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Riviste

2A+P rivista di progettazione

Invito alla lettura






2A+P LANDSCAPE
Cooper&Castelvecchi
Italia, 2001
pp128,
bicromie: arancio/senape
Euro 10,33

http://www.dueapiup.it 
dueapiup@hotmail.com
apiuduep.it, papi due u.it, udu pipea.it, pupu idea.it. La prima cosa che si può fare una volta entrati nella postazione web della rivista è giocare (grazie ad un espediente grafico da maestri del webdesign) con le lettere che compongono dueapiup.it. Oppure le stesse lettere se ne possono stare sparse, libere, come sarebbe meglio. Ognuna con la propria dignità, ognuna con la propria personalità: così come il gruppo di architetti che ha costruito questo contenitore editoriale così ricco di contenuti. Un gruppo formato da alcuni tifosi della A.S.Roma che rispondono al nome di Gianfranco Bombaci, Domenico Cannistraci, Pietro Chiodi, Matteo Costanzo, Valerio Franzone (con le presenti ed amichevoli ombre di T.Arcangioli, L.Castagnoli e A.Grasso) che, sono parole loro, "fondano, nel 1998, 2a+p come gruppo di lavoro, con lo scopo di verificare le relazioni tra Arte, Architettura e Pensiero". 

Sì, né più né meno, una rifondazione. Ricostruire qualcosa, partendo dalla tabula rasa che ben conosciamo e che tutti abbiamo sotto agli occhi. Abbozzare delle nuvole, cercare e ordinare delle direzioni indicate, delle frecce, seguire la traiettoria di dita che puntano al cielo grigio del televisore quando non trova canale. Dare forma a ciò che è già nell'aria. Ci sono riusciti? Si, si, qualcosa è stato fatto.
[01mar2002]

I numeri di 2A+P:


2A+P BODY
Castelvecchi Arte
Italia, 1999
pp72,  
bicromia: blu
Euro 6,20



2A+P HOME
Castelvecchi Arte
Italia, 2000
pp128,
bicromie: verde/viola
Euro 10,33



2A+P LANDSCAPE
Cooper&Castelvecchi
Italia, 2001
pp128,
bicromie: arancio/senape
Euro 10,33

Il progetto editoriale prevedeva tre numeri: il numero 0 dedicato al corpo, al body, oggettiva presenza, l'inevitabile punto da cui partire, il numero 1 destinato alla casa, alla propria casa, all'home, che del corpo è il contenitore più intimo, ed il numero 2 rivolto ad indagare che cosa corpo e casa possano significare nel contesto sociale, nel landscape nel senso più ampio del termine. Body, Home, Landscape. Una progressione, verso la chiarezza, dalla copertina nera del numero 0 a quella grigia del secondo a quella bianca del terzo. Una tensione verso un pallido orizzonte remoto da ricercare, con la sensazione netta di una debole speranza d'aurora. Corpo, casa e paesaggio sono tre configurazioni possibili, dotate di una propria struttura, capaci di generare un sistema di relazioni. Costituiscono un ciclo: lo spazio digitale considerato rispetto al corpo, riappare in rapporto alla casa, al paesaggio; una camicia diventa metafora dell'abitazione; la città e la natura, da scenari, diventano caratteristiche che riflettono la progettazione di un ambiente domestico; il corpo stesso si fa scenario ed appare come paesaggio. Landscape non è né un punto di arrivo né la fine di un percorso, ma costituisce il nuovo territorio possibile nel quale esplorarsi e ricercare l'architettura.

Sfogliamo insieme le riviste, partendo dall'ultima, la più riuscita, "Landscape". Un intervallo di apertura, rituale necessario per iniziare il viaggio, recita "arte architettura pensiero", scritti con grafica profondità tridimensionale, sfondamento letterale della bidimensionalità della pagina.





È proprio sulla tridimensionalità complessa che si fonda l'intera ricerca del gruppo, sulla stessa tridimensionalità che avvolge fluidamente la nostra comune esperienza esistenziale. Dopo un editoriale scritto storto ed alcune basilari istruzioni per l'uso, raccolte in termini chiave come omniscape, cellula, densità, superficie, immersione, mutazione, che meriterebbero capitoletti a parte, compare "formalhaut" (forma impressionante, la bocca del pesce e allo stesso tempo il nome di una delle stelle più luminose), un'installazione del 1985 che vede delle mucche, forme vive, bloccate all'interno di strutture di plastica. È l'architettura con la quale ci si deve confrontare, fissa ed ortogonale, ma che ha già all'interno un germe vitale, organico, dotato di pelle. Sergio Risaliti attacca con "l'arte e l'architettura come trasgressione", "trans-architettura" e "tutto è architettura", tanto per non lasciare adito a dubbi. Spot di UN studio. 





Actar arcquitectura presenta un progetto di land-arch che tanto ricorda Superstudio per quei personaggi che finalmente si muovono liberi in uno spensierato far niente all'interno di un panorama del tutto artificiale, mentre il corpo resta e l'amore anche. Spot di Winy Maas from MVRdV. Interviene Karl S.Chu, ex monaco buddista e musicista ora convertito all'architettura della matematica, "ogni particella di materia può essere concepita come un giardino pieno di piante, o uno stagno pieno di pesci. Ma ciascun ramo della pianta, ciascun membro dell'animale, ciascuna goccia dei suoi fluidi corporali sono come un giardino o come uno stagno" che cita Leibniz interpretando il suo stesso pensiero. Parla di civiltà neobiologica. Gli fa eco, poco più avanti il gruppo r & sie.d/b:l, guidato da Roche, che introduce ermeticamente al tema della "pelle reattiva", subito esplicitato con tre progetti architettonici che prendono come pretesto il tema dell'acqua. Pausa di riflessione sull'installazione del 1999 di Luca Vitone, "Fouilles", scavi, fosse, fondamenta, una grande buca, forse mortuaria, con la pala ancora pronta, perché lo scavo continua. Renato Rizzi getta un ponte verso una foto degli impellicciati Coop Himmelblau, che sguazzano all'interno di un'opera d'arte primi anni Settanta che con la schiuma crea un allegro e informe volume, "soft space".
 



Sono invece le immagini sfumate e sfuocate del venerando ma gran giovane Mario Sasso che aprono l'orizzonte scenico di Asymptote architecture, con "Dati, informazione e realtà generate dai pixel" e con la presentazione di "FluxSpace", l'installazione vista anche alla Biennale di Fuksas. "La tesi che viene sperimentata e sviluppata in FluxSpace 1.0 è che l'architettura, attraverso un'operazione legata al caso e generata dai dati forniti dal computer, può produrre un risultato finale tale da permettere all'oggetto di rispondere attivamente alla presenza fisica". Un'immagine shock di Sara Ciracì, accompagnata da un aforisma articolato di Moussavi e Zaera-Polo, fa piazza pulita anche degli omini di Superstudio, con una fotografia con un piano infinito, indifferenziato, quadrettato e senza presenze umane: niente, ancora non ci siamo, la rifondazione riparte di nuovo, da zero zero zero. Ricerca una difficile ricompattazione ian+ che con "Zone interzone" spera di poter risolvere la questione, ma rimane un grido nel deserto.

Giacomo Costa, fotografo trentenne, butta parallelepipediformi tonnellate di calcestruzzo sopra al paesaggio incontaminato, appena timidamente coltivato, e mette a tacere tutti: siamo ancora schiacciati dalla materialità. Non ne usciamo, non riusciamo a liberarcene.
 



Numero 1: Home. Pipilotti Rist, una fotografia di una sua installazione intitolata "dune", e che invece è una casa, apre prepotentemente la rivista: una stanza, un solo morbido e corposo volume sul quale stendersi e di lato qualcosa come un riparo di fortuna di un barbone, per dormire. Essere svegli e dormire, collegati e scollegati, on(line) e off(line), il nuovo alfabeto: da 21 lettere ad un solo segno di acceso/spento. Niente di più, nessuna necessità fisiologica. E lo sguardo si rinfresca nelle volte medioevali del soffitto. "Ora, in mondi di integrale artificialità, gli architetti sono chiamati a disegnare non solo lo spazio, ma anche i suoi abitanti, e non solo il loro aspetto, ma anche i loro sensi e le loro capacità", di Markos Novak, serve a Stefano Chiodi per introdurre una profonda riflessione su Matta-Clark e le sue case per abitanti che non hanno più confini, spazi fisici definiti, ma solo laceri e rotti, spezzettati, risucchiati violentemente dal di fuori, senza più alcuna intimità possibile. Ecco, all'improvviso, il vero centro del numero di 2a+p: la Möbius house di Ben Van Berkel & Caroline Bos.
 




E la sua costruzione delude, ma il diagramma concettuale no. Un dentro che è un fuori e viceversa, vero specchio della dimensione esperienziale; una spirale di dna, fedele ed indiscutibile modello organico. Quanti secoli ci distanziano dall'angolo retto rinascimentale? Mille? Nessuna coordinata temporale è più possibile, la frattura sembra irreparabile, la tabula rasa è già avvenuta, tutto è qui, tutto è lontano. Da adesso ogni minuto conta ore. E si divertono Diller e Scofidio a piegare e ripiegare la loro camicia, divertissement pascaliano, in attesa che qualcosa succeda.
 




Abitiamo la nostra camicia! Ecco l'invito: costruiamoci la casa attorno al nostro vestito, nuova espansione del corpo, nuova automobile. Intanto esercitiamoci con la camicia, poi si vedrà, utilizzeremo le stesse tecniche. Finalmente le case dei 2A+P, gli stessi autori del presente esperimento editoriale, che altro non sono che alcuni dei membri del gruppo Nicole_fvr (for visual research). Cannistraci e Franzone con "Sensitive house" e Bombaci e Costanzo con "Bubbles House". La prima è una casa raffinatissima, dove il pavimento, quadrettato, diventa vero e proprio cuscino, che si modella sui pesi degli abitanti (coppie di innamorati), avvolti in sensualissime tende translucide e semitrasparenti. La seconda è un fumetto, nella forma del fotoromanzo. Racconta di un tipo che attraverso un sofisticato software riesce a modellare a piacimento gli interni della propria casa, che trasforma in una blob house per un party del tutto particolare. Sul più bello della festa, proprio mentre stava per agganciare la donna dei suoi sogni, il computer va in crash e la casa torna allo squallore del parallelepipedo.
 




Tutti se ne vanno e lui rimane sconsolato e solo: "Ce l'avevo quasi fatta...non mi ero mai sentito così sicuro di me". Deleuze e Guattari diventano a questo punto un must e Gary Genosko ne tenta una trattazione in "Transversal house", un lungo e curioso saggio critico che riconduce i filosofi ad istanze di giapponesità. Si tenta a questo punto di ricomporre una mappa interpretativa, con 7 parole di appoggio: città, emozione, forma, funzione, movimento, natura, trasparenza. Le 7 meraviglie del mondo, che diventano "i 7 punti attorno a cui arte, architettura e pensiero si confrontano". Tanto di cappello, alla luce dell'"indagare" e dell'"analizzare". Ogni velleità sistematica è spazzata immediatamente via dalle immagini fotografiche di Botto e Bruno, che in "Santa suburbia" rappresentano a tuttapagina lo squallore dell'abbandono nella periferia metropolitana, affermando di fatto l'esistenza di una nuova tipologia di nonluoghi, tutti da studiare e da praticare. Ohhh... i Superstudio, che solo Puglisi aveva saputo far resuscitare!
 




Riproposti, pari, pari, senza nessun commento al margine, con alcune immagini reverenziali tratte da "The new domestic landscape". Scenografie che non si dimenticano, una volta viste, e che è bene far riaffiorare nella labile mente delle nuove generazioni: gruppi sparsi di famiglie, di amici, di persone, tutti con i cappelli lunghi anni '70. Attorno il vuoto dei piani possibili, proprio quelli di Deleuze e Guattari. Appena un accenno di telaio costruttivo. Ma il paesaggio è nulla, ed abbiamo solo fili elettrificati (e con quanto anticipo!) per comunicare con l'altrove. La frittata va ribaltata più volte: Duncan Lewis insinua che invece ci sia la possibilità di introdurre un paradigma floro-vivaistico nel fare architettonico; ma è solo un miraggio, e come i miraggi sembra realtà possibile.

Per riportare il discorso sui binari della contemporaneità più evidente ed evidenziata è necessario l'intervento di Baudrillard: "È lo spazio di abitazione che è oggi concepito come spazio di ricezione, come schema di comando, terminale dotato di potenza telematica". Ma è solo Marco Brizzi, instancabile e profetico cavaliere del web, che è in grado di creare una cornice a tutto il numero dedicato all'"home". Tira le fila e scrive: "A dire il vero, gli effetti della rivoluzione digitale non sono ancora ragionevolmente classificabili, essendo il processo di sviluppo ancora in corso e la definizione di nuovi paradigmi tecnologici apparentemente lontana. Tuttavia, sulla base delle strumentazioni esistenti, si è portati a riconoscere al mondo delle cose una materialità frammentata e discontinua, all'interno della quale il digitale sembra acquistare sempre maggiore consistenza." Un indizio è stato suggerito e 2a+p lo ha saputo raccogliere.

Il primo numero della triade che costituisce la breve collana, il numero zero, si apre con un saggio di Luigi Prestinenza Puglisi, indiscusso vate italiano della novella critica architettonica. Un doveroso tributo a colui che conclude il pezzo, appositamente scritto, con questa frase: "Una nuova stagione si profila. Un'epoca appassionante e magnifica. Ma chi progetta con la matita è costretto a pensare con la matita. Solo chi usa il computer viaggia alla velocità della nuova era. A Zurigo, senza aver superato l'esame di cad, non è possibile laurearsi". Lo sfondo gnoseologico è tracciato: il corpo, d'ora in poi, avrà a che fare con delle estensioni elettroniche, il pensiero architettonico stesso utilizzerà dei nuovi strumenti concettuali e compositivi e le architetture non saranno solo forme mute e pure. "Invertire il senso di marcia", a questo invita Mario Perniola, che parte da Vitruvio per arrivare ad una concezione "postorganica e postumana" dell'architettura, rintracciabile a quanto pare nel Manierismo. Nel Barocco? In Piranesi? Se per Laurie Anderson "il corpo dell'uomo contemporaneo consiste di un flusso elettronico" diventa naturale che Paul Virilio, solo poche pagine più avanti, scriva "Dal superuomo all'uomo sovraeccitato", testo miliare pubblicato in sordina da Domus nel n.755. Un vero e proprio manifesto per il nuovo corpo, che sostituisce, coprendolo perfettamente, il modulor lecorbusieriano, ritrovato infine passando prima attraverso i figuri muti di Aziz e Cucher e la contraddizione dei corpi che dal sesso urlano di Araki.
 



Non è tralasciato, per non essere accusati di cecità, "Il tema della corporeità nell'architettura di Aldo Rossi", di cui si fa carico Michele Costanzo, vero e proprio filologo, in questa circostanza. Ma è contro il modulor, contro l'uomo vitruviano di Raffaello (che poco gli sta distante), che Mitchell, giustamente citato, si scaglia: "Noi cyborg telemanipolatori non possiamo essere inseriti in un cerchio definito dai nostri arti tesi. La nostra capacità di estensione non ha limiti in alto o in basso: non abbiamo una dimensione prestabilita". Profonda la successiva riflessione di Bombaci, uno degli autori della collana, sull'"interfaccia pesante", che indaga sull'esperienza del nuovo spazio offerto al corpo dal virtuale.
 



È tuttavia solo Lars Spuybroek in grado di dare una sistemazione iniziatica all'ambizioso tema del numero zero. Suggerisce che il corpo umano contemporaneo stia utilizzando le nuove tecnologie infocomunicative elettroniche per ampliare la propria capacità sensoriale. "Un'automobile non è uno strumento o un mezzo in cui ci si può semplicemente sedere, ma qualcosa con cui ci si deve fondere; chi guida molto riconoscerà la sensazione irreale per cui sembra di fluire nella strada o nel traffico, a mala pena consci di cosa si stia facendo". L'uomo e la macchina si integrano, biologicamente. Ci stiamo dotando di espansioni biologiche, che ci permettono di integrarci alla realtà con superpoteri, con capacità fino ad ora impensabili. Dobbiamo guidare le nostre meccaniche con naturalezza ed essere tutt'uno con i nostri veivoli, oramai siderali, considerandoli come prolungamento dei nostri occhi, delle nostre dita, della nostra stessa pelle. Questo ci potrà portare a nuove esperienze, a scoprire inedite potenzialità che si nascondevano nella natura delle cose. Un progresso, attualmente un'avanguardia. Qualcosa già intuito nel proprio corpo da Bogart, Deniro, Elvis, Jackson, Gable.
 
E da Marilyn Monroe, nell'ultima fotografia che compare nel numero dedicato al "body".

Furio Barzon
furio@architecture.it
2A+P. Rivista di progettazione

Comitato editoriale: Gianfranco Bombaci, Domenico Cannistraci, Pietro Chiodi, Matteo Costanzo, Valerio Franzone
Staff grafico: 2A+P
Traduzioni: Luigi Cutore, Maria De Propris
Fotolito e stampa: Body e Landscape GraficheDelliri, Home Baioni stampa
Caratteri tipografici: menil e dueapiup di Enrico Baldetti
Redazione: 2A+P, Via Monte del Gallo, 26, 00165 - Roma
tel +39 06 47824861, fax +39 06 6382714
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la pagina riviste è curata da
Matteo Agnoletto

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