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I
would prefer (not to...) "Spot on... architecture Sicily south-east" Andrea Guardo |
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Spot
on... architecture Sicily south-east |
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english] |
Con
i piedi ben piantati nei boulevard della moda e bombardati da
infiniti messaggi mediatici, siamo invitati a pensare alla Sicilia come
una "terra in un mare di luce", così recitavano alcuni spot pubblicitari
in diversi aeroporti d'Italia, ammiccando a viaggiatori e potenziali
visitatori. Accanto al turismo culturale, di cui ormai tutti, a torto
o a ragione, si fanno promotori si pensa anche alla diffusione di un
altro prodotto locale legato alla produzione artistica o all'architettura
come occasione per fare festa, l'happening. Abbandonando l'universo
a volte stantio ed elitario dell'accademia o degli ambiti istituzionali
un po' troppo formalizzati, si cerca approntare occasioni di incontro
con un pubblico sempre più ampio attraverso situazioni ad essi congeniali
ma col fine di trasmettere un messaggio non proprio familiare. "Spot on... architecture Sicily south-east" è un tentativo, un tentativo di divertirsi, mostrando, ancora una volta, un altro volto della Facoltà di Architettura ad una città talvolta indifferente ed assonnata. Siracusa è ben al centro del mediterraneo, ma stenta a levarsi di dosso il ruolo di periferia. Non è capitale come Palermo e nemmeno indaffarata come Catania, ma sta cercando di inventarsi il profilo di "città da festival", una vetrina, un passeggio di pubblico e spettacoli oltre che centro di un certo turismo colto ormai collaudato. Due istituzioni in crescita, da un lato la Facoltà di Architettura nel suo settimo anno di vita, dall'altro la Galleria Civica d'arte Contemporanea Montevergini, unica galleria d'arte contemporanea attiva in Sicilia e sicuramente tra le poche del meridione d'Italia, si incontrano per celebrare un happening universitario come premessa ad altre iniziative in grado di promuovere una dimensione culturale permanente in quello che comunque resta un personaggio di cerca di altri autori. Lungi dall'essere l'ennesima nostalgica celebrazione di una città antica, testimonianza senza dubbio eccellente di una eredità arcaica multiculturale, l'evento punta i riflettori su quello che è contemporaneo, recente, non sedimentato. |
[28jan2003] | |||
Bisogna
inserirsi in un discorso culturale ampio attraverso modalità in qualche
modo spettacolari, perché queste, in una proiezione futura, riusciranno
ad attirare il pubblico, soprattutto quello meno informato su certi
fatti, pur consapevoli che lo spettacolo nel senso Debordiano del termine,
resta il pericolo da evitare. Dopotutto sono sicuramente spettacolari
gli eventi popolari legati alle tradizioni, alla religiosità. Sagre
e celebrazioni rappresentano la vivacità della città, ed è verso questo
tipo di coinvolgimento che si vuole andare, gradatamente, programmando
eventi intesi come pratica, come il festival
di Ortigia, che è riuscito a catalizzare e coinvolgere la città
in grandi spettacoli di strada. Quali gli ingredienti di "Spot on"? Una mostra che si consuma nell'arco di poche ore, un happening come pretesto per un confronto, un pensiero scambiato tra una risata e l'altra, uno scambio di idee su un lavoro svolto come esercitazione nell'ambito di un percorso didattico universitario. La "tribù" universitaria, con la voglia di incontrarsi, ancora una volta, al di fuori dei ruoli che guidano i comportamenti durante le "ore di lavoro". Last but not least, la Galleria civica d'Arte Contemporanea che, grazie alla collaborazione e disponibilità del direttore Salvatore Lacagnina, ha ospitato la rassegna e si è aperta agli ospiti secondo una modalità diversa dalla consuetudine ma all'insegna di quella informalità e cordialità che contraddistingue la gestione della giovane struttura. Gli ambienti della Galleria costruiscono un percorso a tappe pensato per offrire momenti di sosta e di coinvolgimento in diverse situazioni ed attività: il primo impatto è con alcuni slideshow elaborati dagli studenti della facoltà. La lettura dei luoghi in trasformazione, costituisce il filo rosso che lega le descrizioni di siti che rivestono motivo di grande interesse ed aspettative all'interno dei progetti di trasformazione della città: le aree dei punti di affaccio verso il mare della città antica e di quella moderna, il Porto piccolo ed il Porto grande. Se la descrizione sui "tempi" dei luoghi, sviluppata dagli studenti Dimitri Liakatas, Cristina Crapanzano, Eliana Fischer, intende costituire un archivio di materiali del sito del Porto piccolo che sono presentati attraverso una narrazione semplice, intensa e mai banale, il gruppo di Emanuela Timpanaro, Laura Vinci, Stefano Scordino, Nicoletta Di Marco e quello di Giovanna Cammarata, Daniela Martines, Andrea Todaro, hanno sviluppato invece alcune letture del Porto grande focalizzando l'attenzione sui sistemi che lo costituiscono, attraverso una scomposizione per layers. |
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Su
queste aree si sono concentrati i lavori delle prime due edizioni del
Workshop internazionale di progettazione organizzati dalla facoltà.
Il progetto del "limite" richiamava l'attenzione dei partecipanti e
dei visiting professor Francesco Cellini, Manuel Aires Mateus
e Luigi Snozzi, sul passeggio Talete a Siracusa ponendo interrogativi
sulla necessità della permanenza dell'infrastruttura del parcheggio
Talete, sul valore della sua assenza in relazione alla possibilità di
ridefinire il contatto col mare di questa parte di città e sulla possibilità
di migliorare la qualità dello spazio urbano attualmente compromessa.
Sul Porto Grande ci si occupa ormai da qualche tempo all'interno dei
laboratori di progettazione architettonica, attraverso le proposte supervisionate
dal preside prof. Ugo Cantone nell'ambito delle tesi dei primi laureati,
che sono state anche esposte a Venezia in occasione della Biennale d'architettura
2002, ed ancora attraverso le proposte di Gonçalo Byrne, Tony Fretton,
e Ugo Cantone nell'ambito del secondo workshop internazionale di progettazione. Lo "spot" mette a fuoco sull'interpretazione che gli studenti forniscono del territorio che cambia per effetto di piani, di politiche urbanistiche ma anche, e soprattutto, come risultato dell'intervento dell'architettura che non viene analizzata sotto il profilo strettamente compositivo-progettuale, ma piuttosto accreditata in quanto parte integrante dell'ambito di indagine del processo di perlustrazione. Il percorso continua all'interno della grande sala della Galleria, precedentemente Chiesa di Montevergini, che svolge la funzione di plenum all'interno del quale il flusso dei visitatori può scomporsi per prendere direzioni diverse. Da un lato della sala la proiezione dei film Frankenstein e Frankenstein junior si susseguono accompagnate dai ritmi incalzanti di un sottofondo musicale che diventa occasione di aggregazione. La performance non è casuale: la narrazione del corpo smontato, riassemblato e poi riportato alla vita, costituisce la metafora che spiega una operazione concettuale, che spesso si compie sui progetti della città. Questo tema introduce all'ultima tappa del percorso dell'esibizione, dove i visitatori s'imbattono in una presentazione di visi ed architetture. In primo piano le facce dell'università: gli studenti, i professori, il personale amministrativo, facce di tutti i giorni e che scandiscono le giornate della vita universitaria, una presenza quasi costante in questi sette anni di vita della facoltà. Le facce costituiscono la presenze corporale che animano le città e l'architettura, figure riconoscibili, familiari, a volte in posa a volte spontanee, montate in sequenza dallo studente Claudio Patanè. Queste immagini costituiscono la struttura per una sequenza parallela di architetture, città, territori: Riesi, Salemi, Gibellina, Sciacca, Palermo ma anche Buccheri, Palazzolo, Vittoria, Floridia, queste le tappe delle lezioni itineranti. Rinunciando a mostrare i riferimenti canonici di una Sicilia che appartiene alla consolidata tradizione di quel grand tour dal passato trionfale, le foto sfuocate evocano oggetti "altri" che abitano i paesaggi del sud-est della Sicilia, che costituiscono la materia che determina la scansione della skyline del territorio contemporaneo. Alcune immagini sono distratte, sfocate, pressoché indifferenti all'architettura in sé e per sé, mentre si riscontra interesse verso una operazione di richiamo all'attenzione sul frammento, sul dettaglio isolato, quasi chirurgicamente, dall'insieme. Non c'è compiacimento, o voglia di celebrazione di questa o di quella soluzione, ma di rivisitazione attraverso un processo non sempre univocamente predeterminato, quasi lo spettatore fosse testimone di uno spettacolo di ombre cinesi durante il quale, ad intervalli, le sagome si manifestano attraverso i propri contorni in modo definito, oppure sfuocato, come immagini riflesse nell'acqua e deformate da un sasso gettato nel mare di un'isola che è una nave, boatsicilyboat. (M. Navarra) |
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La
costruzione di quest'ultima parte della performance è probabilmente
la più significativa ed efficacemente sostenuta dalle sonorità colte
del drum & base del dj per "l'occasione" Marco Tripi che ha costruito
un tessuto musicale su cui si montano in forma autonoma i vari materiali
visuali. La performance è stata quindi anche occasione per gli studenti
per esprimersi attraverso modalità a loro congeniali. Fino a qui nulla di particolarmente nuovo! Non vogliamo dare un "voto" all'evento, non è questo il senso di questa nota, né tanto meno si vuole fare "notizia" o promozione a favore, o contro, qualcuno... credo invece che bisognerebbe prestare più attenzione alle voci che chiedono con maggiore insistenza occasioni di questo tipo, a tutti i livelli... Preferirei ci fossero altri spot on, magari su altri temi o campi d'interesse... preferirei avere alternative... preferirei... Andrea Guardo andrea.guardo@libero.it |
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Per
qualsiasi comunicazione laboratorio
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