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A proposito della presenza di una macchina a controllo numerico a Venezia

Bernard Cache


Di cose meravigliose, a Venezia, se ne sono già viste tante. A cominciare dal famoso rhinoceros, che attirava le folle al carnevale dell'anno 1751.(1) Quest'anno ci sarà una macchina a controllo numerico nel padiglione americano, che dimostrerà come lavorano gli studenti di UCLA. In effetti chi è stato a Los Angeles può già avere un'idea di come la presenza di tale strumento abbia la capacità di cambiare molte cose nell'attività pedagogica. Una macchina a controllo numerico permette una continua produzione di forme da un mondo integralmente digitale. Deus ex machina!

Da questo punto di vista, non si può che restare sorpresi nel vedere che questa dimostrazione giunge da un'Università americana. Come mai questo processo non è già implementato in Europa, e specialmente in Italia? Ma perché, come tutti sanno, il computer è una cosa "americana", a cominciare dal nome che miei amici italiani insistono a pronunciare in inglese con il loro "charming" accento meridionale. Ma la parola "computer" non viene forse dal latino "computatio"? Di fatto, quello delle macchine a controllo numerico è o non è un mercato controllato dagli europei, specialmente tedeschi e italiani? Certamente si, ma i famosi "software" sono senza dubbio americani. E' davvero così? Catia, uno dei migliori programmi di CAD, usato da Frank Gehry, è francese. Questa società ha inoltre acquisito "Solidworks" il leader della nuova generazione di programmi parametrici per la meccanica che, tra l'altro, deve confrontarsi con un eccellente concorrente: TopSolid di Missler, altro gruppo francese.

Guardiamo ancora più da vicino per esaminare gli elementi di base, "i mattoni" dei grandi programmi usati nel edilizia: Microstation e Autocad. Con quale componenti sono fatti i loro prodotti di nuova generazione? I modellatori esatti: Parasolid e Acis, il motore parametrico D-cube, sono sviluppati in Inghilterra. Non tarderemo a ricordare che Think3 e stato svillupato a Bologna, e che tanti pezzi di software industriali sono scritti in italiano. Si, c'è da stupirsi del fatto che la vecchia Europa, l'Europa della cultura, guardi ancora al "computer" come ad un "rhinoceros", come uno strano animale venuto da un continente lontano. Come mai i lavoratori intellettuali che amavano concentrarsi sui famosi "modi di produzione" rifiutano di vedere come l'industria di domani sarà presto tutta digitale? Non è tanto un problema economico ma piuttosto culturale. A causa di questa frattura tra cultura architettonica e modo di produzione digitale, il campo è lasciato libero ad un nuova avanguadia puramente formale che trova le sue referenze piu nella biologia cellulare che nella tradizione della nostra disciplina. Fino a quando non capiremo che se Rhinoceros esiste, è colpa nostra?

Bernard Cache
OBJECTILE@wanadoo.fr



Direttore della Sezione Cibernetica dell'ESARQ (Barcelona)
Escuela de Arquitectura - Universidad Internacional de Catalunya







NOTE:

(1) Questo rhinoceros era arrivato a Rotterdam in 1741. Aveva viaggiato per tutta l'Europa prima di arrivare a Venezia dov'è stato dipinto da Pietro Longhi. Cfr. Dieter Salzgeber, "Albrecht Dürer: Das Rhinozeros", Rowohlt Taschenbuch Verlag GmbH, Reinbek, April 1999. "Rhino" è anche il nome di un eccellente modellatore americano.
[14jun2000]

 

 


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