(G.U. 14-3-1996, n.62)
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI RISORSE IDRICHE
IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Visto l'art.4, comma 1, della legge 5 gennaio 1994,
n.36, recante disposizione in materia di risorse idriche,
che attribuisce al Presidente del Consiglio dei Ministri,
su proposta del Comitato dei Ministri istituito ai
sensi dell'art.4, comma 2, della legge 18 maggio 1989,
n.183, sentita la Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e 1e province autonome di
Bolzano e Trento, il compito di determinare, con propri
decreti, nell'esercizio delle funzioni previste dal
medesimo art.4 della richiamata legge n.183 del 1989,
tra l'altro:
a) le direttive generali e di settore per il censimento
delle risorse idriche, per la disciplina dell'economia
idrica e per la protezione delle acque dall'inquinamento;
b) le metodologie generali per la programmazione della
razionale utilizzazione delle risorse idriche e le
linee della programmazione degli usi plurimi delle
risorse idriche;
c) i criteri e gli indirizzi per la programmazione dei
trasferimenti di acqua per il consumo umano di cui
all'art.17;
d) le metodologie ed i criteri generali per la revisione
e l'aggiornamento del piano regolatore generale degli
acquedotti, e successive varianti, di cui alla legge
4 febbraio 1963, n.129, e successive modificazioni,
da effettuarsi su scala di bacino salvo quanto previsto
all'art.17;
e) le direttive ed i parametri tecnici per la individuazione
delle aree a rischio di crisi idrica con finalità
di prevenzione delle emergenze idriche;
f) i criteri per la gestione del servizio idrico integrato,
costituito dall'insieme dei servizi pubblici di captazione,
adduzione e distribuzione di acqua, ad usi civili,
di fognatura e di depurazione delle acque reflue;
g) i livelli minimi dei servizi che devono essere garantiti
in ciascuno ambito territoriale ottimale di cui all'art.8,
comma 1, nonché i criteri e gli indirizzi per
la gestione dei servizi di approvvigionamento, di captazione
e di accumulo per usi diversi da quello potabile;
Ritenuta la necessità di regolamentare la materia
di cui sopra;
Considerato che per la protezione delle acque dall'inquinamento
in attesa del recepimento delle direttive 91/271/CEE
e 91/676/CEE e dell'emanazione delle relative norme
tecniche di attuazione, continueranno ad applicarsi
le norme tecniche della delibera del Comitato interministeriale
per la tutela delle acque 4 febbraio 1977, emanate
ai sensi dell'art.2, lettere b), d) ed e), della legge
10 maggio 1976, n.319;
Sulla proposta del Comitato dei Ministri per i servizi
tecnici nazionali e gli interventi nel settore della
difesa del suolo, formulata nella seduta del 2 agosto
1995;
Sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento
e Bolzano, che si è espressa nella riunione
dell'8 febbraio 1996;
Decreta:
Art.1.
Ai sensi e per gli effetti dell'art.4, comma 1, lettere
a), b), c), d), e), f, g), della legge 5 gennaio 1994,
n. 36; sono definiti in conformità a quanto
indicato nell'allegato che costituisce parte integrante
del presente decreto:
a) le direttive generali e di settore per il censimento
delle risorse idriche, per la disciplina dell'economia
idrica;
b) le metodologie generali per la programmazione della
razionale utilizzazione delle risorse idriche e le
linee della programmazione degli usi plurimi delle
risorse idriche;
c) i criteri e gli indirizzi per la programmazione dei
trasferimenti di acqua per il consumo umano di cui
all'art.17;
d) 1e metodologie ed i criteri generali per la revisione
e l'aggiornamento del piano regolatore generale degli
acquedotti, e successive varianti, di cui alla legge
4 febbraio l963, n.129, e successive modificazioni,
da effettuarsi su scala di bacino salvo quanto previsto
all'art.17;
e) le direttive ed i parametri tecnici per la individuazione
delle aree a rischio di crisi idrica con finalità
di prevenzione delle emergenze idriche;
f) i criteri per la gestione del servizio idrico integrato,
costituito dall'insieme dei servizi pubblici di captazione,
adduzione e distribuzione di acqua, ad usi civili,
di fognatura e di depurazione delle acque reflue;
g) i livelli minimi dei servizi che devono essere garantiti
in ciascuno ambito territoriale ottimale di cui all'art.8,
comma 1, nonché i criteri e gli indirizzi per
la gestione dei servizi di approvvigionamento, di captazione
e di accumulo per usi diversi da quello potabile;
Art.2.
Le direttive di cui all'art.1 del presente decreto completano
ed integrano, per le finalità di cui alla legge
5 gennaio 1994, n.36, le disposizioni della delibera
del comitato interministeriale in data 4 febbraio 1977,
emanate ai sensi dell'art.2, lettere b), d) ed e),
della legge 10 maggio 1976, n.319.
Art. 3.
Sulla base delle direttive di cui all'art.1, lettere
b), c) e d), le regioni provvedono, nell'ambito delle
proprie competenze, all'aggiornamento del piano regolatore
generale degli acquedotti per ciascun ambito territoriale
ottimale delimitato a norma dell'art.8 della legge
5 gennaio 1994, n.36, d'intesa con gli enti locati
ricadenti negli stessi ambiti e nelle forme e modi
di cooperazione definiti a norma dell'art.9 della legge
citata, tenuto conto della ricognizione e del programma
di interventi di cui all'art.11, comma 3, della stessa
legge.
Art.4.
Le direttive di cui all'art.1, lettere e), f) e g),
costituiscono i criteri fondamentali per il corretto
esercizio del servizio idrico integrato e per la prevenzione
delle situazioni di crisi idrica, in base ai quali
le regioni predispongono la convenzione tipo ed il
disciplinare di cui all'art.11 della legge 5 gennaio
1994, n.36.
Art.5.
Ai sensi dell'art.33 della legge 5 gennaio 1994, n.36,
il presente decreto si applica, con riferimento alle
regioni a statuto speciale e alle province autonome
di Trento e Bolzano, per quanto compatibile con i rispettivi
statuti e norme di attuazione.
ALLEGATO
1. DIRETTIVE GENERALI E DI SETTORE PER IL CENSIMENTO DELLE RISORSE IDRICHE (art.4, comma 1. lett.a) della legge 5 gennaio 1994, n.36)
1.1 GENERALITÀ
Tra le finalità delle legge 5 gennaio 1994, n.36
vi è la determinazione del bilancio idrico al
fine di individuare gli squilibri quantitativi e qualitativi
esistenti fra la disponibilità e l'uso della
risorsa.
La conoscenza del bilancio idrico e il riconoscimento
degli squilibri è indispensabile per la definizione
degli interventi strutturali e non strutturali finalizzati
a mitigare gli squilibri e riassicurare l'equilibrio
tra la disponibilità di risorse e fabbisogni
per i diversi usi, nel rispetto dei criteri e degli
obiettivi indicati agli artt, 1 e 2 della stessa legge.
Al fine di definire il bilancio idrico occorre procedere:
* alla valutazione delle portate disponibili alla fonte
o alle fonti di approvvigionamento, corrispondenti
ad assegnati periodi di deficienza;
* alla valutazione delle portate prelevate dai corpi
idrici superficiale e sotterranei;
* alla valutazione dei fabbisogni nel rispetto dei principi
di cui agli artt. 1, 2 e 5 della legge.
Dovranno altresì contemporaneamente essere evidenziati
gli squilibri in atto sulla qualità delle risorse
idriche, cosi come definite nel D.P.R. 18 luglio 1995
(G.U. n.7 del 10 gennaio 1996) avente per oggetto l'Approvazione
dell'atto di indirizzo e coordinamento concernente
i criteri per la redazione dei piani di Bacino, e,
quindi, vanno determinate le caratteristiche di qualità
delle acque superficiali e sotterranee.
1.2 OGGETTO DEL CENSIMENTO
Il censimento delle risorse idriche consiste nell'acquisizione,
elaborazioni e pubblicazione dei dati raccolti dalla
rete di rilevamento sistematico e di misura del Servizio
Idrografico e Mareografico, dalle Regioni, dalle Autorità
di Bacino o da altri enti.
Per il censimento delle risorse idriche saranno acquisiti
anche gli elementi di vasi di descrizione dell'ambiente
fisiografico (bacino idrografico, reti idrografiche,
bacini sotterranei), e le altre caratteristiche (morfologiche,
geologiche ed idrogeologiche), utili alla valutazione
delle risorse, caratteristiche individuate nel citato
D.P.R. concernente Criteri per la redazione dei pianti
di Bacino".
Attesa la natura di dette rilevazioni e la necessità
di disporre nel breve periodo alcuni dati fondamentali,
è opportuno prevedere due fasi di rilevamento.
In prima fase occorre rilevare i dati su:
a) Idrologia e idrografica
* precipitazioni - orarie (eventi estremi), giornaliere,
mensili;
* livelli idrometrici - orari (eventi estremi), giornalieri
mensili;
* scale di deflusso;
* portate - orarie (eventi estremi), giornaliere, mensili;
* trasposto solido per gli aspetti connessi con le variazioni
morfologiche dei corsi d'acqua.
b) Prelievi e derivazioni
Tutte le concessioni ed i prelievi in atto (pozzi, sorgenti,
grandi e piccole derivazioni). Ai fini della quantificazione
dei volumi estratti e della loro distribuzione nel
tempo (art.7 Decreto Legislativo 275/93), devono essere
acquisiti i seguenti dati:
* caratteristiche delle opere di captazione;
* portate estratte medie e massime;
* distribuzione temporale dei prelievi:
* i prelievi da pozzo, i livelli statici e dinamici
e le curve caratteristiche (q, abbassamento) dei pozzi
stessi.
c) Qualità delle acque
Tutti i dati riguardanti i parametri fisici, chimici
e microbiologici di qualità delle acque in rapporto
al loro uso così come disciplinato nell'allegato
1 alla Deliberazione del 4 febbraio 1977 del Comitato
dei Ministri per la tutela delle acque dall'inquinamento.
In una seconda fase è necessario pervenire alla
razionale e completa raccolta delle conoscenze a scala
di bacino secondo quanto indicato nel citato D.P.R.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento
per i Servizi tecnici nazionali, ai sensi degli art.
2 e 9 della legge 18 maggio 1989 n.183, il Ministero
dei lavori pubblici e il Ministero dell'ambiente, in
base alle rispettive competenze, promuovono in forma
coordinata intese con le Regioni, le Autorità
di bacino di rilievo nazionale e con gli altri organismi
pubblici interessati, aventi per oggetto la raccolta,
elaborazione, consultazione ed analisi in forma omogenea
e coordinata dei dati oggetto della presente direttiva.
Entro sei mesi dalla data di approvazione della presente
direttiva, la Presidenza del Consiglio dei Ministri
promuove il coordinamento per la definizione delle
prime intese aventi per oggetto:
* la definizione, a cura delle amministrazioni dello
Stato per le parti di competenza, di criteri, metodi
e standards per la raccolta, l'elaborazione e la consultazione
dei dati che assicurino lo sviluppo coordinato delle
reti di rilevamento e la integrazione di quelle locali
nei sistemi informativi nazionali e nella rete nazionale
di rilevamento e sorveglianza;
* la definizione dei flussi informativi tra i diversi
soggetti operanti nel settore.
Le intese, attuate dai singoli partecipanti in relazione
alle rispettive competenze prevedono obiettivi, azioni,
modalità di coordinamento, tempi di attuazione,
modalità di finanziamento ed ogni altro connesso
adempimento.
2. DIRETTIVE GENERALI E DI SETTORE PER LA DISCIPLINA DELL'ECONOMIA IDRICA (art.4, comma 1, lett.a) della legge 5 gennaio 1994, n.36)
Per economia idrica deve intendersi la gestione ottimale
delle risorse idriche, censite secondo le direttive
di cui al cap.1, al fine di conseguire la massima efficienza
ed efficacia d'uso, tenuto conto della loro reale disponibilità
nel tempo e nello spazio e delle situazioni di concorrenzialità
tra usi diversi.
Le risorse che formano oggetto della economia idrica
di un bacino, e la cui utilizzazione va disciplinata,
sono:
* le risorse già disponibili (utilizzate e non),
* le risorse potenzialmente disponibili attraverso la
attivazione di nuove captazioni, il trasferimento da
altri bacini, il riutilizzo di acque trattate.
Per usi delle risorse idriche si intendono sia quelli
che ne presuppongono il prelievo (usi civili, irrigui,
industriali, idroelettrici, etc.) sia quelli che consistono
in attività svolte nel corpo idrico (navigazione,
balneazione, pesca).
Il soddisfacimento dei fabbisogni, attuali e futuri,
si intende ottimale allorché esso venga esplicato
tramite il ricorso a risorse idriche in quantità
e qualità commisurate alla specifica tipologia
d'uso.
Si richiama la necessità di riservare prioritariamente
le acque di migliore qualità d'uso per il consumo
umano e abbandonare progressivamente il ricorso ad
esse per usi che non richiedono elevati livelli qualitativi.
Pertanto, i fabbisogni devono essere determinati non
solo negli aspetti quantitativi (portate e loro distribuzione
temporale), ma anche in quelli qualitativi (caratteristiche
chimico fisiche e microbiologiche dell'acqua corrispondenti
alla tipologia d'uso).
Il bilancio idrico potrà evidenziare, per ciascuna
tipologia d'uso, situazioni di deficit di risorsa a
livello quantitativo e/o qualitativo. Con priorità
per l'uso per il consumo umano, l'equilibrio del bilancio
idrico va perseguito adottando tra le soluzioni di
seguito elencate quella più efficiente sotto
il profilo economico-sociale, verificata con tecniche
di analisi costi-benefici:
* utilizzo di risorse potenzialmente disponibili;
* utilizzo di risorse attualmente destinate ad altri
usi, ove questi ultimi siano soddisfacibili con risorse
di qualità inferiore (usi a cascata, usi di
acque trattate, etc.);
* minimizzazione delle perdite;
* introduzione di misure per il risparmio idrico;
* trasferimenti temporanei di risorse all'interno del
bacino;
* trasferimento di risorse da bacini idrografici contigui;
* ridefinizione dei moduli di concessione.
Le Autorità di bacino di rilievo nazionale e
le regioni titolari dei poteri di Autorità di
bacino di rilievo regionale o interregionale, pianificano
l'uso delle risorse del bacino e promuovono accordi
di programma laddove l'economia idrica comporti il
trasferimento di acqua tra bacini.
Le amministrazioni competenti, nel rilascio delle concessioni
di utilizzazione, verificano la loro conformità
alla pianificazioni di cui sopra
3. METODOLOGIE GENERALI PER LA PROGRAMMAZIONE DELLA RAZIONALE UTILIZZAZIONE DELLE RISORSE IDRICHE CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AGLI USI PLURIMI (art.4, comma 1, lett.b) della legge 5 gennaio 1994, n.36)
La programmazione della razionale utilizzazione delle
risorse idriche rappresenta un processo operativo di
notevole complessità, articolato in differenti
fasi e con la partecipazione, in base alle rispettive
competenze, di soggetti pubblici e privati individuati
dalla legge (Regioni, Province autonome, Autorità
di bacino, Enti locali, gestori del servizio idrico
integrato).
Essa richiede una pluralità di competenze e conoscenze
a carattere interdisciplinare che vanno dall'effettuazione
di un'analisi demografica descrivente anche i flussi
stagionali della popolazione e di studi a carattere
socio-economico, alle doverose considerazioni sull'evoluzione
del sistema territoriale interessato verso nuove ripartizioni
dei settori idro esigenti, muovendosi, peraltro, sempre
nell'ambito dei diversi quadri di compatibilità
ambientale, finanziario, tecnico-ingegneristico, ecc.
I soggetti decisori, per la migliore realizzazione della
programmazione in materia di utilizzo ottimale della
risorsa idrica potranno opportunamente avvalersi del
supporto tecnico-scientifco di organismi specializzati.
In virtù della differente scala fisica di riferimento
e delle diverse competenze espresse, i soggetti coinvolti
operano in regime di collaborazione e di sussidiarietà
affinché il sistema da programmare sia caratterizzato
da rilevanti livelli di affidabilità globale
e settoriale.
L'uso razionale delle risorse idriche deve assicurare
- attraverso l'ottimizzazione delle differenti fasi
operative e tenendo conto della esigenza di assicurare
la salvaguardia del patrimonio idrico, dell'agricoltura,
della fauna e della flora acquatiche, dei processi
geomorfologici e degli equilibri idrologici e la vivibilità
dell'ambiente - il raggiungimento dei seguenti obiettivi:
* soddisfacimento della domanda nel rispetto delle priorità
indicate agli artt. 1 e 2 della legge e di criteri
di equa ripartizione della risorsa sul territorio,
anche attraverso la previsione di soddisfacenti meccanismi
compensativi tra le diverse aree di utilizzo;
* corrispondenza tra qualità della risorsa e
uso della stessa.
I risultati dell'attività di programmazione in
ogni fase del suo svolgimento devono essere sottoposti
a continua e costante verifica affinché gli
strumenti amministrativi e organizzativi a disposizione,
le disponibilità finanziarie, le risorse umane,
gli obiettivi finali ed i risultati intermedi del processo
stesso risultino tra loro congrui.
Nella fase di avvio delle attività che porteranno
alla razionale utilizzazione delle risorse idriche,
dovrà essere garantito un graduale adeguamento
del sistema alle nuove condizioni di equilibrio affinché
i soggetti istituzionali, i gestori del servizio idrico
e gli utenti siano posti in grado di contribuire e
di collaborare al raggiungimento degli obiettivi della
legge.
La razionale utilizzazione delle risorse idriche viene
programmaticamente assicurata nelle seguenti fasi:
* aggiornamento del Piano regolatore generale degli
acquedotti ed armonizzazione con altri strumenti di
pianificazione (Piano regionale di risanamento delle
acque, piani di bacino, nonché piani territoriali
e settoriali comportanti significative interrelazioni
con la distribuzione della risorsa idrica);
* delimitazione degli ambiti territoriali ottimali;
* ripartizione delle risorse idriche tra i diversi soggetti
richiedenti le concessioni di derivazione e definizione
della normativa di prelazione, nel rispetto dei principi
di trasparenza ed economicità;
* programmazione degli interventi di completamento,
integrazione e adeguamento delle infrastrutture e relativo
piano di fattibilità economico-finanziario;
* gestione del servizio, con particolare attenzione
alla esigenza di garantire il più possibile
l'autofinanziamento degli organismi interessati ed
il rispetto di determinati livelli di qualità
del servizio.
La razionale utilizzazione delle risorse idriche richiede
che i relativi elaborati di pianificazione rappresentando
nella materia lo strumento di sintesi globale, siano
disegnati sulla base dei seguenti presupposti:
* conoscenza completa del sistema fisico da gestire;
* valutazione del patrimonio idrico di riferimento,
inteso come insieme delle risorse idriche, superficiali
e sotterranee, riferito ad un bacino d'utenza plurima;
* analisi delle infrastrutture di prelievo, captazione,
adduzione e distribuzione esistenti, ivi compresa l'analisi
finanziaria ed economica delle eventuali alternative
di intervento e gestione;
* valutazione dei fabbisogni soddisfatti e di quelli
caratterizzati da carenze idriche, costanti nel tempo
o periodiche;
* messa a punto di un modello preliminare di gestione
delle risorse idriche;
* conoscenza delle interrelazioni esistenti con gli
obiettivi di altri programmi di settore e con la pianificazione
territoriale di ogni livello;
* valutazione dei fabbisogni potenziali;
* individuazione dei possibili interventi per l'adeguamento
ed il potenziamento degli schemi, dove possibile, e
per il reperimento di ulteriori risorse distinguendo
tra quelle pregiate e quelle derivanti da processi
di riciclo e di recupero;
* valutazione degli effetti in termini di analisi costi-benefici
ed ambientali;
* individuazione delle aree di salvaguardia delle opere
di prelievo e di captazione, sulla base di quanto stabilito
agli artt. 4, 5, 6 e 7 del D.P.R. 21 maggio 1988, n.236,
e delle possibili aree da destinare a riserva;
* definizione degli strumenti finanziari più
idonei alla realizzazione dei programmi, dei relativi
tempi di attuazione e delle modalità di coordinamento
dei soggetti coinvolti.
Particolare considerazione dovrà aversi in presenza
di una diffusa utilizzazione plurima delle risorse
idriche; in tal caso, previa puntuale determinazione
dei fabbisogni su base stagionale (attesa la sfasatura
temporale delle punte di consumo tra il settore irriguo
e quello industriale e la concomitanza tra il settore
irriguo e quello potabile) saranno adottati idonei
strumenti programmatori per regolamentare ed incentivare:
* la distribuzione flessibile delle risorse tra i vari
settori, prevedendo la più opportuna localizzazione
degli eventuali impianti di trattamento, al fine della
comune vettorializzazione dei volumi idrici globali;
* le priorità nella attribuzione dei volumi idrici
in situazioni di scarsità della risorsa o addirittura
di crisi, considerando comunque inderogabile il principio
enunciato dall'art.2 della legge;
* i criteri di ripartizione degli oneri di esercizio
e manutenzione, con particolare riferimento alle situazioni
in cui il gestore a contatto con l'utenza si approvvigioni
da organismi cui compete la gestione delle grandi opere
di accumulo, trasporto e trattamento, anche prevedendo
meccanismi di automatico riversaggio delle entrate
tariffarie;
* la riserva delle acque sotterranee di riconosciuta
qualità all'uso potabile, indirizzando il settore
industriale - con idonei strumenti normativi e tariffari
- verso un più elevato utilizzo d'acqua di
ricircolo;
* l'utilizzo di fonti di approvvigionamento differenziate
in relazione alla destinazione delle risorse idriche,
promuovendo inoltre, per i nuovi insediamenti produttivi,
la realizzazione di reti duali differenziate fra uso
potabile e uso civile conformemente al disposto degli
artt. 5, lett. b), e 61 comma 2, della legge.
4. CRITERI ED INDIRIZZI PER LA PROGRAMMAZIONE DEI TRASFERIMENTI D'ACQUA PER IL CONSUMO UMANO (art.4, comma 1, lett. c legge 5 gennaio 1994, n.36)
4.1.-. PREMESSE
4.1.1. AMBITO DI APPLICAZIONE DELLA DIRETTIVA.
I criteri e gli indirizzi che seguono disciplinano i
trasferimenti di acqua destinata al consumo umano e
che interessano al tempo stesso bacini idrografici
diversi e Regioni diverse.
In relazione all'entità dei volumi idrici in
gioco e alle caratteristiche delle infrastrutture da
realizzare, nonché agli ambiti fisici ed amministrativi
interessati, i trasferimenti d'acqua si possono essenzialmente
distinguere nelle seguenti tipologie:
* interconnessioni tra sistemi idrici contigui dirette
a fronteggiare situazioni critiche di approvvigionamento
e/o emergenze a livello locale, anche di tipo stagionale,
che comportino il trasferimento dell'acqua dal punto
di disponibilità della risorsa ai singoli ambiti
di utenza;
* trasferimenti, a carattere ordinario, di volumi idrici
rilevanti derivati da aree remote verso le aree di
utilizzazione.
Nei casi, viceversa, di trasferimenti d'acqua tra Regioni
diverse ma ricompresi nell'ambito del medesimo bacino
idrografico, la relativa programmazione è effettuata
dalla competente Autorità di bacino o, qualora
non ancora costituita, dalla Regioni interessate mediante
reciproca intesa.
Nei casi, infine, di trasferimenti d'acqua nell'ambito
della stessa Regione, ma ricadenti in bacini idrografici
diversi, compete alla Regione provvedere alla relativa
programmazione.
Sono esclusi dall'applicazione della presente direttiva
i sistemi già esistenti, salvo che il fabbisogno
non renda necessari incrementi del trasferimento d'acqua
e/o la realizzazione di opere e impianti di adeguamenti
degli schemi idrici relativi.
4.1.2. RIFERIMENTI NORMATIVI E PROCEDURALI
I trasferimenti d'acqua, sotto il profilo della utilizzazione
della risorsa, rientrano nella disciplina generale
prevista dal T.U. 11 dicembre 1933 n.1775 e successive
modifiche ed integrazioni, in materia di concessioni
di derivazione di acque pubbliche. Disposizioni a carattere
speciale sono poi contenute negli artt.17 e 24, comma
2, della legge n.36194.
Il citato articolo 17 prevede:
* al comma 1, che le Autorità di bacino di rilievo
nazionale e le regioni interessate possano promuovere
accordi di programma, ai sensi dell'art. 27 della legge
8 giugno 1990, n.142, al fine di pianificare i trasferimenti
definiti al punto 4.1.1. l'accordo di programma è
dunque individuato dalla legge come il modello procedimentale
più idoneo ad assicurare il raggiungimento di
una intesa tra le diverse amministrazioni interessate
ad un programma di trasferimento di risorse idriche,
anche con l'individuazione di iniziative e meccanismi
di compenso per tenere conto dei minori benefici derivabili
ad alcuni dall'attuazione dello stesso.
* al comma 6, che le opere e gli interventi relativi
a trasferimenti d'acqua tra regioni diverse che travalichino
i comprensori di riferimento dei bacini idrografici
siano sottoposti alla preventiva valutazione d'impatto
ambientale, secondo quanto previsto dal Decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri 10 agosto 1988,
n.377, e successive modificazioni. Il decreto e le
successive integrazioni, in particolare il D.P.C.M.
27 dicembre 1988, regolamentano, in attuazione dell'art.6
della legge n.349/86, le pronunce di compatibilità
ambientale e dettano le norme tecniche per la redazione
degli studi.
Si tratta quindi di procedere:
* alla redazione di uno studio d'impatto ambientale
che consenta di valutare rischi ed implicazioni dal
punto di vista ambientale connessi al trasferimento
d'acqua ed individuare la soluzione migliore dal punto
di vista della tutela degli equilibri naturali;
* allo svolgimento della fase di pubblicità e
partecipazione prevista dalla citata normativa;
* all'esame ed alla valutazione da parte della apposita
Commissione ministeriale ed alla pronuncia del Ministro
dell'Ambiente di concerto con il Ministro per i Beni
Culturali.
4.1.3. OBIETTIVI DEL TRASFERIMENTO D'ACQUA
Obiettivo primario dei trasferimenti d'acqua ad uso
potabile è di sopperire ad una carenza di risorse
che si manifesta a) in via permanente, b) ciclicamente
in particolari bacini idrografici.
Con riferimento a queste due tipologie di carenza, le
opere di trasferimento possono distinguersi nei seguenti
gruppi fondamentali:
a) trasferire volumi idrici nei casi in cui le risorse
sono generalmente ubicate lontano dalle zone ove sono
localizzati i consumi, il che comporta il trasferimento
delle acque con lunghe adduzioni dai territori dove
esse sono disponibili a quelli di utilizzo e/o la diversione
di portate da un bacino all'altro.
b) garantire sistemi di approvvigionamento che comprendano
il territorio di più bacini idrografici e di
più regioni, caratterizzati da grandi centri
di consumo e dotati globalmente di sufficienti risorse
idriche, attraverso operazioni di scambio nei periodi
di punta e di emergenza;
In entrambi i casi i sistemi acquedottistici risultanti
vengono alimentati da una pluralità di fonti
di approvvigionamento, anche a diversa idrologia, e
sono caratterizzati da interconnessioni che possono
garantire una adeguata capacità di scambio tra
le adduzioni. Si ottiene così da una parte una
economia di scala e dall'altra un effetto sinergico
delle risorse, a fronte di variazioni locali di consumo,
la cui efficacia è direttamente proporzionale
alla dimensione del sistema.
Un sistema così strutturato consente altresì
di adattare la distribuzione delle risorse allo sviluppo
territoriale dell'area di utenza (elasticità
funzionale), di garantire la continuità della
produzione idrica, a fronte di puntuali situazioni
di crisi nella risorsa, di concentrazione stagionale
della domanda, di rottura nelle condotte (affidabilità
ed efficacia operativa). La maggiore complessità
della rete infrastrutturale esige, d'altro canto, una
più elevata attenzione alle problematiche gestionali,
anche in riferimento alle strutture organizzative incaricate
della gestione.
4.1.4. CONTENUTI DELL'ACCORDO DI PROGRAMMA
Gli accordi di programma aventi come obiettivo trasferimenti
d'acqua individuano le azioni (ivi compresi gli interventi
infrastrutturali da realizzare), i tempi, le fasi e
le modalità della loro realizzazione, gli adempimenti
preliminari, i soggetti coinvolti, le fonti di finanziamento,
relativamente sia alla fase di realizzazione che di
gestione.
Per verificare la possibilità di procedere alle
iniziative in programma il soggetto proponente convoca
una conferenza tra i rappresentanti delle amministrazioni
interessate.
Nell'ambito della conferenza si procede all'esame di:
* fabbisogni da soddisfare e prestazioni da erogare;
* risorse idriche disponibili ed utilizzabili;
* confini dell'intervento, sia in termini di complessi
infrastrutturali che di territori coinvolti;
* risorse economiche necessarie ed eventuali vincoli
finanziari;
* elaborazioni progettuali e di studio necessarie;
* tempi e fasi per l'elaborazione dell'accordo di programma;
* implicazioni gestionali con riferimento anche alla
organizzazione dei soggetti gestori;
* riversamenti consensuali delle entrate tariffarie
idriche tra i gestori di vario livello.
L'accordo di programma è sottoscritto sulla base
di:
* progetto preliminare;
valutazione di impatto ambientale;
* valutazione economica e finanziaria degli interventi;
* valutazione degli aspetti organizzativi e gestionali;
* individuazione delle fonti di finanziamento.
Gli obiettivi della progettazione e le relative soluzioni
dovranno integrarsi anche attraverso la possibilità
di reciproci "aggiustamenti" con gli interventi
programmati nel settore idraulico ed ambientale dai
vari soggetti pubblici e privati coinvolti nella gestione
del territorio. Gli interventi devono essere valutati
sulla base di realistiche ipotesi di disponibilità
finanziarie ed ottimizzazioni tecnico-temporale, tendendo
ad intervenire per stralci funzionali di immediata
efficacia.
Nell'ambito della programmazione degli interventi devono
essere salvaguardate, in via ordinaria, le esigenze
legate al mantenimento del minimo deflusso vitale nei
corsi d'acqua, al fine di non danneggiare gli equilibri
degli ecosistemi interessati e degli altri usi a valle.
Devono, inoltre, essere fatte oggetto di adeguata considerazione
le necessità derivanti dalle caratteristiche
di naturalità degli ambienti interessati..
4.2. PROGETTO PRELIMINARE - CONDIZIONI DI FATTIBILITÀ
Nella redazione dei progetti preliminari oggetto dell'accordo di programma si dovrà tenere conto dei criteri di seguito specificati relativamente agli aspetti idraulici, ambientali ed economico-finanziari.
4.2.1. CRITERI IDRAULICI
Bilanci risorse/fabbisogni (attuali e futuri) per i
diversi bacini coinvolti e per le diverse destinazioni
d'uso della risorsa
Il bilancio globale idrico, preordinato alla definizione
dei trasferimenti d'acqua, è effettuato sulla
base delle informazioni contenute nei singoli bilanci
idrici determinati ai sensi dell'art.3 della legge
dalle competenti Autorità di bacino, se del
caso opportunamente integrate.
Esso dovrà individuare, per i bacini idrografici
interessati e per ogni settore di utilizzo, le "carenze"
e le "eccedenze" nei rapporti risorse/fabbisogni,
su base temporale mensile ed annua determinando, inoltre,
l'evoluzione temporale del bilancio stesso dall'anno
di redazione - a quello finale di riferimento.
Nell'elaborazione del bilancio si adotteranno valori
idrologici di riferimento legati alla variabilità
degli afflussi e si terrà conto della eventuale
possibilità di regolazione pluriennale delle
opere di accumulo.
Dovranno, inoltre, redigersi appositi allegati nei quali
si effettuerà sia una analisi temporale delle
portate - nel rispetto dei volumi idrici annui individuati
- sia lo studio di particolari bilanci corrispondenti
alle situazioni di punta dei consumi, e all'opposto,
di crisi idrica; quest'ultimo specie nelle aree ad
alto rischio di crisi, quali individuate ai sensi della
direttiva di cui alla lettera e) del comma 1 dell'art.l4
della legge. (v. cap. 6)
Esso tenderà alla verifica di compatibilità
tra la variazione dei volumi idrici annui disponibili,
delle portate nei vari periodi dell'anno, dei livelli
idrometrici e freatimetrici ed i corrispondenti valori
necessari all'equilibrio del sistema.
Bilancio dello stato energetico delle risorse interessate
prima e dopo il trasferimento per i diversi bacini
coinvolti e per le diverse destinazioni d'uso della
risorsa.
Il bilancio dello stato energetico delle risorse interessate
dal trasferimento si riconduce all'applicazione dei
seguenti principi generali:
* razionalizzazione ed ottimizzazione dei sistemi di
adduzione, distribuzione e potabilizzazione;
* massima utilizzazione, a regime, delle risorse idriche
energicamente più pregiate;
* riserva delle risorse poste a quote più basse
per far fronte a periodi di deficit.
Eventuali esigenze dissipative, opportunamente concentrate,
potranno essere sfruttate per la produzione di energia
elettrica. Nel caso di interconnessione tra sistemi
contigui, invece, si dovranno ottimizzare le portate
trasferite e il posizionamento di eventuali impianti
di sollevamento e riduttori di pressione, in relazione
alle ipotesi di funzionamento previste ed al carico
piezometrico disponibile.
Lo studio della ottimizzazione energetica dell'intervento
in progetto avrà approfondimento e svolgimento
logico analoghi al macrobilancio risorse-fabbisogni.
Dovrà essere costruito un algoritmo atto a rappresentare
la funzione costo energetico del trasferimento idrico
con riferimento alle diverse soluzioni alternative
disponibili; questa funzione, adeguatamente vincolata
al mantenimento del servizio progettato, sarà
sottoposta a definizione di minimo, con procedure logiche
e/o analitiche a seconda della complessità del
problema.
Dovrà, in ogni caso, porsi attenzione a che la
configurazione ottimale dal punto di vista energetico
non presenti però un eccesso di difficoltà
gestionali, tali da inficiarne il materiale conseguimento.
ANALISI DELLO STATO DI QUALITÀ DELLE RISORSE
UTILIZZATE, PRIMA E DOPO IL TRASFERIMENTO, PER I DIVERSI
BACINI COINVOLTI E PER LE DIVERSE DESTINAZIONI D'USO
DELLA RISORSA
Per perseguire l'obiettivo dell'ottimale utilizzazione
delle risorse idriche, le caratteristiche qualitative
di una fonte di approvvigionamento devono essere adeguate
all'uso cui è destinata. In particolare, le
acque di qualità migliore, sono preferibilmente
destinate al consumo umano.
La disomogeneità territoriale della disponibilità
delle risorse, nonché il ricorso a sistemi idrici
complessi per fare fronte ad una domanda sempre crescente,
comporta in genere l'utilizzazione di acque di diversa
origine, quindi di diversa qualità.
Nei casi in cui un sistema idrico sia preposto al soddisfacimento
di una pluralità di usi, ciascuno caratterizzato
da un'esigenza qualitativa diversa, eventuali interventi
di interconnessione, ove possibile, devono essere progettati
per dare luogo a sottosistemi omogenei per qualità,
in funzione della destinazione delle acque, in modo
da minimizzare i costi di trattamento, comunque integrandosi
con gli impianti già realizzati.
In particolare, per il settore potabile, l'utilizzazione
di fonti di approvvigionamento di diversa origine comporta
uno studio del loro miscelamento mirato a prevenire
l'insorgere di problemi di accettabilità dell'acqua
per ciò che riguarda l'uso in relazione alle
caratteristiche qualitative ed alla loro variabilità
nel tempo (eventi meteorologici, episodi di inquinamento,
ecc.).
L'analisi dello stato di qualità porterà
alla redazione di un documento progettuale che individui
i parametri rappresentativi delle variazioni indotte
al sistema dall'intervento in progetto. L'analisi dei
parametri e della loro evoluzione nel tempo sarà
svolta nelle diverse condizioni di esercizio e tenderà
al perseguimento di una condizione conservativa rispetto
ai valori ottimali previsti dalle norme.
4.2.2. CRITERI AMBIENTALI
Generalità
Il trasferimento d'acqua tra bacini idrografici provoca
un'alterazione dei sistemi naturali ed in particolare
induce una modifica degli equilibri preesistenti d'entità
commisurabile alle quantità prelevate ed a quelle
immesse, in relazione alle caratteristiche idrologiche
ed ecosistemiche dei bacini interessati.
Le ipotesi progettuali vanno perciò definite
tenendo presenti le componenti ambientali coinvolte
e devono essere corredate da regole di gestione e programmi
di monitoraggio.
Si tratta di definire un quadro chiaro degli interventi
che si intendono realizzare e delle regole di funzionamento
e delle misure di controllo che si intendono adottare,
tali da consentire un confronto con i soggetti interessati
e di assumere decisioni concrete e praticabili.
E' infatti fondamentale, soprattutto in casi così
delicati quali i trasferimenti di risorse naturali
da una comunità all'altra, che i conflitti siano
esplicitati e che scelte impegnative dal punto di vista
sociale ed economico siano assunte dopo una completa
verifica di fattibilità.
La sottrazione d'acqua da un bacino induce variazioni
sui regimi idrologici, sugli usi e funzioni sia di
tipo economico che ecologico a valle, sui fenomeni
di ricarica delle falde di subsidenza ed intrusione
salina, sulla stabilità dei versanti e sulla
qualità delle acque, su fenomeni di erosione
costiera e di interrimento.
Si possono creare, peraltro, problemi anche sul bacino
ricevente in relazione alle caratteristiche delle infrastrutture
necessarie, con particolare riferimento alla realizzazione
di notevoli opere di accumulo.
Non è da escludere peraltro che opere, interventi
e modifiche al regime naturale delle acque interessino
aree di rilevante interesse naturalistico o comunque
incidano sugli ecosistemi acquatici e ripariali.
VALUTAZIONE D'IMPATTO AMBIENTALE DELLE OPERE DI TRASFERIMENTO
L'applicazione di tale procedura ha inizio nella fase
di verifica delle condizioni di fattibilità
del trasferimento idrico, nella quale vengono prese
in considerazione le variabili che concorrono a definire
le trasformazioni compatibili di un territorio, tenendo
conto delle esigenze di tutela e di regolazione d'uso
delle risorse ambientali presenti. In questa fase sono
individuali i soggetti interessati alla gestione ed
alla utilizzazione delle risorse idriche dei territori
coinvolti ivi compresi i cittadini, le cui osservazioni
concorrono alla formazione delle scelte programmatorie
e progettuali del trasferimento dell'acqua da una zona
all'altra.
La valutazione tempestiva dei problemi ambientali consente
di dare certezze in ordine alla successiva formazione
del processo autorizzativo e quindi procedere alla
progettazione definitiva ed alla realizzazione e gestione
delle opere sulla base di concrete certezze.
La procedura di valutazione d'impatto ambientale prevista
dal comma 6 dell'art.17 della legge interviene sulla
base del progetto preliminare prima dell'approvazione
dell'accordo di programma da parte del Comitato dei
Ministri.
In relazione alle caratteristiche specifiche ed alla
natura delle opere da realizzare, nonché alla
peculiarità dell'ambiente interessato, il soggetto
proponente, preliminarmente all'avvio della procedura,
può concordare con la Commissione per la valutazione
dell'impatto ambientale l'analisi e le elaborazioni
da effettuare, nell'ambito dei criteri e delle norme
dettate dal D.P.C.M. 10 agosto 1988, n.377 e dal D.P.C.M.
27 dicembre 1988.
4.2.3. CRITERI ECONOMICO FINANZIARI
Il progetto preliminare approvato dall'Accordo di programma
di cui al punto 1.4 va di norma accompagnato da una
valutazione economica dello stesso, effettuata con
le tecniche dell'analisi costi-benefici.
L'analisi dovrà essere preceduta da una valutazione
preliminare delle alternative progettuali ove esistenti,
che evidenzi la maggiore convenienza della soluzione
del trasferimento.
La valutazione economica va sviluppata sia nella situazione
"senza intervento" che in quella "con
intervento" approfondendo, in particolare, i seguenti
aspetti:
* opportunità dell'intervento proposto nel quadro
economico territoriale di riferimento;
* bilancio domanda-offerta;
* descrizione dei criteri utilizzati per la quantificazione
dei costi di investimento (diretti e indiretti);
* individuazione della presenza di eventuali costi accantonati
e descrizione dei criteri utilizzati per la loro quantificazione;
* descrizione dei criteri utilizzati per la quantificazione
dei costi di esercizio (diretti e indiretti);
* descrizione dei criteri utilizzati per la quantificazione
dei costi esterni;
* descrizione dei criteri utilizzati per la quantificazione
dei rientri tariffari (nell'analisi economica i rientri
tariffari andranno evidentemente calcolati, unitamente
agli altri prezzi, con tecniche di derivazione atte
a riflettere il valore sociale del bene acqua);
* individuazione dei benefici economici interni ed esterni;
* verifica della sussistenza dell'equilibrio economico
e finanziario;
* analisi della redditività economica e finanziaria
(saggio di rendimento interno e valore attuale netto).
La valutazione del progetto, oltre ad indirizzare verso
una più efficiente allocazione dei fattori produttivi
in funzione degli obiettivi economici e sociali prefissati
(in particolare di ridistribuzione della risorsa),
consente di rendere le scelte più trasparenti
e pertanto agevola la ricomposizione dei conflitti
che generalmente si innescano tra amministrazioni locali
nelle situazioni in argomento.
E' fondamentale che la valutazione economica sia redatta,
in particolare per la parte che attiene al bilancio
domanda-offerta (risorse-fabbisogni), sulla base di
informazioni certificate ed attendibili (censimento
delle risorse idriche e bilancio idrico nell'ambito
del bacino idrografico) che consentano in modo univoco
di accertare le disponibilità idriche teoriche
potenziali nei territori interessati e di controllare
i criteri e le metodologie adottati nella determinazione
della domanda idrica per i vari usi.
A tale proposito, poiché l'uso irriguo impegna
la maggior parte del patrimonio idrico nazionale utilizzabile,
un'attenta e razionale programmazione delle pratiche
agricole, delle capacità di campo necessarie
e dei sistemi di irrigazione, anche in funzione degli
assorbimenti che il mercato nazionale e quelli esteri
(in particolare in ambito comunitario) possono garantire
alle varie produzioni, deve essere alla base della
determinazione della quantità d'acqua da destinare
all'uso agricolo.
5. METODOLOGIE E CRITERI GENERALI PER LA REVISIONE E L'AGGIORNAMENTO DEL PIANO REGOLATORE GENERALE DEGLI ACQUEDOTTI (art. 4, comma 1, lettera d) della legge 5 gennaio 1994, n.36)
5.1. FINALITÀ E CONTENUTO DELL'AGGIORNAMENTO.
L'aggiornamento del P.R.G.A. deve anzitutto tenere conto
degli obiettivi introdotti dalla legge, innovativi
rispetto a quelli definiti a suo tempo dalla legge
4 febbraio 1963, n.129
La legge, in particolare, introduce alcune innovazioni
che non possono non avere riflessi sul modo di impostare
la pianificazione degli schemi idrici. Gli acquedotti
sono infatti considerati come una parte dei servizi
idrici integrati, costituiti dall'insieme dei servizi
pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di
acque ad usi civili, di fognature e depurazione delle
acque e destinati ad una gestione unitaria rispondente
a logiche di mercato.
Ne deriva, tra l'altro, la necessità che il nuovo
P.R.G.A. prenda in esame aspetti fondamentali dei sistemi
distributivi non considerati dalla legge 129/63 tra
cui:
* contenimento perdite e sprechi;
* regolazione e modulazione delle portate e dei carichi;
* affidabilità dell'insieme;
* elasticità di esercizio;
* conservazione della qualità delle acque in
distribuzione;
* riorganizzazione dei servizi idrici per ambiti territoriali
ottimali;
* gestione integrata degli impianti di acquedotto, di
fognatura e depurazione.
Va tenuto presente che obiettivo generale del P.R.G.A.
resta l'equa ripartizione delle risorse, tenendo conto
della loro salvaguardia in termini sia quantitativi
che qualitativi.
Per quest'ultimo aspetto vanno particolarmente evidenziati
gli effetti del D.P.R. 24 maggio 1988 n.236 (S.O. alla
G.U. n. 152 del 30 giugno 1988). Quest'ultimo come
è noto, affronta anche il tema della salvaguardia
della qualità delle fonti di approvvigionamento,
ripreso anche dall'art.24 della legge, che lo considera
un elemento del costo del servizio, da recuperare in
tariffa. Pertanto detta salvaguardia costituisce un
ulteriore obiettivo da considerare nella revisione
del P.R.G.A.
5.2. ELEMENTI CONOSCITIVI SULLA SITUAZIONE IN ATTO
L'aggiornamento del P.R.G.A. va basato su di una preventiva
analisi della situazione in atto in grado di fare chiarezza
sulle reali cause di crisi attuali o prevedibili, tenendo
conto degli scenari di evoluzione della domanda in
un contesto generale di profonde modificazioni dello
sviluppo demografico rispetto alle previsioni del vigente
P.R.G.A., dei consumi specifici e di affinamento delle
tecniche di risparmio (individuazione e separazione
degli usi impropri, degli sprechi e delle irrazionalità
di approvvigionamento o di distribuzione).
Le indagini conoscitive di dettaglio vanno finalizzate
agli scopi suddetti e a quelli di chiarire l'interfaccia
con gli usi competitivi.
I servizi esistenti sono esaminati per sistemi acquedottistici,
evidenziando le situazioni di crisi di risorsa, di
approvvigionamento e di distribuzione.
Le crisi di risorsa sono individuate in relazione sia
agli aspetti qualitativi quanto a quelli quantitativi.
Per ogni singola regione, è necessario riconsiderare
le previsioni ed i programmi elaborati nella redazione
di varianti al P.R.G.A. e ai piani di risanamento delle
acque predisposti ai sensi della legge 319/1976, valutare
gli elementi conoscitivi acquisiti in materia di risorse
idriche e procedere ad una ricognizione generale dello
stato di conservazione delle opere di captazione, di
adduzione e di distribuzione dei corpi idrici, individuando,
per ciascuna di esse, 1e percentuali di perdita.
L'attività conoscitiva preliminare va integrata
e completata con le notizie riguardanti l'aspetto socio-economico
al fine di individuare le caratteristiche antropiche
del territorio le tendenze demografiche che sicuramente
trovano differenza rispetto alle previsioni del P.R.G.A.
del 1968.
La fase preliminare può così schematizzarsi:
* verifica dello stato di attuazione del P.R.G.A. del
1968 e sue varianti;
* verifica dello stato di conservazione delle opere
di captazione, di adduzione e di distribuzione delle
risorse idriche;
* individuazione delle tendenze evolutive e delle tendenze
demografiche del territorio;
* verifica dello stato di attuazione dei piani regionali
concernenti l'uso e il risanamento delle risorse idriche;
* verifica quali-quantitativa delle risorse idriche
attualmente in uso.
5.3. COMPETENZE ISTITUZIONALI E TERRITORIO DI RIFERIMENTO
Il D.P.R. 24 luglio 1977 n.616, ha delegato alle Regioni
(art.90 comma 2 lettera a) le funzioni "di aggiornamento
e modifiche del Piano Regolatore Generale degli Acquedotti
concernenti le risorse idriche destinate dal piano
a soddisfare esigenze e bisogni dei rispettivi territori
regionali, nonché l'utilizzazione delle risorse
stesse". Sono tuttavia riservate allo Stato (successivo
art.91), oltre alle funzioni concernenti la programmazione
nazionale generale o di settore della destinazione
delle risorse idriche, le funzioni concernenti l'imposizione
di vincoli e gli aggiornamenti e le modifiche del Piano
Regolatore Generale degli Acquedotti che comportino
una diversa distribuzione delle riserve idriche tra
regioni. Nell'esercizio di tali funzioni lo Stato deve
sentire le Regioni interessate e tener conto delle
esigenze da queste espresse per l'attuazione di programmi
per il raggiungimento di speciali obiettivi stabiliti
nell'esercizio di funzioni trasferite o delegate. Inoltre
la legge 10 maggio 1976 n.319, in materia di tutela
delle acque dall'inquinamento, ha attribuito specifiche
competenze alle Regioni concernenti, tra l'altro la
redazione dei piani regionali di risanamento delle
acque (che contengono, anche, indicazioni per il miglioramento
di tutti i servizi idrici) e l'esecuzione delle operazioni
di rilevamento delle caratteristiche dei corpi idrici.
L'art.8, punto 4 della legge ribadisce la competenza
delle Regioni per l'aggiornamento del P.R.G.A. (sentite
le Province interessate) e dell'Autorità di
Bacino (nell'ambito delle attività previste
dagli artt. 3 e 17 della legge 183/89). Il Piano va
aggiornato "su scala di bacino", per i vari
bacini di competenza; l'aggiornamento va fatto per
le finalità di cui alla citata legge 36/94 e
deve, quindi, essere funzionale alla modernizzazione
della gestione dei servizi idroambientali. Nei bacini
di rilievo nazionale sono fatte salve le competenze
statali (esercitate dal Ministero dei Lavori Pubblici,
su proposta delle Autorità di Bacino) di cui
al già citato art.91, punto 4, del D.P.R.616/77,
e cioè le modifiche del P.R.G.A. che comportino
una diversa distribuzione delle risorse idriche tra
le Regioni (sentite le Regioni stesse).
L'art.3 della legge 183/89 fa rientrare tra le attività
di pianificazione di competenza dell'Autorità
di Bacino la razionale utilizzazione, la protezione,
il risanamento delle risorse idriche atte all'uso potabile,
e l'art.17 fa rientrare tra le finalità ed i
contenuti del Piano di Bacino l'utilizzazione delle
risorse idriche e la valutazione preventiva dell'impatto
ambientale degli interventi.
La conseguente definizione del territorio da collegare
e da servire con sistemi acquedottistici o fognari
interconnessi va effettuata sulla base delle considerazioni
tecnico gestionali di seguito esposte, e secondo logiche
industriali, indipendentemente, quindi dai vincoli
amministrativi o di competenza (confini di Enti Locali
e di Bacini).
5.4 FLESSIBILITÀ, RAZIONALITÀ, AFFIDABILITÀ DEI SISTEMI - ORIZZONTI TEMPORALI.
Il P.R.G.A. va armonizzato con gli altri strumenti di
pianificazione, ed in particolare con i P.R.R.A. e
i piani di bacino.
L'aggiornamento del P.R.G.A. deve assicurare i seguenti
requisiti:
* flessibilità, intesa come capacità dei
sistemi idrici di adattarsi alle mutevoli caratteristiche
fisiche ed antropiche del territorio interessato;
* razionalità e compattezza della configurazione
finale di lungo termine;
* affidabilità globale e settoriale del sistema.
Gli obiettivi di flessibilità, razionalità
e affidabilità conducono all'adozione di sistemi
ragionevolmente estesi, ben interconnessi, e riforniti
da fonti di alimentazione molteplici e con caratteristiche
differenziate.
I sistemi estesi compensano al proprio interno gli errori
di previsione che abbiano segno opposto e riducono,
per note leggi di probabilità, l'onere pro-capite
delle configurazioni di riserva atte ad incrementarne
l'affidabilità.
Sistemi del genere conducono a raggiungere anche altri
obiettivi.
In primo luogo, quello di ridurre l'impegno complessivo
di acqua presso le fonti di approvvigionamento, in
quanto consentono di sfruttare la complementarietà
di diagrammi di consumo (ad esempio: connettendo aree
urbane ed industriali di un territorio con le aree
turistiche limitrofe) e di disporre più facilmente
di grandi serbatoi per la regolazione stagionale dei
consumi complessivi.
In secondo luogo quello di interconnettere con facilità
aree "forti" (alta densità ed elevato
reddito medio della popolazione) con aree "deboli"
limitrofe, mediandone la ripartizione dei costi e risolvendo
così il problema, altrimenti insolubile, di
dotare di servizi a tariffe ragionevoli anche le aree
meno sviluppate del Paese.
In terzo luogo, quello di raggiungere o tendere verso
dimensioni ottimali ai fini dell'economia di scala
per i problemi di gestione con particolare riferimento
alle strutture fisiche e concettuali di impresa ed
alla capacità di attrarre personale di alta
specializzazione, problemi la cui soluzione ottimale
richiede dimensioni rilevanti.
Gli orizzonti temporali da assumere a riferimento sono:
* per la definizione dei lineamenti strategici del Piano
ed, in particolare, per la determinazione delle portate
da riservare presso le fonti di approvvigionamento
prescelte: l'anno 2040;
* per la definizione e il dimensionamento dei primi
sub-sistemi, coerenti con i precedenti lineamenti strategici:
l'anno 2015;
* per il primo programma di attuazione: l'anno 2000.
Con cadenza pluriennale deve essere verificata la rispondenza
del P.R.G.A. alle mutate condizioni fisiche, antropiche
ed ambientali.
|5.5. I FABBISOGNI E LA LORO DISLOCAZIONE, SISTEMI DUALI, CONSUMI INDUSTRIALI E PROMISCUI.
Punto fondamentale per la revisione del P.R.G.A. è
la ridefinizione del fabbisogno sulla base delle mutate
modalità di utilizzo dell'acqua nell'ambito
della comunità e del territorio interessati.
I criteri a cui si ispira il P.R.G.A. del 1963 sono
infatti molto aggregati e non consentono di determinare
il necessario quantitativo d'acqua tenendo presenti
le reali esigenze che, come noto, variano notevolmente
nel tempo e nello spazio.
Nella determinazione del fabbisogno, e della sua dislocazione
planimetrica, occorre innanzi tutto individuare unità
territoriali omogenee per tipologia di utilizzo sia
per le situazioni in atto che per quelle evolutive
previste dagli strumenti pianificatori territoriali
urbanistici (assetto del territorio) negli orizzonti
territoriali prima indicati.
Unità territoriali omogenee possono essere, ad
esempio:
* aree residenziali (intensive, medie, estensive) con
inclusione di attività pubbliche, commerciali,
artigianali, industriali di tipo diffuso;
* centri residenziali con particolari concentrazioni
di utilizzazioni abitative permanenti di tipo comunitario
e sanitario (collegi, caserme, ospedali ecc.) o temporanee
(uffici, scuole, ecc.);
* centri turistici stagionali. estivi od invernali;
* aree direzionali;
* aree industriali;
* aree agricole;
* aree a verde, aree di rispetto, zone silvopastorali.
Ciascuna unità territoriale omogenea deve essere
considerata nel contesto delle caratteristiche climatiche
proprie della zona interessata, (temperatura stagionale,
piovosità). Inoltre, e ciò particolarmente
per le aree residenziali, è necessario tenere
in debito conto il grado di sviluppo economico e sociale
della popolazione interessata.
In definitiva, occorre analizzare il territorio da servire
con uno studio urbanistico e socio-economico ragionevolmente
approfondito, atto a valutare i parametri che possono
influire sulla propensione al consumo o sul fabbisogno
di servizi di ciascuna unità.
Per le unità di tipo residenziale, è ovviamente
importante determinare l'entità numerica della
popolazione da servire ai vari orizzonti (il P.R.G.A.
vigente fa infatti riferimento ad una valutazione effettiva
all'atto della prima redazione del Piano stesso e ad
una previsione all'anno 2015) e le sue caratteristiche
di mobilita e pendolarità giornaliera, settimanale
e stagionale.
L'esame della situazione italiana negli ultimi decenni
ha messo in evidenza alcune particolarità nella
dinamica della popolazione che hanno un peso non trascurabile
sulla determinazione dell'evoluzione del fabbisogno.
Il tasso di incremento annuo è notevolmente diminuito,
tanto che in molte zone d'Italia si parla ora di "crescita
zero". Occorre, pertanto, che, all'interno dei
sistemi distributivi, siano individuate aree territoriali
omogenee contraddistinte anche dall'appartenenza ad
una estensione territoriale entro la quale si possa
ipotizzare un valore pressoché uniforme del
tasso di crescita.
Nelle estrapolazioni e stime conseguenti non sembrano
avere più validità le leggi e le formule
comunemente applicate in passato quale la formula dell'interesse
composto; sarà consigliabile applicare caso
per caso espressioni più appropriate (ad esempio
quella di tipo lineare: PT = Po (1+rt) nella quale
PT e Po sono rispettivamente la popolazione all'anno
"t" e quella all'anno "0", mentre
"r" è il tasso di crescita annuale,
variabile nel tempo, è più adatta a descrivere
incrementi migratori.
Vi sono zone di sviluppo economico e demografico anomalo
e, perciò difficilmente prevedibili, quali:
* centri direzionali satelliti;
* centri turistici ad utilizzo stagionale e per fine-settimana.
Le valutazioni di sviluppo demografico di tali zone
vanno inserite nei contesto più vasto degli
aggregati urbani e nei territori delle regioni a cui
esse appartengono.
Vi sono anche zone caratterizzate da progressivo spopolamento,
situazione tipica di centri collinari a vocazione agricola.
Per tali centri non sembra, però, opportuno
prevedere una riduzione del fabbisogno idrico, dal
momento che ci si può aspettare una inversione
di tendenza e che si deve sempre ipotizzare che la
popolazione benefici di un miglioramento del tenore
di vita, connesso, in un rapporto reciproco di causa-effetto,
con il miglioramento dei servizi idrici, ovvero dei
fenomeni di valorizzazione quali l'agriturismo e l'artigianato
locale, lo sviluppo di parchi naturali, ecc.
Per alcune unità di tipo non residenziale (ad
es. direzionali) il riferimento alla popolazione residente
o presente non ha, invece, significato, se non per
rapporti statistici di tipo globale (cioè riferito
all'intera città) con realtà similari.
Per la valutazione del fabbisogno si dovrà tenere
conto anche delle perdite tecnicamente accettabili
nelle reti di adduzione e in quelle di distribuzione
(non più del 20%). Qualora le perdite in sistemi
acquedottistici esistenti siano superiori a detto limite,
il P.R.G.A. dovrà prevedere interventi di manutenzione
entro un ragionevole periodo di tempo e pertanto una
diminuzione, a parità di altre condizioni, del
fabbisogno stesso.
Ai fini della allocazione delle fonti di approvvigionamento,
si dovrà fare riferimento separatamente sia
al fabbisogno medio giornaliero che a quello nei periodi
di punta. Interconnessioni tra sistemi acquedottistici
e utilizzo della medesima fonte per alimentare sistemi
diversi dovranno assicurare la minimizzazione delle
variazioni delle portate emunte.
Va tenuto presente che, almeno nelle grandi aree metropolitane,
fortemente urbanizzate, nelle quali l'utenza non possa
disporre di risorse alternative distribuite sul territorio
(ad es. acque sotterranee non utilizzate per uso potabile)
o di apposite reti idriche "non-potabili",
è opportuno che la rete di pubblico servizio
possa sopperire anche ad esigenze non strettamente
riconducibili ad usi "civili", che sono,
di norma, suddivisi nelle seguenti classi:
* usi comunitari;
* usi commerciali;
* usi pubblici.
Si intende fare riferimento, in particolare, all'innaffiamento
del verde pubblico disperso all'interno della città,
alle esigenze della piccola industria diffusa sul territorio,
all'alimentazione di riserve di acqua potabile sulle
navi, ai rifornimenti all'ingrosso per usi speciali
(ad es. insediamenti militari).
Gli usi speciali sopra ricordati possono essere soddisfatti
con il ricorso a sistemi duali nei quali coesiste,
con la normale rete idrica, una seconda rete destinata
ad usi che richiedono acque meno pregiate: innaffiamento
stradale ed aree verdi, lavaggio fognature, usi industriali
minori ecc. e, quindi, anche parte degli usi civili.
E' inoltre opportuno adottare indicatori economico-sociali
(classi di reddito, presenza di attività artigianali
e/o produttive) ai quali collegare valutazioni di consumi
specifici attuali e futuri, ai soli fini previsionali.
Per la valutazione dei fabbisogni non propriamente domestici
ma inseriti nel contesto urbano e da soddisfare con
la rete acquedottistica urbana, quali quelli relativi
ai servizi, alle piccole industrie, ed al mantenimento
del verde pubblico e privato, si ricorrerà al
metodo analitico.
In ogni caso il P.R.G.A. dovrà assicurare una
dotazione idrica pro-capite minima da valutarsi a seconda
delle particolari esigenze del complesso urbano da
servire.
Detta dotazione dovrà essere contenuta al di
sotto di opportuni valori massimi al fine di evitare
il depauperamento delle risorse disponibili e la realizzazione
di opere non giustificate.
Si sottolinea, infine, che la valutazione dell'andamento
temporale, nell'intervallo di riferimento (sino al
2040), dei parametri indispensabili alla programmazione
degli interventi, ivi compreso il fabbisogno di acqua,
dovrà essere eseguita con criteri statistici
che definiscano intervalli di valori con probabilità
di realizzazione predefinita (intervalli di confidenza).
5.6. LE RISORSE IDRICHE: LORO SELEZIONE E PROTEZIONE, RISCHI DI APPROVVIGIONAMENTO.
Si richiamano alcuni indirizzi di carattere generale
applicabili all'intero territorio nazionale.
Il Piano deve individuare solo risorse idriche di considerevole
importanza; caratterizzate come segue:
acque telluriche (sorgenti o acque sotterranee): portate
poco variabili e con altissima probabilità di
essere superiori ai valori prefissati; caratteristiche
di qualità buone o facilmente migliorabili anche
con opportuni trattamenti; concreta possibilità
di protezione contro i rischi di inquinamento progressivo;
* acque di grandi laghi naturali: volumi utilizzabili
con altissima probabilità di essere superiori
ai valori prefissati, caratteristiche di qualità
rientranti preferibilmente nella classe Al o al massimo
A2 del D.P.R.515/82; concreta possibilità di
protezione contro i rischi di inquinamento progressivo.
* acque superficiali: portate con altissima probabilità
di essere superiori a quelle minime prefissate ovvero
regolabili con serbatoi artificiali; caratteristiche
preferibilmente rientranti nelle cassi Al o A2 del
D.P.R.515/82; minor esposizione agli inquinamenti accidentali.
Entro i limiti ricordati, l'elencazione corrisponde
anche ad una scala di preferenza decrescente, scala
che. va comunque ponderatamente correlata ai problemi
di disponibilità, vicinanza e quota e, quindi,
di costo.
Il principale requisito da ricercare nelle fonti di
approvvigionamento è, senza dubbio, quello della
possibilità di essere protette naturalmente
e artificialmente da e eventuali inquinamenti delle
acque sia progressivi che accidentali. A tal fine si
dovranno privilegiare i seguenti indirizzi:
* progressivo abbandono delle numerosissime piccole
risorse locali (sorgenti e pozzi minori caratterizzate
da portate molto variabili (e quindi troppo rapidamente
influenzate dalle precipitazioni), dalla sostanziale
impossibilità di proteggerle dall'inquinamento
(se non a costi proibitivi in rapporto ai volumi di
acqua prelevati) salvo l'utilizzo quali risorse alternative
o integrative.
* progressiva concentrazione delle fonti di approvvigionamento
dei sistemi acquedottistici;
* preferenza per sorgenti, acquiferi, laghi o bacini
superficiali alimentati da aree montane con scarsissimi
insediamenti a monte e limitatissime utilizzazioni
agricole intensive (ad es. aree innevate di alta quota,
comprensori silvo-pastorali, parchi naturalistici,
riserve ,ecc.)
* uso ottimale del contenuto energetico delle varie
riserve idriche (ad es. destinazione delle sorgenti
più elevate a servizio dei territori a quota
maggiore, utilizzazione di carichi eccedenti mediante
impianti idroelettrici in linea ecc.);
* collegamento di fonti di approvvigionamento aventi
caratteristiche complementari, sia ai fini della qualità,
sia ai fini della disponibilità quantitativa
nell'arco delle stagioni.
Nel programmare la selezione delle risorse idriche va
tenuto presente il problema delle aree nelle quali
il rischio di temporanee crisi di approvvigionamento
è più elevato per motivi sia idrologici
(prolungate siccità), sia di inquinamento accidentale
(ad es. rovesciamento improvviso di sostanze inquinanti
a monte di una presa di fiume), sia di inquinamento
progressivo irreversibile (ad es. crescita del contenuto
di nitrati, in acque sotterranee di zone con agricoltura
industrializzata, al di sopra dei limiti ammessi) sia,
infine, per collasso di strutture idriche di trasporto
a distanza a causa dell'instabilità geotecnica
o sismica diffusa sul tracciato (vedi cap.6).
In questi casi si deve ricorrere a scelte di natura
strategica quali: interconnessione tra impianti con
diverse caratteristiche; introduzione di subsistemi
di riserva; subapprovigionamenti di emergenza con acque
meno pregiate, ecc.
Occorre prevedere sistemi atti a minimizzare i tempi
di rilevamento e localizzazione dell'evento dannoso
ed alla riduzione preventiva dei relativi effetti (monitoraggio
biologico on-line, telecontrollo ecc.), nonché
la predisposizione di mezzi di soccorso di ogni tipo,
anche a scala regionale (sistemi di autobotti, acque
in pacchi, impianti di potabilizzazione mobili ecc.).
In aree del tutto particolari occorrerà prevedere
il ricorso a linee di approvvigionamento non convenzionali,
quali la dissalazione ed il riuso di acque di scarico.
Quest'ultimo aspetto, nella maggioranza dei casi, è
di interesse marginale perché tali acque (scaricate
nei fiumi) vengono già riutilizzate oggi dai
prelievi più a valle, sia perché, nei
limiti del possibile sarà più logico
utilizzare dette acque per usi irrigui od industriali,
onde liberare altre risorse idriche che potrebbero
risultare più adatte all'uso potabile.
5.7. I SISTEMI DI PRODUZIONE, ADDUZIONE, REGOLAZIONE, SMISTAMENTO, MODULAZIONE DISTRIBUZIONE.
Si è già detto che questi sistemi debbono
servire territori individuati sulla base di criteri
tecnici (urbanistici, idraulici, altimetrici ecc.)
e, quindi, del tutto indipendenti dai limiti amministrati
i o di competenza (Enti locali, autorità di
bacino ecc.).
L'oculata ideazione dei complessi di produzione, adduzione
e smistamento è fondamentale per il raggiungimento
degli obiettivi di flessibilità, razionalità,
affidabilità ricordati al punto 5.4., nonché
per il controllo della qualità delle acque immesse
nella rete distributiva.
In particolare, i sistemi idrici in argomento dovranno
essere configurati in modo flessibile per tenere conto
che l'andamento nel tempo dei parametri più
significativi della loro progettazione non è
univocamente determinabile ma si muove entro intervalli
predefiniti (criterio statistico).
Inoltre, al fine di ridurre al minimo gli scostamenti
tra obiettivi di piano e valori effettivi dei predetti
parametri, più elevati per orizzonti temporali
più remoti, i sistemi in argomento andranno
aggiornati ad intervalli intermedi in relazione agli
andamenti effettivi dei parametri di cui sopra.
Si precisa che rientrano nel subsistema produzione gli
interventi per la salvaguardia, la regolazione, la
captazione, il trattamento di potabilizzazione (ove
necessario) ed il sollevamento primario delle diverse
risorse considerate.
Nei casi segnalati nei punti 5.4. e 5.5, si indicheranno
anche sistemi paralleli per usi industriali o promiscui
o per reti duali.
Per quanto attiene ai sistemi di regolazione e modulazione
(torri piezometriche, serbatoi, sollevamenti locali,
automatismi connessi ecc.) e distribuzione (alimentatrici,
reti, connessioni) si precisa che essi vanno individuati
sulla base di zonizzazioni plano altimetriche rispondenti
esclusivamente a criteri tecnici (e, quindi, del tutto
indipendenti, in particolare, dai confini comunali).
Il P.R.G.A. si limiterà a fornire indicazioni
molto generali sui sistemi di regolazione e modulazione,
sulle zone di distribuzione, sulle direttrici (indicative)
di alimentazione di queste ultime.
Qualora il P.R.G.A preveda grandi opere di rilevante
incidenza ambientale, occorrerà allegare una
relazione preliminare sugli effetti ambientali.
Per le opere primarie che comportino rilevanti problemi
di ordine geotecnico (dighe, grandi gallerie, grandi
tubazioni in zone particolarmente franose ecc.), occorrerà
allegare uno studio geotecnico preliminare relativo
alla loro fattibilità.
Più in generale occorre chiarire che il P.R.G.A.
non è il coacervo dei progetti di fattibilità
delle singole opere proposte, ma semplicemente uno
schema della loro finalizzazione e del loro assemblamento
d'insieme, arricchito dagli studi (non progetti) di
fattibilità limitati a quelle sole opere primarie
che, se dovessero risultare non fattibili, comprometterebbero
irrimediabilmente la concezione generale del sistema
proposto.
Per le aree maggiormente soggette a rischio di crisi
idrica, saranno particolarmente segnalati i provvedimenti
strategici inseriti negli schemi proposti e quelli
tattici raccomandati ai gestori (ved. anche cap.6).
Per tutte le componenti comprese nei sistemi sopra descritti,
la definizione degli schemi impiantistici strategici
verso i quali occorre tendere gradualmente, ed ancor
più la definizione ed il dimensionamento di
massima degli interventi riferiti agli orizzonti 2000
e 2015, debbono partire dal rilevamento, ragionevolmente
approfondito, delle situazioni in atto o in corso di
realizzazione, come del resto prescritto dal punto
c) dell'art. 2 della citata legge 124/63 e dalla ricognizione
prescritta dall'art.11, comma 3. della legge 36/94.
Lo scopo del rilevamento è quello di delineare
programmi che consentano la maggiore possibile riutilizzazione
delle opere esistenti, anche mediante processi di riabilitazione
e manutenzione straordinaria.
L'obiettivo della riutilizzazione agisce quindi, sostanzialmente
come un vincolo nei riguardi della definizione dei
programmi. Peraltro, tale vincolo non va interpretato
in senso assoluto, ma limitatamente alle parti che
non interferiscono negativamente nel raggiungimento
degli obiettivi generali indicati nei precedenti paragrafi
(e quindi non deformino la razionalità della
concezione strategica dell'insieme) ma che semplicemente
riducano i costi complessivi (di investimento e di
gestione), soprattutto per i programmi di breve termine.
5.8. I SISTEMI DI SMALTIMENTO DELLE ACQUE REFLUE.
Si è già accennato che, in ossequio dell'art.2,
punto d) della legge 129/63, la revisione del P.R.G.A.
deve essere finalizzata anche a determinare gli schemi
sommari delle opere occorrenti per il corretto e razionale
smaltimento delle acque reflue conseguenti agli usi
civili dell'acqua. Si è anche già ricordato
che questa parte del P.R.G.A. deve essere resa coerente
con il P.R.R.A. e deve essere inquadrata nella nuova
disciplina degli scarichi introdotta con la direttiva
91/271 CEE.
Nella revisione del P.R.G.A. si dovranno perseguire,
in particolare, gli obiettivi di seguito esposti:
* progressivo miglioramento dell'impermeabilità
dei sistemi fognanti;
* tendenza verso sistemi fognanti ragionevolmente estesi
ed interconnessi, sviluppati, per quanto possibile,
secondo le linee naturali di scorrimento delle acque
di superficie;
* ottimizzazione della gestione degli impianti di depurazione
anche attraverso la scelta di impianti consortili;
* tendenza alla centralizzazione dei relativi sistemi
di controllo e di quelli di trattamento finale e smaltimento
dei fanghi;
* adozione, nelle piccole comunità isolate, di
sistemi di trattamento estremamente semplificati.
* eventuali riuso e riciclo delle acque trattate.
5.9. ARTICOLAZIONE DEI DOCUMENTI FINALI
Il processo di revisione del P.R.G.A. è effettuato
con riferimento alle unità territoriali di base
rappresentate dagli ambiti territoriali ottimali delimitati
ai sensi dell'art.8 della legge 36/94 e deve condurre
a:
a) per i soli bacini di rilievo nazionale ed interregionale,
un documento di sintesi che riassuma, su scala di bacino,
le risorse prescelte per l'uso civile, la destinazione
finale dei reflui;
b) per ciascuna Regione:
* la determinazione dei fabbisogni ai vari orizzonti
temporali e la loro dislocazione plano altimetrica;
* il riepilogo dei vincoli d'uso di risorse e delle
altre indicazioni provenenti dai Piani di bacino di
rilievo nazionale ed interregionale ovvero dalle decisioni
di competenza dello Stato per l'uso di risorse provenienti
da altre Regioni;
* la selezione ragionata delle risorse provenienti dai
bacini regionali;
* l'indicazione di diversi orizzonti degli schemi dei
vari sistemi acquedottistici (schemi planimetrici,
altimetrici, idraulici, istogrammi di portata, emergenze,
ecc.);
* l'indicazione degli schemi dei sistemi fognari e della
loro connessione con il P.R.R.A e dei Piani di bacino;
* il piano pluriennale degli investimenti necessari
per l'attuazione del Piano esteso all'intero arco temporale
di validità dello stesso, da predisporre con
riferimento al programma previsto dall'art.11, comma
3, della legge 36/94;
* il riepilogo delle risorse idriche da riservare per
uso potabile.
6. DIRETTIVE E PARAMETRI TECNICI PER LA INDIVIDUAZIONE DELLE AREE A RISCHIO DI CRISI IDRICA CON FINALITÀ DI PREVENZIONE DELLE EMERGENZE IDRICHE (art. 4, comma 1, lett.e) della legge 5 gennaio 1994, n.36)
6.1. CAUSE DI DEFICIENZE IDRICHE
La valutazione del rischio di deficienza idrica richiede
preliminarmente l'individuazione degli elementi "a
rischio" di un sistema idrico e l'indagine sulle
cause (transitorie o permanenti) delle condizioni di
emergenza idrica.
L'analisi del rischio di deficienza idrica dovrà
essere condotta con riferimento sia ai sistemi idrici
che ricadono in ciascun ambito territoriale, sia a
quelli esterni che assicurano l'approvvigionamento
idrico, anche parziale, di utenze ubicate in tale ambito.
Un sistema idrico è generalmente costituito dai
seguenti componenti:
* corpi idrici naturali sia superficiali che sotterranei
(fonti di alimentazione);
* impianti di attingimento, distinti in:
- derivazioni dirette dai corsi d'acqua
- derivazioni da serbatoi naturali o artificiali
- prelievo da falde sotterranee;
* impianti di trattamento, anche di risorse non convenzionali
(acque reflue, salmastre, saline), necessari per il
rispetto dei parametri di qualità richiesti
dalle norme in relazione ai vari utilizzi;
* reti di adduzione, comprendenti eventuali impianti
di sollevamento, di disconnessione idraulica, di rifasamento
e/o accumulo nonché di eventuale produzione
di energia elettrica;
* reti di distribuzione per i vari usi, comprendenti
le eventuali capacità di regolazione e riserva;
* apparecchiature finali di utenza.
Naturalmente, la caratterizzazione dei vari componenti
del sistema idrico richiede la conoscenza sia dei dati
fisici sia degli aspetti istituzionali e gestionali.
Una situazione di deficienza idrica si verifica in un
sistema di approvvigionamento idrico quando il livello
standard della domanda di una o più utenze non
viene raggiunto.
In particolare, tali carenze possono classificarsi nel
modo seguente:
A. Carenza delle fonti di alimentazione
Al eventi di siccità (più gravi in termini
probabilistici di quelli considerati in sede progettuale);
A2 indisponibilità da inquinamento;
A3 errata gestione delle fonti di alimentazione.
B. Carenza negli impianti (di attingimento, trattamento,
adduzione, distribuzione)
B1 carenze progettuali (di tipo idraulico, igienico-sanitario,
strutturale, previsionale);
B2 interruzioni del servizio dovute al decadimento delle
caratteristiche strutturali e/o ad una non adeguata
manutenzione;
B3 errata gestione degli impianti e perdite o sprechi
ingiustificati.
C. Carenze in tutto il sistema idrico dovute ad altri
eventi naturali eccezionali (sismi, inondazioni, frane).
Nella tabella I per ciascuna delle principali cause
di deficienza idrica, sono distinte le principali misure
di emergenza e di prevenzione.
TABELLA I
Misure contro il rischio di deficienza idrica
CARENZE CAUSE MISURE DI EMERGENZA MISURE DI PREVENZIONE
nelle fonti di alimentazione eventi di siccità approvvigionamento
con risorse integrative riduzione della vulnerabilità
del sistema alla siccità
nelle fonti di alimentazione inquinamento distribuito
e/o puntuale approvvigionamento di emergenza, disinquinamento
ecc. riduzione della vulnerabilità del sistema
all'inquinamento
nelle fonti di alimentazione errata gestione dei prelievi
- definizione di programmi di gestione
negli impianti di attingimento inadeguata progettazione
- revisione dei criteri progettuali
adduzione e distribuzione decadimento delle caratteristiche
degli impianti
- manutenzione programmata
adduzione e distribuzione errata gestione degli impianti
- definizioni di corretti standards gestionali
nell'intero sistema idrico sismi, inondazioni e frane soccorso,
approvvigionamento di emergenza riduzione della vulnerabilità
del sistema
Le misure di emergenza sono orientate alla riduzione
degli impatti negativi di un particolare evento di
deficienza idrica e sono prevalentemente affidate alle
strutture di protezione civile; esse comprendono gli
interventi di soccorso e le azioni volte al superamento
dell'emergenza.
Le misure di prevenzione sono orientate a ridurre la
vulnerabilità del sistema sia nella fase di
progettazione, sviluppo e adeguamento degli impianti
attuali, sia nella fase di esercizio e manutenzione
ordinaria degli stessi; generalmente esse sono affidate
agli enti responsabili della pianificazione ed ai soggetti
responsabili della gestione ordinaria degli impianti.
6.2. DEFINIZIONE DEL RISCHIO DI DEFICIENZA IDRICA
Facendo riferimento alla teoria dell'affidabilità,
per sistemi il cui comportamento può essere
descritto attraverso due sole condizioni: di regolare
funzionamento (successo) o di mancato funzionamento
(fallanza), la pericolosità (hazard) può
essere definita come la probabilità che "il
sistema (o qualcuno dei suoi componenti) non svolga
correttamente le funzioni assegnate per un prefissato
periodo di tempo in determinate condizioni operative".
Per lo studio del rischio di deficienza idrica occorre
innanzitutto definire in maniera univoca le condizioni
di regolare funzionamento, tese a garantire l'equilibrio
tra il volume erogato V e 1a domanda D. Con riferimento
ad un sistema di approvvigionamento idrico, la condizione
di non corretto funzionamento può considerarsi
quella in cui il volume erogato risulti minore di una
soglia percentuale prefissata K della domanda in un
certo intervallo di tempo.
In conseguenza la pericolosità può essere
espressa dalla probabilità:
P=P(V<KD) con O<K<l
Facendo riferimento ad un intervallo temporale pari
a un anno e indicando con Pd la probabilità
che l'anno sia interessato da una significativa deficienza,
e con Va il volume annuo di approvvigionamento idrico
in condizione normale, il grado di vulnerabilità
è rappresentato dall'entità del deficit
annuo di approvvigionamento espresso come quota del
volume annuo Va normalmente erogato (deficit annuo
relativo).
Di conseguenza, indicato con Df il deficit annuo relativo,
il rischio annuo di deficienza idrica può esprimersi:
RISCHIO DI DEFICIENZA ANNUO = Pd.Va.Dfm
ove Dfm e il valore atteso di Df, stimato con riferimento
ai soli anni interessati da significative deficienze.
Per un periodo di n anni si avrà, poi:
RISCHIO DI DEFICIENZA IN n ANNI = n Pd.Va.Dfm.
6.3. PREVISIONE E VALUTAZIONE DEL RISCHIO DI DEFICIENZA IDRICA
6.3.1. DATI DI BASE DA RACCOGLIERE E DA ELABORARE
Al fine di valutare il rischio di deficienza idrica
in n anni occorre stimare, determinati i valori di
K in relazione ai diversi usi ed alle conseguenze attese:
* la pericolosità Pd;
* il volume annuo normalmente erogato Va;
* il deficit annuo di approvvigionamento medio, Dfm
A tal fine è indispensabile disporre di dati
idonei a definire:
1. le caratteristiche topologiche del sistema idrico;
2. i fabbisogni delle diverse utenze servite, sia dal
punto di vista qualitativo che quantitativo;
3. la distribuzione di probabilità delle portate
disponibili alla fonte (o alle fonti) di approvvigionamento;
4. le modalità di gestione e di manutenzione
delle diverse componenti del sistema.
Soltanto la conoscenza dei dati indicati, infatti, consente
da un canto di procedere ad una verifica idraulica
del sistema considerato e di definire il rischio di
deficienza idrica, dall'altro, di predisporre eventuali
interventi di prevenzione e/o di emergenza.
In particolare per quanto riguarda il punto 1 è
necessario acquisire:
* planimetrie e profili longitudinali delle diverse
componenti del sistema (dalle opere di presa fino alle
opere di distribuzione), con indicazione della localizzazione
e delle caratteristiche planimetriche e altimetriche
delle successive derivazioni verso le utenze servite;
* dati sulle caratteristiche topologiche del sistema
di captazione (da invasi, da sorgenti, da falde sotterranee,
da corsi d'acqua), del sistema di adduzione (condotte
a gravità, impianti di sollevamento, opere di
sconnessione, materiali impiegati, diametri delle tubazioni,
tipi di giunti), delle opere di derivazione (a pelo
libero o in pressione), delle opere di sconnessione
fra opere di adduzione e reti di distribuzione (quote
sfioro e capacità delle vasche di carico e/o
dei serbatoi interrati e/o sopraelevati) e di ciascuna
delle reti di distribuzione (se a pelo libero: dimensioni
della sezione trasversale, pendenze di fondo, materiali
impiegati; se in pressione: rete a maglie aperte o
chiuse, materiali impiegati, diametri delle tubazioni,
tipi di giunto, caratteristiche di eventuali impianti
di sollevamento inseriti lungo la rete o di vasche
di carico intermedie, caratteristiche e localizzazione
di valvole, saracinesche).
Le notizie di cui al punto 2 devono consentire:
* di caratterizzare ciascuna utenza di settore;
* di individuare l'andamento spaziale e temporale (annuo,
mensile, giornaliero, orario) delle portate richieste,
prendendo a riferimento i valori dei volumi fatturati
alle singole utenze e i diagrammi delle portate registrate
(rispettivamente alle opere di captazione, alle opere
di derivazione poste lungo l'adduttore, alle vasche
di carico o ai serbatoi) nel passato, e, in particolare,
in periodi di siccità già verificatisi;
* di individuare l'esistenza di utenze o di zone di
utenza in cui, anche in periodi di disponibilità
alla fonte (a alle fonti) di approvvigionamento, si
lamentano carenze nella distribuzione.
Per quanto riguarda il punto 3, infine, le indagini
idrologiche per la valutazione delle risorse idriche
in periodi di magra devono consentire la conoscenza
dei seguenti elementi caratteristici:
* diagramma di disponibilità alla fonte o alle
fonti di approvvigionamento al variare del periodo
di ritorno T, per definizione pari all'inverso della
pericolosità Pd; in particolare dovranno individuarsi
diagrammi di disponibilità relativi agli anni
di minimo deflusso cui corrispondono periodi di ritorno
che possono definirsi critici (diagramma di disponibilità
di fonti ordinarie);
* diagrammi di disponibilità analoghi per fonti
non utilizzate in via ordinaria, ma che, in periodi
di emergenza, possono utilizzarsi per le utenze irrigue
e/o industriali senza richiedere grossi oneri per 1a
captazione e per l'adduzione (diagramma di disponibilità
di fonti alternative).
A tali valutazioni bisogna aggiungere tutte le notizie
utili di cui al punto 4:
* sulle modalità attuali di gestione di ciascun
sistema componente dello schema;
* sullo stato di conservazione delle reti di adduzione
e distribuzione (notizie su interventi di manutenzione
effettuati in passato con indicazione dei tipi di intervento
e della localizzazione di ciascuno di essi, individuazione
di eventuali zone in cui si registrano forti abbassamenti
della superficie piezometrica, anno di installazione
della rete, eventuali problemi di corrosione).
I dati sopra elencati possono essere raccolti in una
"scheda informativa tipo" suddivisa in quattro
parti e compilata nelle parti relative ai punti 1,
2 e 4 di cui sopra, in collaborazione con i vari enti
gestori dei sistemi componenti lo schema idrico considerato
e, nella parte relativa al punto 3, sfruttando i risultati
dello studio idrologico.
In mancanza di dati esaurienti, soprattutto sui consumi,
sarà compito degli enti gestori installare opportune
stazioni di misura che consentano di avere un quadro
esaustivo della situazione attuale.
6.3.2. CRITERI DI VALUTAZIONE DELLE DOMANDE IDRICHE
E DEI VALORI DI SOGLIA E DI CRISI PER GLI USI CIVILI,
IRRIGUI E INDUSTRIALI.
Sfruttando le informazioni raccolte nella seconda parte
della scheda si catalogano, innanzi tutto, le utenze
in civili, industriali, irrigue. Per ciascuna di dette
categorie è possibile poi effettuare un confronto
fra i dati dei consumo registrati in passato e i dati
dei fabbisogni minimi necessari quali sì deducono
dal confronto con i consumi registrati per utenze analoghe
servite da reti in buono stato di conservazione e gestite
in maniera razionale o in base a studi di carattere
generale reperibili nella bibliografia tecnica sui
sistemi acquedottistici.
L'analisi di cui sopra consente di individuare l'eventuale
presenza di consumi anomali da parte di alcune utenze.
A dette anomalie si può ovviare o con una più
razionale gestione, anche tariffaria, nel caso che
esse siano da attribuire a ingiustificati sprechi,
o con interventi di manutenzione ordinaria, se invece
sono da ascrivere a perdite superiori alla norma.
Al termine dello studio è possibile individuare,
sia per ciascuna utenza che per il complesso delle
utenze servite:
valori di soglia che, pur limitando al massimo i consumi,
siano in grado di soddisfare i bisogni senza creare
reali disagi;
valori di crisi che comportino soglie di disagio comunque
ammissibili, fissate con criteri diversi a seconda
del tipo di utenza considerata (civile, irrigua, industriale),
tenendo conto delle particolari esigenze locali e comunque
col criterio di evitare danni irreparabili tenuto conto
della durata di permanenza di detto disagio.
6.3.3. CRITERI DI ANALISI DELLE CARATTERISTICHE E DEGLI
EFFETTI DI RECENTI SICCITÀ STORICHE.
Le notizie raccolte nell'ultima parte della scheda relative
alle caratteristiche e agli effetti di recenti siccità
possono risultare estremamente utili per procedere
a verifiche idrauliche del sistema nel suo complesso.
Come è ovvio, dette verifiche devono essere effettuate
sullo schema complessivo delle opere, quale dedotto
dai dati riportati nella prima parte della scheda informativa,
supponendo una distribuzione delle richieste, quale
si deduce dalla seconda parte della stessa scheda,
e prendendo a riferimento il diagramma di disponibilità
verificatosi durante il periodo di siccità storico
considerato, quale si deduce dalla terza parte della
scheda stessa.
I risultati della verifica consentono di localizzare
le aree a maggior rischio di deficienza idrica.
Un'analoga verifica deve essere effettuata anche per
le condizioni di disponibilità ordinaria.
Dal confronto fra i risultati ottenuti dalle verifiche
precedenti, e dalla conoscenza dello stato di conservazione
dei singoli componenti lo schema e le modalità
di gestione dei sistemi di captazione, di adduzione
e di distribuzione, è possibile individuare
le cause che provocano particolari disagi in alcune
zone e riconoscere se gli stessi si sono verificati
solo in periodi di deficit di alimentazione o non si
verifichino con frequenze notevoli anche in altri periodi.
6.4. INTERVENTI DI MITIGAZIONE DELLE DEFICIENZE IDRICHE
6.4.1. TIPOLOGIA DEGLI INTERVENTI
Una prima distinzione può essere fatta fra interventi
strutturali (realizzazione di opere e impianti) e interventi
non strutturali (modifiche delle norme di esercizio,
provvedimenti normativi o tariffari etc.).
Una ulteriore distinzione può essere fatta tra:
1) misure di prevenzione da adottare se le cause di
vulnerabilità sono da ascrivere anche a erronee
previsioni su domanda e disponibilità in fase
di progettazione, o a sottodimensionamento di alcuni
componenti, o a difetti di costruzione o a cattiva
manutenzione o a errata gestione; si tratta di interventi:
* prevalentemente strutturali, capaci di ridurre la
vulnerabilità dei sistemi idrici (pluralità
delle fonti di alimentazione, interconnessione, regolazione
pluriennale)
* prevalentemente non strutturali, idonei a prevenire
le conseguenze dei deficit idrici (assicurazioni, scelta
di colture non idroesigenti etc.)
2) misure di emergenza, atte a mitigare gli effetti
di una crisi già in atto; si tratta di interventi
che riguardano prevalentemente l'esercizio di sistemi
idrici e possono essere distinti in tre categorie principali:
* riduzione della domanda, intesa sia come azioni intraprese
per ottenere la riduzione volontaria dei consumi da
parte degli utenti (campagne pubblicitarie, uso dello
strumento tariffario per il risparmio idrico etc.),
sia come azioni di razionamento delle erogazioni da
parte dell'Ente gestore;
* incremento delle disponibilità idriche, per
assicurare, almeno in parte, il soddisfacimento delle
domande con approvvigionamenti integrativi o con il
ricorso a forme alterative normalmente non utilizzate;
* riduzione delle deficienze idriche più gravi
mediante opportune regole di esercizio per la ripartizione
delle risorse nel tempo e tra le varie utenze, preventivamente
pianificate.
6.4.2. CRITERI DI ANALISI DELLA IDONEITÀ DEI
POSSIBILI INTERVENTI PROPOSTI PER LIMITARE LIVELLO
DI VULNERABILITÀ DEL SISTEMA IDRICO
Dal raffronto fra i valori di soglia e le disponibilità
delle fonti ordinarie corrispondenti a diversi periodi
di ritorno T (terza parte della scheda informativa)
si può definire il valore del periodo di ritorno
Temer al verificarsi del quale si può parlare
di emergenza: in tal caso si possono prendere in considerazione
vari provvedimenti che possono essere adottati contemporaneamente
o in alternativa.
Prescindendo dalla ottimistica possibilità di
reperire un'altra fonte di approvvigionamento di qualità
idonea a servire tutte le utenze, comprese quelle civili,
che non sia già sfruttata, in una prima fase
si prendono in esame:
* tutti i provvedimenti tesi alla limitazione dei consumi,
sino ai valori Indicati come "di soglia"
e "di crisi";
* gli eventuali interventi già collaudati in
occasione di precedenti periodi di siccità e
che, dalle verifiche analoghe a quelle descritte nel
precedente paragrafo 3.3, si sono dimostrati idonei
ad abbassare, almeno parzialmente, il grado di vulnerabilità
del sistema.
Nel caso fosse necessario, per alcune utenze industriali
si può considerare la possibilità di
ridurre i consumi intervenendo con modifiche dei sistemi
di produzione che prevedono, ad esempio, il ricorso
al riciclo e al riuso delle acque in conformità
con quanto previsto anche dall'art.29 (acque per usi
industriali) della legge 36/94.
Sia per le utenze industriali che per quelle irrigue
si può considerare, infine, la possibilità
di ricorrere, in periodi di emergenza, all'uso di fonti
alternative, facilmente captabili, ma che forniscono
acque di qualità meno pregiata di quella delle
fonti ordinarie. In tal caso bisogna effettuare uno
studio approfondito per verificare che l'acqua eventualmente
addotta da detta fonte non comprometta, con le sue
caratteristiche chimico fisiche, i componenti dei sistemi
di produzione industriale o del sistema di distribuzione
irrigua, e, ancora, che dette caratteristiche non siano
nocive per il tipo di coltivazione effettuato nelle
zone irrigue da servire.
In caso di esito positivo dello studio, occorre approfondire
la tipologia delle opere necessarie a un allacciamento
semplice e rapido di dette fonti ai gruppi di utenze
che dovranno usufruirne nei periodi di emergenza e
stimarne la fattibilità con oneri accettabili
Come già si e detto, nell'ipotesi nell'ipotesi
del ricorso, in fase di emergenza, ad una fonte di
approvvigionamento alternativa, devono essere individuati
diagrammi di richiesta minimi e diagrammi di richiesta
di emergenza separati, sia per il complesso delle utenze
civili, che in detta fase utilizzerà le acque
provenienti dalle fonti di approvvigionamento ordinarie,
sia dal complesso delle utenze irrigue e industriali,
che sarà servito dal sistema di alimentazione
alternativo.
Per ciascuno dei provvedimenti ipotizzati (riduzione
dei consumi, interventi già collaudati, riduzione
dei consumi industriali a mezzo di riciclo e di riuso
dell'acqua, ricorso a fonti alternative), con riferimento
al periodo di ritorno Temer,
* si mettono a raffronto, rispettivamente, o il diagramma
di disponibilità delle fonti ordinarie con il
valore idrico di crisi del complesso delle utenze o,
nel caso si preveda l'utilizzo di fonti alterative,
ciascuno dei due diagrammi di disponibilità
(delle fonti e delle fonti alternative), con i valori
idrici di crisi corrispondenti ai gruppi di utenze
servite da ciascuno dei sistemi di approvvigionamento;
* e previe verifiche idrauliche, analoghe a quelle descritte
al punto 2. che precede, si riconosce se gli interventi
previsti siano o meno idonei ad affrontare il periodo
di crisi corrispondente al Temer fissato.
In caso di esito negativo, si esamina se esistono altre
possibilità di intervento e si valutano gli
effetti di ciascuno di detti interventi.
Soltanto in caso di verifiche ancora tutte negative
(livelli di vulnerabilità comunque alti, impossibilità
di approvvigionamenti integrativi e di trasferimenti
di risorse idriche da un sistema all'altro), si ammettono
soglie di disagio anche maggiori di quella posta a
base del valore idrico di crisi. In tali casi, come
previsto dalla legge 36/94 gli oneri più gravosi
si caricano prima sulle utenze industriali, poi su
quelle irrigue, e, solo da ultimo, su quelle civili.
7. CRITERI PER LA GESTIONE DEL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO COSTITUITO DALL'INSIEME DI SERVIZI PUBBLICI DI CAPTAZIONE, ADDUZIONE E DISTRIBUZIONE DI ACQUA AD USI CIVILI, DI FOGNATURA E DI DEPURAZIONE DELLE ACQUE REFLUE (art. 4, comma 1, lett.f) della legge 5 gennaio 1994, n.36)
7.1. GENERALITÀ
Il servizio idrico integrato, costituito dall'insieme
dei servizi pubblici di captazione e/o utilizzazione,
adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di
fognature e di depurazione delle acque reflue, viene
organizzato secondo le modalità ed i criteri
stabiliti al capo II della legge.
La gestione del servizio è regolata dall'autorità
pubblica a tutela del consumatore e degli interessi
pubblici connessi con la salute, con la razionale utilizzazione
delle risorse e con la difesa dell'ambiente, nel quadro
dello sviluppo socio-economico delle popolazioni servite.
La gestione del servizio avviene assicurando il corretto
esercizio delle attività di cui sopra, anche
attraverso l'organizzazione e l'esercizio delle attività
accessorie e connesse che consentano l'efficienza operativa
ed economica, la trasparenza delle iniziative e dei
comportamenti, l'affidabilità qualitativa e
quantitativa, la salvaguardia dei sistemi ambientali
dai quali l'acqua viene prelevata ed ai quali viene
restituita, la solidarietà tra soggetti gestori
vicini sia per compensare diversi livelli di ricchezze
delle risorse anche a fronte di situazioni di emergenza.
sia per contenere i carichi inquinanti complessivi
immessi in corpi ricettori.
Nei casi in cui nell'ambito ottimale sussistono schemi
idrici ad uso plurimo devono essere definiti dagli
organismi competenti piani di ripartizione delle risorse
fra i diversi usi secondo le norme vigenti in una visione
coordinata che assicuri l'uso plurimo delle risorse
stesse garantendo la priorità per il consumo
umano anche in casi di emergenza idrica.
7.2. CRITERI PER LA GESTIONE
L'articolo 9, comma 1, della legge prescrive che il
servizio idrico integrato deve essere organizzato al
fine di garantirne la gestione secondo criteri di efficienza,
di efficacia e di economicità.
A termine dell'art.11 della legge, la regione adotta
una convenzione tipo e relativo disciplinare per regolare
i rapporti tra gli enti locali interessati ed i soggetti
gestori dei servizi idrici integrati.
Oltre al rispetto delle norme generali e della convenzione
regionale, il soggetto gestore si atterrà ai
criteri di seguito illustrati.
7.2.1 EFFICIENZA ED EFFICACIA DELLA GESTIONE
L'efficienza va intesa come capacità di garantire
la razionale utilizzazione delle risorse idriche e
dei corpi ricettori nonché di ottimizzare l'impiego
delle risorse interne.
L'efficacia va intesa come capacità di garantire
la qualità del servizio in accordo alla domanda
delle popolazioni servite e alle esigenze della tutela
ambientale.
L'efficacia della gestione richiede in via prioritaria
il rispetto dei limiti imposti relativi alla qualità
dell'acqua erogata e di quella scaricata.
Sulla base della definizione della domanda idrica e
della domanda di smaltimento dei reflui, dipendenti
anche dalle specifiche condizioni fisiche e socioeconomiche
caratteristiche del bacino di utenza, l'efficacia della
gestione deve tendere all'integrale soddisfacimento
delle condizioni stesse con continuità e con
affidabilità. Il soggetto gestore deve quindi
attivarsi affinché, secondo le condizioni ed
i mezzi previsti dalla legge e dalla convenzione e
relativo disciplinare che ne regolano i rapporti con
gli enti locali, sia adeguata l'estensione degli impianti
per servire un intero comprensorio di competenza tenendo
anche conto della salvaguardia dei contesti ambientali.
Il gestore dovrà altresì rispondere alla
domanda di "organizzazione" dell'utenza,
espressa in termini di regolarità e tempestività
della contabilizzazione e della fatturazione, di semplicità
delle procedure amministrative per l'apertura, voltura
e chiusura dei contratti, di rapidità ed esaustività
della risposta alle chiamate di emergenza, di garanzia
delle informazioni fornite.
L'attività di gestione deve garantire, tra l'altro:
1. risparmio idrico, attraverso l'adozione di misure
mirate alla riduzione delle perdite in rete, al recupero
dell'acqua non contabilizzata, al contenimento degli
sprechi alla gestione della domanda in condizioni di
scarsità della risorsa idrica;
2. coerenza dei programmi di gestione con gli indirizzi
della pianificazione di bacino in materia di uso e
tutela delle acque e con il piano regolatore generale
degli acquedotti;
3. adozione di misure atte a consentire il riutilizzo
delle acque reflue, al fine di ridurre sia il consumo
delle risorse pregiate sia l'impatto sui corpi ricettori;
4. previsione, nell'ambito dell'attività di pianificazione
di cui all'art.8 della legge 36/94, di meccanismi di
interscambio idrico e/o costituzione di riserve, per
la ottimale distribuzione delle risorse disponibili
a fronte di situazioni di carenza idrica all'interno
del comprensorio servito, in modo da minimizzare gli
effetti di disservizi o di emergenze locali di approvvigionamento;
analoghi meccanismi devono esser previsti per l'interscambio
di risorse tra comprensori vicini serviti da diversi
soggetti gestori, sia per fronteggiare carenze di disponibilità,
sia per garantire una quota di rifornimento vitale
in occasione di eventi eccezionali che possono produrre
l'indisponibilità di alcune risorse;
5. destinazione delle acque reflue in considerazione
della capacità ricettiva dei corpi idrici, tenendo
in debito conto eventuali impatti ambientali che possono
essere indotti da tali scarichi, con eventuale previsione
di utilizzo di postazioni di scarico anche non ricadenti
nel comprensorio servito dal soggetto gestore;
6. selezione ed ottimizzazione degli usi delle risorse
idriche disponibili.
Il gestore del servizio idrico integrato che ricorra
all'uso di acqua approvvigionata con schemi plurimi
dovrà assicurare l attività di gestione
d'intesa con i soggetti gestori di questi schemi.
Il gestore adotta un sistema di controllo dello stato
globale del servizio attraverso l'attivazione di una
banca dati opportunamente consultabile anche da postazione
remota e da soggetti diversi dal gestore. riportante
tutti gli elementi di conoscenza sulla consistenza
delle risorse idriche disponibili, degli impianti e
dell'utenza, del personale e delle attrezzature, sui
parametri caratteristici che definiscono compiutamente
il servizio sotto il profilo qualitativo e quantitativo,
sui risultati prodotti dagli interventi di manutenzione
e di emergenza, nonché in generale sull'organizzazione
della quale il soggetto si e dotato per garantire nel
tempo il servizio.
Il gestore si avvale anche della collaborazione degli
utenti, predisponendo ad esempio appositi questionari
per conoscere gli effetti della gestione dal punto
di vista dell'utente.
Attraverso un'idonea gestione del sistema di controllo
si potranno individuare le situazioni di crisi, in
atto o potenziali, nelle reti, negli impianti, nell'organizzazione,
nelle condizioni di esercizio in genere.
Sulla base di elementi concreti, conosciuti gli strumenti
pianificatori e le condizioni di vincoli per le aree
interessate, il gestore deve dare concreta attuazione
al programma di investimento definito a norma dell'art.1
della legge n.36/94 per il conseguimento degli obiettivi
di risparmio idrico, di manutenzione mirata delle reti
e degli impianti e di realizzazione di nuove opere.
A tal fine gli Enti Locali, nell'affidamento della
gestione dovranno verificare che il soggetto gestore
possieda i requisiti necessari in termini di capacità
organizzative generali e specifiche competenze professionali.
L'efficacia, sotto il profilo qualitativo deve essere
costantemente verificata dal soggetto gestore a marzo
di esami di laboratorio estesi anche ai colpi idrici
utilizzati per le captazioni e per le rialimentazioni.
Tali controlli sono, in sede di definizione della convenzione,
estesi ai corpi ricettori interessati dagli scarichi
in maniera commisurata alle caratteristiche delle reti,
degli impianti e delle caratteristiche del corpo idrico
ricettore.
7.2.2. ECONOMICITÀ DELLA GESTIONE
La gestione deve essere effettuata con rigidi criteri
di economicità e sarà finalizzata ad
assicurare il massimo contenimento dei costi in relazione
agli obiettivi prefissati.
La tariffa, disciplinata dagli artt.13, 14 e 15 della
legge n.36/94, dovendo garantire l'integrale copertura
dei costi di investimento e di esercizio, risulta essere
sostanzialmente il parametro indicatore elementare
dell'economicità della gestione, pur dovendosi
tenere conto delle particolari condizioni locali nelle
quali il soggetto gestore opera. Saranno definiti altri
indicatori più complessi riferiti, ad esempio,
alla qualità del servizio ed alla produttività.
In presenza di schemi idrici ad uso plurimo, la tariffa
del servizio idrico incorpora i costi relativi all'uso
degli impianti di approvvigionamento.
Al fine di dimostrare la correttezza del suo operato,
il soggetto gestore deve rendicontare le singole voci
di costo che concorrono a formare la spesa complessiva,
ponendole in relazione ai parametri caratteristici
del comprensorio e dell'utenza serviti.
Ai fini dell'accettazione degli obblighi e degli impegni
previsti dalla convenzione, il soggetto gestore verificherà
se le singole voci di spesa relative ad investimenti
per adeguamenti e manutenzioni siano ripartiti equamente
fino alla scadenza dell'affidamento in gestione, dandone
espressa dichiarazione.
8. LIVELLI MINIMI DEI SERVIZI CHE DEVONO ESSERE GARANTITI IN CIASCUN AMBITO TERRITORIALE OTTIMALE (art. 4, comma 1 lett.g) della legge 5 gennaio 1994, n.36)
8.1. GENERALITÀ
Il gestore del servizio idrico integrato garantisce
i livelli minimi dei servizi riportati nei punti che
seguono.
La convenzione e relativo disciplinare definiscono,
ove necessario, i tempi per assicurare il raggiungimento
dei predetti livelli minimi in relazione al programma
di interventi di cui all'art.11 comma 3, della legge
36/94.
8.2. ALIMENTAZIONE IDRICA
8.2.1 USI DOMESTICI
Alle utenze potabili domestiche devono essere assicurati:
a) una dotazione pro-capite giornaliera alla consegna,
non inferiore a 1 501/ab/giorno, intesa come volume
attingibile dall'utente nelle 24 ore. Il contratto
con l'utente menzionerà il numero di "dotazioni"
assegnato all'utente e ad esso garantito;
b) una portata minima erogata al punto di consegna non
inferiore a 0,10 l/s per ogni unità abitativa
in corrispondenza con il carico idraulico di cui alla
successiva lettera c);
c) un carico idraulico di 5 m, misurato al punto di
consegna, relativo al solaio di copertura del piano
abitabile più elevato. Il dato è da riferire
al filo di gronda o all'estradosso del solaio di copertura
come indicato negli strumenti urbanistici comunali.
Sono ammesse deroghe in casi particolari per i quali
il gestore dovrà dichiarare in contratto la
quota piezometrica minima che è in grado di
assicurare. Per tali casi e per gli edifici aventi
altezze maggiori di quelle previste dagli strumenti
urbanistici adottati (siano tali edifici non conformi,
anche se sanati, o in deroga) il sollevamento eventualmente
necessario sarà a carico dell'utente. I dispositivi
di sollevamento eventualmente installati dai privati
debbono essere idraulicamente disconnessi dalla rete,
di distribuzione; le reti private debbono essere dotate
di idonee apparecchiature di non ritorno;
d) un carico massimo riferito al punto di consegna rapportato
al piano stradale non superiore a 70 m, salvo indicazione
diversa stabilita in sede di contratto di utenze.
8.2.2. USI CIVILI NON DOMESTICI
Per i consumi civili non domestici, intesi come consumi
pubblici scuole, ospedali, caserme, edifici pubblici,
centri sportivi, mercati, stazioni ferroviarie, aeroporti,
ecc.) e consumi commerciali (uffici, negozi, supermercati,
alberghi, ristoranti, lavanderie, autolavaggi, ecc.)
devono essere assicurate una dotazione minima, una
portata da definire nel contratto di utenza. Essa non
potrà essere comunque inferiore ai valori che
saranno fissati in apposita tabella da allegare alla
Convenzione. Si adottano per i valori di carico idraulico
i criteri di cui al precedente punto 8.2.1.
8.2.3. USI NON POTABILI
Le dotazioni unitarie giornaliere di cui al punto 8.2.1
potranno essere ridotte sino a 50 l/ab/giorno, nel
caso all'utente sia assicurato, a condizioni di convenienza,
l'approvvigionamento con reti separate anche di acqua
non potabile per usi diversi, almeno nella misura occorrente
al raggiungimento dei valori minimi fissati al punto
8.2.1. Analoghe riduzioni sono consentite per le utenze
civili non domestiche di cui al punto 8.2.2, tenuto
conto del tipo di utenza.
8.2.4. QUALITÀ DELLE ACQUE POTABILI
La qualità delle acque potabili deve essere conforme
a quanto previsto dal D.P.R. 24 gennaio 1988, n.236.
Le convenzioni fra Enti Locali e gestori prevedono
obiettivi, tempi e investimenti per il miglioramento
qualitativo dell'acqua potabile in relazione a quanto
previsto dall'articolo 3, comma 3, dello stesso decreto
ed ai valori guida di cui al relativo allegato 1.
8.2.5. CONTROLLI QUALITATIVI
I valori indicati al punto 8.2.4 sono riferiti al punto
di consegna all'utente. Il gestore dovrà inserire
dispositivi di controllo in rete tali da assicurare
il monitoraggio e da consentire di porre in essere
le azioni necessarie. Sono applicate le disposizioni
di cui agli artt. 11,12 e 13 del D.P.R. 24 maggio 1988
n.236.
8.2.6. POTABILIZZAZIONE
Gli impianti di potabilizzazione debbono essere realizzati
e gestiti in modo tale che l acqua immessa in rete
abbia, fino alla consegna all'utente, le caratteristiche
di cui al punto 8.2.4 in ogni condizione di esercizio.
Anche nei casi in cui le normali caratteristiche delle
acque da distribuire non lo richiedano, gli impianti
dovranno essere dotati di idonei dispositivi di disinfezione.
Nel caso in cui le caratteristiche della rete lo richiedano
e sia conveniente sotto il profilo igienico ed economico,
è consentito fare ricorso a dispositivi di disinfezione
sulle condotte della rete di distribuzione.
8.2.7. ACQUE NON POTABILI
L'eventuale distribuzione, con rete separata, di acqua
non potabile dovrà avvenire nel rispetto dei
seguenti criteri:
* rendere facilmente riconoscibile all'utente tale rete
da quelle dell'acqua potabile;
* garantire che non siano comunque presenti sostanze
che, in valori assoluti o in concentrazione, possono
arrecare danni alla catena biologica;
* rendere noto all'utente in sede di contratto a quali
usi è destinata tale acqua;
* rispettare i limiti previsti dalla normativa in relazione
agli usi cui tale acqua può essere destinata;
in mancanza tali limiti devono essere esplicitamente
previsti in un'apposita tabella da allegare alla convenzione.
8.2.8. MISURAZIONE
La misurazione dei volumi consegnati all'utente si effettua,
di regola, al punto di consegna mediante contatori
rispondenti ai requisiti fissati dal Decreto del Presidente
della Repubblica 23 agosto 1982, n.854, recepente la
Direttiva Comunitaria n.75/33. Là dove esistono
consegne a bocca tarata o contatori non rispondenti,
deve essere programmata l'installazione di contatori
a norma.
In relazione a quanto disposto dall'articolo 5 comma
1, lettera c), della legge 5 gennaio 1994, n.36, dove
attualmente la consegna e la misurazione sono effettuate
per utenze raggruppate, la ripartizione interna dei
consumi deve essere organizzata, a cura e spese dell'utente,
tramite l'installazione di singoli contatori per ciascuna
unità abitativa.
E' fatto obbligo al gestore di offrire agli utenti l'opportunità
di fare eseguire a sua cura, dietro compenso e senza
diritto di esclusività, le letture parziali
e il riparto fra le sottoutenze e comunque proporre
procedure standardizzate per il riparto stesso.
La disciplina degli eventuali contenziosi deve essere
prevista nel Regolamento di utenza
8.2.9. CONTINUITÀ DEL SERVIZIO
Il servizio deve essere effettuato con continuità
24 ore su 24 e in ogni giorno dell'anno, salvo i casi
di forza maggiore e durante gli interventi di riparazione
o di manutenzione programmata come sotto disciplinati.
Il gestore deve organizzarsi per fronteggiare adeguatamente
tali situazioni assicurando in ogni caso i seguenti
livelli minimi di servizi:
* reperibilità 24 ore su 24 per recepire tempestivamente
allarmi o segnalazioni;
* prestazione di primo intervento con sopralluogo entro
2 ore dalla segnalazione;
* riparazione di guasti ordinari entro 12 ore dalla
segnalazione per gli impianti, entro 12 ore per le
tubazioni sino a 300 mm di DN, e entro 24 ore per le
tubazioni di diametro superiore;
* controllo dell'evoluzione quantitativa e qualitativa
delle fonti di approvvigionamento;
* adozione di un piano di gestione delle interruzioni
del servizio approvato dal soggetto affidante, che
disciplina, tra l'altro, le modalità di informativa
agli Enti competenti ed all'utenza interessata, nonché
l'assicurazione della fornitura alternativa di una
dotazione minima per il consumo alimentare. Il predetto
piano deve comprendere le procedure indicate ai successivi
punti 8.2.10 e 8.2.11.
8.2.10. CRISI IDRICA DA SCARSITÀ
In caso di prevista scarsità, dovuta a fenomeni
naturali o a fattori antropici comunque non dipendenti
dall'attività di gestione, il gestore, con adeguato
preavviso, deve informarne gli Enti Locali e proporre
le misure da adottare per coprire il periodo di crisi.
Tali Enti si pronunciano in merito eventualmente prescrivendo
idonee misure alternative.
Tali misure possono comprendere:
* invito all'utenza al risparmio idrico ed alla limitazione
degli usi non essenziali;
* utilizzo di risorse destinate ad altri usi;
* limitazione dei consumi mediante riduzioni della pressione
in rete;
* turnazione delle utenze.
In ogni caso sono assicurate quelle condizioni necessarie
per evitare che si creino depressioni nelle condotte.
8.2.11. CRISI QUALITATIVA
Ove non sia possibile mantenere i livelli qualitativi
entro i requisiti previsti dalla legge, il gestore
può erogare acqua non potabile purché
ne dia preventiva e tempestiva comunicazione alle autorità
competenti ed all'utenza e comunque subordinatamente
al nulla osta dell'Autorità Sanitaria Locale.
Il gestore comunica altresì all'Ente affidatario
responsabile del coordinamento individuato ai sensi
dell'articolo 9, comma 3, della legge n.36/94, nonché
alle Province e ai comuni che detengono il potere di
controllo sull'attività del gestore, le azioni
intraprese per superare la situazione di crisi ed i
tempi previsti per il ripristino della normalità,
ai fini dell'esercizio dei poteri di controllo e dell'adozione
di eventuali misure alternative.
Si applicano le disposizioni contenute negli artt. 16,
17 e 18 del D.P.R. 24 maggio 1988, n.236.
8.2.12. DOTAZIONE
Per dotazione media pro-capite da erogare all'utenza
di un ambito territoriale si intende il fabbisogno
medio giornaliero relativo ai diversi usi civili rapportato
al numero dei residenti, tenuto conto della variabilità
delle presenze e dei consumi non domestici.
Tale dato costituisce riferimento pianificatorio da
prendersi a base per la quantificazione della risorsa
da rendere disponibile, e per la pianificazione delle
infrastrutture, in sede di aggiornamento del piano
regolatore generale degli acquedotti.
8.2.13. CAPTAZIONE E ADDUZIONE
La qualità delle acque alle opere di presa e
salvaguardata mediante l'adozione delle misure di cui
al D.P.R. n.236/88, articoli nn. 4, 5, 6, e 7. Dei
relativi eventuali costi in conto capitale e di esercizio
si tiene conto nella determinazione del costo del servizio.
Il numero e la potenzialità delle risorse devono
assicurarsi un ragionevole livello di certezza di soddisfacimento
del fabbisogno di cui al punto 8.2.12.
8.2.14. PERDITE
La convezione stabilisce i tempi e determina gli investimenti
necessari per la riduzione delle perdite nelle reti
e negli impianti di adduzione e di distribuzione, secondo
le modalità indicate dal regolamento di cui
all'art.5 comma 2, della Legge 36/94.
8.2.15. SERVIZIO, ANTINCENDIO, FONTANE, ECC.
La dotazione di idranti antincendio, di tipo, densità
e ubicazione tipologica da stabilirsi in convenzione
in aderenza alle norme vigenti e alle disposizioni
delle autorità competenti, e considerata parte
integrante della rete acquedottistica.
La convenzione prevede inoltre tipo, densità
e ubicazione tipologica delle utenze comuni (fontane,
bocche di lavaggio stradale, etc.), nonché le
modalità di misurazione ed il soggetto cui sono
addebitati i consumi.
8.3. SMALTIMENTO
8.3.1. DEPURAZIONE
Gli scarichi delle acque di fognatura immesse nel corpo
ricettore debbono essere conformi ai requisiti di qualità
fissati dalle vigenti normative. Nel caso di fognature
miste l'obbligo è esteso agli scarichi delle
acque meteoriche fino al limite di diluizione stabilito
in convenzione, espresso come multiplo della portata
media di tempo asciutto, che consente il rispetto dei
limiti normativi.
Tale limite, in assenza di diverse e puntuali indicazioni,
non può essere inferiore a tre volte la portata
media di tempo asciutto.
8.3.2. FOGNATURA SEPARATA
Nelle zone di nuova urbanizzazione e nei rifacimenti
di quelle preesistenti si deve di norma, salvo ragioni
tecniche, economiche ed ambientali contrarie, prevedere
il sistema separato.
In tali zone si prevede l'avvio delle acque di prima
pioggia nella rete nera se compatibile con il sistema
di depurazione adottato. Vanno inoltre effettuate la
grigliatura e la dislocazione delle acque bianche dimensionando
le relative opere sulla base dei valori di portata
calcolati con un tempo di ritorno pari ad un anno.
8.3.3. IMMSSIONE IN FOGNA
La fognatura nera o mista deve essere dotata di pozzetti
di allaccio sifonati ed areati in modo da evitare l'emissione
di cattivi odori. Il posizionamento della fognatura
deve essere tale da permettere la raccolta di liquami
provenienti da utenze site almeno a 0,5 metri sotto
il piano stradale senza sollevamenti.
8.3.4 FOGNATURE NERE
Le fognature nere debbono essere dimensionate, con adeguato
franco, per una portata di punta commisurata a quella
adottata per l'acquedotto, oltre alla portata necessaria
per lo smaltimento delle acque di prima pioggia provenienti
dalla rete di drenaggio urbano, se previste.
8.3.5. DRENAGGIO URBANO
Ai fini del drenaggio delle acque meteoriche le reti
di fognatura bianca o mista debbono essere dimensionate
e gestite in modo da garantire che fenomeni di rigurgito
non interessino il piano stradale o le immissioni di
scarichi neri con frequenza superiore ad una volta
ogni cinque anni per ogni singola rete.
8.3.6. ALLACCIO IN FOGNA
La convenzione prevede idonee misure per consentire
all'utente di rivolgersi ad un unico soggetto per la
stipula dei contratti di utenza ed in particolare per
le autorizzazioni all'allaccio in fogna ai sensi della
legge n.319/76.
Il gestore deve organizzare il servizio di controllo
interno sulle acque immesse nella fognatura e verificare
la compatibilità tecnica degli scarichi con
la capacità del sistema.
8.3.7. SERVIZIO DI DEPURAZIONE
Il servizio di depurazione delle acque deve garantire
che la qualità delle acque trattate risponda
ai limiti allo scarico prescritti dalle norme vigenti.
Il gestore deve organizzare un servizio di analisi che
consenta di effettuare le verifiche di qualità
nei termini prescritti dalle vigenti norme, a tal fine
si avvale dei laboratori di cui al successivo paragrafo
8.4.1.
Nella conduzione degli impianti, il gestore deve attenersi
alle norme di esercizio riportate nella deliberazione
del Comitato interministeriale per la tutela delle
acque dall'inquinamento del 4 febbraio 1977 pubblicata
sulla G.U. n.48, supplemento del 21/2/1977 ed alle
eventuali prescrizioni in materia di igiene e sicurezza
del lavoro imposte dalla competente unità sanitaria
locale e dalle leggi regionali.
E' compito del gestore riportare i dati quali quantitativi
delle acque e dei fanghi trattati, nonché quelli
di funzionamento delle sezioni degli impianti, su appositi
registri.
A cura del gestore verranno calcolati. e riportati in
apposito registro i costi complessivi unitari di trattamento
espressi in L/ m3 trattato, L/COD abbattuto e L/ab.eq
servito.
Tutti gli impianti debbono essere dotati di idonei misuratori
di portata e di campionatori; i relativi campionamenti
medi debbono essere effettuati secondo quanto previsto
dall'allegato I della Dir.91/271/CEE.
Per gli impianti con potenzialità superiore ai
100.000 abitanti equivalenti dovrà essere organizzato
un centro di telecontrollo che verifichi le grandezze
caratteristiche nei nodi significativi della rete fognaria
di adduzione con le relative stazioni di sollevamento,
e le sezioni di trattamento dell'impianto; sullo scarico
finale deve essere installato un idoneo campionatore.
8.3.8. PIANO DI EMERGENZA
Per la sicurezza del servizio di raccolta e depurazione
il gestore è tenuto ad adottare un piano di
emergenza, approvato dall'Ente affidatario responsabile
del coordinamento, individuato ai sensi dell'articolo
9, comma 3, della legge 36/94, che consenta di effettuare
interventi sulla rete fognaria e sugli impianti di
depurazione limitando al massimo i disservizi e tutelando
la qualità dei corpi ricettori.
8.4. ORGANIZZAZIONE DEL SERVIZIO
8.4.1. LABORATORIO DI ANALISI
Il gestore dei servizi idrici integrati assicura, attraverso
un laboratorio di analisi di cui all'art.26 comma I
della Legge 36/94, la corretta gestione di tutte le
fasi del ciclo del servizio nel rispetto degli standards
fissati nella convenzione.
8.4.2. SEGNALAZIONE GUASTI
Il servizio telefonico per la raccolta delle segnalazioni
di guasto deve essere assicurato 24 ore su 24 ogni
giorno dell'anno.
8.4.3. SERVIZIO INFORMAZIONI
Il gestore assicura un servizio informazioni per via
telefonica con operatore per un orario di almeno 10
ore al giorno nei giorni feriali e di 5 il sabato.
Il servizio può essere integrato con un servizio
telefonico a risposta automatica, purché sia
consentito all'utente il ricorso all'operatore.
8.4.4. ACCESSO AGLI SPORTELLI
Gli sportelli del gestore debbono essere adeguatamente
distribuiti in relazione alle esigenze dell'utenza
nel territorio.
Deve essere assicurato un orario di apertura non inferiore
alle 8 ore giornaliere, nell'intervallo 8,00 - 18,00
nei giorni feriali e non inferiore alle 4 ore nell'intervallo
8,00 13,00 il sabato.
8.4.5. PAGAMENTI
Per il pagamento delle bollette deve essere garantito
il pagamento a mezzo:
* contanti;
* assegni circolari o bancari;
* carta bancaria o carta di credito;
* domiciliazione bancaria;
* conto corrente postale.
Per il pagamento degli oneri di contratto o di prestazioni
accessorie deve essere consentito il pagamento anche
a mezzo bonifico bancario.
Il gestore, previa diffida a norma di legge, sospende
l'erogazione in caso di morosità dell'utente
e la riprende entro due giorni lavorativi dal pagamento
ovvero a seguito di intervento dell'autorità
competente.
8.4.6. INFORMAZIONE AGLI UTENTI
Il gestore rende pubblici periodicamente, con cadenza
almeno semestrale, i principali dati quali quantitativi
relativi al servizio erogato.
8.4. 7. RECLAMI
Il gestore assicura, in tempi da definire in convenzione,
risposta scritta al reclami degli utenti pervenuti
per iscritto.
8.4.8. PENALI
La convenzione prevede i criteri per la determinazione
di penali o rimborsi all'utente da parte del gestore
per i disservizi imputabili a quest'ultimo.
8.4.9. LETTURA E FATTURAZIONE
La lettura dei contatori è effettuata almeno
due volte all'anno, prima e dopo il periodo estivo
o di massimo consumo.
La scadenza di fatturazione non può essere superiore
al semestre.
E' assicurata all'utente la possibilità di autolettura.
8.4.10. VARIAZIONE DEGLI STRUMENTI URBANISTICI
In relazione al disposto dell'articolo 16 della legge
5 gennaio 1994, n.36, è fatto obbligo ai Comuni,
preventivamente alla adozione di nuovi strumenti urbanistici,
di sentire il gestore in ordine alle conseguenze derivanti
all'espletamento del servizio idrico integrato ed ai
relativi investimenti e costi di esercizio.
Il Comune, che adotti un nuovo strumento urbanistico
o ne vari sostanzialmente uno preesistente, provvede
alle iniziative necessarie ai fini dell'adeguamento
della convenzione di gestione per tenere conto, nella
determinazione ed aggiornamento della tariffa, dei
sopraddetti investimenti e costi di esercizio.
8.4.11. IL SISTEMA DI QUALITÀ
Il soggetto gestore deve adottare un Sistema di Qualità
quando l'utenza servita superi i 100.000 abitanti.
Il Sistema, allegato alla Convenzione, è redatto
conformemente alle norme della serie UNI 29000, relativamente
a tutte le fasi - dalla progettazione alla gestione
delle utenze - e a tutte le componenti materiali e
immateriali del servizio.
Il Sistema di Qualità deve essere dotato di un
inventario informatizzato delle componenti fisiche
del sistema, appoggiato ad un idoneo Sistema Informativo
Territoriale, e atto a consentire nel modo più
efficace le manovre sul sistema, gli interventi di
riparazione, la manutenzione programmata e l'aggiornamento
della situazione patrimoniale dei cespiti.
Il Sistema di Qualità deve inoltre comprendere
un piano di manutenzione programmata e di rinnovi tali
da garantire il continuo mantenimento in efficienza
del sistema affidato al gestore.
9. CRITERI ED INDIRIZZI PER LA GESTIONE DEI SERVIZI DI APPROVVIGIONAMENTO, DI CAPTAZIONE E DI ACCUMULO PER USI DIVERSI DA QUELLO POTABILE (art. 4, comma 1, lett.g) della legge 5 gennaio 1994, n.36)
Fatte salve le situazioni in essere caratterizzate dall'esistenza
di Enti gestori di servizi idrici sottoposti a vigilanza
statale per le quali ricorrono le disposizioni di cui
all'articolo 10, comma 5, della Legge 36/94 nei casi
in cui nell'ambito ottimale sussistano schemi idrici
ad uso plurimo gli organi competenti assicurano il
coordinamento e la programmazione dei prelievi e delle
modalità di riparto dell'acqua tra i diversi
usi ed adottano ogni altra misura di organizzazione
e di integrazione delle funzioni fra il soggetto gestore
di cui all'articolo 9, comma 2 della Legge e gli enti
gestori di tali schemi idrici.
Per quanto è compatibile con la natura giuridica,
le finalità e le competenze territoriali degli
enti gestori sottoposti a vigilanza statale, in ciascuno
ambito territoriale ottimale devono essere garantiti
i livelli minimi dei servizi di cui al presente decreto.
Nei casi di emergenza idrica i piani di ripartizione
delle risorse fra i diversi usi vengono definiti di
concerto tra gli organismi competenti secondo le norme
vigenti. In tal caso resta fermo che l'uso dell'acqua
per il consumo umano è prioritario rispetto
agli altri usi secondo quanto previsto dall'articolo
2 della Legge e che quindi dovranno essere prioritariamente
assicurati i livelli minimi fissati per l'uso civile
potabile.
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