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Parametro





"Parametro"
Rivista internazionale di architettura e urbanistica.
Bimestrale. Fondata nel 1970
Gruppo Editoriale Faenza Editore

http://www.parametro.it 
info@parametro.it
Un PARAMETRO per tutti. Sarebbe interessante, alle soglie del 2003, andare a vedere quale sarebbe la rappresentazione grafica o la sinusoide dell’andamento della storia di una rivista di architettura nelle sue varie componenti. Se non altro a livello comparativo con gli altri periodici che hanno in definitiva segnato quello che è il contributo più tangibile di questo paese all’architettura, in assenza (significativa e in termini quantitativi e qualitativi) di un diffuso prodotto di qualità.

Ma i diagrammi hanno valenze mutevoli a seconda dei punti di vista e dei dati inseriti. E quello di Parametro non sarebbe forse molto diverso da quello di pubblicazioni presenti da più tempo nel settore, che hanno caratterizzato, indirizzato, gusti e tendenze e riportato quanto avveniva nel resto del mondo; sopratutto in quello legato alla profonda trasformazione e al lascito pesante di un Movimento Moderno freudianamente vulnerato ma mai eliminato dalla generazione -fin troppo riflessiva quest’ultima- immediatamente successiva a quella dei maestri.

Parametro ha senz’altro rappresentato, in oltre trent’anni di pubblicazioni, una fascia allargata di ”utenza” dando voce ad una realtà composita, come il suo comitato di redazione, e inserendosi nell’antico dibattito fra i due centri di diffusione “classica” dell’editoria e della cultura architettonica di Roma e Milano. Esprimendo, almeno negli anni '70 ed '80 l’evoluzione di quell’Italia intermedia appunto e di quella particolare area che assorbiva energie e stimoli da un’economia non monopolistica e da esperienze progettuali anche non puramente individualistiche, ma anche istituzionali (Università, Enti al lavoro sul territorio, Comuni) snobbate ed esterne ai grandi circuiti del consumo intellettuale; esperienze vissute all’ombra di una ortodossia giustamente “modernista” propugnata tenacemente ma (salvo rare eccezioni) senza strappi, e colmando un’area non di risulta ma inderogabilmente integrativa del modernismo di cui si accettavano le implicazioni etiche come basi fondanti di una sintassi in evoluzione e dalle radici incontestabili.

Aalto, ma anche Bakema oltre, ovviamente a Le Corbusier, Benevolo e le esperienze dell’urbanistica europea erano in agenda così come le ricerche e i tormenti di Hejduk ed i fermenti delle scuole americane le cui inquietudini Parametro ha avvertito fra i primi in un periodo storico di rivisitazione ed assalto, perché no come in Tafuri, alla critica operativa zeviana, esaltante ed irripetibile quest’ultima ma troppo monolitica nei confronti dell’avvento dei vari "ismi" vaganti nelle riviste giapponesi avide di immagini più che di approfondimenti metodologici e teorici, in cui l’Italia era sommersa.

Anni di rilievo dunque quelli fra i '70 e i primi '80, non lontani dalla fondazione. C’era stato il cimitero di Modena e c’era Scarpa, nasceva Frampton e si spegnevano i Five e Parametro allargava la sua area di neutralità oggettiva di “tendenza” attraverso i suoi legami internazionali ormai consolidati e quelli locali che l’avevano generata.

Bologna era infatti a suo modo una parte di "Parametro" e viceversa. E la rivista era la cassa di risonanza di una vitalità imprevista in un’area lontana dalle facoltà di architettura ma ricca di energie e di sinergie che convergevano sull’architettura ritornata elemento fondante della crescita urbana colta. Dalla chiesa al piano intercomunale Bologna ritrovava o meglio trovava in Parametro lo specchio di una mutata condizione: quella di un’azione complessa fra componenti sociali e politiche diverse che potevano confluire in una attività che -sia pure mediando- anzi sopratutto mediando, potesse azionare i meccanismi necessari all’inevitabilità dell’architettura e della progettazione di qualità. Semplicemente adoperando i meccanismi della Storia: non a caso i numeri migliori della rivista avranno sempre questo taglio.

A partire dall’inizio.
 
[04dec2002]

Gli ultimi numeri.

Parametro 235
Nuove città tra le due guerre: L'esperienza del
moderno in Sardegna
.

Parametro 236
Nuovo insediamento integrato urbano universitario nella
città di Bologna, catalogo della mostra
.

Parametro 237
Struttura vs Architettura.

Parametro 238
I "segni dell'effimero". Roma del Terzo Millennio.

Parametro 239
Restauro fin de siècle.

Parametro 240-241
Roma, Auditorium "Parco della Musica".


Il primo numero, quello dedicato alla Fiera District, così come il numero sui piani di recupero del centro storico ne fanno fede. C’è molto da fare e si può fare: si può scrivere a Corbu di spostare Firminy, trasformare le arcate lignee di Riola in elementi prefabbricati in cemento, replicare un totem fantastico come l’Esprit Nouveau, abbattere l’inerzia di un immobilismo progettuale che dopo il breve rinascimento post bellico comincia a disperdersi nei rivoli dello storicismo e nei suoi derivati. Quelli che avrebbero preso il sopravvento negli anni '80 e che il numero sul Post-modernism avvertiva nell’esegesi poi verificatasi.

La rivista era dunque presente in quegli anni nel panorama nazionale e rifletteva il fermento della situazione internazionale e “stranamente” anche l’attivismo di un centro sempre meno periferico e in grado di pilotare iniziative non secondarie sul territorio candidandosi a cerniera di operazioni collaterali, oltre quelle meramente giornalistiche, autonome anche rispetto alla tradizione locale di una Scuola dove il progettista, come Vaccaro, incarnava la figura simbiotica dell’ingegnere architetto.

Gli gli anni '80, almeno nella seconda metà, così come i '90, avrebbero visto condizioni generali diverse. Parametro, nonostante coprisse (esistevano già allora rubriche sul valore del dettaglio) vari settori di una professione indecisa si era costituito come forza antologica e riassuntiva dei vari aspetti della professione divulgata storicizzando i contenuti, bilanciati anche nella suddivisione “istituzionale” fra parte monografica e attualistica e lasciando ad altre riviste lo scoop -divenuto sempre più pressante- sull’ultima opera o il ruolo di pubblicazione intesa come strumento professionale specifico, pesantemente legato all’aggiornamento forzato. Creandosi uno status di estemporaneità, legata anche ad una complessità di fattori, Parametro poteva rendere ancora più plateali ed unici alcuni numeri monografici emergenti dalla noia di una cronaca nazionale sempre più legata alle vicende burocratico-metodologiche dell’urbanistica italica.

Gli anni '90 vedono l’affermazione del principio del tutto è lecito, successivi alla fine di un Postmodernismo agonizzante fin dalle sue premesse e di un costruttivismo che inaugura i suoi monumenti autocelebrativi col plauso di Bruno Zevi. Parametro allarga il suo fronte di indagine all’ombra di un Padiglione dell’Esprit Nouveau sempre più silenzioso ed isolato all’interno di un fronte progettuale solo apparentemente complesso e privo in definitiva di qualunque nostalgia per un qualsivoglia futuro. Anche Bologna è mutata: l’arco degli stimoli eccellenti è sbiadito nel magma di periferie da area metropolitana in una città sospesa in una dimensione indefinita. L’architettura, a livello di qualità diffusa, torna ad essere ancora di più fenomeno da importazione ed il ruolo delle riviste sempre più difficile.

Alle soglie del nuovo secolo la rivista cambia veste e punta sulla monograficità tematica assoluta. Sono trascorsi 32 anni dal numero su un Fiera District ancora in fase di realizzazione in versione ridotta. Gli ultimi numeri affrontano e fanno propria una specificità in fondo inedita nella sua storia: Renzo Piano a Roma, il Restauro, la storia delle città fra le due guerre.

Cronache e storie, per citare Zevi con una spiccata preferenza per quest’ultima, la “Storia” ancora vero obelisco in grado di poter lasciare un messaggio che abbia un significato e che releghi la rivista -nelle sue varie fasi- al ruolo di testimone attivo e partecipe dei suoi tempi.

Silvio Cassarà
studio.archi@libero.it

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la pagina riviste è curata
da Matteo Agnoletto. per qualsiasi
comunicazione scrivete a
agnoletto@architettura.it


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