuale nullità
degli atti di trasferimento è circoscritta soltanto
agli immobili eseguiti in assenza di concessione o
in totale difformità da essa (nei casi in cui
si abbia condizioni di equiparazione alle prime), mentre
non sono oggetto ad alcun limite alla commerciabilità
gli abusi di minore gravità che restano assoggettati
alle sanzioni di tipo amministrativo o penale.
Tale affermazione trova un ricorrente sostegno nell'indirizzo
giurisprudenziale sulla tipologia degli abusi che rendono
il bene incommerciabile ed è in linea, del resto,
con il principio desumibile dal primo comma dello stesso
art.40 della legge 47/1985, che ricollega le sanzioni
di cui al Capo I della legge 47/1985 (sanzioni alle
quali si allinea nella sostanza anche la nullità
sancita dal secondo comma dello stesso art.40) alle
"opere abusive realizzate in totale difformita'
o in assenza della licenza o concessione".
Ai fini della commerciabilità del bene abusivo,
comunque, vengono in esame due norme di base: l'art.39,
primo comma, della legge 724/1994, e l'art.5, secondo
comma, del decreto legge 193/1995.
Per la prima, anche per il nuovo condono si applicano
le disposizioni della legge 47/1985 (e quindi trova
integrale applicazione l'art.40 della legge stessa,
sulle modalità che devono essere osservate per
la validità degli atti posti in essere, con
oggetto manufatti abusivi). E' evidente che le disposizioni
della legge 47/1985 sono da considerare con le modifiche
apportate dall'art.39.
Per la seconda, il contributo concessorio, mentre rileva
ai fini della commerciabilità del bene abusivo
per il nuovo condono, non incide sulla procedura di
condono instaurata ai sensi della legge 47/1985 e già
definita per provvedimento di sanatoria espresso oppure
per silenzio assenso.
La disciplina che risulta dall'insieme coordinato delle
due richiamate disposizioni può essere così
ripartita:
- istanze definite ai sensi della legge 47/1985;
- istanze non definite ai sensi della legge 47/1985;
- istanze di condono presentate ai sensi della nuova
legge 724/1994.
9.2. DOMANDE PRESENTATE AI SENSI DELLA LEGGE 47/1985
Per effetto del richiamo che la legge 724/1994 fa alla
legge 47/1985, si individuano le seguenti situazioni:
a) se il Comune ha rilasciato la concessione in sanatoria,
ai sensi dell'art.31 della legge 47/1985, occorre che
in atto risultino, per dichiarazione dell'alienante,
gli estremi della predetta concessione in sanatoria;
b) se il Comune non ha ancora rilasciato in modo formale
la concessione in sanatoria, si intende formata, in
generale e fatti salvi i casi di esclusione previsti
dalla legge 47/1985, la procedura del silenzio assenso
purché ne siano verificati i presupposti che
consistono: nella presenza della domanda (di cui occorre
riportare gli estremi nell'atto); nella attestazione
relativa all'intera oblazione autoliquidata (calcolata
dal richiedente contestualmente alla presentazione
della domanda); nella documentazione comprovante l'accatastamento
del bene; nell'attestazione che non si tratti di un
immobile vincolato ovvero, in caso contrario, che siano
trascorsi ventiquattro mesi dal rilascio del nulla
osta favorevole.
Non è da ritenere a questo fine necessario l'eventuale
conguaglio di oblazione richiesto dal Comune se la
richiesta stessa sia avvenuta dal ventiquattresimo
al trentaseiesimo mese dalla data di presentazione
della domanda. Infatti, dalla lettura coordinata del
sesto comma dell'art.39 della legge 724/1994 con il
dodicesimo comma dell'art.35 della legge 47/1985, si
evince che il comune può richiedere la somma
dovuta a conguaglio, ma se intende interrompere il
formarsi del silenzio assenso, occorre che la richiesta
sia effettuata prima dello scadere dei ventiquattro
mesi. Trascorso tale periodo senza che il comune abbia
esplicitato la somma dovuta a conguaglio, il silenzio
assenso si realizza, fermo restando che il comune ha
dodici mesi di tempo per comunicare eventuali somme
dovute a conguaglio, che si concretizzeranno comunque
in un rapporto di credito-debito tra privato ed amministrazione
comunale e con l'avvertenza che, trascorsi i trentasei
mesi dalla presentazione della domanda di condono,
eventuali conguagli non possono essere più richiesti
per il verificarsi della prescrizione.
Va inoltre ribadito che il silenzio assenso ha lo stesso
effetto del provvedimento di sanatoria e quindi va
qualificato come un vero e proprio provvedimento amministrativo,
ancorché fondato sull'inerzia dell'amministrazione,
che con questo strumento viene indotta a non procrastinare
all'infinito gli atti dovuti. In ogni caso, si ritiene
che possa essere fornita in atto la ricognizione dei
presupposti di formazione del silenzio-assenso o attraverso
un'attestazione della Amministrazione, oppure con dichiarazione
sostitutiva di atto notorio resa dall'alienante.
L'art.5, secondo comma, del decreto legge 193/1995 stabilisce
che "le norme ... concernenti il contributo concessorio
non trovano applicazione per le domande di sanatoria
presentate entro il 30 giugno 1987". Ciò
significa che per gli immobili oggetto di domande di
condono presentate ai sensi della legge 47/1985, definite
per silenzio assenso oppure non ancora istruite, ai
fini della commerciabilità del bene è
ininfluente il pagamento del contributo concessorio,
che rileva, eventualmente, solo ai fini dell'attribuzione
della parte che si fa carico per il pagamento.
9.3. DOMANDE PRESENTATE AI SENSI DELLA LEGGE 47/1985
INTEGRATE CON GLI ADEMPIMENTI DI CUI ALL'ART.39 DELLA
LEGGE 724/1994
Il sesto comma dell'art.39 della legge 724/1994 stabilisce
che per le domande di condono presentate ai sensi della
legge 47/1985, se non è stata interamente corrisposta
l'oblazione dovuta ai sensi della stessa legge, gli
interessati, "a pena d'improcedibilità
della domanda, devono versare, in luogo della somma
residua, il triplo della differenza tra la somma dovuta
e quella versata, in unica soluzione entro il 31 dicembre
1994".
La norma accredita l'interpretazione che la condizione
essenziale affinché il silenzio assenso sia
considerato definitivamente formato è che l'oblazione
sia stata interamente versata, intendendo per oblazione
esclusivamente quella autoliquidata.
Per esplicitare la norma occorre tener presente che
il legislatore ha inteso prescrivere il versamento
aggiuntivo dell'oblazione soltanto con riferimento
all'oblazione autoliquidata, senza tenere conto del
conguaglio richiesto dal comune, presumibilmente per
offrire agli operatori giuridici più certezza
documentale.
Il sesto comma dell'art.39 prescrive che il versamento
del triplo deve avvenire "a pena di improcedibilità
della domanda"; il che significa che la procedura
di condono, se non si verifica il versamento della
somma aggiuntiva di oblazione, non può proseguire
il suo corso, con l'ovvia conseguenza che il silenzio
assenso non potrà mai essere considerato concluso,
e quindi che il comune non potrà mai rilasciare
provvedimento di sanatoria.
Se ne deduce che il bene abusivo, non potendo venir
sanato, resta incommerciabile ai sensi della legge
47/1985, salvo che l'interessato abbia riproposto la
domanda di condono alla luce delle nuove disposizioni,
assoggettandosi agli esborsi previsti dalla nuova normativa,
ma attivando nel contempo una nuova procedura.
9.4. VERSAMENTO TARDIVO DELL'INTEGRAZIONE DELL'OBLAZIONE
Il sesto comma della legge 724/1994, come modificato
dal decreto legge 193/1995 prevede che il versamento
del triplo dell'oblazione insoluta non possa avvenire
oltre la data del 31 marzo 1995, senza dar luogo all'incommerciabilità
del bene abusivo. Nella fattispecie in esame, anche
a seguito delle modifiche all'art.39 introdotte dal
decreto legge 88/1995, ai fini della dimostrazione
della procedibilità della domanda, è
necessario trasmettere all'amministrazione comunale
copia dell'avvenuto pagamento del triplo dell'oblazione
dovuta, unitamente al numero di protocollo dell'istanza
a suo tempo presentata.
Dal suddetto invio decorrerà un nuovo termine,
ai sensi dell'art.39 della legge 724/1994, che, in
osservanza delle prescrizioni di legge, comporta la
formazione del silenzio-assenso.
9.5. DOMANDE PRESENTATE AI SENSI DELL'ART.39 DELLA LEGGE
724/1994
Ai fini della commerciabilità del bene oggetto
di sanatoria, occorre riferirsi all'art.5, secondo
comma, del decreto legge 193/1995, per effetto del
quale è necessario indicare nell'atto:
a) se la procedura di silenzio assenso non si è
ancora conclusa:
- gli estremi della domanda di condono;
- gli estremi del versamento dell'intera oblazione e
dell'intero contributo concessorio (ove dovuto) determinati
dal richiedente;
b) se la procedura di silenzio assenso si è già
conclusa:
- gli estremi della data della domanda;
- gli estremi del versamento dell'intera oblazione e
dell'intero contributo concessorio (ove dovuto) determinati
dal richiedente;
- dichiarazione prodotta dall'interessato che il comune
non ha provveduto ad emettere il provvedimento di sanatoria
nei termini previsti dall'art.39 della legge 724/1994.
Il testo del decreto legge consente che si faccia riferimento
agli estremi di un precedente atto pubblico contenente
quanto sopra.
Resta fermo che per la formazione del silenzio assenso
debbono esistere le seguenti condizioni:
- la presenza della domanda di sanatoria procedibile;
- l'intero versamento dell'oblazione;
- l'intero versamento del contributo di concessione;
- l'eventuale integrazione dell'oblazione e degli oneri
concessori richiesti nei termini dall'Amministrazione
comunale;
- la trasmissione della richiesta di accatastamento
alla Amministrazione comunale;
- la formazione del parere favorevole, anche in modo
implicito attraverso il silenzio assenso, dell'Amministrazione
preposta alla tutela, qualora l'immobile sia soggetto
a vincolo.
9.6. COMMERCIABILITÀ DI IMMOBILI OGGETTO DI RIDUZIONE
DELLA OBLAZIONE PER DISAGIO ABITATIVO
Ai fini della commerciabilità del bene condonato
con le agevolazioni previste dall'art.39, quindicesimo
comma, della legge 724/1994, la norma impone all'alienante
di corrispondere oblazione e contributo concessorio
nella giusta misura, versando la parte di somma non
corrisposta con l'agevolazione maggiorata degli interessi
e conclude disponendo che "la ricevuta del versamento
della somma eccedente deve essere allegata a pena di
nullità all'atto di trasferimento dell'immobile".
Va subito chiarito che la norma non trova applicazione:
per gli atti mortis causa; per le donazioni e per gli
atti a titolo gratuito in genere.
La norma si riferisce espressamente agli atti di trasferimento
di diritti reali "inter vivos a titolo oneroso
a terzi", intendendo per "terzi" tutti
i soggetti estranei al diritto che viene trasferito.
9.7. ABUSI EDILIZI REALIZZATI DA INDAGATI DI MAFIA O
DI RICICLAGGIO DI DENARO
La sanatoria è sospesa per gli abusi edilizi
commessi da soggetti "indagati" per reati
previsti dall'art.416 bis codice penale (reati di mafia)
o per reati di riciclaggio di danaro, o per abusi commessi
da terzi per conto dei soggetti predetti; la sospensione
dura fino all'esito del procedimento penale ed in caso
di condanna definitiva la sanatoria non può
essere concessa.
La sentenza di condanna in tal caso comporta l'applicazione
delle sanzioni penali previste dall'art.20 della legge
47/1985, che dispone ad un tempo la confisca dei beni
abusivi e l'acquisizione di diritto gratuita di essi
al patrimonio del comune. In tal caso la sentenza opera
come titolo ai fini del trasferimento della proprietà
immobiliare (art.39, dodicesimo comma della legge 724/1994).
Considerato che è vietata la comunicazione delle
iscrizioni contenute nel registro degli indagati fino
a che non si sia assunta la qualità di imputato
(art.335, ultimo comma codice di procedura civile),
il pubblico ufficiale che riceva un atto che abbia
come parte alienante un soggetto indagato ai sensi
della norma in discorso si troverà nella materiale
impossibilità di acquisire conoscenza sulla
qualità di indagato di una delle parti negoziali.
L'atto comunque non sarà sanzionato con la nullità,
ferma soltanto la possibilità che il bene possa
essere confiscato, con effetti, quindi, sulla completezza
della transazione e non sulla validità sostanziale
del negozio.
Capitolo X
RAPPORTI CON LA LEGISLAZIONE DELLE REGIONI A STATUTO
SPECIALE
Il ventunesimo comma dell'art.39 riguarda l'applicabilità
delle disposizioni per la definizione agevolata delle
violazioni edilizie alle regioni a statuto speciale
e alle province di Trento e Bolzano.
Al riguardo - per rendere più chiara la norma
del ventunesimo comma - deve farsi presente che la
sanatoria comporta adempimenti relativi a due aspetti
distinti. Il primo è quello di carattere penale
(e, perciò, dell'oblazione) in ordine al quale
solo lo Stato può provvedere, mentre nessuna
competenza deve essere riconosciuta alla autonomia,
sia pure a carattere speciale, delle regioni o delle
province.
L'altro è quello amministrativo, connesso con
il contributo di concessione che, invece, è
- in via generale - di competenza delle regioni, anche
a statuto ordinario, ai sensi degli artt. 5 e 6 della
legge 10/1977. E pertanto, le disposizioni - relative
al contributo di concessione - contenute nell'art.39,
si limitano ad indicare l'entità del contributo
da corrispondere quale anticipazione.
Al riguardo, può farsi riferimento anche al disposto
dell'art.1 della legge 47/1985 che, nel dichiarare
il carattere di legge-quadro della stessa, precisa
che le regioni emanano le disposizioni di competenza,
nell'ambito del nuovo quadro normativo, "fermo
restando quanto previsto dal Capo IV": quello,
cioè, dedicato alla sanatoria. Invero, tale
capo contiene anche norme in materia di contributi
di concessione (art.37); ma ne rinvia l'applicazione
alle regioni.
Ciò premesso:
- le disposizioni dell'art.39, relative all'oblazione
(misure, termini e ogni altra connessa norma), si applicano
anche nelle regioni a statuto speciale e nelle province
autonome;
- le disposizioni relative al contributo di concessione
si applicano, comunque, alle regioni a statuto ordinario,
fermo restando l'esercizio della facoltà di
cui all'art.37 della legge 47/1985, mentre in quelle
a statuto speciale e alle province autonome si applicano
soltanto se compatibili (o non in contrasto) con le
norme eventualmente approvate ai fini dell'applicazione
dell'art.39.
(c) 1996 Note's