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Sui modelli di architettura (e altre storie...)

Stella Colaleo, Stefano Mirti



Cari lettori vicini & lontani, in questo articolo vi vogliamo raccontare un modellino che abbiamo fatto durante la settimana del Salone del Mobile di Milano.
Un modellino riferito a un edificio interattivo a cui stiamo lavorando da qualche mese con i nostri amici e colleghi della mutti&architetti + i valorosi quattro moschettieri della dotdotdot.

Allora. Spendiamo tre parole sull'edificio interattivo così possiamo poi lanciarci a capofitto sul modellino (che è la cosa che in questo momento più ci preme raccontarvi).

Ma che è 'sto edificio interattivo?

Nulla più che la punta di un iceberg di un simpatico progetto di trasformazione urbana.
Che è un tema peraltro consueto nel mondo della progettazione architettonica: prendasi una vasta area industriale (auspicabilmente dismessa) che comprenda un po' di fabbricati possibilmente senza amianti e olii combusti assortiti, si puccino assieme un tot di spazi comuni + aree verdi e/o amene, convivialità di vario tipo legate al vivere contemporaneo, loft, studi professionali di ogni tipo un tot altro di uffici nonché una spruzzata di tempo libero declinata in forme possibilmente nuove e/o inaspettate.
Ok?

Chiaro? Non troppo? Per chi conosce un po' Milano un'operazione analoga è quella fatta dalla mutti&architetti in quel di Lambrate, in via Ventura (per intendersi dove c'è la sede di Abitare).


Visto il successo dell'operazione in via Ventura la mutti&architetti ne ha pensata un'altra delle sue. Questa volta al fondo di via Padova, in quella che era la ex Gio' Style (per gli amanti della precisione si tratta del complesso all'angolo tra la via Cascia e la via Adriano). Quelle periferie urbane un po' alla Mutoids (ve li ricordate? Erano dei pazzi scatenati che sembravano usciti da Mad Max ma vivevano nella periferia di Reggio Emilia – o forse era Modena?).
Anche in questo caso per progettazione non si intende solo quella architettonica degli spazi e delle funzioni: mutti & architetti hanno progettato l'intero sistema: finanziario, logistico, organizzativo, occupandosi anche di pensare e realizzare la comunicazione del tutto.

I nostri sodali e complici (i sopracitati mutti&architetti), oltre ad essere specializzati in operazioni di questo tipo rappresentano una nuova figura professionale, quella dell'architetto che si fa imprenditore.

Sicuramente non vi sarete scordati della celebre definizione di G.K. Koenig del designer pipistrello (mezzo topo e mezzo uccello). Qui si tratta di un nuovo ibrido. Dovendo fare una citazione colta possiamo andare al Big Jim che quando gli schiacci il bottone sulla schiena gli si gira la faccia e cambia personaggio (da non confondersi con quell'altro che gli tiravi un cordino nello zaino e inizia a parlare: "dai che ce la puoi fare..."). Che è progettista con il camice bianco e le rapidograph nel taschino. Bzzzz (schiacciamento di schiena) e gli vengono fuori gli scarponcini infangati antinfortunio per la direzione del cantiere. Bzzzzz (nuovo schiacciamento di schiena) ed è in cima alla gru (si perché anziché poi comprarsi l'ultimo modello di BMW decappottabile si compra la gru per fare funzionare il cantiere stesso). Bzzzz (nuovo schiacciamento di schiena) e viene fuori un gessato impeccabile per poter intrattenere rapporti con le banche e investitori di vario tipo per ottenere i finanziamenti. Etc. etc. etc.
Un mondo in cui le funzioni del progettista, dell'investitore, dell'impresario e del venditore sono tutte concentrate nella stessa persona. Un modo per parlare di architettura.



Bene.
Next step è spiegare chi siamo noi (quelli che scrivono). Noi facciamo parte di Id-lab, una società costituitasi all'inizio dell'anno da persone che lavoravano precedentemente all'Interaction Design Institute di Ivrea.

Come molti di voi sapranno Interaction Ivrea è confluito dall'autunno scorso in Domus Academy. Il master, i progetti europei, tutte quelle cose simpatiche e carine che si facevano in quel di Ivrea si fanno adessso in via Watt a Milano (in un'altra di quelle periferie dove manca solo la Fortezza Bastiani e il tenente Drogo che fa ciaociao colla mano fuori dal finestrino...).

Questo è un pezzo importante della storia. Interaction Institute non è finito o chiuso, non date retta a chi parla per sentito dire.
Semplicemente si è trasferito a Milano (il che rende il tutto un po' più facile e sensato rispetto a quando si era a Ivrea...).
I nostri ex-colleghi sono in questo momento impegnati a chiudere le attività dell'anno accademico del master (per quelli che non hanno visto la mostra: "La Fabbrica del Design" durante i giorni delsalone ci sarà presto una prossima occasione con la mostra di fine anno). Il master va avanti, i progetti pure (tra l'altro alcuni di questi iniziano ad avere vita propria: sempre nei giorni del salone da Droog venivano presentati i lavori di alcuni studenti pronti per essere commercializzati...).
Se siete curiosi, l'indirizzo cel l'avete sotto...

Insomma tutte le ennemila esperienze di Ivrea sono state travasate in DA (Domus Academy), nel contempo un gruppetto di persone che lavorava ad Ivrea nell'e1 (exhibition unit) dell'area progetti (un po' di designer, un po' di tecnologi & un po' di amministrativi) hanno pensato che era giunto il momento di lanciarsi nel mondo della realtà professionale costituendo una società (la sopracitata Id-lab). A spanne, tra vecchi e nuovi diciamo che è un progetto che coinvolge (tra soci e non) una ventina di persone discretamente (spaventosamente) eterogenee tra di loro.
Insomma, si continua a fare ciò che facevamo prima (progetti di tutti i tipi dove si incrociano le nuove tecnologie con gli ambiti più tradizionali del design nelle sue varie forme e scale), con la grande differenza che mo' non c'è più l'Istituto a farci da ombrello / rete di protezione ma che si rischia in prima persona. Cinque anni a Ivrea a imparare l'arte e adesso verifichiamo sul campo se quelle carinissime sperimentazioni erano roba vera o fantasticherie che era meglio che rimanessero nelle nostre testoline. Ancora, numerosi sono gli incroci con il mondo Interaction Design in DA, però in posizione esterna e non più interna.

http://www.interaction-ivrea.it
http://www.domusacademy.it


Nel contempo, necessariamente, i nostri sogni si sono fatti più articolati (a sognare sempre la stessa cosa ci si ammazza di noia), portando le nostre sperimentazioni verso scale decisamente più ampie.
A Ivrea si era iniziato con le nuove tecnologie applicate alle performance di una sera o di un week-end, si era poi passati alle mostre temporanee, installazioni permanenti...
In questo momento si sta lavorando sugli interni e, voi capite, dagli interni arrivare all'architettura non è che un piccolo salto... (cioè, manco per nulla, ma siccome noi siamo progettisti dunque ottimisti ci siamo convinti che il balzo è piccolo e presa la rincorsa siamo pronti a spiccare il salto).


Ci siete ancora tutti?
Lo sappiamo che non siamo ancora arrivati al modello di architettura di cui si parlava nel titolo, ma se non vi raccontiamo xyz cose prima poi diventa difficile spiegare...

Anche,
se vi capita di andare a curiosare verso il cantiere della ex- Gio' Style fate in modo di andare a mangiare alla Trattoria Pinocchio. È a poche centinaia di metri (sulla via Adriano) ed è un posto incredibile che da solo merita la visita (nel caso chiedete della signora Teresa, vero e proprio boss della cucina).


Insomma, da un lato ci stanno gli architetti pipistrello mezzo topo mezz'uccello. Che sanno volare alto ma anche farsi carico di quel zilione di problemi che in genere nessun architetto normale ama affrontare. Dall'altro ci stanno i progettisti che in questi anni hanno iniziato a masticare abbastanza tecnologia da sentirsi pronti verso il salto verso sfide più impegnative e divertenti (se fossimo al tavolo da gioco, è arrivato il momento di andare a vedere le carte: dopo svariati esperimenti e tentativi siamo pronti a innestare i new media sul corpo fisico dell'architettura mattonica e cementica per davvero).

Un manifesto per l'architettura digitale che una volta tanto (vivaddio) non è un'animazione in flash o un qualche noiosissimo libro di improbabili rendering. Un manifesto costruito (mica cazzi...)

:-)


Id-lab in società con i Mutti's ha acquistato una porzione dell'intero complesso e, lavorando in loco, progetterà e costruirà in collaborazione con mutti&architetti + dotdotdot un nuovo edificio, manifesto delle possibili intersezioni tra architettura e interaction design.



Questo gingillo oltreché comportare una quantità di lavoro colossale per n avvocati, contabili, amministrativi, sarà un frullato fatto di spazi per la residenza + spazi per il lavoro + spazi per il tempo libero + spazi per la formazione (non scordatevi che a Ivrea una delle cose più belle era il corso di master...). Come al solito tra i lettori ci sarà quello che starà pensando: ando stanno li sordi?

Il primo pezzo da progettare e trasformare è quello degli spazi residenziali, che, una volta messi sul mercato verranno (auspicabilmente) venduti, permettendo il lancio dell'intera operazione. La loro vendita infatti garantirà il flusso finanziario in grado di sostenere tutto il sistema (essendo che tutto questo non lo si fa per diventare ricchi, i profitti dell'operazione immobiliare verranno reinvestiti nelle sperimentazioni sulla parte legata agli spazi dove ci trasferiremo a lavorare).
Gli spazi di lavoro (si parte da capannone cementizio anni Sessanta che al confronto il Mangiarotti più duro sembra Barbapapà) sono quelli dove ci trasferiremo definitivamente una volta terminata l'operazione. Infine, quelli per la formazione e quelli legati al tempo libero potranno essere affittati o venduti a soggetti interessati a lanciarsi in questa avventura assieme a noi.

L'obiettivo è sicuramente non da poco (senza contare che se non ci riusciamo è una figura di merda senza pari): da qui alla fine del 2007 realizzare su scala architettonico-ubana quello che stiamo da anni praticando sulla microscala (eventi/exhibition/interni). Sarà un'architettura speciale, un prototipo, un contenitore dove poter incrociare nuove tecnologie e architettura, sperimentare possibili compresenze & sovrapposizioni tra passato, presente e futuro.


Bene.
Stabilito l'obiettivo di lungo periodo, abbiamo iniziato a ragionare su possibili direzioni di progetto, scenari, idee varie e assortite.
Come spesso capita, la prima cosa che ci è sembrato importante fare è stato dunque un modello del tutto.




Costruire un modello è un'attività importantissima. Perché si iniziano a fare le prime verifiche a controllare i dimensionamenti, le ambizioni, i desideri e le ambizioni.
Il casino era che siccome l'edificio è innovativo, era difficile mettersi lì utilizzando gli stessi strumenti di rappresentazione che a grandi linee utilizzava già Leon Battista Alberti seicento anni fa.
Che facciamo? I modellozzi alla Koolhaas, cogli omettini, le plastichine e le plastichette, trullaliro & trullalero... Brrrrrrhhhh... (un brivido di orrore corre lungo la schiena).
Già è noioso quando lo fa Koolhaas o quando lo vedi ripetuto n-mila volte su ogni singolo numero del Croquis... Per certo la strada giusta non era quella.
I modellini eleganti da farci la foto per la pubblicazione... Zio faus... dio ce ne scampi e liberi...

Cioè fare il modellino è un'operazione meritoria. Quello che è importante è il capire che tipo di modellino serve ai nostri scopi.

Abbiamo dunque costruito un modello in scala. Dove il modello non è la rappresentazione in miniatura di una serie di forme più o meno eleganti e più o meno alla moda (quello lo lasciamo a chi è rimasto ancora a gingillarsi nel secolo precedente) bensì una rappresentazione reale delle attività, energie che vorremmo vedere nel nostro edificio una volta completato.
Un modello dove non ci sono omettini il scala 1/72 ma persone vere che si muovono in spazi temporanei, che vivono per qualche giorno situazioni, scenari, storie che ci piacerebbe vedere su una scala più ampia ed estesa. Che lavorano assieme, che litigano, che mangiano, che si baciano di nascosto e che fanno altre cento cose che ci piacerebbe capire e mappare (per calibrare meglio le nostre energie progettuali rivolte all'edificio finale).


Al nostro modello abbiamo dato un nome: Libera Università di via Cascia.
In 700 + 700 mq di spazio abbiamo provato a vivere per una settimana, aprendo la scena (se preferite, il set) al pubblico, agli amici, ai visitatori. Un modello concettuale (ma funzionante in ogni sua parte) degli spazi della residenza (campeggio con dieci tende per ospiti che venivano a trovarci nei giorni del salone, del lavoro (gli spazi che useremo da adesso al completamento del cantiere alla fine del 2007), del tempo libero (festa finale organizzata dai dotdotdot) e della ricerca (workshop su tema tecnologico aperti alle persone interessate). Traslochi, scatoloni, tende, tavoli, allacciamenti, acqua fredda, acqua calda, telefoni di emergenza e quant'altro.




Partendo dalla fine (i workshop) ci sono state quattro giornate a tema.
Ogni giorno un tema diverso. Workshop dove si inizia al mattino non sapendo nulla del tema proposto (tranne che per il titolo e l'argomento) e per sera si torna a casa avendo acquisito delle competenze pratiche che ti permettono di fare cose nuove o cose che già facevi prima fatte però in maniera diversa. Per capirsi avevamo:

Cartoline animate (a cura di Simone Muscolino e Timothy Heys Cerchio) per la produzione di brevi sequenze video (cartoline in movimento) utilizzando gli still fotografici.

RFID mon amour (a cura di Massimo Banzi e Gianluca Martino) per iniziare a usare in maniera pratica questa tecnologia che sta stravolgendo una quantità infinita di attività legate alla nostra vita quotidiana (quel tipo di robe che gli ingegneri ci arrivano sempre dieci anni prima che gli architetti).

Camera Gaming (a cura di Anurag Sehgal e Giovanni Cannata) che sperimanta il "videotracking" giocando ai videogame uscendo dallo schermo digitale. Il corpo nello spazio (abbastanza figo, non c'è che dire).

Arduino (a cura di Massimo Banzi e David Cuartielles) che introduce alle magie del physical computing attraverso la piattaforma Arduino (sviluppata dagli stessi Banzi & Cuartellis).

Poiché era un modello in scala non abbiamo potuto lanciare i workshop su grande scala con comunicati stampa e affini (se poi volevano farli cento persone non saremmo stati in grado di reggere l'onda d'urto). Per questo giro, ci siamo limitati ad invitare una quindicina di ospiti per workshop sperimentando come potrebbe funzionare il tutto in vista di applicazioni più estese.
Ancora, se qualcuno di voi è curioso in merito a questi temi, per intanto può iniziare a scaricarsi i pdf dei libriccini che abbiamo prodotto preparando le lezioni della nostra micro-università:


http://www.interactiondesign-lab.com/project.php?progetto_id=49&categoria_id=4





Nota:
In un mondo in cui qualsiasi individuo che non sa cosa fare nella vita fa partire un master in xyz-digitali (ovviamente a pagamento), siamo molto contenti di condividere (nei limiti del possibile) le poche cose che sappiamo o che mano a mano impariamo nel corso della nostra pratica progettuale senza farci pagare. A Ivrea, grazie a mamma Telecom abbiamo ricevuto un sacco, in un eco-sistema che travalica la punta del nostro naso è all'incirca arrivato il momento di trasmettere ad altri quello che abbiamo ricevuto.
Ovviamente, ciò non vuole dire che non ci capita ogni tanto di "vendere" le conoscenze che abbiamo in contesti più strutturati più o meno posizionati nel mercato...
Vabbe', ma qui partirebbe un lungo discorso che ci porterebbe non poco lontano (magari lo facciamo un'altra volta).

Per fare un sistema un po' sbarazzino abbiamo fatto in modo di avere partecipanti ai workshop che arrivavano dall'Italia ma anche dall'estero (mossa che in genere garantisce dinamiche sempre vispe e inaspettate). Da cui, arriviamo alla parte due del nostro modello: per aiutare i nostri ospiti a trovare sistemazione, in una Milano spaventosamente sovraffollata di designers nei giorni del salone, è stato allestito un sistema di foresteria temporanea: il campeggio.
Dieci tende, dieci materassini, dieci neon + dieci vasetti di primule di benvenuto per i nostri ospiti (se è un campeggio ci deve essere almeno un micron di natura per davvero).



Di nuovo, questo campeggio è una versione temporanea e ridotta di quello che ci proponiamo di fare più avanti: un sistema di residenza (temporanea e/o permanente), che in questa occasione ha preso la forma del campeggio. Per la cronaca, Laura Perin si è smazzata l'iceberg di problemi invisibili che permettono alle dieci tende al neon di galleggiare soavemente negli spazi del nostro teatrino.

Dunque dicevamo: gli spazi del lavoro che useremo da giugno in poi (dobbiamo ancora risolvere alcune questioncelle legate agli ultimi cento metri delle linee telefoniche/internet + assicurazioni varie). Sovrapposti ad essi gli spazi per la condivisione del sapere (i workshop) con le annesse installazioni (in versioni realmente "rough"), gli spazi per l'ospitalità / accoglienza + una grande festa finale che ha visto la conclusione del primo anno di attività (cioè, della prima settimana) della Libera Università di via Cascia.


Un lavoro molto grosso, il modellino più faticoso che ci sia mai capitato di fare in tutta la nostra vita. Ancora un esperimento che ci è piaciuto molto e da cui abbiamo imparato ancora di più (che vi credete, che sia filato tutto liscio come l'olio? Ma quando mai...).

Progettare per situazioni, per scenari costruiti per davvero, usando noi stessi e i nostri pazienti amici come cavie, osservando le dinamiche tra le persone, tra le persone e gli spazi, sovrapponendo attività diverse non sempre compatibili (momento di grande emozione quando gli ospiti svedesi hanno abbandonato il campeggio perché dal loro punto di vista noiosamente & luridamente scandinavo non si può fare una festa nello stesso spazio dove ci sono le tende dove si dorme...).
Eppoi... Il concetto di festa. Che abbiamo capito non essere lo stesso neppure tra noialtri medesimi. Che tu dici festa e il prof. Aprile si porta tre libri e si siede su una seggiola a leggere. Mentre i dotdotdot ballano come matti e Muscolino si mette a montare l'ultimo videoclip girato il giorno prima... Houston... We have a problem...



Insomma. Un esperimento progettuale pienamente riuscito (specialmente e soprattutto nelle parti che non hanno funzionato perché sono quelle che ci hanno permesso di capire più cose). Capito come funziona il meccanismo, non vediamo l'ora di fare un nuovo modello, questa volta un poco più articolato e complesso. Abbiamo già qualche idea, c'è chi dice di farlo per le notti bianche estive...
Quest'altra volta vi avvisiamo prima cosi potete venire anche voi a trovarci...

Rimanete sintonizzati su queste stesse frequenze.

Saluti & baci

Vostri (affezionati)

Stella & Stefano



PS.

Ah...
Ci stavamo dimenticando.
Mentre si fa il modello in scala 1/1, nel contempo vanno avanti le operazioni di documentazione (che progetti vuoi fare se non sai esattamente cosa hanno fatto x-mila persone prima di te con lo stesso problema?).

Per progettare edifici di concezione nuova bisogna sviluppare modellizzazioni nuove (descritte sopra) ma anche disporre di strumenti innovativi per raccogliere le conoscenze che ci servono (sembra un'ovvietà ma non è che poi ci arrivano in molti).

Allora, all'interno del wiki di Id-lab

http://www.interactiondesign-lab.com/cgi-bin/moin.cgi/
HotKitchen


Qui sopra vedete gli ultimi quindici post, per la collezione completa dovete andare nell'universal pantry:

http://www.interactiondesign-lab.com/cgi-bin/moin.cgi/UniversalPantry

Stavamo dicendo, all'interno di sto sistema per non perdere i pezzi delle cose che mano a mano scopriamo, ci siamo preparati due pagine specifiche: una sugli spazi e una sugli incroci tra le nuove tecnologie e i sistemi architettonici.

http://www.interactiondesign-lab.com/cgi-bin/moin.cgi/InteractiveWalls

http://www.interactiondesign-lab.com/cgi-bin/moin.cgi/
Spaces


In pratica, ogni qualvolta una persona (interna o esterna ad Id-lab) fa un post che ha a che fare con lo spazio o con le strutture architettoniche interattive, i post stessi vengono taggati in maniera tale da poter avere una lista generale in automatico (alcuni post si ripetono nelle due liste perché fanno parte delle due categorie).

Come spiegato prima, Id-lab funziona in termini di flusso di sapere che si muove liberamente all'interno (e ovviamente, ancora più importante) all'esterno.
Più sapere circola, più le idee sono interessanti.
Più le idee sono interessanti, più i progetti... (etc.etc.etc.)



Da cui, cari lettori, i nostri link ce li avete adesso anche voi... (buona lettura).

Essendo poi che il sistema è completamente trasparente, se avete informazioni o altro che volete condividere, siete assolutamente invitati a postare i vostri pensieri & idee...

Da questo punto il wiki (un blog condiviso da n persone, dalla struttura aperta), è lo strumento perfetto per i nostri bisogni.

Aperto, flessibile, facile da gestire, in costante mutazione.

Il mondo dell'architetto che c'ha il website chiuso, colle animazioni in flash, quello non è il secolo precedente, quello è il medioevo...
i website con i progetti divisi per tipologia, con le parti segrete che ci accedi con la password...

Curioso no?
Tutti questi architetti futuribili che non sono in grado di capire le implicazioni legate a un uso corretto (o non così corretto) del mezzo digitale.
Se Mac Luhan diceva cose giuste (che non è peraltro affatto detto), il website bloccato e chiuso fatto in flash... (se quello è il 'media' allora 'the message' possiamo dire che è abbastanza dato e non così promettente)

;-)

Ultimo regalino, il link alla parte del wiki che può essere intesa come la nostra webzine (aggiornata ogni mese):

http://www.interactiondesign-lab.com/cgi-bin/moin.cgi

(guardatevi il progetto per la nuvola di gin&tonic di Martì Guixe che è così bello che fa venire la pelle d'oca).
[30apr2006]

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la sezione Simple tech
for a complex world
è curata da
Stefano Mirti
e Walter Aprile


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