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Sopralluoghi

Bernard Khoury alla Aedes Galerie

Elena Franzoia

Bernard Khoury Architects, Lebanon
PLAN B. Projects in Beirut

Galerie Aedes West
S-Bahnbögen 600-601
Savignyplatz
10623 Berlin
Deutscheland
tel: +49 30 2827015
aedes@baunetz.de
http://www.aedes-arc.de

dal 25 aprile al 29 giugno 2003

apertura:
dal lunedì alla domenica, ore 10.00-20.00

catalogo:
a cura di Johannes Odenthal, edito da Kristin Feireiss e Hans-Jürgen Commerell, HillerMedien, Berlino 2003, €10.



La carica polemica ed eversiva di un'architettura radicale. Un "illuminismo anarchico" -come lo definisce Johannes Odenthal nell'introduzione al catalogo- che critica "dall'interno" i meccanismi di potere e di configurazione spaziale di una società dalle forti e irrisolte contraddizioni etiche, in cui una ricca e viziata minoranza s'illude di attuare un'impossibile fuga dal recente e doloroso passato di guerra per lasciarsi sedurre dal miraggio del divertimento e del consumismo.

[23jun2003]

B 018, esterno, 1997-98.


B 018, interno, 1997-98.

Come sostiene, infatti, lo stesso Bernard Khoury, la Beirut post-bellica si configura come "una magnifica negazione, il fantastico ma terrificante prodotto dell'influenza occidentale uscito da qualsiasi logica di controllo", in cui" le rovine della guerra e lo spettacolo della desolazione diventano lo sfondo del più appariscente spettacolo di una società che vuole essere divertita".

La personale che la galleria Aedes di Berlino gli dedica consente un approccio globale e critico alla sua opera. Presentati non solo attraverso gli strumenti canonici delle foto e dei disegni, ma anche tramite video in b/n a cui l'uso della steady-cam e il sonoro restituiscono la plausibilità dell'esperienza fisica diretta, B 018, Centrale e Yabani sono introdotti dalla sequenza, anch'essa su video, dei progetti sperimentali, che hanno segnato i primi anni della carriera di Khoury, a partire dal suo ritorno a Beirut dopo la fine degli studi americani.



Checkpoints, 1995.

Dovendo accettare incarichi con cui dissente, il giovane progettista crea un'architettura di opposizione dalla prepotente carica innovativa, con cui costringe al confronto quella stessa società che gli chiede di divertirsi e di dimenticare. Caratterizzata da un'estetica di grande impatto formale ed evocativo, di cui risulta difficile trovare ascendenze e referenti all'interno del panorama architettonico, non smette di stupire per la capacità di fondere messaggio etico e coerente risoluzione formale e funzionale. In un'adesione al contesto di cui pone aggressivamente in evidenza, senza retorica o manierismo, problematicità e stratificazioni.


Centrale, interno, 2000-01.


Centrale, esterno, 2000-01.


Program Trading Development, 1992.

Con la celebre disco B 018 nella Karantina del porto di Beirut –ex-campo profughi teatro di uno dei più violenti massacri della guerra del Libano- riprende il concetto degli sperimentali Checkpoints del '95 per realizzare un monumento funebre ipogeo, in cui perfino i dettagli apparentemente meno significativi richiamano la memoria del sangue e della strage. Rievocando l'estetica della ferita, della cicatrice e della trincea e traducendola in un linguaggio visivo debitore all'immaginario bellico, futuribile e forse cinematografico del carro armato e dell'astronave, vince, per la sua profonda e drammatica eticità, la Menzione d'Onore del Premio Borromini 2001.

Ai margini del Beirut Central District- che gli interessi economici stanno trasformando in un gigantesco "falso storico"-, con il bar-ristorante Centrale scardina la nostalgica e un po' ipocrita volontà di restaurare come "una cartolina d'epoca" uno dei pochi edifici tradizionali scampati alla guerra, lasciando intatta la gabbia di travi metalliche che lo preservavano dal crollo. Con un'invenzione magistrale, risolve la copertura appoggiando un enorme cilindro all'interno di quattro anelli metallici, per ospitare il bar. Una calotta girevole e apribile, che immette negli interni, come gli enormi sportelli specchianti del B 018, l'elemento dinamico di un'architettura "meccanica", industriale nell'estetica ma assolutamente avulsa da qualsiasi logica di riproducibilità.

Con il recentissimo Yabani, infine, riprende lo sperimentale Program Trading Development del '92 e lo traduce in una rampa di lancio. Ancora una volta, l'invenzione si concretizza in un'intuizione dinamica e meccanica, e cioè nell'ascensore che, attraversando verticalmente l'edificio, ne diviene il fulcro funzionale e visivo. Chiusura e introflessione rispetto al difficile contesto della ex-Demarcation Line, con le sue rovine e i suoi squatters, diventano atto di denuncia civile, testimoniando drammaticamente l'"assurda presenza e l'impossibile relazione con l'intorno urbano" dell'edificio. L'ennesimo "monumento per l'industria dell'intrattenimento che reclama"- secondo le parole dello stesso Khoury- "una situazione urbana che non è possibile assumere".

Elena Franzoia
elenafranzoia@hotmail.com

Yabani, esterno, 2001-02.
> AEDES GALERIE

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