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Sopralluoghi

Effetti collaterali: contaminazioni metamorfiche nelle visioni della metropoli contemporanea

di Francesca Pagnoncelli




Effetti collaterali
Visioni collaterali - Nomad


Triennale di Milano
viale Alemagna 6
20121 Milano
tel: 02 724 341
fax: 02 724 34 239
ufficio.stampa@triennale.it

dal 15 maggio al 22 settembre 2002

apertura:
dalle 10.00 alle 20.00
chiuso il lunedi

ingresso:
€5,00/3,00/2,00



Informazione, immagine, movimento: tre termini validi per definire la globalizzazione in quanto tale, la perdita di confini, lo spostamento del limen oltre la sfera del conosciuto -quindi la sua caduta di senso- che al termine che più di altri pare connaturare il nostro vissuto contemporaneo.

Informazione: continua, costante, plurima, invadente, l'informazione svela segreti piccoli e grandi, personali e universali, parziali verità provenienti da ogni angolo della terra, che sono sfornate senza tregua e che ci vengono date in pasto. Il mondo, e ogni sua trasformazione, ci viene continuamente offerto su un piatto d'argento.


Francesco Jodice.

[07jun2002]
Movimento: di persone, di merci, di dati, di sogni reali e virtuali. Tutto si muove, nulla si distrugge, tutto si modifica, cambia forma, nome, colore, in un mondo che fa della metamorfosi una tecnica di ipnosi, un camaleontico travestimento, nonché il suo principio informatore.

Immagine: nel caos metamorfico che informazione e movimento impongono al mondo è lasciato alle immagini il compito di creare un ordine apparente, che offra dei punti di riferimento, degli eroi, una mitologia; essa, pur nascendo con una connotazione geograficamente universale, in realtà risulta effimera, priva di progettualità, e riduce il carpe diem a vuoto principio di instabilità finalizzato al consumo.

Le culture secolari sbiadiscono sotto i riflettori del nuovo set universale: l'essere passa attraverso i quindici minuti di popolarità, insegue ed anela ad un riconoscimento di sé e dell'altro da sé che sembra potersi realizzare solo ed esclusivamente attraverso l'immagine da rotocalco. E tutto diventa spettacolo, e ogni fatto perde peso, ogni contraddizione, ogni scontro, ogni contestazione perde parte della sua forza perché episodio in un mondo senza confini, in continua ed incomprensibile trasformazione, globale scenografia da grande fratello (George Orwell, 1984).


Armin Linke.

Date le suddette personali premesse può sembrare contraddittorio trovare nella mostra di fotografia "Effetti collaterali. Nomad- Visioni della metropoli contemporanea" in corso presso la Triennale di Milano, validi spunti di riflessione sugli effetti, più o meno tangibili, della globalizzazione. Nelle immagini bidimensionali di Olivo Barbieri, Francesco Jodice ed Armin Linke, ironia e spirito critico consentono di interpretare la terra come serbatoio di diversità, crogiuolo di variabili geografiche e culturali, a rischio di estinzione nella pantomima quotidiana della globalizzazione. La riflessione è elaborata attraverso il disincanto dei giovani fotografi italiani davanti alla realtà, che sfrutta ogni differenza, ogni singolarità, per alimentare il suo sistema immaginifico. La matrix quotidiana che ci avvolge e ci seduce è sottoposta a tre diverse interpretazioni, accomunate dal riconoscimento di una nuova forma di nomadismo che connota la società contemporanea. È un nomadismo plurimo, a corto e a lungo raggio, caratterizzato non tanto da tappe di sosta e conoscenza, quanto piuttosto da rapide incursioni, da movimento e contaminazioni, supportato dalle tecnologie del virtuale e dalle infrastrutture.

Il punto di partenza è la metropoli contemporanea, anch'essa ormai priva di confini, definita solo da percorsi e tracciati reali e virtuali, il cui spazio di pertinenza non è più definito dal binomio in/out ma da connected/not connected, dallo spazio interstiziale, dai vuoti minimi e longitudinali che si creano tra le reti e i flussi, che definiscono pieni e vuoti senza corpo, privi di qualunque valore. La megalopoli è contemporaneamente luogo di partenza e di arrivo, spazio terrestre che si è impossessato dell'universale in un nomadismo circolare che può portare al cortocircuito logico.


Olivo Barbieri.

Olivo Barbieri fissa il movimento e le contaminazioni che si producono intorno alla nuova autostrada che collega Pechino e Shangai, e lo fa mettendo a fuoco lo sguardo su singoli elementi e porzioni di realtà trasformando il contesto in scenografia, in maquette di se stessa. La sovrapposizione tra sogno e realtà, il quotidiano ovattato e onirico da spot pubblicitario in cui spesso ci troviamo inconsciamente immersi, è suggerito dalla luce diafana e lattiginosa che caratterizza sia i fotogrammi che l'illuminazione dell'allestimento curato da Alessandro Scandurra. La luce avvolge ogni cosa: lo sguardo nomade, in un mondo privo di punti di riferimento, non sa dove condursi e si sofferma casualmente su foglie, camion, insegne, viadotti.

Francesco Jodice con "Secret traces-pedinamenti" mette in scena, grazie all'allestimento curato dal gruppo Cliostraat di Torino, i movimenti quotidiani degli abitanti di tre città geograficamente e culturalmente lontane come New York, Milano, Perth, sottolineando le contaminazioni che la globalizzazione porta creando similitudini tra ambiti così diversi. I percorsi tracciati da individui qualunque in un tempo indefinito sono un ritorno alla riflessione sul rapporto soggetto/ megalopoli, sulla perdita della propria individualità che, nella vastità della città, diventa sequenza e numero, non lascia traccia, non crea storia.

Armin Linke, nei suoi viaggi illustrati (l'allestimento è del gruppo Stalker: 9 ruote di polistirolo di grandezza variabile che il visitatore deve far girare per gli spazi della mostra se vuole osservare le immagini) offre un altrove, crea uno sguardo extraterrestre, coglie gli ovunque, i segni macroscopici e microscopici del villaggio globale. Come l'occhio di un potente satellite il suo obiettivo ritrae le bianche ed uniformi vastità del polo nord e la tavola apparecchiata di un anonimo interno, i colossi infrastrutturali e i nanetti da giardino, mettendo freddamente e ironicamente a nudo le contraddizioni delle contaminazioni in atto tra locale e globale. 

Le sequenze di immagini in mostra sono, già nella loro montaggio ed allestimento, un richiamo continuo all'individuo inteso come coscienza critica, come intelligenza attiva, come fautore del proprio destino e di quello di tutto ciò che lo circonda. Gocce d'acqua su pietre roventi, che rappresentano tuttavia una valida riflessione sulla finta libertà che ci viene offerta, apparente perché dolcemente imposta, subdolamente suggerita attraverso tutto ciò che fa comunicazione, un mondo senza spessore né profondità cui questa mostra, voluta e curata da Luca Molinari, intelligentemente si è opposta.

Francesca Pagnoncelli

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