[Note's] CIRCOLARE MINISTERO LAVORI PUBBLICI 30 GIUGNO 1995, N.31/Seg.

(G.U. 12-10-1995)

DISPOSIZIONI ESPLICATIVE DELLA LEGGE 24 DICEMBRE 1993, N. 560, RECANTE: <<NORME IN MATERIA DI ALIENAZIONE DEGLI ALLOGGI DI EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA>>

A seguito di quesiti posti da amministrazioni centrali e locali, nonché da diversi IACP, su questioni riguardanti l'applicazione della legge 24 dicembre 1993, n.560, questo Ministero ritiene opportuno riunire le singole risposte in un'unica circolare esplicativa, partitamente divisa per argomenti.
La presente circolare attesa la peculiare natura del provvedimento legislativo, non esaurisce del tutto le problematiche inerenti l'alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica e pertanto questo Ministero si riserva di integrare le argomentazioni sotto esposte, a seguito di ulteriori quesiti proposti dagli enti attuatori, anche con successive circolari.

1. AMBITO DI APPLICAZIONE
La legge 24 dicembre 1993, n.560, definisce come alloggi di edilizia residenziale pubblica, assoggettandoli di conseguenza alle disposizioni introdotte dalla stessa, quelli acquisiti, realizzati o recuperati:
a) a totale carico o con il concorso o con il contributo dello Stato, della Regione o di enti pubblici territoriali;
b) ai sensi della legge 6 marzo 1976, n.52, recante <<Interventi straordinari per l'edilizia a favore del personale civile e militare della pubblica sicurezza, dell'Arma dei carabinieri del Corpo della guardia di finanza, del Corpo degli agenti di custodia e del Corpo forestale dello Stato>>;
c) con i fondi derivanti dai contributi GESCAL (legge 14 febbraio 1963, n.60);
d) con i fondi dello Stato, degli enti pubblici territoriali, degli IACP e loro consorzi, comunque denominati.
Sono espressamente inseriti nelle disposizioni per l'alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, anche quelli di proprietà della Amministrazione delle PP.TT., delle Ferrovie dello Stato S.p.A.., degli Enti di sviluppo, del Ministero del tesoro già di proprietà degli Enti previdenziali disciolti.
Rispetto ai criteri generali emanati dal CIPE con deliberazione del 19 novembre 1981, la legge non fa alcun riferimento al fatto che gli alloggi siano stati o meno acquistati, realizzati o recuperati per le finalità sociali proprie dell'edilizia residenziale pubblica, ma si limita ad introdurre una connotazione legata esclusivamente alla natura del soggetto che ha finanziato, anche parzialmente, la costruzione, il recupero o l'acquisto delle abitazioni. Ne è prova l'esplicita citazione degli alloggi costruiti ai sensi della legge 6 marzo 1976, n.52 a favore del personale delle forze dell'ordine, i quali sono assegnati con criteri e da organismi diversi da quelli ordinari, ed il cui canone locativo è determinato con regole particolari.
Di conseguenza, la legge n.560/1993 deve essere applicata nei confronti di tutti quegli alloggi che rientrano nelle fattispecie sopra indicate, a prescindere dal fatto che essi siano stati assegnati in base ai criteri di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1972, n.1035, ovvero alle leggi regionali emanate in attuazione della deliberazione del CIPE sopra indicata; è egualmente irrilevante il fatto che l'ente proprietario applichi o meno, nei loro confronti, il canone sociale previsto dalle medesime disposizioni.
Rientrano pertanto nella previsione della legge anche le abitazioni costruite con i programmi speciali o straordinari, soprattutto nei comuni ad alta tensione abitativa, ai sensi della legge 15 febbraio 1980, n.25, della legge 25 marzo 1982, n.94, della legge 5 aprile 1985, n.118 e simili indipendentemente dai criteri e dai requisiti previsti per l'assegnazione o locazione e dal tipo di canone corrispettivo applicato (equo canone o canone sociale).

2. ALLOGGI DI SERVIZIO
Sono esclusi dall'applicazione della legge gli alloggi <<di servizio oggetto di concessione amministrativa in connessione con particolari funzioni attribuite a pubblici dipendenti>> .
La dizione della norma ha dato origine a dubbi interpretativi, soprattutto in ordine alla possibilità di alienare gli alloggi ex INCIS, ora trasferiti agli IACP.
Per meglio comprendere la questione è opportuno esaminare brevemente la normativa in materia, a partire dal T.U. 28 aprile 1938, n.1165.
L'istituto nazionale per le case degli impiegati dello Stato (INCIS) venne creato allo scopo di fornire ai pubblici dipendenti alloggi a condizioni favorevoli.
Ai sensi dell'art.378 del T.U. nella concessione delle abitazioni doveva darsi, di regola, preferenza agli impiegati forniti di minore stipendio e, tra questi, a quelli coniugati con prole, salvi i casi speciali segnalati dalle Amministrazioni dello Stato per esigenze di servizio e quelli accertati direttamente dall'istituto. Potevano inoltre concorrere all'assegnazione anche i soggetti pensionati, purché ex dipendenti.
In seguito, le leggi 18 marzo 1939, n.134, e 27 dicembre 1953, n.980, hanno previsto la realizzazione, sempre da parte dell'INCIS, di alloggi da assegnare in locazione semplice al personale dell'Amministrazione della P.S. e dell'Arma dei carabinieri, ad opera di una speciale commissione istituita presso le prefetture, in base ai criteri contenuti nel decreto del Presidente della Repubblica 27 novembre 1954, n.1406.
Le graduatorie venivano formulate ai sensi dell'art.4 del citato decreto del Presidente della Repubblica n.1406/1954, secondo le seguenti regole di valutazione:
1) opportunità dell'assegnazione in riferimento a preminenti esigenze di servizio, specialmente nei confronti di personale trasferito d'ufficio;
2) condizioni economiche dell'aspirante e del suo nucleo familiare, con preferenza dei meno agiati;
3) situazione di famiglia dell'aspirante medesimo;
4) maggiore anzianità di servizio.
Erano preferiti, a parità di condizioni, i coniugati con prole rispetto a quelli senza prole e questi ultimi rispetto a quelli non coniugati. Potevano, peraltro, essere valutate particolari situazioni di famiglia debitamente documentate.
Dalla breve illustrazione della normativa in materia emerge chiaramente come le esigenze di servizio risultino del tutto secondarie, rispetto alla finalità della legge, il cui scopo era sostanzialmente quello di agevolare alcune categorie di pubblici dipendenti.
Il T.U. n.1165 del 1938, del resto, prevedeva dei benefici nei confronti di molteplici categorie di lavoratori, come per esempio i dipendenti dell'Amministrazione delle Ferrovie e delle Poste, i cui alloggi sono esplicitamente ricompresi nell'ambito di applicazione della legge n.560/1993.
Nella disciplina del T.U. la condizione di dipendente pubblico costituisce uno degli elementi per l'accesso alla locazione di alloggi riservati ai lavoratori dello Stato.
Al contrario la legge 22 ottobre 1971, n.865, al secondo comma dell'art.1, ha escluso dalla programmazione unitaria dei fondi di edilizia pubblica quelli destinati alla costruzione di alloggi <<la cui concessione sia essenzialmente condizionata alla prestazione in loco di un determinato servizio presso pubbliche amministrazioni, nonché di quelli che si trovano negli stessi immobili nei quali hanno sede uffici, comandi, reparti o servizi delle amministrazioni predette>> esplicitando un concetto ben definito e restrittivo dell'alloggio di servizio.
Per tale ragione il comma 1 dell'articolo unico della legge n.560/1993 comprende, tra gli alloggi alienabili, quelli costruiti ai sensi della legge 6 marzo 1976, n.52. In tale legge infatti, è previsto essenzialmente un intervento assistenziale e straordinario a favore delle famiglie del personale delle Forze dell'ordine e non è prevista la costruzione di alloggi di servizio, come potrebbe apparentemente sembrare. Infatti, tale normativa speciale non deroga alle finalità della legge n.865/1971, ma, stante il suo tenore letterale, lascia chiaramente capire che gli alloggi con essa costruiti rientrano nell'edilizia residenziale pubblica vera e propria. Per la realizzazione di tali alloggi è invero previsto l'intervento del CER. La costruzione di detti alloggi deve avvenire ad opera esclusiva degli Istituti autonomi per le case popolari con localizzazione in aree PEEP.
Lo specifico inserimento nella legge n.560/1993 degli alloggi edificati ex-legge n.52/1976 è volto, essenzialmente, a chiarire che tale patrimonio edilizio può essere alienato, con esclusione tuttavia degli alloggi costruiti ai sensi dell'art.5 della citata legge n.52/1976, che richiama esigenze di servizio limitatamente alle abitazioni realizzate nelle province di Trento e di Bolzano, per le quali vengono dettate disposizioni particolari.
La vera nozione in senso stretto di alloggi di servizio può essere rinvenuta nella legge 18 agosto 1978, n.497, la quale dispone la costruzione di alloggi per garantire la funzionalità degli enti, comandi e reparti delle Forze armate.
L'art.5 della legge predetta nega espressamente la qualifica di infrastrutture militari agli alloggi ex INCIS militari e conferma per gli stessi la sottoposizione al regime previsto dal T.U. del 1938, n.1165.
La legge classifica inoltre i vari tipi di alloggi di servizio e ancor più puntualmente li individua il relativo regolamento 1o marzo 1980. In particolare sono definiti alloggi di servizio gratuiti (ASG) quelli occupati da personale a cui sia affidata, in modo continuativo, la custodia dell'edificio o dell'impianto nel quale è compreso l'alloggio e a cui siano attribuiti, sempre in maniera continuativa, funzioni di consegnatario di deposito o di magazzino.
Rientrano in tale definizione anche gli alloggi che per motivi di sicurezza sono collocati all'esterno dell'edificio. In questi casi, la concessione dell'alloggio costituisce più un onere che un vantaggio per l'impiegato che è obbligato ad abitarvi, per garantire la necessaria continuità del servizio sul posto o nell'insediamento in cui è inserito l'appartamento medesimo.
Altri casi di alloggi di servizio in senso proprio, per citare i più importanti, possono essere individuati nelle abitazioni concesse a:
1) i direttori di istituti di prevenzione e pena (art.116 del regio decreto 30 luglio 1940, n.2041);
2) i prefetti (art.11 del regio decreto 3 marzo 1934, n.10);
3) i comandanti della stazione locale dei carabinieri;
4) i dirigenti degli uffici di dogana e di porto;
5) i cantonieri stradali (articoli 5 e 7 del decreto del Presidente della Repubblica 20 maggio 1966, n.866);
6) i capi stazione ed i casellanti ferroviari;
7) i comandanti dei vigili del fuoco (art.21 della legge n.1570/1941).
Ai sensi della legge n.497/1978 possono essere definiti alloggi di servizio in senso stretto anche quelli connessi al servizio con obbligo di rappresentanza inerente alle funzioni svolte o ad esigenze logistiche e di servizio collettivo. Tali appartamenti, concessi in uso gratuito o semigratuito indipendentemente dalla proprietà o disponibilità di altro alloggio da parte del beneficiario, richiedono l'assoluta interdipendenza tra la funzione espletata e l'immobile.
Va ribadito che i suddetti alloggi non sono alienabili in quanto rientrano nella fattispecie di cui al comma 3, articolo unico, della legge n.560/1993.
Non si è invece in presenza di alloggio di servizio laddove il beneficiario sostenga il pagamento del canone nonché i costi di gestione e non possa conseguire il beneficio stesso qualora abbia la disponibilità di altra abitazione.
Va inoltre sottolineato il fatto che, ai sensi dell'art.17 della legge n.497/1978, l'assegnazione degli alloggi di servizio è assoggettata al regime delle <<concessioni amministrative>>.
Alla luce delle predette considerazioni è evidente come gli alloggi INCIS non possano essere qualificati, propriamente <<di servizio>>. Per essi infatti il rapporto d'impiego è un presupposto per l'utilizzo dell'alloggio, ma non la finalità essenziale della concessione.
Un'ulteriore conferma dell'assimilazione degli alloggi ex-INCIS alla disciplina generale dell'edilizia residenziale pubblica deriva anche dall'art.22 della legge n.497/1978. Tale articolo ha esteso agli utenti di tali abitazioni, nonché alla vedova e agli altri conviventi al momento del decesso, i requisiti reddituali e di impossidenza di altri immobili propri della generalità degli assegnatari, nonché le disposizioni in materia di canone sociale ex art.22 della legge n.513/1977.
Anche la giurisprudenza sembra prevalentemente orientata verso una concezione restrittiva dell'alloggio di servizio, che va quindi inteso quale abitazione assegnata <<intuitu ministerii>> o comunque condizionata alla prestazione di una determinata attività presso gli uffici del luogo in cui si trova l'immobile (Cass., 4 ottobre 1982, n.5074; 10 giugno 1983, n.3983; 30 maggio 1984, n.3305; 4 ottobre 1984, n.4915).
Più incisivamente il Consiglio di Stato (9 luglio 1974, n.532) ha affermato che la concessione degli alloggi di servizio è indissolubilmente ed esclusivamente connessa alla specialità e costanza di alcuni rapporti di impiego e prescinde completamente dalla situazione e dalla composizione della famiglia del funzionario interessato.
Non vi è dubbio che la legge n.560/1993, nell'individuare le abitazioni escluse dalla vendita faccia riferimento alla definizione più restrittiva dell'alloggio di servizio il quale deve essere <<oggetto di concessione amministrativa in connessione con particolari funzioni attribuite a pubblici dipendenti>>.
Per meglio chiarire l'ambito di applicazione della legge n.560/1993, giova ribadire che il secondo comma dell'articolo unico della legge medesima prevede esplicitamente la vendita degli alloggi di proprietà dell'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni costruiti o acquistati ai sensi:
- dell'art.1, n.3), del decreto del Presidente della Repubblica 17 gennaio 1959, n.2, e successive modificazioni;
- della legge 7 giugno 1975, n.227: <<Programma di interventi straordinari per la meccanizzazione e l'automazione dei servizi postali, di bancoposta e telegrafici, per il riassetto dei servizi telefonici nonché per la costruzione di alloggi di servizio da assegnare in locazione semplice ai dipendenti del Ministero delle poste e delle telecomunicazioni>>;
- della legge 10 febbraio 1982, n.39, e successive modificazioni: <<Autorizzazione alle aziende dipendenti dal Ministero delle poste e delle telecomunicazioni a proseguire nella realizzazione dei programmi di potenziamento e di riassetto dei servizi e di costruzione di alloggi di servizio per il personale postelegrafonico Disciplina dei collaudi>>;
- della legge 29 gennaio 1992, n.58: <<Disposizioni per la riforma del settore delle telecomunicazioni>>.
Tali abitazioni, al pari di quelle ex-INCIS, sono state costruite per particolari categorie di dipendenti pubblici e sono state spesso esplicitamente qualificate di servizio ed oggetto di concessione amministrativa. Infatti, ai sensi dell'art.7 della legge n.227/1975, gli alloggi <<di servizio>> ivi previsti sono assegnati in locazione semplice ai dipendenti dell'Amministrazione delle PP.TT. ad opera del consiglio di amministrazione che, per la formazione delle graduatorie eventualmente necessarie si uniforma alle disposizioni contenute nel decreto del Presidente della Repubblica n.1035/1972.
L'ultimo comma dell'art.7 citato prevede infine che la concessione termini dopo un anno dalla cessazione del servizio o dal trasferimento ad altra sede. A sua volta l'art.9 della legge n.39/1982 stabilisce che i canoni di concessione degli alloggi di servizio delle aziende dipendenti dal Ministero delle poste e telecomunicazioni sia effettuata sulla base delle disposizioni vigenti in materia di canone sociale e che la concessione degli alloggi decada dopo un anno dalla cessazione del dipendente dal servizio.
Lo stesso Ministero è inoltre delegato ad emanare un regolamento di attuazione disciplinante l'individuazione degli alloggi di servizio, le modalità di concessione degli appartamenti, la formazione delle graduatorie ed in specie del punteggio il quale è determinato in base alla composizione ed al reddito del nucleo familiare, nonché ai benefici già goduti ed al disagio causato dal trasferimento in una nuova sede.
(Si deve notare infine che in sede di emanazione del decreto del Presidente della Repubblica 17 gennaio 1959, n.2, e successive modificazioni, recante disposizioni per la cessione in proprietà degli alloggi economici e popolari, si è introdotta una norma specifica, contenuta nell'art.2, lettera a) al fine di escludere dalla vendita gli edifici INCIS, evidentemente non ritenendo sufficiente la previsione generale di cui alla successiva lettera b), ai sensi della quale non era possibile alienare <<gli alloggi la cui concessione sia essenzialmente condizionata alla prestazione in loco di un determinato servizio presso pubbliche amministrazioni>>).
Si ritiene pertanto che possano essere inseriti nei piani di vendita gli alloggi ex INCIS nonché tutte le altre abitazioni latamente intese <<di servizio>>, ivi compresi gli appartamenti di edilizia pubblica assegnati a particolari categorie di pubblici dipendenti, in particolare alle forze dell'ordine in seguito a graduatorie speciali o riserve (articoli 9 e 10 del decreto del Presidente della Repubblica n.1035/1972 e disposizioni regionali attuative dei paragrafi 4 e 8 della delibera CIPE del 19 novembre 1981).

3. PIANI DI VENDITA
Il comma 4 dell'articolo unico della legge prevede che le Regioni, entro 60 giorni dalla sua entrata in vigore, formulino, su proposta degli enti proprietari e sentiti i comuni, piani di vendita al fine di rendere alienabile dal 50 al 75% del patrimonio abitativo esistente nel territorio di ciascuna provincia. Trascorso tale termine gli enti proprietari, nel rispetto dei predetti limiti, procedono alle alienazioni in favore dei soggetti aventi titolo.
La finalità esclusiva della cessione è quella di realizzare nuovi programmi per lo sviluppo di tale settore.
Dalla norma discende innanzitutto l'obbligo degli enti proprietari di formulare le loro proposte di alienazione alla Regione, sentiti i comuni, entro un termine idoneo a consentire alla Regione stessa di formulare il piano di vendita.
Il patrimonio alienabile risulta dalla differenza tra l'intero patrimonio immobiliare e gli alloggi non alienabili per legge (cfr. commi 3 e 7 della legge n.560/1993).
In altre parole, è necessario che l'Ente attuatore individui, tra l'intero patrimonio, gli alloggi di servizio, quelli realizzati con mutuo agevolato ai sensi dell'articolo 18 della legge n.457/1978, nonché quelli soggetti alla legge n.1089/1939. Tali alloggi devono essere esclusi dall'elenco degli alloggi alienabili. In questo modo viene determinato il 100% del patrimonio alienabile. Sul predetto elenco è possibile così individuare la quota, non inferiore al 50% e non superiore al 75%, degli alloggi alienabili.
Si ritiene a questo proposito necessario evidenziare che nel piano di vendita siano adeguatamente indicati, ancorché come indicazione programmatoria, i modi e tempi di reinvestimento dei proventi, anche in riferimento all'equilibrio finanziario e gestionale dell'ente.
Come chiaramente indicato dal quinto comma, la vendita del patrimonio deve essere rigorosamente effettuata nell'esclusivo interesse pubblico di sviluppo del settore dell'edilizia residenziale pubblica e va quindi assicurata la piena correlazione tra alienazioni e reinvestimenti, sia sull'aspetto economico che su quello temporale.
In modo particolare gli IACP, comunque denominati, per i quali il patrimonio edilizia residenziale pubblica costituisce la principale se non unica risorsa economica, in quanto tenuti ad alienare più del 50% degli immobili dovrebbero avere cura di inserire nelle proposte di vendita una adeguata previsione delle concrete possibilità di contestuale reinvestimento dei proventi.
E' opportuno stimare inoltre i minori introiti derivanti dalla perdita dei canoni locativi, nonché le spese occorrenti per procedere alle alienazioni, unitamente al venir meno di passività specificatamente legate al patrimonio da alienare (per es. imposte, spese manutentive e gestionali, ecc.).
Il piano di vendita, a sua volta, ha natura essenzialmente programmatoria e di verifica del rispetto delle percentuali minime e massime di patrimonio vendibile. Si ritiene di conseguenza, che non debba contenere analiticamente tutti gli elementi occorrenti per stipulare i singoli atti di compravendita, ma che possa limitarsi ad individuare le singole unità immobiliari con informazioni univoche (indirizzo, numero civico, numero interno dell'unità, identificazione catastale e nome dell'assegnatario) nonché con gli elementi economici necessari per l'alienazione (valore catastale e canone di locazione). Lo stesso prezzo di vendita, determinato secondo oggettivi criteri di legge, viene indicato come mero livello di stima preventiva, in considerazione del fatto che il corrispettivo reale delle vendite è influenzato dalla volontà dell'acquirente, il quale può pagarlo in unica soluzione ovvero ratealmente.
In relazione a quanto sopra appare necessaria una verifica finanziaria del piano di vendita, nella fase successiva della gestione della legge n.560/1993. E necessario infatti riscontrare la rispondenza tra gli introiti previsti sulla base del valore degli alloggi posti in vendita e quelli calcolati sulla base delle modalità scelte per il pagamento da parte dell'acquirente.
Trascorso il termine di 60 giorni previsti al comma 4, articolo unico, della legge n.560/1993, senza che la Regione abbia formulato e approvato il piano di vendita, gli enti proprietari possono procedere alle vendite.
Al riguardo si è dell'avviso che, comunque, i singoli enti devono aver formulato ed inviato tempestivamente loro proposta alla Regione. Non si ritiene infatti ammissibile che le amministrazioni proprietarie rimangano inattive, attendendo il decorso del termine, per alienare gli alloggi.
La formulazione della proposta alla Regione rappresenta infatti un obbligo di legge al quale non è possibile sottrarsi, se non si vuole incorrere in possibili responsabilità penali, amministrative e contabili.
La mancata formulazione delle proposte inoltre impedisce alla Regione di programmare adeguatamente le alienazioni per ambiti provinciali e potrebbe stravolgere completamente il piano di vendita che dovrebbe coinvolgere tutte le proprietà pubbliche.
Di conseguenza si ritiene che non possano legittimamente procedere alla vendita del proprio patrimonio gli enti:
- che non abbiano formulato la proposta di vendita e che dovrebbero attivarsi in tal senso;
- le cui proposte, regolarmente presentate alla Regione, non siano state da questa incluse nel piano di vendita.
Tale ultima evenienza può facilmente verificarsi, infatti, proprio laddove la Regione, secondo la sua scelta discrezionale, individui una quota di alienazione inferiore a quella proposta, ovvero provveda a localizzare le vendite secondo criteri di priorità diversi da quelli proposti.
Al contrario, qualora l'ente proprietario abbia regolarmente provveduto a presentare la proposta alla Regione e quest'ultima non abbia adottato il piano di vendita nei termini di legge, tale ente potrà procedere alle alienazioni nei confronti dei soggetti individuati nella proposta stessa, in attesa tuttavia dell'approvazione di tali piani.
Ciò non impedirà alla Regione di approvare, anche se in ritardo, il piano di vendita, fermo restando che esso dovrà a quel punto considerare efficaci le alienazioni di immobili, ricompresi nelle proposte tempestivamente inviate alla Regione medesima, già legittimamente effettuate dagli enti proprietari.
Il piano di vendita potrà essere successivamente modificato ed integrato, sempre su proposta degli enti proprietari, qualora sia stata adottata una percentuale di alienazione inferiore al massimo ammissibile, in vista di possibilità di reinvestimento o di una migliore gestione del patrimonio.
Si ritiene infatti che la palese finalità della norma contenuta nell'articolo unico, comma 4, ultimo periodo, della legge n.560/1993, sia proprio quella di evitare che gli eventuali ritardi nella emanazione dei piani regionali pregiudichino, sino a vanificarli, gli obiettivi inderogabili individuati dal legislatore nazionale, consistenti nel reperimento di risorse finanziarie per l'educazione di ulteriori interventi costruttivi e per il ripianamento dei deficit degli IACP.
Tuttavia l'inutile decorso del termine di sessanta giorni non fa sorgere, in capo a tutti assegnatari in possesso dei requisiti di legge, il diritto ad acquistare l'alloggio.
La norma infatti, con il termine di <<aventi titolo>>, intende individuare i soggetti in possesso dei requisiti di cui ai commi sei e seguenti, ma pur sempre nel rispetto dei limiti percentuali indicati al comma quarto, quindi nell'ambito di un preciso e puntuale programma di alienazione.
L'articolata procedura prevista dalla legge per la formulazione del piano di vendita, nonché i limiti e gli scopi stabiliti dalla medesima, sono infatti incompatibili con alienazioni <<a pioggia>> effettuate al di fuori dell'interesse pubblico.
La possibilità di integrazione deve necessariamente essere contenuta entro il limite massimo del 75% in relazione all'intero patrimonio alienabile accertato all'entrata in vigore della legge n.560/1993.

4. I SOGGETTI AVENTI TITOLO
Possono acquistare gli alloggi inseriti nel piano di vendita gli assegnatari, ovvero i loro familiari conviventi, i quali, all'atto di presentazione della domanda:
a) conducano un alloggio a titolo di locazione da oltre un quinquennio;
b) non siano in mora con il pagamento dei canoni e delle spese.
In merito al requisito di cui alla lett. a) si osserva che, stante il tenore letterale della legge, il momento di decorrenza del quinquennio deve essere necessariamente individuato nella data di stipula del contratto di locazione e non dell'atto di assegnazione comunale dell'alloggio, né, tantomeno, nel momento di entrata in vigore della normativa.
Nel caso in cui il richiedente si sia trasferito in altra abitazione di edilizia pubblica, in seguito a mobilità o nuova assegnazione, andranno computati tutti i periodi di locazione intervenuti, ancorché relativi ad immobili e proprietari diversi, purché di edilizia residenziale pubblica, secondo la definizione contenuta nel primo comma.
Il legislatore distingue la posizione degli assegnatari di alloggi ricompresi nel piano di vendita in due categorie:
- la prima è composta da soggetti titolari di reddito familiare complessivo inferiore al limite fissato dal CIPE ai fini della decadenza dal diritto all'assegnazione, ovvero ultrasessantenni o portatori di handicap, i quali, qualora non intendano acquistare l'alloggio condotto a titolo di locazione, rimangono assegnatari nel medesimo alloggio che non potrà essere alienato a terzi;
- la seconda è composta dagli assegnatari di età inferiore a sessanta anni e non portatori di handicap, i quali possiedono invece un reddito inferiore al limite per la decadenza.
Gli assegnatari che rientrano in questa seconda categoria, se vogliono evitare che l'ente proprietario si avvalga della facoltà concessagli di vendere a terzi la loro abitazione, <<debbono>> presentare la domanda di acquisto dell'alloggio entro due anni dall'entrata in vigore della legge, nel caso in cui si trovino nelle situazioni suddette.
Qualora il limite di reddito venga superato successivamente, il termine di presentazione della domanda scade entro un anno dall'accertamento effettuato dell'ente gestore.
In merito ai modi di alienazione si ritiene che, stante l'evidenziata finalità della legge di utilizzare i proventi per la realizzazione di programmi finalizzato allo sviluppo del settore, nonché la natura pubblica dei soggetti alienanti, si debba necessariamente ricorrere allo strumento dell'asta pubblica in aumento sul prezzo a base d'asta.
Tale prezzo è determinato ai sensi del decimo comma, nel caso di unità immobiliari ad uso abitativo, e ai sensi del diciottesimo comma per le unità immobiliari ad uso non abitativo. I prezzi così determinati costituiscono il limite minimo al quale è consentita la cessione del bene trattandosi di valutazione ex legge e come tale inderogabile.
Nel caso di vendita a terzi, come previsto dal diciassettesimo comma, è da escludere la possibilità di rateizzazione.

5. GLI ALLOGGI PER I PROFUGHI
Il ventiquattresimo comma dell'articolo unico della legge concede agli assegnatari di alloggi realizzati per i profughi la possibilità di acquistare l'abitazione a condizioni particolarmente agevolate.
In seguito al processo di unificazione dei vari settori dell'edilizia residenziale pubblica disposto dalla legge 22 ottobre 1971, n.865, una parte degli alloggi costruiti ai sensi della legge 4 marzo 1952, n.137, si è resa disponibile ed è stata assegnata alla generalità dei cittadini. Si pone quindi il problema di determinare se il beneficio sopra indicato possa essere riconosciuto anche a tali soggetti. Anche il testuale riferimento del comma 24 in esame a <<precedenti domande di acquisto delle abitazioni in godimento>> lascia intendere che il legislatore si sia rivolto agli originari assegnatari aventi la qualifica di profugo .
Si consideri al riguardo che la citata legge n.137/1952 ha introdotto in maniera organica ed articolata una serie di provvidenze a favore dei profughi, non limitandosi esclusivamente a finanziare la costruzione di alloggi da destinare a tale categoria. Ne consegue che gli alloggi, ancorché costruiti ai sensi della citata legge n.137/1952, che siano al presente occupati da assegnatari non aventi la qualifica di profugo, debbano essere alienati alle condizioni fissate ai sensi dei commi 10 e 11 dell'articolo unico della legge n.560/1993.
L'interpretazione contraria comporterebbe una diversità di trattamento tra assegnatari che è priva di obiettive giustificazioni. Verrebbero infatti arbitrariamente favoriti gli assegnatari che, per motivi del tutto casuali e comunque indipendenti dalla loro volontà, si siano trovati a condurre in locazione appartamenti realizzati ai sensi della legge n.137/1952, in quanto potrebbero acquistarli a un prezzo molto più conveniente riservato, di norma, soltanto agli assegnatari con qualifica di profugo.

6. DIRITTI ACQUISITI
L'ultimo comma dell'art.1, della legge n.560/1993, fa salvi i diritti già maturati dagli assegnatari in merito all'acquisto di alloggi alle condizioni di cui alle leggi previgenti.
Si pone il problema se in tale fattispecie possano rientrare gli alloggi dello Stato, gestiti dagli IACP, e da questi inclusi nella proposta di alienazione ex art.29 della legge n.513/1977, ancorché poi non effettivamente venduti in seguito alle disposizioni impartite dal CER con circolare 7 dicembre 1990, n.1379/1, sulla base del parere del Consiglio di Stato del 30 maggio 1990, n.502.
Il massimo organo consultivo ha affermato che gli alloggi demaniali sono soggetti alle disposizioni contenute nell'art.29 della legge n.513/1977. Si deve di conseguenza ritenere che la proposta di alienazione redatta dallo IACP, ancorché approvata dalla Regione e comunicata agli interessati, non possa aver generato alcun diritto in capo agli assegnatari, in quando priva dei necessari presupposti di legge e che pertanto non ricorra la fattispecie prevista dalla norma.

7. GESTIONE SPECIALE E CONTABILIZZAZIONE PROVENTI
La gestione speciale è prevista e regolamentata dagli articoli 4 e 1 0, del decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1972, n.1036 e dall'art.25, della legge 8 agosto 1977, n.513.
Con la circolare CER del 21 ottobre 1981, n.25/C, venivano date istruzioni per l'applicazione della normativa vigente a quel tempo, in merito a:
a) gestione e contabilizzazione delle entrate conseguenti ai rimborsi per finanziamenti ed interventi realizzati (gestione dei rientri);
b) gestione dei fondi e contabilizzazione delle spese inerenti allo svolgimento degli interventi costruttivi e di recupero che vengono realizzati con i fondi depositati presso la Cassa depositi e prestiti (gestione dei programmi d'intervento) .
Alla circolare erano allegati i moduli G.S., con cui venivano contabilizzate le attività oggetto della gestione speciale.
In seguito all'emanazione della legge n 560/1993 sull'alienazione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica, si pone la necessità di:
- regolare la gestione dei proventi delle vendite che, in base al disposto legislativo del comma 5, dell'articolo unico della citata legge, debbono essere utilizzati esclusivamente per la realizzazione di programmi di sviluppo del settore dell'edilizia residenziale pubblica;
- rendicontare l'andamento delle vendite sia ai fini di una valutazione dinamica dell'impatto della legge che della programmazione degli interventi.
Di seguito al presente capitolo si allegano due moduli per la rendicontazione annuale delle vendite di alloggi:
A) il modello 13/1 che sostituisce quello della precedente circolare 21 ottobre 1981, n.25/c;
B) il modello G.S.V/1.
Riguardo alle modalità di gestione degli introiti di fondi susseguenti alle vendite il comma 5 dell'articolo unico della legge stabilisce che: <<L'alienazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica è consentita esclusivamente per la realizzazione di programmi finalizzati allo sviluppo di tale settore>>.
I successivi commi 13 e 14 prevedono, inoltre, che i proventi delle alienazioni degli alloggi, nonché delle unità immobiliari per uso diverso, <<rimangono nella disponibilità degli enti proprietari sul conto corrente di contabilità speciale presso la sezione provinciale di tesoreria dello Stato, per le finalità di cui al comma 5>>.
<<Le regioni, su proposta dei competenti IACP e dei loro consorzi... determinano annualmente la quota di proventi di cui al comma 13 da destinare al reinvestimento>> .
Tale norma evidenzia diversi problemi che riguardano la contabilizzazione dei ricavi delle vendite.
Tali ricavi, infatti, sono vincolati alla realizzazione di programmi di edilizia residenziale pubblica e, pure restando nella materiale disponibilità degli enti proprietari, non possono essere utilizzati se non in seguito a una proposta dello IACP competente per territorio previa determinazione regionale della quota da destinare al reinvestimento.
La disponibilità cui fa riferimento la legge sembra essere dettata dalla necessità di superare le lunghe e complesse procedure previste dall'art.25 della legge n.513/1977 ed evitare doppi passaggi di fondi tra centro e periferia. Tuttavia tali fondi sono, senza equivoco, di edilizia residenziale pubblica, sia per il regime giuridico contabile, sia perché sono assoggettati al principio di unitarietà di programmazione ed impiego delle risorse del settore, introdotto dall'art.1 della legge n.865/1971 e confermato, in particolare, dall'art.13 dalla legge n.457/1978.
Di conseguenza essi seguono, a tutti gli effetti, la disciplina dei rientri della gestione speciale, ad eccezione delle sole modalità di versamento e di autorizzazione all'utilizzo.
Ciò comporta che detti proventi debbano essere versati su conti tenuti dagli IACP e denominati: <<fondi CER destinati alle finalità della legge n 560/1993>>, dove affluiscono e rimangono depositati, in attesa della loro materiale utilizzazione.
Gli enti diversi dagli IACP provvederanno, per il momento, a versare i propri ricavi sullo stesso conto corrente infruttifero dell'istituto competente per territorio comunque denominato.
In tale modo, per gli IACP e per le Regioni, diviene più agevole la determinazione annuale delle quote di proventi da destinare ai programmi di intervento ed eventualmente al ripiano dei deficit degli IACP. Si facilita altresì il controllo degli organi competenti in ordine alla corretta utilizzazione dei fondi e si incentiva il corretto uso delle risorse in un rapido reimpiego.
Il termine entro cui versare i corrispettivi delle alienazioni rimane fissato al 30 giugno dell'esercizio successivo a quello di competenza, fatte salve eventuali diverse disposizioni che verranno impartite in sede di revisione generale della modulistica. Rimane ugualmente inalterato, al 30 aprile dell'anno successivo a quello di riferimento, il termine entro cui gli enti diversi dagli IACP devono inviare a questi ultimi i prospetti della gestione speciale debitamente compilati.
Un ulteriore problema concerne l'applicazione del comma 25 della legge n.560/1993, nel quale è disposto che <<il diritto di prelazione di cui al comma 9, dell'art.28, della legge 8 agosto 1977, n.513, si estingue qualora l'acquirente dell'alloggio ceduto in applicazione del medesimo art.28, versi all'ente cedente un importo pari al 10 per cento del valore calcolato sulla base degli estimi catastali>>. Tali proventi, afferenti al diritto di prelazione di cui al comma 9 dell'art.28, della legge 8 agosto 1977, n.513, devono essere versati sullo stesso conto.
Il ricavato della vendita degli alloggi di cui all'art.1, comma 2, lettera d), della legge n.560/1993, acquisiti dal Ministero del tesoro e già di proprietà degli enti previdenziali disciolti, dovrà essere versato all'entrata del bilancio dello Stato capitolo 4055, per la successiva riassegnazione al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato ai sensi della legge n.432/1993.
Le regioni sono invitate a trasmettere copia della presente agli enti di cui alla legge 24 dicembre 1993, n 560, aventi sede nel proprio ambito territoriale, anche mediante pubblicazione nel proprio bollettino ufficiale. Il Ministero del tesoro è altresì pregato di diffondere, tra le tesorerie provinciali dello Stato, i contenuti della presente circolare unitamente alle opportune disposizioni.




Indice Argomento

Indice Principale


(c) 1996 Note's