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Sopralluoghi

L'architettura di Jean Nouvel. Un racconto per immagini

di Carlotta Darò




Jean Nouvel

CNAC Georges Pompidou 
75191 Paris 
France
tel: 01 44 781233
http://www.cnac-gp.fr
info@cnac-gp.fr 

dal 6 dicembre 2001 al 4 marzo 2002 

commissario Chantal Béret
catalogo con testi di Paul Virilio, Yehuda E. Safran, Jean-Paul Robert, Frédéric Migayrou, Jacques Lucan, Chantal Béret e alcuni estratti di conferenze di Jean Nouvel




"Architetto del presente", come lui stesso ama definirsi, Jean Nouvel mira ancora una volta a proporre un'analisi originale ed extradisciplinare della sua opera. Questa volta l'occasione è la sua mostra retrospettiva che inaugurerà il 5 dicembre al Centre Georges Pompidou di Parigi. L'ambizione è grande: lo spazio di 1.100 mq (gallerie 2 e 3 del sesto piano del Centro) e un budget considerevole sono consacrati per la prima volta a una mostra di architettura, disciplina ritenuta troppo specifica e di poco richiamo nella politica del "Beaubourg".

[18nov2001]

Nuovo Teatro nazionale, Tokyo (Giappone), 1986, con Emmanuel Blamont, Jean-Marc Ibos, Myrto Vitart e Philippe Starck. Progetto non realizzato. Modello di architettura, plastica nera e oro. Collezione del Centro Pompidou, Museo nazionale d'arte moderna/Centro di creazione industriale. ©ADAGP 2001, Parigi. Foto: CNAC/MNAM, dist RMN, Jean-Claude Planchet.


E la sfida di Nouvel consiste esattamente nell'abbattere questo preconcetto o trovare piuttosto un linguaggio di più facile impatto che permetta di far conoscere la sua opera e il suo pensiero anche a un pubblico di "non addetti ai lavori". La mostra è stata pensata come un dispositivo d'immagini, concetti ed emozioni. Da sempre affascinato dal linguaggio del cinema e del virtuale, Nouvel definisce l'architettura come una "arte visiva, una produzione di immagini".


Dentsu Tower, Tokyo (Giappone), 1998-2003. Progetto in corso. Immagine di sintesi. ©Artefactory, ©ADAGP 2001, Parigi.


Grand Stade (Stade de France), Saint-Denis (Seine-Saint-Denis), 1994. Progetto non realizzato. Modello di architettura realizzato da Etienne Follenfant. Materia plastica 41,5 x 135 x 98 cm. Collezione del Centro Pompidou, Museo nazionale d'arte moderna/Centro di creazione industriale. ©ADAGP 2001, Parigi. Foto: CNAC/MNAM, Dist RMN, Geoarges Meguerditchian.

Non a caso all'interno delle varie sequenze espositive non esistono gerarchie tra le immagini di progetti realizzati e non, tra i particolari e le vedute d'insieme, tra una ricostruzione virtuale e una fotografia reale; il tutto, facente parte di un'unica ricerca concettuale. La mostra, curata da Chantal Béret, si svolge attorno a cinque sequenze tematiche, percorso in cui lo spettatore è immerso nella semi-oscurità.


Fondazione Cartier per l'arte contemporanea, Parigi, 1991-1995, con Emmanuel Cattani. ©ADAGP 2001, Parigi, ©Georges Fessy/Centre Pompidou.


Le prima sequenza è una sorta di presentazione generale satura di proiezioni di diapositive su progetti costruiti e particolari non sempre identificabili, stimolando un apprezzamento qualitativo, più che quantitativo, della sua opera. Nella seconda sequenza invece vengono presentati ventitré progetti tra i più recenti, concepiti interamente al computer. È l'apoteosi del virtuale, con immagini di sintesi che riusciranno a contestualizzare numerosi progetti mai realizzati, in corso di studio, o di realizzazione (l'Ambasciata di Francia a Berlino, 1997, il Museo del Quai Branly, Parigi, 1999, il JVC Business Center, Guadalajara, Messico, 1999, il River Hotel di Brooklyn, New York, 1999 la Camera di Commercio di Prato, Italia, 2000…).

La tematica successiva riguarda invece le questioni della città e della strategia urbana con un'analisi particolare su due progetti parigini emblematici "animati" dai filmati di Alain Fleischer: Seine-Rive Gauche, quartiere Austelitz-Salpêtrière, 1993 e lo Stade de France, Saint-Denis, 1994. Nella quarta sequenza vengono invece proiettate le fotografie giganti di Georges Fessy che conducono lo spettatore in una visita virtuale all'interno degli edifici tra i più conosciuti dell'architetto (l'Istituto del Mondo Arabo, Parigi, 1981-1987, Némausus, Nîmes, 1985-1987, la Fondazione Cartier, Parigi, 1991-1995, il Centro di Cultura e Congressi di Lucerna, Svizzera, 1990-2000).

Usciti da questo percorso fatto di immagini e suoni si arriva infine nell'ultima sala, completamente illuminata, che propone un frangente dello studio di Nouvel stesso. Su tre tavoli vengono messi a disposizione diciotto computer con banche dati e archivi riguardanti circa duecento progetti prodotti dallo studio, divisi in cinque categorie: progetti in corso, urbani, le scenografie, le realizzazioni e i progetti non realizzati. Nella stesso spazio un video di Odile Fillion propone un altro panorama su diverse architetture di Jean Nouvel (il Teatro di Belfort, Territorio di Belfort, 1980-1984), l'Hotel Saint James (Bouliac, 1987-1989), l'Hotel delle Terme a Dax (Landes, 1990-1992), il Museo della Pubblicità (Parigi, 1997-1999)…

Ancora una volta Nouvel mira ad andare al di là della sua attività puramente architettonica, mostrando una posizione teorica che si inserisce nella delicata questione del linguaggio architettonico in un contesto espositivo destinato ad un vasto pubblico. La sua opera architettonica diventa un prodotto artistico reinterpretato e commentato (Georges Fessy, Alain Fleischer, Odile Fillion) attraverso il linguaggio delle immagini, dei suoni e delle emozioni. Gli "strumenti" tradizionali, come i plastici o le piante ecc…, sono esclusi da questo contesto per lasciare spazio ad una libera interpretazione della sua architettura.

Eppure la questione sembra diventare ancora più complessa: questo tipo di operazione intellettualizza ancora di più l'architettura, disciplina artistica che nasce da esigenze pratiche e funzionali dell'uomo. Il rischio è di rendere freddo e inumano il prodotto architettonico che, al contrario, necessita di essere vissuto e consumato quotidianamente per essere realmente capito. Imitare il linguaggio dell'arte è allora la migliore via per coinvolgere il grande pubblico? E questa attenzione quasi ossessiva per la resa estetica della sua opera, non è forse la grande ambiguità dell'architettura di Jean Nouvel?

Carlotta Darò
cardar76@hotmail.com

La Tour sans fins, Triangolo della follia, Parigi, La Défense, 1989-1994, con Jean-Marc Ibos e Emmanuel Cattani. Progetto premiato al concorso, non realizzato. Collezione del Centro Pompidou, Museo nazionale d'arte moderna/Centro di creazione industriale. ©disegno Vincent Lafont, ©ADAGP 2001, Parigi. Foto: CNAC/MNAM, Dist RMN, Jean-Claude Planchet.

Carlotta Darò è ricercatrice al Centre Georges Pompidou sull'esposizione "Jean Nouvel".
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