SOPRALLUOGHI

L'opera di Carlo Scarpa esposta a Verona e Vicenza

di Roberto Zanon



Carlo Scarpa
Mostre e musei 1944-1976 - Case e paesaggi 1972-1978
Verona, Museo di Castelvecchio e Vicenza, Palazzo Barbaran da Porto
10 settembre - 10 dicembre 2000

informazioni:
Verona: tel 045 8620610
Vicenza: tel 0444 323014

Ufficio stampa:
Studio ESSECI
tel: 049 663499
esseci@protec.it


[30sep2000]

Carlo Scarpa ritratto da Ugo Mulas all'interno di una delle sale al piano terra del Museo di Castelvecchio a Verona.
La complessa ed enigmatica figura di Carlo Scarpa sembrava ultimamente essere stata scavalcata o evitata dalla grande ondata di decostruttivismo e contemporaneo minimalismo che ha investito il mondo della progettazione tridimensionale, in particolare nell'architettura e nel design. Il grande evento espositivo "Carlo Scarpa -mostre e musei 1944-1976- case e paesaggi 1972-1978" organizzata -e divisa- a Vicenza e a Verona, riporta invece prepotentemente l'attenzione su uno dei Maestri del pensiero progettuale del secolo ventesimo. La mostra curata da Kurt W. Foster, Guido Beltramini e Paola Marini si articola su due temi chiave della poetica scarpiana: a Verona vengono proposti dieci allestimenti temporanei e altrettanti permanenti per musei, mentre a Vicenza viene indagata l'attività degli ultimi dieci anni caratterizzata da una intensa ricerca spaziale e da un meditato rapporto tra architettura e paesaggio.

A Castelvecchio l'eccezionalità del luogo, capolavoro dell'architettura museale, ha permesso di posizionare in modo discreto alcuni disegni che hanno poi trovato un riscontro diretto nella realizzazione siano essi piedistalli espositivi o particolari studi in pianta di riorganizzazione delle varie sale di cui è composto il museo. È risaputo, infatti, come per ogni oggetto da esporre l'architetto cercasse di trovare un luogo preciso, il montaggio appropriato per poterlo estraniare dal contesto. Il rapporto con altri oggetti, o il distacco calibrato da essi, portava a una strategia espositiva capace di inserire gli oggetti in un discorso. Ed proprio questo procedimento che viene in parte svelato nella mostra di Verona. A Vicenza invece, all'interno delle sale del Palazzo Barbaran da Porto l'esposizione dei disegni ha richiesto uno sforzo allestitivo non maggiore, ma sicuramente più evidente. La necessità di sbilanciarsi nella progettazione di una cornice di presentazione che potesse "giocare con il linguaggio di Scarpa senza essere scarpiano", come il progettista Umberto Riva ha cercato di precisare durante la vernice della mostra.


La copertina del Catalogo Electa realizzato per la mostra. Particolare dell'anta del portone scorrevole (realizzata postuma) della barchessa di Villa Palazzetto a Monselice (1971-78).

Il risultato non tradisce quest'obiettivo. Le citazioni che vengono riprodotte sui muri attraverso un lettering appositamente studiato -che dimostra delle innegabili assonanze con il pensiero grafico di Scarpa- assieme alla proposta della serie di pennellature che adottano una cartella colori ascrivibile alle scelte cromatiche del Maestro, diventano un messaggio e una caratteristica portante in tutto l'appartato scenografico. Sembrava che la figura dell'architetto di origini veneziane fosse stata esperita con la grande retrospettiva curata da Francesco Dal Co e da Giuseppe Mazzariol del 1984 alle Gallerie dell'Accademia di Venezia ed invece ancora emergono possibili nuove letture e addirittura disegni e progetti inediti nel complesso corpus di opere costruite e disegnate che il Maestro ci ha lasciato in eredità.

I Carlitani

Forse non tutti sanno dell'esistenza d'un fenomeno che ha qualché di religioso: schiere d'oranti, planetarie, venerano un santo dell'architettura facendo voti ed impetrando grazie creative. Ingiustamente perseguitato in vita, Martire della causa, egl'è mancato in modo esemplare, direi perfettamente eroico. Da qualche plaga nascosta -boja lu-, sicuramente se la ride di noi che tentiamo, invano, di carpire dal suo proprio. La virtù del Nostro, la regola, non trasmessa, è ermetica. E forse per questo, ai nostri occhi, essa risulta più fascinosa. I disegni, d'una bellezza aspra ed arruffata, la testimoniano. Messi accanto all'opere realizzate, toccano l'anima. Tanto da richiedere il portarsi appresso inginocchiatoio, onde meglio esperire pratiche devozionali direttamente in loco.

A Castelvecchio, in una sorta di ratto estatico si passa da un punto all'altro, senza soluzione di continuità, sperimentando sensazioni mistiche: ciò è, ahinoi, perigliosissimo e distruttivo abbassamento della guardia critica. Ma, innanzi al diuturno mistero della genialità, appare blasfemo discutere d'un beato di tal arra, nella tempra, per definizione, perfettissimo: intangibile.

Cosí, al più, unica cosa opportuna sembra l'organizzar pellegrinaggi gaudiosi ai sancta sanctorum, celebrazioni: messe architettoniche cantate, processioni di giubilo sulla Via Carligena. Per parte mia, risucchiato da questa fede, pio più dei pii, ad intervalli regolari vado a recitar novene che se sante non fossero avrebbero qualche cosa di patologico. Il primo Venerdì… ehm, la prima Domenica del mese è consacrata a Verona. In riparazione ai peccati architettonici sovente son pellegrino. Alla Gipsoteca di Possagno. Ed al cimitero di San Vito d'Altivole. Appena possibile, poi, faccio della genuflessione obbligo innanzi ai capolavori Veneziani, condendola con professioni d'umiltà e penitenziali archi-cilici.

Esaurito, purtroppo, tempo molto fa il vinsanto, noi, comuni mortali, dai teologi della figura, atteso che oramai rimangono da spremere vinacce, speriamo ardentemente distillino, d'esse, almeno ottime grappe. Salvo imprevisti: un qualche mistero Asolano o Vicentino, corroborerebbe verità rivelate. Tuttavia, su queste manifestazioni ultraterrene, sui miracoli, è meglio non contare. Finite glorificazioni e giaculatorie estemporanee, concluso il periodico, frenetico, rotear di turiboli, a tutt'oggi, onde perpetuare fortuna critica e memoria di tal Sacro prodigio, rimarrebbe da istituire un ordine di missionari del Nostro, i Carlitani, al quale certo m'onorerei l'appartenere.

Gabriele Toneguzzi
g.toneguzzi@nettuno.it 
Quello di Scarpa è un insegnamento trascendente che attraversa il tempo e propone una metodologia sempre attuale che in ogni momento può essere raccolta. Non a caso viene instaurato un parallelo con il Palladio in quanto entrambi hanno lasciato un segno indelebile che, in luoghi spesso fisicamente molto vicini tra loro, è presente e diffuso nella regione veneta ed ha trovato una consolidata risonanza mondiale. L'evento espositivo organizzato, cogliendo questa opportunità, sfrutta tale l'eccezionale possibilità di vivere le architetture nella realtà del territorio proiettando idealmente la continuazione della mostra al di fuori delle sale espositive. E' anche per questo motivo che sono pochissime le rappresentazioni fotografiche delle opere realizzate e tutta l'attenzione viene dirottata nei celeberrimi disegni, stratificazioni di complesse elucubrazione progettuali che sono diventate un modello per un'intera generazione di architetti.



Disegno per l'allestimento della mostra dell'architetto americano Frank Lloyd Wright alla XII Triennale di Milano 1960, con studi per il controsoffitto e il sistema di illuminazione.

Eppure questo personalissimo metodo di lavoro che faceva diventare l'indeterminatezza, l'incertezza, il rimettere in discussione, l'insistenza sul particolare delle qualità progettuali, non può essere copiato passivamente e la serie di disegni che l'uno accanto all'altro sono esibiti lo stanno a dimostrare. Ciò che dovrebbe essere assimilato è un metodo di lavoro e di pensiero che non dava per scontato nulla, e che faceva interagire saperi diversi e conoscenze che accanitamente cercavano -pur ammettendo l'inevitabile sconfitta- di governare le casualità, attraverso complesse e misteriose regole. Anche quest'aspetto la mostra cerca di mettere in luce offrendo, nella prima parte della sezione vicentina, una selezione di libri appartenenti alla biblioteca ora conservata dal figlio Tobia. Ecco allora le letture dei francesi Valery, Gide, Mallarmé e parallelamente dei poeti a lui cari con una chiara predilezione per l'amico Giacomo Noventa.

Anche le scienze hanno per Carlo Scarpa un proprio ruolo come ben sottolinea Elisabetta Terragni nel suo saggio presente all'interno del catalogo: "La matematica in guisa di giuoco e l'astronomia come figura celeste risvegliando l'antico desiderio per un saper oltre la realtà delle apparenze. La magia e gli enigmi dei numeri guadagnano un particolare fascino perché conducono al quell'Armonia del mondo da lungo tempo sognata come consistenza dell'universo. (…) Così sugli scaffali si spalleggiano La Guida delle stelle e dei pianeti e L'Astronomia dell'antico Marcus Manilus, teorico dell'influenza degli astri sulla vita umana".

Roberto Zanon
rz@trivenet.it









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