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Sopralluoghi

 

Gio Ponti. A World of Design

Daniele Mancini




Gio Ponti (1891-1979). A World of Design

Netherlands Architecture Institute
Museumpark 25, 3015 CB Rotterdam
The Netherlands
tel: +31(0)10 440 12 00
fax: +31(0)10 436 69 75
press@nai.nl
http://www.nai.nl
dal 19 ottobre 2002 al 15 gennaio 2003



INVENTOR. 'Gio Ponti is the isolated inventor for whom the history of art is not a progression but a succession of diversities' (Edoardo Persico 1933). 'We proceed, we don't progress', Gio Ponti used to say.
da Gio Ponti, My father, a possible acronym, di Lisa Ponti



 

Gio Ponti, Superleggera, 1957.


Hotel Parco dei Principi, Sorrento, 1960. © G. Ponti archives / S. Licitra - Milan.
Il NAI di Rotterdam ospita in queste settimane la mostra itinerante Gio Ponti (1891-1979). A World of Design, allestita originariamente al Design Museum di Londra. La rassegna si accompagna con un ricco programma di eventi che prevede tra le altre cose una serie di workshops, visite guidate e lezioni, organizzate in collaborazione con l'Accademia di Design di Eindhoven.

[07jan2003]

Gio Ponti al lavoro sugli oggetti da tavola per Ceramica Franco Pozzi, circa 1967. © G. Ponti archives / S. Licitra - Milan.

L'intera operazione promozionale –perché in realtà di questo si tratta, dal momento che lo scopo più o meno dichiarato della mostra è quello di celebrare l'Italian Style e rievocare lo spirito degli anni della Dolce Vita– è stata condotta e curata da Marco Romanelli, con la collaborazione della famiglia Ponti, e di James Peto, direttore del Design Museum, nella duplice forma di esposizione itinerante e pubblicazione monografica di corredo, edita per Abitare Segesta.


Disegno per la JSA, Busto Arsizio, 1950-58. © G. Ponti archives / S. Licitra - Milan.


L'opzione scenografica curatissima e piuttosto ammiccante, arrangiata in estate per l'angusto e chiassoso scatolone londinese, qui al NAI è stata sostituita con un progetto espositivo misurato ed elementare, che sicuramente non seduce per trovate sceniche e chiaroscurali, ma che declina il grande spazio scabro a disposizione, ad una liturgica essenzialità museale.







In circa 250 pezzi tra disegni, fotografie, dipinti, ceramiche, tessuti, sedie, pezzi di arredamento, e opere in metallo e vetro, la mostra, che è una vasta rassegna cronologica, documenta la produzione eclettica di Ponti dagli anni 20 fino agli anni 70, soffermandosi soprattutto agli anni 50, quando il design italiano contribuisce all'affermarsi dell'Italian Style in tutto il mondo.

L'organizzazione del percorso è semplice: corridoi temporali disposti perpendicolarmente alla vetrata, sfondano dall'altro lato, sulla parete ruvida di cemento, tappezzata di 150 copertine colorate di DOMUS, dai primi numeri degli anni 30 agli ultimi della fine degli anni 70. I disegni, gli schizzi e i progetti sono isolati sulle pareti di prismi in compensato, mentre gli oggetti di arredo (sedie, poltrone, pareti attrezzate) sono disposti in sequenza su supporti leggermente rialzati da terra. La produzione più minuta (ceramiche, prototipi, opere in metallo, etc.) è esposta dentro lunghe teche illuminate, oppure appoggiata al sovrastante ripiano.


Gio Ponti, Macchina da caffè espresso Pavoni, 1949.

Come sottolinea Marco Romanelli nell'introduzione alla monografia, il tema centrale, è quello della libertà creativa: la mostra registra infatti, la moltitudine eterogenea di esperimenti di un Ponti che quasi ogni decennio sembra rinnovare se stesso, accumulando una successione di esperienze e di diversità -per progetto e per sensibilità– che ritrovano una piattaforma comune e coerente in Domus (fondata nel 1928 e diretta fino al '79) e in generale nella sua attività di propagandista e pubblicista (La Casa Italiana del 1933, Amate l'architettura, pubblicato nel 1957).




Gio Ponti, Villa Arreaza, Caracas 1956. © G. Ponti archives / S. Licitra - Milan.

A parte il tema domestico, inteso come integrazione tra spazio architettonico e design dell'oggetto d'arredo, che rappresenta sicuramente il più forte (e il più antico) filo conduttore nella sua produzione, è la tensione alla leggerezza e alla smaterializzazione che lo consacra campione della modernità: la celeberrima sedia Superleggera progettata nel 1957 e prodotta in serie da Cassina o la facciata perforata della tarda Cattedrale di Taranto del 1970, come pure l'articolazione spaziale aperta delle sue ville in giro per il mondo, sono semplicemente aspetti di una ricerca che indifferentemente trasferiva dal design all'architettura.


Grattacielo Pirelli, Milano 1956. © G. Ponti archives / S. Licitra - Milan.


Gio Ponti, Caracas, 1954. © G. Ponti archives / S. Licitra - Milan.

Villa Planchart, Caracas 1955. © G. Ponti archives / S. Licitra - Milan.
Queste ultime ­ Villa Planchart (1955), il cui tetto si libra come ali di farfalla sulle colline intorno a Caracas o Villa Arreaza (Caracas, 1956), demolita di recente, sono pure incredibili 'diamanti architettonici': letteralmente, come auspicato in "Amate l'architettura. L'architettura e' un cristallo", scritto in forma di aforismi, dato in stampa quando Ponti iniziava a concepire il cristallo piu' bello di tutti, il grattacielo Pirelli (1956-64), che rimane emblema della sua ricerca di forme pure e trasparenti.

Il catalogo, progettato nella grafica da Italo Lupi esplora, seguendo sette percorsi tematici, la produzione pontiana a partire dagli esordi, ed è corredato da il regesto completo, cronologico, di tutte le opere.

Daniele Mancini
d.mancini@galactica.it

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