Sopralluoghi

Rencontres Internationales de la Photographie, Arles 2001

di Emanuele Piccardo




32es Rencontres Internationales de la Photographie 
L'Anonyme
4 luglio - 19 agosto 2001
http://www.rip-arles.org 




[04aug2001]

Sacs contre sac Amiens, Cattedrale Notre Dame, photographe mas, 1940.

Per il terzo anno consecutivo l'importante rassegna dedicata alla fotografia che si svolge da un trentennio ad Arles, nel sud della Francia, è stata curata dal critico francese Gilles Mora che ha presentato il tema de "L'anonyme". I Rencontres vengono organizzati annualmente e coinvolgono per un mese la cittadina provenzale "occupando" spazi che di solito hanno altre funzioni, dal palazzo dell'arcivescovado al chiostro della cattedrale di S. Trophime, dal Criptoportico all'abbazia sconsacrata di Montmajour, luogo di sosta durante il cammino dei cavalieri verso la Terra Santa.


Garry Winogrand, New York, 1968.


Garry Winogrand, Houston, 1964.
L'anonimato è un tema ricorrente in fotografia, Molte immagini che ci sono pervenute dall'invenzione della fotografia ad oggi sono infatti realizzate da fotografi anonimi e raffigurano soggetti anonimi. Ma questa apparentemente banale considerazione non è stata presa in considerazione dal curatore della manifestazione, il quale non ha tenuto conto delle innumerevoli fotografie realizzate nell'Ottocento da fotografi sconosciuti di luoghi conosciuti e non, secondo una tendenza che esiste anche oggi. I fotografi rappresentano molte volte luoghi anonimi, che non appartengono all'immaginario collettivo. Pertanto quando si parla di fotografia di paesaggio i più considerano come rappresentativo il solo paesaggio naturale delle Alpi o delle colline, senza chiedersi se esistono altri paesaggi: paesaggi fluviali, autostradali, ferroviari, periferici tutti appartenenti alla grande famiglia ‘paesaggio'. Così si possono considerare anonimi i luoghi che si fotografano e che non sono riconoscibili perché non c'è un monumento, un'icona identificativa di una cultura.

Nonostante i Rencontres abbiano nel titolo una valenza internazionale, gli autori presentati sono stati in gran parte francesi, facendo perdere all'iniziativa quella pluralità di sguardi che aveva reso più interessanti quei "nouveaux paysages humaines" della curatrice in carica quattro anni fa, Giovanna Calvenzi. I rencontres sono in realtà un festival (la manifestazione dura infatti una settimana, mentre le mostre proseguono fino a metà agosto) con proiezioni serali nel Teatro Romano, incontri e dibattiti con giornalisti, critici fotografici e fotografi. Viene data la possibilità ai giovani di mostrare i portfolio a critici, editori e curatori di musei. In Italia, occorre dire, purtroppo non si è ancora riusciti a uscire da quel fotoamatorialismo che condiziona la maggior parte della produzione fotografica per realizzare un festival di fotografia d'autore che consolidi il valore dei maestri (Barbieri, Basilico, Castella, Fossati, Jodice…) e che valorizzi i giovani. La Francia invece ha al suo attivo numerose iniziative legate alla fotografia: dal Mois de la photo a Parigi ai festival di Cahors, Niort, Pas de Calais contribuendo alla valorizzazione e divulgazione dell'arte.


Celine van Balen, Berlin portraits, 2000.


Jacques-André Boiffard, Masque de carnaval, 1930.


Luc Delahaye, Serie l'Autre, 1997.


Luc Delahaye, Serie l'Autre, 1997.


Diane Arbus, Sans titre, vers 1970.
In ogni caso, quanto visto ad Arles non tutto è da buttare. Ad esempio, sono rimasto impressionato dalla mostra "Sacs contre sac", sulle protezioni dei monumenti francesi durante la seconda guerra mondiale con l'utilizzo di sacchi di sabbia collocati a ridosso delle facciate delle chiese o delle statue per impedirne la distruzione dall'onda di deflagrazione delle bombe. Molto interessante Remake Berlin dove sono stati invitati fotografi tedeschi, olandesi e russi a rappresentare Berlino, simbolo della trasformazione urbana in Europa negli ultimi anni, attraverso sguardi di fotografi tedeschi come Frank Thiel -uno dei più convincenti- che ha ritratto i cantieri della Postdammer Platz come dei grandi plastici dove si perde la dimensione umana nella vastità dello spazio grazie anche all'ingrandimento che proietta il visitatore nello spazio urbano. Céline van Balen, fotografa olandese, ha raccontato la città attraverso i volti dei berlinesi mantenendo lo stesso punto di vista centrale nel tentativo di catalogare una tipologia, i cittadini, e stampando tutto il negativo lasciando in vista il bordo nero che ne segna il formato. Meno interessanti le immagini dell'ucraino Boris Michailov realizzate nei parchi e nelle zone sportive, rispetto ai lavori sull'Ucraina che lo hanno fatto conoscere al pubblico internazionale.


Frank Thiel, Stadt, 2000.


Stéphane Couturier, Mosca n. 1 della serie monuments, 1999/2000.
All'Abbazia di Montmajour la mostra curata da Alain Sayag (responsabile del Dipartimento Fotografia del Centre Pompidou) e dedicata alle maschere rappresenta una sorpresa per la qualità delle fotografie esposte, soprattuto quelle di autori storici tra cui Diane Arbus, Irving Penn, Jacques-Henry Lartigue. Altrettanto non si può dire per i contemporanei: da Joel Peter Witkin a Patrick Tosani, troppo attento alle parti mutilate di corpi inermi il primo, e ignaro della storia della fotografia il secondo, che ritrae le maschere su uno sfondo bianco traslucido senza trasmettere nessuna emozione. Un discorso a parte merita uno degli autori francesi più interessanti, Stephane Couturier, fondatore insieme a Françoise Morin dell'agenzia di fotografi d'architettura Archipresse che ha presentato la sua ultima ricerca "Ville generique" dove le anonime architetture di Seul, Mosca e di Parigi costituiscono un abaco completo di insediamenti residenziali di grandi dimensioni con una composizione di due o tre foto dello stesso oggetto architettonico composte in un quadro unico. Un abaco che riporta alla mente l'Atlas di Gerard Ricther.

Nelle immagini presentate le grandi dimensioni dell'ingrandimento, ormai divenute una moda, esaltano quelle architetture che hanno una qualità architettonica per elementi linguistici e volume ma che non fanno parte di quella architettura d'élite che viene pubblicata, osannata da critici e riviste specializzate, pur appartenendo tuttavia al vivere quotidiano.

Nello straordinario chiostro della cattedrale romanica di Arles (Saint Trophime) si articola l'esposizione di Luc Delahaye dove le fotografie allestite su pannelli di alluminio galleggiano nell'aria e ritraggono la gente in metropolitana. Con sguardi assorti come dice Jean Baudrillard nell'introduzione al catalogo: "Personne ne regarde personne. Seul l'objectif voit, mais il est caché. Ce n'est donc pas exactement l'Autre [titolo del lavoro] que saisit Luc Delahaye mais ce qui reste de l'Autre quand lui le photographe n'est pas la". Uomini e donne che tutti i giorni usano la metropolitana sottolineano come esistono luoghi di per sé anonimi: stazioni, treni, aeroporti, strade in cui le persone non si conoscono tra loro, dove l'anonimato è definito dalle dimensioni della città.


Stéphane Couturier, Seul n. 1 e n. 2 della serie monuments, 1999/2000.
Durante i Rencontres si aprono ai visitatori molti spazi privati che ospitano altre installazioni. È il caso dell'associazione L'appartement, che si occupa di fotografia, architettura, video e arte, e che ha preso una casa abbandonata e la sta gradatamente restaurando. La casa ospita delle installazioni di video e fotografie, durante il periodo del festival. Lo spazio interno volutamente grezzo si apre su una corte, una sorta di giardino segreto con due alberi che rendono il luogo poetico tra arnesi da cantiere -che diventano anch'essi istallazioni- e pareti affescate con tromp d'oeil di paesaggi marini. Gli spazi espositivi costituiscono una rete di poli come le piazze della città, altrettanti poli attorno ai quali si articola il tessuto urbano residenziale.

La più sorprendente attrazione dei Rencontres 2001 rimane la fotocamera Polaroid 50x60 cm., in grado di realizzare la più grande foto istantanea a sviluppo immediato senza negativo. L'unica esposizione storica è invece rappresentata dalle immagini dell'americano Garry Winogrand raccolte per strada tra gli anni Sessanta e Ottanta del secolo scorso a testimoniare quanto di più anonimo ci sia: ritrarre persone in strada a New York, città in cui l'anonimato è inteso come non conoscenza tra un cittadino e l'altro a partire dalla vastità della metropoli. Il presidente dei Rencontres François Barré (la cui nomina risale a tre mesi fa) ha anticipato che le novità per il prossimo anno saranno incentrate sulla valorizzazione dei giovani autori, i quali verranno selezionati e premiati attraverso un concorso e presentati ad Arles; ma un altro motivo di interesse riguarderà la creazione di un polo di architettura e fotografia all'interno dell'Abbazia di Montmajour.

Parallelamente al festival ufficiale, viene inoltre presentato il festival Off, la cui iniziativa dovrebbe costituire un'alternativa soprattutto per i più giovani. Le serate tematiche del festival Off hanno evidenziato una maggiore pluralità di sguardi rispetto a quello ufficiale e ciò ha consentito di apprezzare la rassegna sulla fotografia Svizzera e in particolare il lavoro di Thomas Fletchner, che ha raccontato le città svizzere di notte con la neve senza cadere mai in formalismi gratuiti, emozionando anche il pubblico per le sue immagini pulite, precise con un uso sapiente del colore, senza eccessi. Insomma, una grande occasione per mostrare le recenti tendenze della fotografia. SI auspica una minore discriminazione culturale anche nei confronti della fotografia italiana, risultata d Arles completamente assente.

Emanuele Piccardo
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