Sopralluoghi

Fotografia a Prato.
Instant City e Hans Van der Meer


di Emanuele Piccardo




Instant City

Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci
viale della Repubblica, 277
59100 Prato
24 febbraio - 30 aprile 2001
tel: 0574 5317
fax: 0574 531900
pecci@po-net.prato.it


Hans van der Meer

Dryphoto arte contemporanea
via Pugliesi, 23
59100 Prato
tel: 0574 604939
dryphoto@po-net.prato.it




[25apr2001]

Hans van der Meer, senza titolo, 1999 (courtesy of Dryphoto, Prato).

Prato, a pochi chilometri da Firenze, è divenuta in questi ultimi tempi il punto di riferimento per la fotografia contemporanea, dapprima con la mostra del giapponese Araki, che ha riscosso notevole successo, e adesso con una nuova esposizione dal titolo "Instant City" sulla città contemporanea. La mostra, curata da Filippo Maggia (curatore, tra l'altro, anche di "Modena per la Fotografia"), invita alcuni dei più interessanti e conosciuti fotografi che da anni si confrontano con il paesaggio urbano (fatto non di sole architetture ma anche di gente che le vive e adotta determinati comportamenti nello spazio: è il caso dell'indiano Singh, di Francesco Jodice e di Boris Michailov), a verificare i loro linguaggi artistici all'interno dello spazio espositivo del Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci, in concomitanza con altre iniziative sul tema della città come City Symphony.




Philip Lorca di Corcia.
Instant City si propone come una mostra sulla visione della metropoli, affrontata attraverso sguardi diversi che coinvolgono in prima istanza le architetture, come accade nelle immagini a colori del tedesco Thomas Struth realizzate con fotocamera di grande formato (il negativo è 20x25 cm.) che proiettano il visitatore nello spazio tridimensionale reale bypassando la bidimensionalità fisica della fotografia, grazie anche all'ingrandimento delle immagini. 

L'opera, sempre a colori, di Keizo Kitajima rappresenta le città giapponesi con un rigore e una precisione che non si discosta dal modo di concepire la fotografia da parte di Struth, con la ripresa centrale sopraelevata rispetto alla quota stradale di paesaggi urbani disabitati e asettici cari ai fotografi che hanno avuto nei coniugi Bernd ed Hilla Becher dei fermi punti di riferimento.

L'immagine della città appare quindi eclettica, non parla più di sole architetture deserte -come nelle coinvolgenti, emotivamente, foto di Basilico a Beirut e a Palermo in cui lo sguardo frontale alternato alla veduta in prospettiva fa diventare la sequenza-muro dell'allestimento un atlante delle condizioni urbane della città- ma anche di gente che "abita" lo spazio. Così è nel lavoro di Philip Lorca di Corcia che registra il passaggio dei cittadini nelle strade con ritratti istantanei in una città-metropoli che non dà tregua e dove tutto è frenesia, caos, velocità. Ogni minuto perso sono milioni di dollari che sfumano ma tutto questo correre dove ci porta? Il caos e la frenesia sono evidenti nelle descrizioni delle città italiane, Milano ad esempio, ma non a New York dove la velocità si registra in alcuni luoghi deputati: il NYSE (New York Stock Exchange) dove realmente ogni operazione effettuata in ritardo comporta una perdita economica.

In controtendenza le immagini di Michailov che rappresentano una realtà, quella Ucraina di Kiev e Khar'kov, attraverso una duplice lettura con le serie virate seppia e blu, realizzate con una macchina panoramica a 120° di campo visivo. Qui le città socialmente degradate sembrano appartenere ad un contesto di un ventennio fa, pur essendo ritratte negli anni della Perestroika e del cambiamento (serie seppia), o al periodo dell'assedio, del freddo, del buio, della guerra (serie blu) che ha toccato profondamente l'autore.

Si definisce una duplice condizione della metropoli contemporanea: la metropoli dei mercati azionari e della tecnologia (Giappone, Hong Kong, New York, Milano, per citare alcuni esempi) e la metropoli della povertà economica (per la popolazione) ma della ricchezza di risorse naturali; petrolio e bacini minerari (Lagos, Kiev, Kuala Lumpur) che diventano risorse economiche appetibili e fonte di contrasto politico e militare (Cecenia, Kurdistan). "Non esistono più fotografie -afferma Stefano Boeri nel catalogo edito da Baldini & Castaldi- sulla condizione urbana; ma neppure non è più possibile accontentarsi di un'unica strategia della visione… Il fatto è che la polifonia che riusciamo a produrre componendo nello stesso discorso più punti di vista, è in altre parole ciò che più assomiglia al senso dello spazio urbano contemporaneo". Una molteplicità di sguardi per raccontare la complessità della città dagli affreschi di vita quotidiana dell'indiano Raghubir Singh ai ritratti di adolescenti, ragazze e signore in città europee e oltre oceano di Jitka Hanzlovà dalle inquadrature centrali molto efficaci, alla "La vie quotidienne" di Henry Bond.

Hannah Starkey analizza nella sua ricerca frammenti di vita ordinari. "In una prima fase la fotografa irlandese -afferma Maggia- osserva il mondo, soffermandosi su quei minimi accadimenti, alle volte veri e propri frammenti di vita che normalmente passano inosservati".


Andreoni-Fortugno.
Discorso a parte meritano i due progetti speciali di Luca Andreoni - Antonio Fortugno e Francesco Jodice, invitati a presentare in una sezione espositiva distaccata del Museo Pecci le ricerche svolte negli ultimi anni; i primi continuano la serie sugli spazi residenziali delle città del nord Italia dove l'interesse degli autori non è certo la documentazione ossessiva di tipologie abitative ma bensì quelle minime varianti, piccoli segni che costituiscono il "quadro" degli oggetti rappresentati: la ringhiera, la tapparella, gli armadietti sui poggioli, elementi che identificano una vita che si cela dietro la pelle degli edifici. Jodice presenta il suo ultimo lavoro "What we want" dove raccoglie immagini di New York, Tokio, Paris di paesaggi urbani e umani "un paesaggio -come lui stesso lo definisce- come proiezione dei desideri della gente", un atlante di comportamenti sociali in continua mutazione, cambiamento, un'indagine fotografica fatta di indizi e pedinamenti che lo rendono eclettico nello sguardo e per questo uno dei fotografi europei più interessanti.






Andreoni-Fortugno.





Hans van der Meer, senza titolo, 1996 (courtesy of Dryphoto, Prato).
Prato ospita inoltre, presso la galleria Dryphoto, un'altra mostra fotografica interessante. Dedicata all'olandese Hans van der Meer, per la prima volta in Italia, l'esposizione presenta due serie di fotografie: la prima "Dutch fields" ritrae con ironia e freschezza i giocatori di partite di pallone amatoriali immersi nel verde paesaggio olandese; la seconda dal titolo "Porto" commissionata dal Centro Portugués de Fotografia sulla città di Porto, ritrae la città attraverso vedute panoramiche, ponendo in risalto il rapporto tra il tessuto urbano e il sistema di strade ma senza dimenticare la sua passione per il calcio.

Van der Meer crea dei quadri pittorici di genere con espliciti riferimenti alla luce naturale, alla composizione delle figure nelle distese verdi dei prati, alla pittura olandese di paesaggio, a Vermeer. Un omaggio colto e appropriato di un fotografo, non a caso olandese, che diventa il nuovo pittore di paesaggio, essendo scomparsi i pittori "en plein air" che con tavolozza e colori andavano per le campagne a fermare le impressioni sulla tela. All'interno dell'esposizione viene presentato un video realizzato dal fotografo olandese sulle partite di calcio. Questo restituisce una visione del mondo poetica, mai enfatica.




Hans van der Meer, senza titolo, 1996 (courtesy of Dryphoto, Prato).
Instant City, è un'esposizione istituzionale prodotta da un museo d'arte: rappresenta lo sguardo dei fotografi sulla città. Come sono lontane le immagini di Luigi Ghirri o Vittore Fossati piene di ironia e poetiche, quanto basta per non cadere nel romanticismo. Troviamo in alcuni autori (Struth e Kitajima) una forma di omologazione, con una totale perdita di ironia; un volersi prendere troppo sul serio, un usare effetti speciali come l'ingrandimento eccessivo quasi a voler vedere di più; come se bastasse vedere di più per capire di più e per riuscire a realizzare immagini con un tono lirico alto ed efficace.

La mostra allestita da Dryphoto non si pone a priori come un evento, ma si percepisce la naturalezza con la quale Van der Meer "costruisce" le sue istantanee fatte di situazioni incredibili; con il portiere che recupera il pallone nel canale dove i campi da calcio confinano con le fattorie, senza alcuna recinzione; oppure dove è possibile assistere agli incontri dal bar dietro la porta. In un'alternanza di ingrandimenti e riduzioni di formati diversi (senza raggiungere dimensioni notevoli) si ha un'impressione più che positiva: ciò contribuisce a rallegrare e ad affermare che la vita nelle città del mondo non è solo quella frenetica giapponese o americana ma che forse, per alcuni, c'è ancora uno spiraglio per un po' di poesia in più.




Gabriele Basilico.
Vorrei però sottolineare come negli ultimi anni in Italia si sono avute delle esposizioni di fotografia di altissimo livello, che hanno contribuito a generare dei centri di divulgazione della fotografia nazionale ed internazionale. Basti pensare a "Linea di Confine" per la fotografia contemporanea, "Modena per la fotografia", "Archivio dello Spazio", e con l'ultima entrata in questo circuito di Prato (con l'Archivio Fotografico Toscano, il museo Pecci e la storica galleria Dryphoto che opera dal 1982) ho constatato che finalmente si realizzano mostre di fotografia di respiro europeo, per la qualità garantita dagli autori presentati e per gli allestimenti espositivi di cui sono un esempio Instant City e la personale di Van der Meer a Prato, l'antologica di Luigi Ghirri a Reggio Emilia e, nel recente passato, "Milano senza Confini" e "Stephen Shore 1973-1993" allo spazio Oberdan di Milano, e "Luoghi come paesaggi" a Rubiera nell'ambito di "Linea di Confine" per la fotografia contemporanea.

Emanuele Piccardo

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