(B.U.R.T. 30 agosto 1995, n.56)
CIRCOLARE ILLUSTRATIVA DELLA L.R. 14-4-1995 N.64 <<DISCIPLINA DEGLI INTERVENTI DI TRASFORMAZIONE URBANISTICA ED EDILIZIA NELLE ZONE CON PREVALENTE FUNZIONE AGRICOLA>>.
LA GIUNTA REGIONALE
Vista la L.R. 14 aprile 1995, n.64 contenente "Disciplina
degli interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia
nelle zone con prevalente funzione agricola";
Considerato che tale legge ha abrogato la L.R. 19 febbraio
1979, n.10, ed ha recepito i contenuti del nuovo quadro
di riferimento normativo delineato dalla L.R. 16 gennaio
1995, n.5;
Ritenuto opportuno, in considerazione delle notevoli
innovazioni introdotte dalla L.R.64/95, provvedere
a fornire chiarimenti ed indirizzi interpretativi con
atto da pubblicare sul Bollettino Ufficiale della Regione
Toscana;
Vista la proposta di circolare illustrativa predisposta
dal Dipartimento Urbanistica;
A voti unanimi
DECIDE
1) di approvare la circolare illustrativa della L.R.
14 aprile 1995, n.64 allegata alla presente decisione;
2) di pubblicare il presente atto sul B.U.R.T..
Allegato
Circolare illustrativa della L.R. 14-4-1995, n.64 "Disciplina degli interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia nelle zone con prevalente funzione agricola".
INDICE
Premessa
Art.1 - Finalità e ambito di applicazione
Art.2 - Definizione delle attività
Art.3 - Nuove costruzioni rurali
Art.4 - Programma di miglioramento agricolo-ambientale
Art.5 - Interventi sul patrimonio edilizio esistente
Art.6 - Costruzione di impianti pubblici o di pubblico
interesse
Art.7 - Compiti di coordinamento delle province
Art.8 - Regolamento di attuazione
Art.9 - Norme transitorie
PREMESSA
La nuova disciplina contenuta nella legge regionale
n.64 del 1995 sostituisce integralmente le "norme
transitorie relative alle zone agricole" vigenti
in forza della L.R. 19-2-1979 n.10. Essa costituisce
il primo importante atto di adeguamento alla L.R. 16
gennaio 1995 n.5 recante il nuovo quadro di riferimento
normativo per il governo del territorio.
Le principali innovazioni rispetto alla L.R. n.10 del
1979 sono le seguenti:
1. Il territorio non urbanizzato non è più
considerato come un ambito in cui si esercita esclusivamente
l'attività agricola, ma una parte del territorio
integrata con gli insediamenti urbani, in cui le zone
con prevalente o esclusiva funzione agricola si distinguono
da altre con prevalente funzione ambientale ovvero
specificamente e strettamente relazionate alla presenza
degli insediamenti urbani che diffondono in essa attività
non agricole;
2. La disciplina del territorio non urbanizzato non
è più dettata direttamente dalla legge,
ma è ricondotta al controllo pianificatorio
attraverso il sistema degli atti previsti dalla L.R.
n.5 del 1995 (PIT regionale, PTC provinciali, PRG comunali,
strumenti urbanistici attuativi);
3. La diffusione delle funzioni urbane nel territorio
non urbanizzato attraverso il recupero non è
più vista come un fenomeno eccezionale da sottoporre
a meri controlli burocratici, ma come una realtà
da governare in modo organico con la pianificazione,
per realizzare obiettivi di tutela e riqualificazione
ambientale;
4. Le aziende agricole non sono più unità
economiche indifferenziate, ma soggetti ai quali la
dimensione al di sopra della soglia definita dalla
legge conferisce speciale facoltà di proporre
piani di assetto insediativo, mentre per quelli di
dimensioni inferiori la disciplina urbanistico-edilizia
è dettata attraverso .la pianificazione urbanistica
generale comunale.
Art.1 - FINALITÀ E AMBITO DI APPLICAZIONE
lo e 2o comma
Nel quadro delle innovazioni descritte in premessa,
e delle finalità esplicate al lo comma dell'art.1,
l'art.1 stesso, al 2o comma, descrive un ambito di
applicazione della nuova legge che a regime, attraverso
gli strumenti urbanistici comunali rinnovati in conformità
alla L.R. n.5 del 1995, sarà quello delle "zone
con esclusiva o prevalente funzione agricola"
che non coincideranno necessariamente con la totalità
del territorio extraurbano (che costituiva l'ambito
di applicazione della L.R. n.10 del 1979), ma ne potranno
costituire soltanto una parte.
3o comma
In base a quanto disposto dal 3o comma, nel periodo
transitorio dall'entrata in vigore della legge all'approvazione
dei nuovi strumenti urbanistici adeguati alla L.R.
n.5 del 1995, 1'ambito di applicazione della nuova
normativa coincide ancora con quello della L.R. n.10
del 1979 e, cioè, le "parti del territorio
destinate ad usi agricoli" classificate dagli
strumenti urbanistici vigenti come zone E ai sensi
del D.M. 2-4-1968 n.1444, ed "a quelle comunque
destinate all'agricoltura da tali strumenti, anche
se definite in maniera diversa".
Per gli strumenti urbanistici che si rifanno alla classificazione
del citato D.M. n.1444, 1'ambito di applicazione coincide
esclusivamente con le zone E, ovvero, con quei territorio
in cui la destinazione agricola risulterà esplicita
e prevalente rispetto alle altre.
Per gli strumenti urbanistici, la cui classificazione
non si richiama al D.M. n.1444, in quanto anteriori
ad esso o perché definiti con criteri diversi
da quelli della zonizzazione omogenea, si dovrà
procedere in via interpretativa tenendo conto anche,
in tal caso, dell'esplicita e prevalente destinazione
agli usi agricoli.
4o comma
In base al quarto comma, tanto nei nuovi strumenti adeguati
alla L.R. n.5 del 1995, quanto in quelli attualmente
vigenti, i comuni, con apposite varianti sottoposte
alle procedure previste ai commi da 3 a 7 dell'art.40
della L.R. n.5 del 1995, potranno dettare una disciplina
particolare per tutelare l'ambiente ed il paesaggio
agrario in determinate parti del territorio oggetto
della nuova legge, prevedendo l'integrazione dell'agricoltura
con altri settori produttivi, in particolare nelle
zone montane.
La norma ha carattere di indirizzo programmatico ed
è rivolta a sostenere, attraverso la copresenza
nello stesso territorio di altre attività economiche
compatibili, la funzione di presidio esercitata dall'agricoltura
ai fini della tutela ambientale ed il mantenimento
dei modelli culturali e sociali del mondo rurale che
caratterizzano la diversità del territorio toscano.
La norma trova immediata applicazione, anche prima dell'adeguamento
degli strumenti urbanistici comunali secondo le disposizioni
contenute nell art.39 della L.R. n.5 del 1995.
Art.2 - DEFINIZIONE DELLE ATTIVITÀ
Poiché la legge, ai sensi del 1o comma dell'art.1,
disciplina gli interventi urbanistico-edilizi "necessari
allo sviluppo dell'agricoltura e delle attività
ad esse connesse", assume un particolare rilievo
la definizione di tale complesso di attività,
contenuta nell'art.2.
1o comma
Il primo comma, per definire le attività agricole,
richiama in primo luogo l'art.2135 del Codice Civile,
che vi ricomprende le attività dirette alla
coltivazione del fondo, alla silvicoltura e all'allevamento
del bestiame.
Sono richiamate inoltre le disposizioni normative comunitarie,
nazionali e regionali che hanno assimilato o assimileranno
all'esercizio della agricoltura altre attività
(come ad esempio l'acquacoltura o la cinotecnica):
si tratta dunque di ambito in espansione progressiva
che non richiederà, a fronte dell'emanazione
di nuove normative, alcun adeguamento della L.R. n.64
del 1995.
2ocomma
Il secondo comma descrive le attività connesse
a quelle agricole, per le quali trovano applicazione
le disposizioni contenute nella legge.
Alcune di tali attività sono indicate direttamente
dal testo, alle lettere a) e b); esse sono le attività
di promozione e di servizio allo sviluppo dell'agricoltura,
della zootecnia e della forestazione (uffici, centri
contabili, laboratori di ricerca ed altro) e le attività
faunistico-venatorie.
Anche per le attività connesse la definizione
è completata da una "norma di chiusura"
che rimanda in modo automatico alle disposizioni normative
comunitarie, nazionali o regionali vigenti o che saranno
emanate.
In particolare si ricordano qui quelle indicate dal
già citato art.2135 del Codice Civile e cioè
quelle "dirette alla trasformazione o alla alienazione
dei prodotti agricoli, quando rientrano nell'esercizio
normale dell'agricoltura": a titolo esemplificativo,
saranno fatte rientrare tra queste le attività
di stoccaggio, conservazione e lavorazione e vendita
delle produzioni dell'azienda.
Perché un'attività possa essere considerata
"connessa" ai sensi e per gli effetti della
legge, è necessario che essa sia esercitata
direttamente da una o più aziende agricole.
La definizione di "azienda" agricola è
dunque questione rilevante ai fini dell'applicazione
della legge; anche in questo caso può essere
utile rammentare il disposto del Codice Civile, che
all'art.2555 individua l'azienda come "il complesso
dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio
dell'impresa".
Per consentire la verifica dell'esistenza di un'azienda
sarà necessario l'iscrizione alla C.C.I.A.A.
o la sussistenza di una posizione fiscale definita
attraverso l'attribuzione di un'apposita partita I.V.A.
ovvero altra dimostrazione analoga.
Art.3 - NUOVE COSTRUZIONI RURALI
L'art.3 definisce condizioni e procedure particolari
per la realizzazione nell'ambito di applicazione della
legge, delle nuove costruzioni rurali, ancorché
non previste e disciplinate dagli strumenti urbanistici
comunali con le ordinarie modalità utilizzate
per il territorio urbanizzato, quali le localizzazioni,
gli indici di edificabilità e gli altri parametri
urbanistici.
Si tratta di una speciale facoltà, attribuita
alle aziende agricole ritenute economicamente rilevanti,
di proporre assetti insediativi ad integrazione degli
atti di pianificazione del comune, laddove questi,
se troppo specifici e rigidamente definiti, non sarebbero
in grado di cogliere le esigenze di flessibilità
rappresentate dalle imprese.
Tale facoltà, già presente nella L.R.
n. 10 del 1979, è ricondotta tuttavia, dalle
nuove disposizioni nel quadro delle coerenze della
pianificazione, attraverso i procedimenti previsti
per la formazione degli strumenti attuativi.
1o comma
Il primo comma impone di procedere in via prioritaria
al recupero del patrimonio edilizio esistente: ciò
significa che per l'approvazione da parte del Comune
dei programmi di miglioramento agricolo ambientale
che prevedono nuovi impegni di suolo si dovrà
dimostrare l'impossibilità di soddisfare le
esigenze aziendali attraverso il riuso dell'esistente.
2o e 3o comma
Il secondo ed il terzo comma individuano le dimensioni
minime delle aziende che godono della speciale facoltà
di proporre nuovi assetti insediativi; tali dimensioni
minime sono riferite alle superfici fondiarie che l'azienda
deve effettivamente mantenere in produzione in relazione
alla realizzazione dei nuovi edifici; le superfici
minime possono essere raggiunte a seguito di interventi
di conversione colturale previsti nel programma di
miglioramento agricolo ambientale di cui all'art.4.
Le dimensioni minime colturali sono le stesse che, in
base alla L.R. n.10 del 1979, costituivano condizione
necessaria per poter realizzare una nuova abitazione
rurale: oggi tale condizione è necessaria per
qualsiasi tipo di nuova costruzione.
4o comma
In base al quarto comma, le Province, con il PTC, possono
stabilire minimi più alti di quelli stabiliti
per legge; con lo stesso strumento le province devono
indicare ulteriori parametri di ammissibilità
per la realizzazione di nuove costruzioni rurali; il
campo di definizione di tali parametri è individuato
dalla legge in riferimento al prodotto lordo vendibile,
all'impegno di manodopera ed alle tipologie produttive
ed è dunque legato da un lato alla produttività
dell'azienda e dall'altro agli indirizzi di programmazione
economica del settore agricolo espressi ai livelli
sovracomunali, derivanti da atti normativi comunitari
applicabili nell'ordinamento interno.
Questa disposizione tende ad attribuire credibilità
economica ai programmi aziendali, laddove nel passato
i piani di utilizzazione potevano risultare incoerenti
con le politiche di sviluppo del settore.
5o comma
Il quinto comma stabilisce che quelle aziende che siano
state interessate da cessioni immobiliari parziali,
avvenute dopo l'entrata in vigore della legge, al di
fuori dei programmi aziendali, non possano, nel decennio
successivo alla cessione, realizzare nuove costruzioni.
La limitazione posta tende a disincentivare la cessione
di edifici ed il frazionamento della proprietà
agricola non programmati ed interessa tanto la porzione
di azienda che rimane di proprietà del venditore
quanto quella che viene ceduta.
La limitazione non riguarda, ovviamente, i casi di cessione
totale di aziende e non colpisce le aziende che si
ampliano attraverso nuove acquisizioni di immobili,
salvo che per le parti eventualmente acquisite con
il gravame della limitazione per effetto di un frazionamento
non programmato di altra azienda.
6o comma
In base al sesto comma, la limitazione non si applica,
oltreché alle cessioni previste in base ai programmi
aziendali, anche a tutte le cessioni nelle quali la
volontà del cedente è vincolata da cause
di forza maggiore.
7o comma
Il settimo comma pone ulteriori condizioni di ammissibilità,
da aggiungersi a quelle generali già trattate
nei precedenti commi, per la realizzazione di nuove
costruzioni ad uso abitativo.
Le due condizioni riguardano la destinazione delle abitazioni
da realizzare: a differenza degli annessi, che possono
essere destinati anche per le attività "connesse",
le nuove abitazioni possono essere edificate solo se
necessarie alle attività agricole vere e proprie
ed in particolare per le esigenze abitative degli imprenditori
agricoli, intesi come persone fisiche (infatti la norma
specifica che questi debbono risultare "impegnati
nella conduzione del fondo"), ovvero degli addetti
impiegati a tempo indeterminato; la seconda condizione
è che nel programma aziendale venga dimostrata
la necessità di utilizzare almeno 1728 ore lavorative
annue, corrispondenti al lavoro di un addetto a tempo
pieno, per ogni alloggio rurale, computando anche gli
alloggi esistenti. Le 1.728 ore lavorative dovranno
essere riferite in modo prevalente alle attività
agricole vere e proprie, e solo parzialmente potranno
essere collegate all'esercizio delle attività
"connesse".
8o comma
L'ottavo comma prevede che siano gli strumenti urbanistici
a disciplinare l'edilizia abitativa rurale, fissandone
dimensioni e tipologie anche in base agli usi ed alle
tradizioni locali, in modo da salvaguardare gli aspetti
paesistici. Nelle more della definizione di tale disciplina,
che può anche stabilire il divieto di costruire
nuove abitazioni rurali in determinate aree nelle quali
non se ne riconosca la necessità o l'opportunità,
la dimensione massima delle unità residenziali
è fissata negli stessi termini che erano stati
stabili con la L.R. n.10 del 1979, e cioè in
110 mq. di superficie dei vani abitabili, al netto
dei disimpegni spazi accessori, terrazze, balconi,
loggiati e quant'altro non abbia le caratteristiche
del vano abitabile.
9o comma
Il nono comma dispone l'ammissibilità della costruzione
degli annessi agricoli nella misura di quanto necessario
alla capacità produttiva del fondo, e dunque
all'attività agricola vera e propria, nonché
alle reali necessità delle attività connesse:
si tratta dunque, nel primo caso, di una stima delle
potenzialità produttive, mentre, nel secondo,
di una valutazione delle attività programmate.
In entrambi i casi la misura delle necessità
aziendali deve essere dimostrata attraverso il programma
aziendale, cui, come si dirà in seguito a proposito
dell'art.4, deve essere attribuito il valore di vero
e proprio strumento urbanistico attuativo.
Tale attribuzione, sempre necessaria qualora si preveda
di costruire nuove abitazioni, può essere evitata,
nel caso di annessi di dimensioni minori, qualora il
Comune stabilisca una volta per tutte, con apposita
variante allo strumento urbanistico generale, le dimensioni
di soglia al di sotto delle quali non si renda necessario
controllare i nuovi assetti insediativi attraverso
una pianificazione attuativa di dettaglio; la disciplina
potrà fissare dimensioni massime diverse per
tipologie di annessi o per ambiti territoriali.
10o comma
Sempre relativamente agli annessi, il decimo comma ne
stabilisce l'ammissibilità anche con fondi inferiori
ai minimi per quelle aziende che esercitano in via
prevalente attività particolari, in particolare
di allevamento. Per quanto attiene alle colture ortoflorovivaistiche
in serra, i minimi dimensionali fissati al 2o comma
valgono dunque per la sola realizzazione di nuovi abitazioni,
poiché per gli annessi è consentita la
realizzazione anche per aziende di dimensioni inferiori.
Trattandosi di norma di carattere derogatorio, deve
essere interpretata in modo stretto e non per analogia.
Spetterà alle normative comunitarie, nazionali,
regionali ed, in ultima istanza, allo strumento urbanistico
generale del comune, stabilire il riferimento per la
misura degli annessi edificabili in relazione alle
dimensioni della attività dell'azienda. Per
l'acquacoltura il riferimento è costituito dalla
L.R. 26 maggio 1993 n.34.
La prevalenza dell'attività speciale è
determinata in base al prodotto lordo vendibile derivante
da tale attività, che deve rappresentare almeno
1'80% del totale programmato.
11o comma
La deroga ai minimi dimensionali del fondo e la possibilità
di realizzare annessi eccedenti le capacità
produttive dello stesso, già prevista dall'art.4
della L.R. n.10 del 1979, è ammessa, in base
al comma undicesimo, qualora esista una specifica previsione
in tal senso ed una apposita disciplina degli strumenti
urbanistici comunali.
In tale fattispecie rientreranno gli impianti di trasformazione,
stoccaggio e commercializzazione dei prodotti agricoli,
che potranno essere tuttavia realizzati esclusivamente
da aziende agricole, singole o associate, infatti la
norma richiama l'esistenza di fondi agricoli, ancorché
inferiori alle dimensioni degli impianti ovvero ai
minimi dimensionali stabiliti all'art.2.
La realizzazione degli annessi in funzione delle attività
agricole del tempo libero, quali gli orti periurbani,
al di fuori di vere e proprie aziende agricole, potrà
essere consentita senza il rispetto dei minimi dimensionali
e senza la necessità di programma di cui all'art.4,
qualora il comune provveda a dettarne un'apposita disciplina
urbanistica ai sensi dell'art.1, comma quarto.
12o comma
Il dodicesimo comma consente alle aziende agricole,
di qualsiasi dimensione, l'installazione di manufatti
precari, tanto per le attività agricole quanto
per le attività connesse.
I requisiti di tale precarietà sono individuati
dalla legge tanto nell'uso dei materiali leggeri, quanto
nelle tecniche di realizzazione, con il semplice appoggio
al terreno ed opere di ancoraggio, così da non
modificare in alcun modo lo stato dei luoghi, quanto
infine nella durata della permanenza sul terreno che
dovrà essere, in linea di massima collegato
a cicli produttivi stagionali e comunque non superiore
ad un anno.
Le aziende agricole che intendano istallare i manufatti
precari dovranno preliminarmente darne comunicazione
al Sindaco.
Considerati i contenuti della dichiarazione e fatti
salvi eventuali obblighi derivanti da fondi normative
nazionali, non risulta necessaria l'asseverazione delle
previste dichiarazioni da parte di alcun tecnico abilitato.
Tra i manufatti di cui al dodicesimo comma possono essere
citati a titolo di esempio i ricoveri per allevamento
allo stato brado e le serre stagionali, mentre per
le serre legate a colture con cicli produttivi superiori
ai 12 mesi si dovrà ricorrere al programma ed
alle concessioni edilizie.
Art.4 - PROGRAMMA DI MIGLIORAMENTO AGRICOLO-AMBIENTALE
1o comma
Il primo comma stabilisce che gli interventi di nuova
edificazione previsti dall'art.3 sono consentiti a
seguito dell'approvazione di un apposito programma,
la cui elaborazione necessita di una pluralità
di competenze disciplinari quando assume valore di
strumento urbanistico attuativo, che metta in relazione
le necessità di trasformazione edilizia e territoriale
con le esigenze di sviluppo delle aziende.
Il programma non è necessario per gli ampliamenti
di cui al 1o comma dell'art.5 mentre occorre per gli
interventi di recupero descritti al 4o comma dello
stesso articolo.
2o comma
Al secondo comma sono descritti i contenuti del programma,
in parte corrispondenti a quelli del piano aziendale
previsto dalla L.R.10 del 1979, integrati con la descrizione
degli interventi previsti per la tutela e la valorizzazione
ambientale, che entrano a far parte del bilancio complessivo
dell'attività dell'azienda. Nella descrizione
dei contenuti è esplicitata la possibilità,
che peraltro sussisteva anche in vigenza della L.R.
n.10 del 1979, di prevedere contemporaneamente l'esigenza
di nuove costruzioni e la dismissione dell'uso agricolo
di costruzioni esistenti; tale dismissione è
ammessa qualora sia dimostrato che le costruzioni non
sono più necessarie e coerenti "con le
finalità economiche e strutturali" descritte
nel programma.
Tra i contenuti del programma, due elementi di novità
rispetto al piano aziendale, sono i seguenti:
- l'individuazione dei fabbricati e dei fondi ad essi
collegati, tanto per ciò che riguarda l'esistente
quanto per le nuove costruzioni, al fine di consentire
una specifica definizione degli obblighi derivanti
dalla convenzione prevista al comma 6;
- la definizione dei tempi e delle fasi di realizzazione
del programma.
3o comma
Al terzo comma si stabilisce la possibilità,
attraverso il regolamento di attuazione previsto dall'art.8,
di ulteriori specificazioni dei contenuti e delle modalità
di redazione del programma.
L'emanazione del regolamento non è condizione
necessaria per la presentazione dei programmi e per
la loro valutazione.
4o comma
Il programma, secondo il quarto comma, farà previsioni
almeno per il decennio successivo e, decorsi i primi
tre anni, potrà essere modificato, su semplice
richiesta dell'azienda assentita dal comune, con le
stesse procedure previste per l'approvazione iniziale,
a scadenze biennali in funzione delle mutate esigenze
produttive ed anche di sopravvenute opportunità
di effettuare cessioni parziali di terreni o di fabbricati
senza incorrere nel vincolo di inedificabilità
derivante dal comma quinto dell'art.3 o nelle sanzioni
convenzionali previste al sesto comma.
5o comma
Con il quinto comma viene disciplinata la procedura
di approvazione del programma con tempi certi e responsabilità
definite. Rispetto alla L.R. n.10 del 1979, cambia
la competenza che passa dall'Ente delegato (Province
e Comunità Montane) al Comune che diviene unico
"sportello" del cittadino.
Il Comune, ricevuto il Programma che può anche
non essere accompagnato dalle richieste di concessione
o di autorizzazione edilizia, lo trasmette immediatamente
all'Ente delegato per acquisirne il parere ai fini
dell'approvazione.
Tale parere, che deve essere reso nel termine perentorio
di 60 giorni, è costituito da verifiche di tipo
tecnico che non comprendono espressioni di volontà
da parte degli Enti e dunque, in base alle disposizioni
statutarie, può essere reso dagli apparati.
Il parere riferito alle verifiche relative agli aspetti
paesistico-ambientali ed idrogeologici non sostituisce
i nulla-osta previsti dalla L. n.1497 del 1939 e dal
R.D.L. n.3267 del 1923 che dovranno essere comunque
resi quando si realizzeranno gli interventi programmati.
Il programma dovrà comunque essere verificato
dall'Ente delegato qualora siano presenti in esso tutti
i contenuti previsti al secondo comma: nel caso che
la documentazione sia palesemente carente o non idonea
ad operare le verifiche, l'Ente delegato provvederà
immediatamente, e comunque nei termini, a darne comunicazione
al comune, non essendo prevista l'interruzione dei
termini.
Decorsi i sessanta giorni il comune, anche in assenza
del parere dovrà comunque procedere nell'esame
e nell'approvazione eventuale del programma.
6o e 7o comma
In base al disposto del settimo comma, qualora nel programma
si prevedano interventi di ristrutturazione urbanistica
oltre i limiti di cui all'art.5, comma primo, lett.
d), o di nuova edificazione di abitazioni rurali ovvero
di annessi superiori ai massimi fissati dallo strumento
urbanistico comunale in base all'art.3, nono comma,
il programma stesso sarà integrato dagli elaborati
planivolumetrici a firma di professionista abilitato
e dalle norme tecniche di attuazione richiesti per
gli strumenti urbanistici particolareggiati e sarà
sottoposto dal comune alle procedure di adozione, pubblicazione
ed approvazione, così da attribuire ad esso
il valore di piano urbanistico attuativo. In tal caso
l'adozione e l'approvazione del programma competerà
al consiglio comunale ai sensi della Legge n.142 del
1990, mentre in tutti gli altri casi si provvederà
secondo le attribuzioni definite dagli Statuti dei
comuni o in mancanza con delibera della Giunta comunale
che detiene le competenze residuali non attribuite,
in base al disposto della L. n.142 citata.
Il sesto comma stabilisce che il programma approvato
costituisce il presupposto per il rilascio di concessioni
o autorizzazioni nei casi previsti dalla legge. La
sussistenza del programma e la conformità con
esso dovrà essere verificata anche nei casi
in cui l'azienda proprietaria può procedere
con semplice denunzia di inizio dei lavori; in tal
caso l'accertamento sarà effettuato dal tecnico
asseverante.
Lo stesso sesto comma prescrive l'obbligo per il proprietario
di stipulare una convenzione con il comune per garantire
l'integrale realizzazione del programma nelle parti
collegate alle opere edilizie, al mantenimento delle
destinazioni d'uso rurali degli edifici esistenti per
la durata del programma e dei nuovi edifici per almeno
venti anni, al mantenimento del rapporto tra le diverse
parti del fondo ed i singoli immobili, alla realizzazione
degli interventi di mantenimento ambientale collegati
agli immobili eventualmente deruralizzati.
Tra gli obblighi assunti in convenzione vi dovrà
essere anche quello di consentire l'uso di nuove abitazioni
realizzate esclusivamente alla famiglia dell'imprenditore
agricolo a titolo principale ed agli addetti a tempo
indeterminato.
La convenzione dovrà inoltre prevedere la prestazione
di opportune garanzie che il comune definirà
per la realizzazione degli interventi colturali collegati
agli interventi edilizi e di quelli di sistemazione
ambientale.
Facendo salve le eventuali sanzioni in caso di abusi
edilizi, la sottoscrizione della convenzione comporterà
l'accettazione da parte del proprietario di sanzioni
contrattuali in vaso di inadempienza, in ogni caso
non inferiori al maggior valore determinatosi.
8o comma
Il programma, in base all'ottavo comma, potrà
essere presentato congiuntamente da più aziende
qualora si intenda realizzare impianti di interesse
interaziendale.
Art.5 - INTERVENTI SUL PATRIMONIO EDILIZIO ESISTENTE
La normativa relativa al recupero del patrimonio edilizio
esistente contiene quattro importanti innovazioni rispetto
a quella contenuta nella L.R. n.10 del 1979.
La prima riguarda la maggiore semplicità delle
deruralizzazioni, collegata però al vincolo
decennale di inedificabilità previsto dal 5o
comma dell'art.3, qualora avvenga al di fuori dei programmi
aziendali. Inoltre, per gli edifici deruralizzati non
vi sono più limiti alla possibilità di
frazionare la proprietà nè a quella di
utilizzarli in modo diverso dalla residenza.
La seconda novità è la possibilità,
prima non prevista, di effettuare interventi di ristrutturazione
urbanistica, da privilegiare a fronte delle nuove edificazioni.
La terza novità è costituita dalla impossibilità
di ampliare gli edifici non rurali.
La quarta novità è rappresentata dall'introduzione
degli "oneri verdi" da sostenere qualora
si muti la destinazione d'uso agricola.
1o comma
Nel primo comma sono individuati gli interventi sui
patrimonio edilizio esistente delle aziende agricole
ammessi senza la necessità di ricorrere alla
formazione ed approvazione del programma aziendale
nè, ovviamente, alla definizione di strumenti
urbanistici attuativi. Tutti gli interventi elencati
nel primo comma non devono comportare mutamento alla
destinazione d'uso agricola.
Oltre agli interventi di manutenzione, di restauro e
di risanamento conservativo, è prevista in tale
fattispecie la ristrutturazione edilizia in ogni sua
forma, sino alla demolizione preordinata ad una fedele
ricostruzione, purché non siano incrementate
le superfici utili degli edifici, residenziali o meno,
nè il numero delle unità abitative, ivi
comprese quelle eventualmente destinate all'agriturismo.
E' inoltre prevista la ristrutturazione urbanistica,
e cioè la demolizione con ricostruzione dei
volumi demoliti in altra collocazione, nel limite del
10% del volume totale dei fabbricati aziendali e di
600 mc. di volume ricostruito, senza incremento delle
superfici utili degli edifici nè del numero
delle unità abitative.
Gli interventi sin qui descritti possono comportare,
nell'ambito delle dotazioni aziendali, passaggi nelle
utilizzazioni delle residenze rurali agli annessi e
viceversa, fermo restando il numero delle residenze.
Sempre nella stessa fattispecie sono ricompresi gli
ampliamenti nei limiti del 10% del volume e della superficie
utile, residenziale o meno, dei singoli edifici, "una
tantum" per ciascun edificio e fino ad un massimo
di 300 mc, senza aumento del numero delle unità
abitative.
Gli strumenti urbanistici comunali, possono fissare
limiti dimensionali inferiori, al di sopra dei quali
si rende necessaria l'approvazione del programma aziendale.
2o comma
Il secondo comma indica gli interventi ammissibili sugli
edifici che non hanno destinazione d'uso agricola all'entrata
in vigore della legge o che la perderanno successivamente.
Si tratta di tutti gli interventi di recupero sino
alla ristrutturazione urbanistica, nei limiti, quest'ultima,
del 10% dei volumi dei singoli fabbricati, con possibilità
di mutamenti di destinazione d'uso e di aumento delle
superfici utili e delle unità immobiliari. Non
sono invece consentiti gli aumenti di volume previsti
all'art.10 della L.R. n.10 del 1979.
3o comma
La disciplina contenuta nel 3o comma riguarda il mutamento
della destinazione d'uso agricola dei fabbricati con
esclusione di quelli di proprietà di aziende
di dimensioni superiori ai minimi fissati dall'art.3,
comma 2, per i quali si applica quanto previsto al
successivo comma 4o. Il mutamento è consentito
per qualsiasi nuova destinazione, con possibilità
di aumento del numero di unità immobiliari e
con obbligo di sottoscrizione di una convenzione che
impegni al mantenimento o al miglioramento della qualità
ambientale attraverso opere, se la pertinenza dell'edificio
non risulta inferiore ad un ettaro; tali opere saranno
individuate in relazione alle esigenze dei diversi
sistemi ambientali e potranno riguardare la rete di
smaltimento delle acque, la stabilità dei versanti,
la tutela della fauna e della flora, dei beni culturali,
delle strutture del paesaggio o altro intervento analogo.
In presenza di pertinenze inferiori all'ettaro saranno
corrisposti oneri che il comune impiegherà nella
sistemazione dell'ambiente rurale. Per definire tali
oneri sostitutivi di quelli di urbanizzazione, se dovuti,
il comune provvederà, anche in attesa delle
indicazioni provinciali di cui all'art.7, ad integrare
le tabelle per la determinazione degli oneri concessori
che non potranno essere inferiori al massimo previsto
per la ristrutturazione edilizia in ogni localizzazione,
a seconda della destinazione d'uso finale.
4o comma
Gli interventi di recupero descritti al quarto comma,
relativi al patrimonio delle aziende agricole, necessitano
della preventiva approvazione del programma aziendale.
La fattispecie comprende in primo luogo la ristrutturazione
edilizia oltre i limiti di cui al primo comma.
In secondo luogo è compresa la ristrutturazione
urbanistica oltre i limiti del 10% del volume totale
dei fabbricati aziendali e dei 600 mc. di volume ricostruito;
in tal caso sarà necessario il programma aziendale,
ma non l'attribuzione ad esso del valore di strumento
urbanistico particolareggiato, nel caso di ristrutturazione
urbanistica entro i limiti del 10% del volume esistente
e inferiore ai 600 mc, ma in presenza di aumenti delle
superfici utili o del numero delle unità abitative.
La sussistenza di un conforme programma aziendale approvato
è infine necessaria nei casi di ampliamenti
oltre i limiti del comma 1o lett. c (10% del volume
e della superficie utile dei singoli edifici, 300 mc
ovvero limiti inferiori fissati dagli S.U. comunali)
o che comunque comportino aumento delle unità
abitative agricole, nonché nei casi di deruralizzazione
per le aziende significative sul piano produttivo in
quanto di dimensioni superiori ai minimi fissati al
2o comma dell'art.3; in tali casi il programma (e la
convenzione) dovranno obbligatoriamente contenere l'indicazione
degli interventi di sistemazione ambientale collegati
agli edifici per i quali si richiede il mutamento di
destinazione d'uso ed alle loro pertinenze.
Qualora l'azienda che deruralizza sia di dimensioni
inferiori ai minimi, il programma non occorrerà,
essendo per questa comunque impossibile realizzare
nuovi volumi se non in base ad una apposita previsione
dello strumento urbanistico comunale.
Per tali aziende le deruralizzazioni si realizzeranno
applicando le disposizioni del terzo comma.
Per quanto attiene infine agli aumenti delle unità
abitative agricole, i programmi aziendali dovranno
dimostrare la necessità di utilizzazione di
almeno 1.728 ore lavorative annue riferite alle attività
aziendali come previsto dall'art.3 per ogni abitazione
in più realizzata attraverso il recupero.
Art.6 - COSTRUZIONE DI IMPIANTI PUBBLICI O DI PUBBLICO
INTERESSE
La disposizione richiama la necessità di approvare
apposite varianti localizzative agli S.U. generali
per consentire la realizzazione degli impianti collegati
alle reti di telecomunicazione, di trasporto energetico
e dell'acqua.
La norma deve intendersi riferita agli impianti e non
alle reti, per le quali si applicheranno comunque le
relative norme speciali. In particolare si dovrà
intendere che le cabine di trasformazione dell'energia
elettrica da media a bassa tensione siano da ricomprendersi
tra gli accessori delle reti e non tra gli impianti
sottoposti all'obbligo di localizzazione nello S.U.
generale.
Art.7 - COMPITI DI COORDINAMENTO DELLE PROVINCE
Le province coordineranno l'applicazione della legge
da parte dei comuni attraverso il P.T.C. nel quadro
pianificatorio complessivo definito dalla L.R. n.5
del 1995.
Art.8 - REGOLAMENTO DI ATTUAZIONE
La legge dovrà essere integrata e specificata
da un apposito regolamento da approvarsi entro sei
mesi dalla sua entrata in vigore. La normativa della
legge è tuttavia immediatamente efficace e completa
anche in assenza del regolamento.
Art.9 - NORME TRANSITORIE
lo comma
Il primo comma stabilisce che le normative urbanistiche
adottate per disciplinare le zone agricole conservano
efficacia anche se adottate in forza della L.R. n.10
del 1979 abrogata.
E' tuttavia da ritenere decaduta la disciplina urbanistica
comunale che prevedesse contenuti, strumenti e procedure
in contrasto con le disposizioni della nuova legge.
Infatti in questo comma la dizione "conservano
efficacia", diversa da quella usata nel comma
successivo ("prevale"), impone comunque di
applicare la norma più restrittiva.
2o comma
La normativa speciale vigente nei comuni relativa al
recupero del patrimonio edilizio esistente prevale
sulle disposizioni di cui all'art.5 della nuova legge
fino all'approvazione del piano strutturale. Si deve
dunque ritenere che la vigente disciplina del recupero,
introdotta nei piani comunali in forza della legge
n.457 del 1978, delle leggi regionali n.10 del 1979
e n.59 del 1980, debba essere integralmente applicata,
integrandone le disposizioni con quelle dell'art.5.
3o comma
Le obbligazioni assunte in base alla legge 10 conservano
efficacia, ferma restando la possibilità di
modificarle in base alle nuove disposizioni.
4ocomma
Il quarto comma stabilisce che alle richieste di concessione
presentate prima del 6 maggio 1995, data di entrata
in vigore della nuova legge, continuano ad applicarsi
le norme, procedurali e di contenuto definite dalla
L.R. n.10 del 1979, se di maggior favore per il richiedente.
Ciò significa tra l'altro che le concessioni
potranno essere rilasciate sulla base dei piani aziendali
e non dei programmi.
Per agevolare il completamento delle procedure, sarà
opportuno un reciproco scambio di informazioni tra
i comuni e gli enti delegati sulle pratiche in corso.
Varianti previste dalla L.R. n.64 del 1995
Di seguito si elencano schematicamente le varianti agli
strumenti urbanistici che si possono rendere necessarie
per dare applicazione in modo specifico e più
semplice alla nuova legge: esse sono previste dalle
disposizioni contenute nell'art.1, 4o comma, nell'art.3,
8o, 9o e 11o comma, nell'art.5, 1o comma, lett. e),
e nell'art.6 della L.R. n.64 stessa.
Le varianti di cui all'art.1, 4o comma, sono quelle
finalizzate alla individuazione di aree soggette a
particolare normativa al fine di salvaguardare l'ambiente
ed il paesaggio agrario, integrando anche l'attività
agricola con altri settori produttivi per la valorizzazione
dell'economia rurale e montana.
Le varianti di cui all'art.3, 8o comma, sono quelle
volte a disciplinare le tipologie e le dimensioni delle
nuove abitazioni rurali, ovvero a vietarne la costruzione
in determinate aree del territorio comunale, laddove
i Comuni non ne ravvisino la necessità.
Le varianti di cui all'art.3, 9o comma, sono quelle
che definiscono le dimensioni massime degli annessi
agricoli che possono essere realizzati senza la necessità
di attribuire ai programmi aziendali di miglioramento
agricolo ed ambientale il valore di piano attuativo
e, di conseguenza, senza la necessità di una
approvazione dello stesso da parte del Consiglio comunale.
Le varianti di cui all'art.3, 11o comma, sono quelle
che disciplinano la realizzazione di nuovi annessi
agricoli eccedenti la capacità produttiva del
fondo (in analogia con quanto disponeva l'art.4, comma
3o, della L.R.10/79, abrogata), nonché la realizzazione
di nuovi annessi riferiti a fondi di piccole dimensioni.
In tale ultima fattispecie potrà rientrare,
a titolo esemplificativo, la disciplina dei cosiddetti
"orti periurbani".
Le varianti di cui all'art.5, comma lo, lett. f), sono
quelle che consentono al comune di ridurre i limiti
dimensionali fissati dalla legge, entro i quali è
possibile realizzare ampliamenti dei fabbricati delle
aziende agricole senza la necessità del programma
aziendale di miglioramento agricolo ambientale.
Le varianti, infine, di cui all'art.6 sono quelle riferite
alla localizzazione ed alla disciplina degli impianti
pubblici o di pubblico interesse destinati alle telecomunicazioni
(centrali telefoniche, ripetitori televisivi, ecc.),
al trasporto energetico (centrali elettriche, centrali
di trasformazione, relative a metanodotti, gasdotti
e oleodotti ecc.) e dell'acqua (centrali di spinta
degli acquedotti ecc.).
La procedura di approvazione è quella prevista
di commi da 3o a 7o dell'art.40 della L.R. n.5 del
1975, commentata nella circolare illustrativa di tale
legge ed alla quale si rimanda.
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