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Microchirurgia delle periferie: Renzo Piano a Milano di Annette Tosto Stati Generali Milano |
[26may2000] |
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Microchirurgia:
è l'approccio che Renzo Piano propone per affrontare il delicato problema del recupero
delle periferie urbane. Lo fa a Milano in gruppo di lavoro con l'Amministrazione Comunale,
che convoca su questo tema gli Stati Generali della città. Monitorare, diagnosticare, sperimentare. Questi obiettivi spingevano diversi anni fa ricercatori ed esperti a riunirsi sotto un tendone e a studiare insieme ai cittadini le modalità di recupero dei centri storici. Succedeva ad Otranto, Burano, Bari Erano i primi laboratori di quartiere, strumenti pensati da Renzo Piano per la manutenzione programmata. Oggi c'è un'altra parte della città ad imporsi come emergenza, quella più debole e cioè i suoi luoghi esterni ed emarginati, il più delle volte contrassegnati da fenomeni di microcriminalità. Piano ha recentemente proposto all'UNESCO di considerare anche le periferie urbane come patrimonio dell'umanità. Ed ora Milano lo chiama proprio per una riflessione su questi spazi estremi, a cominciare dalla riqualificazione dell'area del Ponte Lambro, a sud-est della città. L'architetto illustra questo progetto come "piccolo ma non modesto", perché le dimensioni sono ridotte ma le intenzioni invece sono ambiziose e coraggiose. Non presenta disegni scenografici o dettagli esecutivi ma un'idea. Un'idea che è solo il punto di partenza per un lavoro di équipe da svolgere in modo continuativo e paziente nel tempo. Intervenire sulla periferia significa lavorare su un tessuto che è insieme fisico e sociale, mirando a garantire una qualità diffusa. Il problema, dice Piano, è più che altro umano, organizzativo. Le periferie sono la promessa della città del futuro. Non si tratta di "griffare un pezzo di città" ma di instaurare un processo, che è per forza di cose lento. Ecco quindi la necessità di un'azione, metaforicamente definita omeopatica, supportata da un forte concetto di fondo e operativamente da una serie di microinterventi, in grado però di innescare dei meccanismi. Il lavoro del gruppo si articolerà su più livelli. L'indagine sociologica, guidata da Guido Martinotti effettuerà una vera e propria "radiografia" delle periferie milanesi, al fine di realizzare un atlante dei loro bisogni. Ad affiancare l'attività di ricerca e progettazione sono stati chiamati sedici giovani, per lo più architetti, appositamente formati per lavorare in qualità di manager delle periferie. Il laboratorio si insedierà all'interno di due enormi stecche residenziali. Sarà "un attrezzo, più che un edificio" e sarà composto da quattro sezioni: impresa, che punterà sul rafforzamento dell'economia della zona ospitando e incubando attività imprenditoriali tecnologicamente avanzate ed offrendo servizi consulenziali di vario tipo; vita, che avrà la funzione di integrare le culture multietniche ed offrire occasioni di svago e aggregazione per le varie fasce di età; progetto, che avrà il compito di un approfondimento tecnico a scala urbanistica ed edilizia; fabbrica, che si concentrerà sul miglioramento delle condizioni abitative attraverso l'autocostruzione e lo sviluppo di un artigianato specializzato. Un mix di funzioni quindi, capace di trasformare un quartiere-dormitorio in un quartiere "polimorfo". Nell'ottica di una progettazione il più possibile partecipata, il centro si proporrà come un punto di incontro, dove poter accumulare energie e raccogliere ogni tipo di apporto, in primo luogo ascoltando i reali bisogni della gente. Per tutta l'operazione il Comune di Milano ha stanziato 7 miliardi, di cui una parte verrà utilizzata per realizzare le strutture del laboratorio ed il resto per interventi sul verde, la manutenzione degli edifici, l'arredo urbano del quartiere. L'esperienza condotta su questa fascia della periferia milanese potrà poi servire da esempio ed incentivo per le altre situazioni analoghe. Gli Stati Generali sulle periferie si svolgeranno con un calendario di audizioni, mostre ed assemblee nelle otto zone della città (ad esclusione del centro) e si concluderanno il 13 e il 14 ottobre 2000. La formula del laboratorio di quartiere permetterà di agire nella maniera più concreta, verificando passo dopo passo bontà e validità di un programma di intenti. Non quindi impostando a tavolino inutili e generali modelli, ma andando a toccare direttamente nello specifico le singole realtà che andranno poi a strutturarsi nell'insieme. "La città -afferma Piano- quando è bella, non si disegna ma viene, si costruisce". Annette Tosto annette_tosto@hotmail.com |
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