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Sopralluoghi

DUE MOSTRE A MANTOVA. Un percorso dalla pittura alla fotografia

di Luca Mori 




Un paese incantato. Italia dipinta da Thomas Jones a Corot

curatori, progetto e direzione Anna Ottani Cavina con la collaborazione di Vincent Pomarède, Stefano Tumidei
comitato scientifico Philip Conisbee, Jean-Pierre Cuzin, Stephen Deuchar, Christoph Heilmann, Christian von Holst, Kasper Monrad, Pierre Rosenberg, Nicholas Serota, Nicola Spinosa.

sede:
Centro Internazionale d'Arte e di Cultura di Palazzo Te
http://www.centropalazzote.it

dal 3 settembre al 9 dicembre 2001



Paolo Perina. Architetture e paesaggi d'acqua

Provincia di Mantova, Assessorato alla Cultura

sede:
Casa del Rigoletto

dal 28 ottobre al 25 novembre 2001




Mantova può offrire sottili ed intense suggestioni a chi si confronta con i suoi misurati spazi e gli allestimenti espositivi che generosamente accoglie, offrendo così al visitatore la possibilità una percezione "dilatata" del percorso in continuità con il contesto urbano.


Paolo Perina.

Nel novembre scorso nella splendida ambientazione del Palazzo Te di Mantova ha avuto luogo la mostra "Un Paese incantato. Italia dipinta da Thomas Jones a Corot", dedicata agli artisti che tra ‘700 ed ‘800 trovavano nell'Italia classica delle rovine od in quella più nascosta ed intimista delle campagne, dei muri di paese immersi nel sole e dei boschi ombrosi affondati tra le rocce, una tappa irrinunciabile della propria formazione tecnica e spirituale.

[30jan2002]

Joseph Mallord William Turner, 'Tivoli', 1819.


Thomas Jones, 'Un muro a Napoli', 1782.


Thomas Fearnley, 'La terrazza del convento dei Cappuccini a Sorrento', datato 1834.


Pierre-Henri de Valenciennes, 'Roma: tetti al sole', 1778-1782.


Louis Gauffier, 'La valle dell’Arno dal Paradisino di Vallombrosa (con due monaci e un viaggiatore)'.
Questo rituale del "tour" che vedeva il pittore uscito dalle sale d'accademia dipingere en plen air con rapidi tocchi di acquerello, preparava sommessamente il terreno alla folgorazione operata dalla natura sull'artista stesso. Egli avrebbe trovato all'esterno una via per accedere alla propria interiorità.

È innegabile la rivoluzione linguistica sottesa a tutto ciò. Jones, Corot, Turner inseguono nel dipinto un'emozione legata ad un luogo e ad un momento (un temporale, un tramonto?), e per loro ritrarre dal vero il paesaggio dei luoghi letterari diventa un'occasione per spingere la tecnica sui terreni inesplorati della gestualità e della sperimentazione colorista. Quelle rovine, quei contadini, sono impressi per sempre in un'Italia "incantata" appunto, in quanto "senza tempo", colta nell'attimo dell'eternità.


Paolo Perina.


Christoffer Wilhelm Eckersberg, 'Nel giardino di Villa Albani', 1814-1816.


Georg Friedrich August Lucas, 'Cipressi ad Ariccia', siglato, 1831 circa.


Giovan Battista Lusieri, 'Roma dal parco di Villa Mellini a Monte Mario', firmato e datato 1793.


Martinus Rørbye, 'Un viandante nei pressi dell’Acqua Acetosa', datato 1835.
Un paese che vive dei propri luoghi mentali e più letterariamente "evocativi": Roma, Napoli, Capri, Genova, Palermo, il Lago di Garda, Venezia, Tivoli, il Lago di Nemi, l'Acqua Acetosa… Passando da una sezione all'altra della mostra e quindi attraversando le molteplici sensibilità europee, era facile essere catturati dal panorama intravisto da una finestra aperta in un interno ed essere indotti così a cercare disperatamente il "dove" ed il "quando" di quella stanza. È la dimensione soggettiva che conquista lo sguardo e si antepone al referente culturale.

Di lì a poco l'obiettivo fotografico avrebbe portato a termine questo percorso aprendo strade totalmente nuove all'arte delle immagini. I cortili del Palazzo Te parevano un'estensione della mostra in una giornata autunnale che, più tardi, regalava al S. Andrea dell'Alberti straordinarie sfumature rosate.


Paolo Perina.

Presso la Casa del Rigoletto, in piazza Sordello, esponeva Paolo Perina, un architetto-fotografo che ritrae le architetture paleo-industriali dell'area padana in splendidi bianco e nero stampati artigianalmente con estrema perizia. Il tema secondo della sua mostra era l'acqua, infatti gran parte dei manufatti ritratti facevano parte delle infrastrutture della Bonifica Mantovana del primo novecento.

Si trattava di architetture "sospese" sull'acqua nell'aria diafana della pianura, tra sterminate infilate di pioppi e casolari disseminati sullo sfondo. Mi rendevo conto che il percorso iniziato in mattinata non era finito.

Quelle architetture vivevano di una regola fatta di ritmi e rapporti interni, amplificati dai riflessi a pelo d'acqua, e tutt'intorno c'era lo spazio umano della campagna. Esse potevano essere viste come elementi scenici, fondali per quel teatro esistenziale che Aldo Rossi individuava come analogia dell'Architettura per eccellenza (la "scena fissa"). L'immaginario era quello di Sironi e Dino Campana, ed un richiamo all'emotività sospesa nel tempo di alcune scene suburbane di Ghirri mi pare opportuno.

Rispetto all'universo della pittura era possibile avvertire un cambiamento nello sguardo del fruitore, che ora si faceva discontinuo.

La traccia indelebile del reale che caratterizza la fotografia agevola "salti" nella lettura e svincola da un progetto comunicativo unitario e totalizzante. Barthes distingueva nella sua analisi della percezione fotografica due livelli: lo "studium" sempre codificato ed il "punctum", il dettaglio senza regole che "punge", assorbe l'attenzione ed il significato. Se l'occhio di Perina è evidentemente educato all'architettura e lo si evince dal rigore delle sue inquadrature tese ad evidenziare il "disegno" degli edifici, allora a "pungermi" erano i fili d'erba in primo piano o le macchie d'umido sull'intonaco, il manifesto strappato, la ciminiera in mattoni lambita dal sole sul fondo, così come le croste di colore di Thomas Jones.

Qui il paesaggio non è più quello letterario e non si presta ad essere decifrato. Quegli edifici radicati nel territorio circostante come antiche cattedrali serbano al proprio interno straordinari congegni come le turbine Riva dei cacciatorpedinieri della seconda guerra mondiale, ancora oggi utilizzate.

Un amico di Mantova mi disse: "Dovresti vedere! Quando funzionano trema tutto!". Allora capii che le centrali ritratte da Perina sono come navi in rada nella distesa dei campi, che si stagliano sulla terra lavorata e trasformata dalla mano dell'uomo. Nel silenzio pareva di sentire un lontano rombo di lamiere, un incomprensibile ruotare di ingranaggi, leve e pulegge: il ‘900 aveva rotto l'incantesimo...

Luca Mori
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