[Note's] LEGGE REGIONE TOSCANA 16 APRILE 1980, N.28

(B.U.R.T. 24-4-1980, n.25)

IDONEITÀ DELLE STRUTTURE DI OSPITALITÀ E DEI NUCLEI AFFIDATARI O OSPITANTI.

(con le modifiche apportate dalla L.R.61/90)

Art.1.
In attuazione dell'articolo 6 della legge regionale 7 aprile 1976 n.15 e successive modifiche ed integrazioni, e in conformità delle condizioni stabilite con la presente legge, i comuni singoli o associati determinano con proprio regolamento i requisiti di idoneità delle strutture di ospitalità.
I suddetti comuni nel regolamento di cui al precedente comma determinano altresì i requisiti di cui debbono essere in possesso le famiglie o le persone affidatarie di minore o ospitanti adulti inabili.
Per <<comuni singoli o associati>> si intendono i soggetti di cui all'art.2 della legge regionale 19 dicembre 1979, n.63.

Art.2.
Le norme della presente legge si applicano alle strutture gestite da enti pubblici o privati che svolgono, anche a titolo gratuito, attività di tipo assistenziale mediante ospitalità, a tempo pieno e a tempo parziale, con particolare riferimento a:
1) centri residenziali per anziani e inabili
2) residenze sociali protette
3) comunità educative per minori
4) case-famiglia
5) famiglie o persone affidatarie o ospitanti.
Per gli asili nido gestiti da privati o da enti pubblici si applicano le norme di cui al regolamento regionale previsto dall'articolo 25 della legge regionale 24 marzo 1973, n.16.

Art.3.
Le strutture di cui ai punti 1), 2), 3) e 4) del precedente articolo sono gestite in modo da garantire la permanenza dell'utente nel proprio ambiente sociale evitandone l'isolamento. Esse operano, di norma, nell'ambito del comune o dell'associazione dei comuni dove hanno sede.
Le strutture di ospitalità operano in stretto rapporto con i servizi socio-sanitari del territorio. Agli ospiti è consentito di avvalersi delle prestazioni di sanitari di propria fiducia, in conformità alle disposizioni della legge 23 dicembre 1978, n.833.
Al fine di favorire un più stretto legame con l'ambiente sociale possono essere previste opportune forme di collaborazione con il volontariato.

Art.4.
I requisiti necessari per l'autorizzazione sono fissati nel regolamento di cui all'articolo 1 in relazione all'attività svolta, agli utenti previsti e all'ubicazione della struttura.
Le strutture di cui ai punti 1), 2), 3) e 4) dell'articolo 2, sono di norma collocate nei centri abitati o nelle immediate vicinanze e devono essere conformi al regolamento di cui all'articolo 27 della legge del 30 marzo 1971, n.118.
Le strutture di ospitalità accolgono anche soggetti con handicaps.
Il numero dei posti letto per stanza non deve essere superiore a quattro. L'ambiente deve assicurare agli ospiti l'arredamento necessario e condizioni adeguate di aereazione, riscaldamento e luminosità.
Le strutture devono essere dotate di ambulatorio per le prestazioni sanitarie ed essere attrezzate per le brevi degenze che non richiedono ricovero ospedaliero.

Art.5.
I centri residenziali accolgono anziani autosufficienti o adulti inabili, non altrimenti assistibili.
L'ammissione e la dimensione, in rapporto alla condizione di autosufficienza, è valutata tenendo conto delle capacità relazionali del soggetto, delle possibilità di servizio della struttura di ospitalità e del sostegno dei servizi territoriali.
Ogni centro non può essere dotato di un numero di posti letto superiore alle sessanta unità.
I servizi comuni ed individuali devono essere numericamente e qualitativamente idonei a rispondere alle esigenze personali e sociali degli ospiti, in modo da assicurare loro, oltre ad un ambiente confortevole, riservatezza e spazi adeguati di vita comunitaria. Il personale utilizzato nei servizi deve essere numericamente adeguato, debitamente qualificato e stabilmente occupato.
Gli ospiti possono usufruire degli spazi comunitari senza limitazioni di sesso o di categoria.
Agli ospiti devono essere stabilmente offerti interventi sociali individuali e collettivi che facilitano la vita di relazione ed i rapporti con l'esterno.
Nei regolamenti interni è prevista la partecipazione degli ospiti all'organizzazione della vita comunitaria.

Art.6.
Le residenze sociali protette assicurano assistenza generica continuativa, assistenza infermieristica ed interventi di riattivazione funzionale a persone non autosufficienti non assistibili a domicilio o nelle strutture di cui all'art.5.
La ricettività massima per le residenze sociali protette è fissata nel numero di 80 posti. Parte della ricettività complessiva può essere riservata al soggiorno di breve durata di persone che, pur trovando collocazione in ambito familiare, hanno necessità momentanea di ricovero in strutture protette.
La struttura edilizia e l'arredamento delle residenze debbono facilitare la mobilità delle persone che abbiano difficoltà di movimento.
I servizi igienici debbono essere provvisti di accorgimenti per facilitare l'uso anche da parte di persone invalide: si deve prevedere almeno un servizio igienico ogni due camere, preferibilmente con esse direttamente comunicanti.
Gli spazi collettivi destinati alla vita di relazione, alle attività diurne o ricreative, alle attività di riattivazione funzionale, devono essere strutturati ed arredati in modo da consentire l'utilizzazione differenziata da parte di piccoli gruppi di ospiti.
Le dotazioni di personale per l'assistenza diretta alle persone, per l'assistenza infermieristica e per le prestazioni di riabilitazione funzionale sono determinate dagli strumenti programmatici regionali in materia di sanità e di assistenza sociale (comma così sostituito dall'art.8 delle L.R.61/90).
Il personale di assistenza diretta è preposto al servizio personale dell'ospite e alle pulizie degli alloggi degli ospiti.
Si applicano alle residenze sociali protette, in quanto compatibili con quanto disposto ai commi precedenti, le norme previste agli artt. 4 e 5.

Art.7.
Le comunità educative accolgono, a tempo pieno o parziale, minori per i quali sia accertata l'impossibilità di garantire l'assistenza, l'educazione e l'istruzione con interventi diversi.
Per esigenze particolari possono essere ospitati anche giovani in età superiore ai 18 anni.
Salvo situazioni eccezionali in cui sia indispensabile, per valutazione del servizio sociale o della magistratura minorile, l'allontanamento del soggetto dal proprio ambiente, e salvo giustificate motivazioni avanzate dall'interessato o dall'esercente la potestà o dal tutore, le comunità ospitano minori provenienti da un ambito territoriale limitato, tale da consentire facili rapporti dei minori con le loro famiglie e l'ambiente di origine o comunque di appartenenza; in tal senso esse sono organizzate come comunità aperte, tali da realizzare interscambi reali con l'ambiente esterno e, di norma, non devono essere dotate di struttura scolastica interna. Consentendo ai minori la frequenza delle scuole esterne.
Le comunità di cui al presente articolo non possono ospitare più di cinquanta minori.
In caso di attività a semi-convitto il numero dei minori da ospitare è valutato in relazione alle esigenze del territorio e alle capacità di servizio delle comunità stesse; deve essere in ogni caso garantita la personalizzazione dei rapporti.
Le comunità si avvalgono in modo continuativo dell'opera di personale qualificato, tale da rispondere adeguatamente a tutte le esigenze personali dei minori anche in rapporto all'età.
Le dimissioni sono effettuate quando sia maturata una situazione che garantisca un reinserimento adeguato e non pregiudichi l'eventuale completamento degli studi.
L'articolazione delle comunità, sia per quanto attiene la struttura degli ambienti che l'organizzazione interna, deve essere tale da permettere ai minori di realizzare l'armonico sviluppo delle loro personalità.
Le comunità si articolano in gruppi affidati alla responsabilità di educatori, secondo un rapporto massimo di un educatore ogni dieci ragazzi.
L'équipe educativa predispone annualmente un programma generale di attività, effettuando le necessarie verifiche.
Nei regolamenti interni è prevista la partecipazione dei minori e delle loro famiglie all'organizzazione della vita delle comunità educative.

Art.8.
Le case famiglia sono strutture di limitate dimensioni destinate ad accogliere minori privi di famiglia o con famiglia gravemente carente ovvero adulti che necessitano di una situazione protetta.
Esse non possono ospitare più di otto persone, in modo da consentire la realizzazione di rapporti interni di tipo familiare.
Le case famiglia che accolgono minori devono prevedere di norma la presenza di figure educative maschili e femminili.
L'appartamento utilizzato deve essere adeguato, sia per le esigenze personali che comuni, al tipo di rapporti interpersonali che caratterizzano tali convivenze.

Art.9.
Ai fini dell'individuazione dei requisiti di cui debbono essere in possesso le famiglie o le persone affidatarie di minori o ospitanti adulti inabili, i comuni singoli o associati tengono conto nel regolamento di cui all'art.1:
dell'interesse del minore;
della disponibilità degli affidatari a mantenere i rapporti con la famiglia di origine e con gli operatori dei servizi sociali competenti;
della rispondenza di ciascuna famiglia a soddisfare le esigenze affettive, sociali e scolastiche del minore che ad essa viene affidato;
della necessità di controlli periodici sui risultati dell'affidamento;
dell'esigenza di un compenso che copra gli oneri del servizio svolto.
Non potrà essere affidato ad uno stesso nucleo più di un minore, salvo che si tratti di minori provenienti dallo stesso nucleo o siano riscontrabili situazioni particolari che consentano l'eccezionalità del provvedimento per più minori.

Art.10.
Quando le strutture di ospitalità assicurano prestazioni previste, come proprie degli stabilimenti di cure fisiche, trovano applicazione anche le norme previste in materia.

Art.11.
Entro 9 anni le strutture già funzionanti, comprese quelle già in possesso dell'idoneità lasciata dell'OMNI, devono gradualmente adeguarsi alle norme contenute nei regolamenti adottati in attuazione della presente legge.
A tal fine i comuni singoli o associati concordano con le singole istituzioni, in relazione alle differenti esigenze e complessità delle strutture, i modi, il termine e la gradualità di tale adeguamento.




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